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Tribunale dei minori: tutti i dubbi sulla riforma
Giuristi e psicologi esprimono dubbi sulla riforma del ministro Castelli. Preoccupa la riduzione dei membri laici nei collegi, l'inasprimento delle pene e, soprattutto, il minore ricorso alle pene alternative.
Il Nuovo on line, 14 maggio 2002
Fa discutere il "giro di vite" del governo sui crimini commessi dai minori. Dal CSM e, soprattutto, da alcuni criminologi e psicologi che seguono il problema, si levano infatti critiche al "taglio" dei laici nei Tribunali dei minori e alla minore possibilità di ricorso a pene alternative e "messe in prova". E' soprattutto la "filosofia" a preoccupare: meno recupero e più repressione . I disegni di legge proposti dal ministro della Giustizia Roberto Castelli approvati dal Consiglio dei ministri per la riforma della giustizia minorile civile e penale rispondono al "succedersi di episodi di criminalità, anche di notevole allarme sociale, riconducibili a soggetti minorenni". E prevedono un generale inasprimento delle pene e una limitazione nel ricorso a misure alternative. Sull'impianto
della riforma sono subito piovute polemiche. E' scesa in campo anche la
Commissione riforme del Consiglio superire della magistratura, che per bocca del
relatore, Eligio Resta, ha annunciato "opposizione al clima repressivo nei
confronti dei minori che si realizza con queste misure". Il ministro
Castelli si è detto comunque pronto al dialogo, purché non comporti uno
stravolgimento del testo. "C'è una discriminante di carattere ideologico -
ha precisato il Guardasigilli - perché noi vogliamo occuparci anche delle
vittime dei reati". Ecco dunque i punti più discussi.
Tra
i punti più controversi della riforma c'è la ricomposizione del collegio
giudicante in cui verrebbe ridotta la componente onoraria. In sede penale si
arriverebbe a un solo membro esterno non togato, nessuno in sede civile.
Ridotta la messa alla prova
Fra le misure alternative spicca, per importanza, l'istituto della sospensione della pena con la "messa alla prova", uno strumento che permette di assegnare il minore ai servizi sociali per evitare di restringerlo in carcere. La riforma vuole ridurre dell'applicazione di quest'istituto, negandolo a chi si sia reso colpevole di reati di particolare gravità. "Questa misura - sostiene Gabrio Forti - si sottopone a dubbi di legittimità costituzionale, perché già in passato la Corte Costituzionale ha annullato provvedimenti analoghi che, in ambito minorile, discriminassero l'accesso a misure alternative sulla base dei reati commessi. L'istituto della sospensione della pena, inoltre, non ha alcuna connessione con il reato, perché ha come scopo esclusivo l'interesse del minore e il suo reingresso nella società". Contro si schiera anche Paola De Blasio, docente di Psicologia dello sviluppo, perito in prima linea nei più importanti processi ai pedofili. "Abolire la sospensione della pena con messa alla prova per i reati di abuso sessuale è l'aspetto più grave del Ddl", ha detto De Blasio. "In questi anni ci siamo occupati a fondo di questi problemi - continua - e abbiamo osservato molti ragazzi che, spesso dopo aver subito violenze nell'infanzia, diventavano essi stessi autori di abusi. L'unica possibilità di intervento, in questi casi, è rappresentata da un'azione correttiva da parte dei servizi. Una condanna detentiva, quale è prevista dal nuovo testo, equivale a ritenere il soggetto incorreggibile, proprio in un'età in cui sussistono le ultime chanche di cura".
Pene troppo severe
Il disegno di legge prevede una serie di misure che limitano la discrezionalità del giudice nella concessione di misure alternative al carcere. Sempre secondo il professor Forti la materia riguarda però "soggetti con un enorme futuro davanti a sé che può essere compromesso irrimediabilmente da politiche penali troppo repressive".
Il reinserimento
La
riforma mette un tetto all'azione terapeutica, psicologica e sociale, da poter
effettuare verso il minore. Il nuovo testo fissa un punto di svolta: 16 anni è
l'età in cui, secondo il disegno di legge, il processo di maturazione
dell'individuo è quasi interamente compiuto. Da quest'età in poi, quindi la
riforma esclude l'applicazione dell'attività terapeutica.
"Presupposti sbagliati"
Anche
la giurista Claudia Mazzucato, docente di Diritto penale e Legislazione
minorile, ha molti dubbi: "Nella relazione presentata dal governo, la
riforma viene motivata sulla base di allarmanti fenomeni di criminalità
minorile. Per quanto concerne la consistenza, bisogna precisare che negli ultimi
mesi c'è stato un progressivo aumento delle denunce, che non coincide
necessariamente con l'aumento della criminalità reale".
Riduzione delle attenuanti
Preoccupa anche la riduzione delle attenuanti legate all'età, con limitazioni imposte alle riduzioni di pena e all'obbligo, compiuto il diciottesimo anno di età, di scontare la pena in un carcere per adulti, valutato dalla Mazzuccato come "un provvedimento molto pericoloso che condanna il soggetto a subire le violenze e gli effetti stigmatizzanti dell'esperienza carceraria, compromettendo in maniera drammatica le possibilità di recupero".
Influenzati dalla cronaca? Giudizi negativi anche per la riforma del diritto civile arrivano dal professor Giuseppe Vico, docente di Pedagogia generale e membro onorario del Tribunale dei minori in numerosi procedimenti civili. "Il disegno di legge nasce in un contesto culturale più portato alla punizione che al recupero - ha commentato Vico - in linea con le reazioni emotive suscitate dai recenti fatti di cronaca. Ma non dobbiamo permettere che si disperda quel patrimonio culturale di attenzione alla persone basato sulla solidarietà e sulla sussidiarietà costruito in questi anni". |