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Don Gino Rigoldi, cappellano del "Beccaria" punta il dito contro il sistema carcerario: Alla fine avremo una larva. O un criminale
La Provincia di Como, 7 maggio 2004
"Questa è una pena vendicativa, non riabilitativa. Se si considerano le condizioni difficilissime in cui versano oggi le nostre carceri, la riabilitazione di cui avrebbe bisogno questo giovane sarà davvero ardua da attuare. C’è il rischio concreto che, dopo la detenzione, ci ritroviamo o una larva d’uomo o un criminale incallito. Per la società sarà una nuova sconfitta". Sono amare le parole di Don Gino Rigoldi, cappellano del carcere minorile "Cesare Beccaria" di Milano, nonché fondatore e presidente di Comunità Nuova. La sentenza che, con rito abbreviato, ha condannato a diciotto anni e quattro mesi di carcere il ventenne Giovanni Gambino, assassino della sedicenne di Mariano Comense, Teresa Lanfranconi, è, secondo l’opinione del sacerdote, dettata da una "motivazione fasulla". Si tratterebbe di "un mero attenersi al codice penale" l’aver condannato il reo confesso per omicidio volontario aggravato. "Mi rendo conto – continua Don Rigoldi – della pressante richiesta di sicurezza sociale che questa sentenza esprime ma qui si attua una difesa "immorale" della comunità, con una motivazione che rinvia soltanto il problema. La funzione della pena deve essere riabilitativa e in questo caso mi pare proprio che non ci siano le condizioni per un percorso del genere. Soprattutto, non sarà mai possibile, nelle nostre carceri sovraffollate, attuare un progetto serio che permetta a Gambino di recuperare, di pagare davvero il suo debito. Anzi, quando uscirà potrebbe essere completamente svuotato, un uomo distrutto e ancor più difficile da reinserire". Don Rigoldi con queste considerazioni non vuole però sminuire la gravità del gesto di Gambino che ha portato alla morte violenta una splendida ragazza di diciassette anni, colpevole solo di camminare in una stradina poco frequentata in un pomeriggio estivo. "Certo – afferma il cappellano del "Beccaria" - Gambino ha spezzato la vita di una persona che avrebbe potuto avere un bellissimo futuro, una ragazza nel fiore degli anni. Questo è gravissimo. Dobbiamo però renderci conto che, con una punizione del genere, anche la sua vita sarà compromessa definitivamente. Non mi riferisco solo alla lunghezza della detenzione ma anche al tipo di pena, che prefigura l’impossibilità di un recupero. Ogni detenzione è lunga o breve a seconda delle condizioni in cui venga scontata. E’ una sentenza dettata da istanze di castigo. Sarà però una vendetta terribilmente costosa e di scarso risultato". In conclusione ancora un "atto d’accusa" per la società. "Probabilmente Gambino, che aveva già mostrato chiari segni di squilibrio e di pericolosità, avrebbe potuto essere aiutato e seguito prima del delitto. Ora, come spesso succede, dovrà occuparsene il carcere e questo è il modo peggiore per affrontare i problemi".
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