Osservatorio sulla Salute Mentale

 

Il superamento dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario

 

Da molti anni sono evidenti le difficoltà nell’attuare qualunque modifica legislativa riguardante l’imputabilità ed il vizio di mente nel sistema penale italiano ed il sistema istituzionale deputato all’applicazione delle misure di sicurezza in caso di ritenuta pericolosità derivante da infermità e non è difficile prevedere che continueranno ad esistere anche in futuro. E’ anche ragionevole pensare che in un settore così delicato un’eventuale modifica legislativa può diventare controproducente se non è preceduta e sostenuta da significativi cambiamenti nelle culture e nelle pratiche.

D’altra parte è noto che ormai vi sono esperienze consolidate che riguardano sia la possibilità di evitare l’invio in O.P.G. di persone "inferme di mente" che hanno commesso reati sia la possibilità di una precoce presa in carico di persone già inviate in O.P.G. sia la possibilità di sensibilizzare ed orientare le pratiche dei S.S.M. affinché la presa in carico dei pazienti corrisponda anche ad un atteggiamento di attenzione-prevenzione. Inoltre anche le pratiche psichiatrico-forensi stanno mutando, anche se in misura minoritaria, accompagnate da nuove elaborazioni dei temi dell’incapacità di intendere e di volere e della pericolosità.

I Direttori degli O.P.G. in alcuni casi stanno dando avvio a nuove pratiche all’interno e dall’interno degli stessi istituti stabilendo nuovi rapporti con alcuni S.S.M. e con altri soggetti della rete del c.d. territorio, verificando che un lavoro adeguato e ben orientato può sciogliere molti nodi che nello stereotipo vengono attribuiti alla malattia e/o alla pericolosità della persona. Non solo. Richiamano inoltre l’attenzione sul fatto che almeno alcune decine di persone internate non manifestano problemi di pericolosità ma rimangono in O.P.G. per mancanza di iniziative, disponibilità o risorse da parte dei S.S.M. dei luoghi di provenienza, ma anche delle Aziende sanitarie e delle Regioni. Prescindendo dalle questioni normative e/o dai fondamenti culturali e giuridici, vi è l’evidenza che in alcuni casi, pochi o molti, è possibile affrontare in modo diverso il problema, più consono alla cultura ed al rispetto dei diritti fondamentali sia della persona che della società.

Diventa quindi necessario cercare di agire in modo concreto, razionale, programmato e coordinato su tutte le questioni nodali sulle quali vi è già da tempo l’evidenza che è possibile intervenire efficacemente sia per prevenire l’applicazione della misura di sicurezza sia per ridurne la durata, indipendentemente da qualunque possibile modificazione legislativa. A partire da queste considerazioni una commissione mista del Ministero della Giustizia e del Ministero della Sanità ha elaborato un documento che indica con chiarezza i diversi livelli delle responsabilità istituzionali ed alcuni percorsi possibili per cercare di ridefinire in concreto, nei numeri e nella cultura, il problema dell’O.P.G. e della Casa di Cura e Custodia senza la pretesa di risolvere del tutto il problema, ma con il preciso intento di ridefinirlo in modo radicale al fine di modificare e comprendere meglio il significato di alcuni meccanismi istituzionali stereotipati e le possibilità di intervento che oggi in molti casi sono realizzabili.

Ridotto drasticamente il numero degli internati "non necessari" con azioni concrete quanto esemplari, diventa possibile comprendere meglio e nella sua globalità anche la reale natura del problema O.P.G. in tutti i suoi aspetti. Il documento è stato approvato dai due Ministeri, dall’Osservatorio Permanente per la Tutela della Salute Mentale, dal Consiglio Superiore di Sanità, mentre ha trovato qualche difficoltà nella Conferenza Stato-Regioni. In questo momento, considerato che la questione O.P.G. sta trovando spazio e rappresentazione anche all’interno delle questioni relative alla Tutela della Salute Mentale, ad esempio nella recentissima Conf. Naz. S.M., si tratta soltanto di definire alcune modalità organizzative per stabilire responsabilità, modalità, risorse e quant’altro. La questione potrebbe essere assunta, ad esempio, come un ambito di intervento dell’Osservatorio Tutela S.M. con l’intervento del D.A.P. e di alcuni esperti esterni. Parallelamente deve essere anche affrontata con decisione la questione dell’ingresso dei S.S.M. in carcere come previsto dal D.M. 230/99.

Gruppo di lavoro dell’Osservatorio

per la Tutela della Salute mentale del Ministero della Sanità

 

 

Premessa

 

Il processo irreversibile che sta conducendo alla chiusura definitiva degli ospedali psichiatrici impone una riflessione seria sulla necessità di perseguire in prospettiva un obiettivo analogo riguardo al superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari (O.P.G.).

Di fatto, fino alla Riforma Psichiatrica avviata con la legge n. 180 del 1978, i due sistemi, quello dei c.d. manicomi civili (legge manicomiale del 1904) e l’ospedale psichiatrico giudiziario istituito quale misura di sicurezza dal Codice Rocco del 1930, avevano proceduto sostanzialmente in parallelo, ispirandosi a principi terapeutici e socio-riabilitativi ma anche a quelli della difesa sociale e della prevenzione delle condotte devianti. Se è vero comunque che l’abolizione del manicomio, sulla scorta delle nuove concezioni e conquiste della psichiatria moderna, ha affermato quale irrinunciabile, pregnante e prioritaria l’esigenza del momento terapeutico e riabilitativo nei confronti del malato di mente ed il suo diritto ad essere non custodito ma curato e seguito dal "territorio", è pur vero che per lo stesso Codice Rocco il "trattamento curativo" non era ontologicamente una pena e che nell’esecuzione della misura doveva essere esclusa la finalità affittiva tipica della pena detentiva. Sulla scorta di tali principi già contemplati nella stessa normativa penale e delle linee innovatrici introdotte dalla citata riforma del 1978, l’obiettivo da conseguire è dunque quello di un riallineamento, per quanto possibile armonico ed interattivo, di due sistemi che, come prima precisato, hanno a lungo marciato in sostanziale parallelismo. La tematica del superamento dell’O.P.G., investendo peculiari aspetti di natura legislativa  correlandosi a problemi non solo di natura terapeutica e socio-riabilitativa ma anche di tutela dell’ordine e sicurezza pubblica, si configura comunque oltremodo complessa ed articolata. Essa va dunque affrontata con grande attenzione, cautela e realismo, soprattutto nell’intento di non ingenerare possibili fenomeni controindicativi o di rigetto, che rischierebbero di vanificarne i principi e le finalità.

 

L’intervento del legislatore

 

L’attuale situazione normativa degli ospedali psichiatrici giudiziari, di seguito o.p.g., come configurata dal codice penale sostanzialmente si divarica dalle linee della cura psichiatrica moderna quale delineata dalle leggi n. 180/1978 e 724/1994. Invero, solo una profonda rivisitazione dell’impianto del codice penale, con la riconsiderazione del cosiddetto doppio binario, può ragionevolmente consentire una soluzione ottimale del problema. Pur nella consapevolezza che una scelta di tal genere, oltremodo impegnativa per il legislatore, sia sul piano dell’elaborazione sia soprattutto sul piano politico, non appare al momento prossima, si possono comunque delineare le possibili ipotesi normative compatibili con il quadro generale del sistema italiano in materia. Una prima possibilità, conseguentemente ad un chiaro abbandono della scelta del Legislatore del 1930 è costituita dall’abrogazione sic et sempliciter del sistema delle misure di sicurezza. Ciò comporterebbe che all’assoluzione per incapacità piena di intendere e volere, dovrebbe tener dietro un intervento terapeutico del servizio sanitario nazionale, con le modalità che si attuano regolarmente.

Più limitatamente, una seconda possibilità potrebbe essere costituita dall’abrogazione della misura di sicurezza specifica dell’ospedale psichiatrico giudiziario e correlativamente delle case di cura e custodia (artt. 219 e 222 c.p.). Problemi immediatamente conseguenti sarebbero le modalità di espiazione della pena per il condannato a pena diminuita a cagione di infermità psichica e le modalità di trattamento del prosciolto per infermità psichica, anche nel rilievo che alla struttura costrittiva dell’o.p.g. non è più affiancata una struttura, egualmente costrittiva, per l’infermo non autore di delitti, quale era il vecchio manicomio. Sotto tale profilo, il legislatore potrebbe considerare uno specifico trattamento sanitario obbligatorio con modalità rispondenti alla tipologia del malato. In questo senso si ha notizia di un’iniziativa legislativa dei consigli regionali d’Emilia e Romagna e della Toscana, che prevede la soppressione del manicomio giudiziario e la sostituzione con la misura di sicurezza del ricovero in un istituto di trattamento sanitario custodito.

Una diversa soluzione, per il vero affacciata all’esame del Parlamento attraverso la p.d.l. Corleone (A.C. 151), consisterebbe nella rivisitazione del criterio di imputabilità: la malattia mentale non dovrebbe più ritenersi idonea a scusare dalla responsabilità soggettiva per il fatto commesso; l’autore verrebbe egualmente processato; in caso di condanna la pena verrebbe espiata in apposite strutture adeguate alla situazione di salute mentale del reo, e fornite pertanto di presidi terapeutici e trattamentali. Si tratterebbe di scelta  quasi rivoluzionaria rispetto alle linee evolutive del diritto penale europeo, da sempre collegato all’idea di normalità psichica quale condizione di responsabilità personale. Al riguardo va osservato che l’unica proposta organica di revisione del libro del codice penale, consacrata nel ddl Ritz, A.C. 2038 della XII Legislatura, non innova né al sistema delle misure di sicurezza né al sistema dell’imputabilità.

Una diversa, più limitata possibilità consisterebbe nel mantenere l’attuale misura di sicurezza, modificandone però con interventi adeguati sull’ordinamento penitenziario, il contenuto. Dovrebbe, cioè, esemplarsi una misura di sicurezza confermata sulle misure alternative alla detenzione, e pertanto finalisticamente rivolta ad una graduale reimmissione nella vita sociale, adeguatamente controllata per quanto attiene alla sicurezza attiva e passiva dell’internato. I controlli e le misure potrebbero così essere calibrati sulle patologie concretamente sofferte dal soggetto, alternando ai tempi di custodia tempi di più aperta relazione con il mondo esterno, ed in questo senso avvicinandosi al modulo terapeutico attualmente più praticato dal servizio sanitario nazionale. In alcune ipotesi legislative si prospetta un affidamento in prova per programma sanitario. Tale ultima possibilità evidentemente prescinde dall’ipotesi, che in altro settore è stata egualmente divisata, che il legislatore riformi l’intero sistema delle sanzioni, prevedendo forme più duttili, che permetterebbero quanto meno una riduzione dell’incidenza delle misure di sicurezza e forse costituirebbero un passo verso il superamento della presente struttura binaria.

 

L’azione amministrativa

 

Come si è accennato più volte, tutte le prospettive di adeguamento normativo non si presentano di pronto esame e di rapida determinazione da parte degli organi legislativi. Rimane pertanto, al momento, possibile solo lo studio delle migliori attuazioni amministrative della disciplina legislativa vigente, nella consapevolezza della divaricazione di fini presente nel sistema terapeutico ordinario e terapeutico penitenziario nella specifica materia, ma anche nella consapevolezza che solo l’attento esame di tutte le possibilità di integrazione fra le presenti strutture dei dipartimenti di sanità mentale e quelle degli o.p.g., così come lo studio comune delle rispettive pratiche terapeutiche, porrà le premesse per i maggiori interventi del legislatore e per i conseguenti adeguamenti dell’azione amministrativa.

Ciò porta con sé un’inevitabile ed auspicata riduzione della separatezza dalla comunità civile delle comunità terapeutiche, e con ciò una loro apertura sicuramente proficua per gli internati sofferenti. L’invio in o.p.g. ed in casa di cura e custodia in applicazione di una misura di sicurezza avviene fondamentalmente per motivi connessi con una infermità mentale, alla quale viene associata – in senso generale e/o genericamente – una pericolosità sociale. L’applicazione di una delle predette misure di sicurezza non può implicare la perdita dei fondamentali diritti costituzionali riguardo alla tutela della salute. Debbono quindi essere garantiti e messi in atto tutti quei provvedimenti terapeutico-riabilitativi, considerati utili e necessari secondo le conoscenze e le esperienze attuali, ed orientati prospetticamente nel tempo, in modo tale da permettere e favorire il superamento di quella condizione di infermità particolarmente acuta e grave a cui – in senso generale – viene fatta risalire la pericolosità sociale. Deve pertanto essere previsto necessariamente un lavoro terapeutico-riabilitativo collegato ed integrato tra il servizio sanitario degli O.P.G. e delle Case di Cura e Custodia e gli operatori dei Servizi di Salute Mentale delle zone di origine delle persone internate.

Premessa e condizione indispensabile per l’attuazione di un siffatto sistema è che i Servizi di Salute Mentale siano sufficientemente dotati di risorse soprattutto umane e funzionino in modo adeguato e corretto; tale obiettivo, che sicuramente va perseguito e raggiunto comunque e indipendentemente dal problema del superamento delle misure di sicurezza c.d. sanitarie, non può prescindere, allorché si stimino i mezzi occorrenti, dalla considerazione del prospettato impegno di interazione tra le strutture del Ministero di Grazia e Giustizia e i Servizi stessi. Ogni invio in o.p.g. o in casa di cura e custodia deve comportare un programma terapeutico-riabilitativo specifico che preveda il reinserimento ragionato, ponderato, prudente e realistico, costruito nelle sue componenti fondamentali e necessarie – della persona internata, considerando anche con attenzione la reale entità e la gravità globale del reato commesso.

A tale scopo, facendo anche riferimento alle esperienze più complesse di de-istituzionalizzazione e di organizzazione di nuovi Servizi di Salute Mentale avvenute nel territorio nazionale e ad alcune esperienze specifiche e significative, incoraggianti per i risultati raggiunti e non più tanto isolate ed eccezionali, è possibile individuare alcune linee di indirizzo che riguardano: a) le Regioni; b) le Aziende Sanitarie Locali; c) i Dipartimenti di Salute Mentale; d) gli O.P.G. e le Case di Cura e Custodia; e) i Magistrati di Sorveglianza; f) gli Istituti Penitenziari; g) il Ministero della Sanità e il Ministero di Grazia e Giustizia.

 

Gli interventi da compiere

 

a) Le Regioni: sulla base di una corretta valutazione dei costi, mediante lo strumento della contabilità analitica, devono prevedere nei loro bilanci, ai sensi dell’art. 2 del Decreto Leg.vo 502/92, delle voci specifiche per iniziative necessarie a promuovere e a sviluppare programmi specifici e complessi di riabilitazione e di reinserimento di persone, appartenenti a ciascuna Regione, sottoposte alle misure di sicurezza in questione. Devono essere possibili, se necessari od opportuni:

1) spostamenti di operatori per mantenere contatti reali con la persona internata e con i Sanitari degli O.P.G. e delle Case di Cura e Custodia;

2) inserimenti di persone internate, anche con l’opportuno e lo specifico sostegno di operatori ad hoc, in strutture residenziali già esistenti, nel pieno rispetto delle loro caratteristiche "storiche e umane" e dei limiti che da queste ne possono derivare (quindi senza forzature destabilizzanti), e/o in nuove strutture residenziali;

3) sostegno economico per progetti di inserimento anche individuali, se possibili ed opportuni;

4) sostegno economico (ad esempio, attraverso borse di lavoro), promozione di occasioni di inserimento lavorativo (nel pubblico impiego, nel privato, nel privato sociale), facilitazioni alla partecipazione a corsi di formazione e quant’altro;

5) istituzione di un gruppo di lavoro permanente possibilmente integrato con rappresentanti delle strutture dell’Amministrazione penitenziaria in grado di seguire costantemente il flusso di accesso e di uscita degli abitanti della Regione, di valutare e di stimolare e di indirizzare le azioni delle AZIENDA USL e dei Servizi di Salute Mentale, di studiare le variabili che possono determinare gli invii in O.P.G., individuandone i possibili correttivi, monitorando complessivamente il fenomeno;

6) fornire una corretta informazione all’opinione pubblica e stimolare la partecipazione del volontariato ed il coinvolgimento del mondo del lavoro.

b) Le Aziende Sanitarie Locali: adeguatamente indirizzate e sostenute dalla Regione di appartenenza, inseriscono obbligatoriamente nei loro piani annuali e pluriennali le specifiche azioni indirizzate, tra l’altro, a:

1) prevenire l’invio in O.P.G. ed avviare processi di reinserimento e di riabilitazione di persone internate;

2) istituire corsi di formazione e di sensibilizzazione per il personale interessato a vario titolo nelle azioni necessarie per lo scopo;

3) stipulare idonee convenzioni con i competenti organi del Ministero di Grazia e Giustizia per permettere ai servizi di S.M. di intervenire in ambito penitenziario nelle forme previste dalla legge;

4) prevedere le idonee forme di integrazione con i Servizi socio-assistenziali, evidenziando le relative risorse anche nel caso in cui i servizi non sono stati delegati.

c) i Dipartimenti di Salute Mentale: responsabili istituzionalmente delle azioni a diretto contatto con l’utenza, adeguatamente sostenuti ed indirizzati sia da provvedimenti della Regione che dalla Azienda USL di appartenenza, sono chiamati a svolgere una funzione molto delicata che richiede grande attenzione e grande sensibilità e che si articola su diversi piani:

1) acquisizione e sviluppo della cultura e della pratica della "presa in carico", soprattutto per quanto riguarda l’utenza più problematica sotto il profilo della sofferenza psichica, con adeguata articolazione delle modalità di intervento, sia nei riguardi degli utenti già noti che delle persone non ancora conosciute (prima del reato);.

2) maturazione di specifiche attenzione e sensibilità, nell’operatività quotidiana, in quei casi che permettono di intervenire in tempo utile, comprendendo e valutando tutti quei segnali che, molto spesso anche se non sempre, precedono anche per molti giorni la commissione di un fatto-reato (ovviamente quando questo derivi da una condizione di intensa sofferenza psichica e non da una scelta criminale, che esclude in tal caso una rilevante diminuzione della capacità di intendere o di volere oppure la molto più rara sua assenza);

3) promozione di una cultura che, attraverso una relazione terapeutica più profonda e più vicina alla complessità dell’esperienza della soggettività umana, sia in grado di vedere oltre la lente deformante della "irresponsabilità" – e, quindi, della incapacità di intendere o di volere – troppo spesso attribuita a priori secondo ormai superati stereotipi, a chi manifesta e/o esperisce un disturbo psichico più o meno grave. Attraverso la criminogenesi, è possibile cercare di rilevare e verificare in concreto le quote di "responsabilità" presenti anche nel sofferente psichico, ridefinendo il campo dei diritti e dei doveri e le categorie culturali della persona interessata, dei tecnici della psiche e del diritto, della opinione pubblica, valorizzando anche – senza ideologismi – il valore della "punibilità" sia sotto un profilo giuridico che terapeutico (il tema è ovviamente molto più complesso e richiederebbe una trattazione approfondita);

4) implementazione di interventi terapeutici, mirati ed intensivi, nella fase immediatamente successiva alla commissione di un reato da parte di una persona che si trovi in così gravi condizioni psichiche da far ragionevolmente e fondatamente ritenere che il reato possa costituire un’espressione quasi sintomatologia delle stesse, indipendentemente dal fatto che la persona sia nota o non nota al Servizio. Frequentemente, infatti, una condizione di grave scompenso acuto, da cui può discendere un’eventuale pericolosità sociale, può essere compensata con idonei interventi terapeutici nel periodo necessario allo svolgimento delle indagini tecniche o peritali, che non dovrebbero mai essere troppo brevi, con superamento della condizione di eventuale pericolosità (l’intervento è reso possibile, se non anche dovuto, dall’art. 286 C.P.P. ed inoltre può essere connesso con la questione della cosciente partecipazione al processo prevista dall’art. 70 C.P.P.). L’eventuale reo può essere preso in carico nelle strutture dei Servizi di S.M., senza confusione e/o commistione tra ruolo terapeutico e custodia, oppure, se possibile ed opportuno, può essere seguito in ambito penitenziario dai Servizi, in seguito ad apposite convenzioni tra Regione o Azienda USL e Ministero di Grazia e Giustizia (con supporto formativo per la polizia penitenziaria).

d) Gli O.P.G. e le Case di Cura e Custodia: tenuto conto del rischio di possibili dinamiche regressive istituzionali, proprie del tipo specifico di struttura, devono avviare adeguate azioni di de-istituzionalizzazione, interagendo positivamente con i Servizi del territorio di origine della persona (eventualmente sollecitati) al fine di costruire programmi riabilitativi ad hoc, tenendo aperte prospettive verso il futuro. In tale modo è possibile preparare adeguatamente e con realistica prudenza, nella persona e nel contesto, le condizioni necessarie per la revoca anticipata della misura di sicurezza;

e) La magistratura di Sorveglianza dovrebbe, di conseguenza, assumere:

1) un ruolo attivo di promozione e di controllo della effettiva assunzione della realizzazione delle iniziative necessarie ed opportune per la revoca anticipata della misura di sicurezza, tenendo conto anche della gravità del reato commesso;

2) una funzione di garanzia circa la serietà delle stesse e delle valutazioni che le accompagnano;.

f) Gli Istituti penitenziari devono rendersi disponibili ad assumere tutte le iniziative possibili per assicurare l’interazione dei Dipartimenti di salute mentale sia in prospettiva terapeutica sia in prospettiva riabilitativa e ciò anche mediante apposite convenzioni.

g) Il Ministero della Sanità ed il Ministero di Grazia e Giustizia con il supporto dell’Osservatorio sulla Tutela della Salute Mentale, assumono un ruolo attivo nella valutazione degli interventi attuati e nella proposizione di azioni correttive nell’ambito dei rispettivi compiti di indirizzo e programmazione. Il Ministero di Grazia e Giustizia, inoltre, istituisce corsi di formazione ed aggiornamento per i propri operatori, anche di polizia penitenziaria, impiegati o da impiegare presso gli O.P.G., le Case di cura e custodia e le Sezioni detentive degli I.P. destinate a soggetti con problemi di natura psichica.

 

Conclusioni

 

La somma e integrazione delle azioni sopra indicate e/o di altre di analogo significato, possono permettere, anche se non in tempi brevi, di avviare un lavoro organico con le persone già internate e con quelle che potenzialmente potrebbero esservi inviate (costituendo un filtro e contemporaneamente alcune esperienze emblematiche). E’ indispensabile il coinvolgimento integrato di tutti i livelli indicati. Nel corso delle azioni necessarie può strutturarsi un percorso di formazione-ricerca di notevole valore culturale, scientifico, etico e giuridico, che può essere individuato anche come un percorso di riconoscimento e di acquisizione concreta dei diritti da parte di soggetti intrinsecamente "deboli". Nell’immediato va avviata rapidamente un’azione di ricognizione della popolazione attualmente presente negli O.P.G. e nelle Case di Cura e Custodia con la quale valutare in concreto in ogni singola persona: - la qualità e la gravità della patologia in atto; - la sussistenza della pericolosità sociale, vista attraverso l’ottica e la comprensione istituzionali; - la possibilità di programmi terapeutico-riabilitativi individuali e comunitari; - la possibilità di revocare anticipatamente la misura di sicurezza nell’immediato o in un tempo breve, tenendo ben presente anche la gravità dei reati. Contemporaneamente deve essere avviata un’azione di sensibilizzazione alle Regioni ed un’azione di sollecitazione nei confronti dei Servizi di Salute Mentale con lo scopo di avviare l’istituzione di programmi a breve, medio e lungo termine. Diventerà possibile avere in seguito un quadro più analitico e preciso della reale situazione della popolazione internata e della possibilità di ridurre significativamente l’entità del problema dagli stessi costituito, comprendendo in modo più adeguato se esiste e quale potrebbe essere il "nucleo duro" degli O.P.G., per il quale attivare programmi speciali ed elaborare eventuali modificazioni legislative. Rimangono totalmente non toccati in questo documento il fondamentale problema della perizia psichiatrica, e delle culture che attraverso essa si possono esprimere, ed il complesso problema del rapporto tra organizzazione istituzionale, norma, cultura interiorizzata e costruzione di una visione della realtà, riproduzione della stessa, pratiche e così via. Parimenti potrà essere affrontato in futuro il problema di un possibile ruolo del giudice tutelare nel sistema di controllo e garanzia dei diritti fondamentali delle persone internate, nonché di stimolo del territorio interessato alla predisposizione di programmi di dimissione e reinserimento. Va evidenziato infine il contributo non secondario che possono assicurare alla realizzazione dei programmi i Comuni, le Province, le Associazioni di volontariato e privato sociale e le Economie locali.

Il Consiglio Superiore della Sanità

 

vista

 

la relazione del Dipartimento della Prevenzione del 7 aprile 1998 avente ad oggetto "Documento dell’Osservatorio per la Tutela della Salute Mentale sul Superamento dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario";

 

premesso

 

che il documento in oggetto è stato messo a punto da un gruppo di lavoro ad hoc, coordinato dal Consigliere Salvatore Cirignotta, rappresentante del Ministero di Grazia e Giustizia;

 

considerato

 

che fino alla riforma psichiatrica avviata con la legge n. 180 del 1978, il sistema dei cosiddetti manicomi civili e quello dell’ospedale psichiatrico giudiziario avevano proceduto sostanzialmente in parallelo ispirandosi a principi terapeutici e socio-riabilitativi e a quelli della difesa sociale e della prevenzione delle condotte devianti;

 

considerato

 

il processo in atto di chiusura definitiva degli ospedali psichiatrici;

 

valutata

 

la opportunità di perseguire in prospettiva un obiettivo analogo circa il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari al fine di conseguire un riallineamento tra i due sistemi;

 

tenuto conto

 

che il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, investendo aspetti di natura legislativa, di tutela dell’ordine e sicurezza pubblica oltre che di natura terapeutica e socio-riabilitativa, rappresenta una questione complessa ed articolata;

 

esprime parere favorevole

 

al documento dell’Osservatorio per la Tutela della Salute Mentale sul superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, limitandosi ad esprimere due osservazioni:

la prima, relativa al termine "territorio" menzionato nel terzo paragrafo della pagina 1, che dovrebbe essere inteso come "rete territoriale dei servizi di salute mentale";

la seconda, relativa alle Conclusioni del documento, riguarda la necessità di prevedere adeguate risorse, sia umane che finanziarie, per lo svolgimento di ciascuna fase del progetto di collaborazione con l’Amministrazione giudiziaria.

 

 

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