Rigoldi: "no a pene più severe"

 

Rigoldi: il progetto di legge Castelli non tiene conto della realtà 

«No a pene più severe per i minori»

 

Corriere della Sera, 13 aprile 2002

 

«Una delle cose più belle che un adulto può fare è quella di aiutare e stimolare un ragazzo nella sua crescita, guidandolo verso scelte positive». Perciò don Gino Rigoldi è contrario al progetto Castelli di riforma della giustizia minorile che prevede pene più severe per i minorenni. E per dirlo, il cappellano dell’istituto per i minori Beccaria, ha presentato ieri un documento redatto dai cappellani delle carceri minorili di tutta la regione, dal titolo «Castelli e i minori», e sottoscritto anche da numerose associazioni, come la Caritas ambrosiana, la Compagnia delle Opere non profit, i Volontari del Carcere, l’Opera San Fedele. «Il progetto Castelli - spiega don Rigoldi - è nato sull’onda degli ultimi fatti di cronaca che hanno visto coinvolti ragazzi sotto i 18 anni in crimini gravi». Ma, continua, «in realtà, i reati contro le persone commessi da minorenni rappresentano solo il 9 per cento del totale, e sono quindi fatti eccezionali». Secondo il disegno di legge, infatti, a sedici anni la capacità di delinquere di un adolescente sarebbe già adulta e perciò dovrebbe essere trattata come tale. «Ma questo è sbagliato, - considera don Rigoldi - anzi, a quell’età oggi sono forse molto più immaturi di una volta, perché hanno meno senso di responsabilità, pur sapendo più cose e avendo più stimoli». Lo dice l’esperienza delle famiglie e degli educatori, aggiunge il cappellano, «per questo non è pensabile aumentare la pena per i sedicenni e ridurre le misure alternative».
Altrettanto impensabile, secondo il documento dei cappellani, l’idea di disporre il trasferimento al carcere per adulti dei detenuti che abbiano compiuto la maggiore età. «Ma come? - s’interroga don Rigoldi -. La gran parte dei progetti educativi rivolti ai minori in carcere supera l’età dei 18 anni: così verrebbe drammaticamente interrotta e compromessa dal trasferimento».
Per non parlare poi dei rischi che i ragazzi correrebbero a contatto con i detenuti adulti. Lo sottolinea con preoccupazione don Rigoldi: «Rischierebbero di diventare dei "garzoni", dei discepoli di una criminalità molto più organizzata e pericolosa, per poi essere restituiti alla società più violenti, oltre che istruiti: questo significa ammazzarli». Non è contrario alla pena e alla reclusione il cappellano del Beccaria, «anche se già ora ci sono delle pene "forti", fino a due anni, un po’ lunghe se si tiene conto che il tempo degli adolescenti è molto più intenso di quello degli adulti». Comunque la reclusione per chi sbaglia è giusto che ci sia, «ma il carcere deve essere un luogo di riabilitazione del fanciullo, che deve essere guidato e formato». Un’impresa, per don Rigoldi, «socialmente, umanamente ed eticamente splendida». L’unica è «sperare che il ministro ci ripensi».

 

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