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Detenuti ed internati stranieri privi di permesso di soggiorno assegnati al lavoro esterno, semiliberi o affidati al servizio sociale: il punto della situazione
In riferimento all’orientamento assunto da parte di alcune Autorità Giudiziarie e di Polizia di Brescia, le scriventi parti ritengono opportuno evidenziare come la Legge 189/2002 (c.d. Legge Bossi-Fini) nel modificare il DLgs 286/98 (c.d. Legge Turco - Napolitano) non entri nel merito relativo all’applicabilità delle misure alternative alla detenzione nei confronti dei detenuti stranieri privi di autorizzazione al soggiorno ovvero titolari di titolo di soggiorno scaduto, revocato etc … . Rispetto a questo punto, infatti, la Legge 189/2002 con l’art. 14 ha inteso integrare l’art. 15 del DLgs 286/98 (espulsione a titolo di misura di sicurezza), esclusivamente per ciò che riguarda la comunicazione al Questore e alla competente autorità consolare dell’emissione del provvedimento di custodia cautelare o della sentenza di condanna definitiva nei confronti dello straniero, al fine di procedere alla sua identificazione in previsione dell’esecuzione della misura dell’espulsione seguente alla cessazione del periodo di custodia cautelare o di esecuzione della pena. Altro aspetto di sicura novità è previsto dall’art. 15 della Legge 189/2002, che, sostituendo l’art. 16 del DLgs 286/98 (espulsione a titolo di sanzione sostitutiva della detenzione), dispone al comma 5 che "… nei confronti dello straniero, identificato, detenuto che si trova in taluna delle situazioni indicate nell’art. 13 comma 2 che deve scontare una pena detentiva, anche residua, non superiore a due anni, è disposta l’espulsione. Essa non può essere disposta nei casi in cui la condanna riguarda uno o più delitti previsti dall’art. 407 comma 2 lettera a), del cpp, ovvero i delitti previsti dal presente Testo Unico". Il comma 6 del citato articolo prevede inoltre che: "…competente a disporre l’espulsione di cui al comma 5 è il magistrato di sorveglianza, che decide con decreto motivato, senza formalità, acquisite le informazioni degli organi di polizia sull’identità e sulla nazionalità dello straniero. Il decreto di espulsione è comunicato allo straniero che, entro il termine di dieci giorni, può proporre opposizione dinanzi al tribunale di sorveglianza. Il tribunale decide nel termine di venti giorni". L’esecuzione dell’espulsione è sospesa fino alla decorrenza dei termini di impugnazione o della decisione del Tribunale di sorveglianza. In ogni caso lo stato di detenzione permane fino a quando non siano stati acquisiti i necessari documenti di viaggio per l’esecuzione dell’espulsione che viene effettuata da parte del Questore con accompagnamento alla frontiera (comma 7, art. 16 DLgs 286/98). Rispetto alla concedibilità e applicabilità delle misure alternative alla detenzione a cittadini stranieri privi del permesso di soggiorno ovvero titolari di titolo di soggiorno scaduto o revocato, non si rilevano quindi elementi di novità. Sulla base di ciò, riteniamo si debba ancora osservare quanto previsto dalla circolare del Ministero del Lavoro 15.03.1993, n° 27, trasmessa alle Questure mediante la circolare del Ministero dell’Interno 2.03.1994, n°8, la quale stabilisce - come è noto - che i cittadini stranieri sprovvisti di permesso di soggiorno "… sono tassativamente obbligati in forza di una decisione giurisdizionale, a permanere sul territorio italiano e a svolgere attività lavorativa in alternativa alla pena detentiva, in forza di una ordinanza del Tribunale di Sorveglianza o di un provvedimento di ammissione al lavoro esterno…". Sulla base di questo principio – condiviso all’epoca dal Ministero di Grazia e Giustizia – la circolare 27/93 stabiliva che gli UPLMO (oggi DPL) rilasciavano "un apposito atto di avviamento al lavoro … prescindendo dalla iscrizione nelle liste di collocamento, dal possesso del permesso di soggiorno e dall’accertamento di indisponibilità". Il predetto atto doveva avere validità limitata al tipo di attività lavorativa e al periodo indicati nel provvedimento e "…non costituirà…titolo valido per la iscrizione nelle liste di collocamento alla cessazione del rapporto di lavoro per il quale è stato concesso…". La medesima circolare prevedeva infine, analoga procedura per i minorenni stranieri privi di permesso di soggiorno per i quali " …a seguito della sospensione del processo e messa alla prova – è previsto l’avviamento al lavoro nel quadro di attività di osservazione, trattamento e sostegno ai sensi dell’art. 28 del DPR 48/98…". Successivamente all’entrata in vigore del DLgs 286/98, la direzione Regionale del Lavoro – Ministero del Lavoro con la nota 11.01.2001 - richiamando quanto contenuto nella lettera circolare del Ministero di Grazia e Giustizia prot. 547671/10 del 12.04.1999 ("…il permesso di soggiorno, per i detenuti e per gli internati extracomunitari avviati al lavoro extramurario in misura alternativa o ammessi al lavoro all’esterno, non è necessario, attesa appunto la condizione di detenzione…") – non rilevava elementi ostativi al persistere dell’applicabilità dell’apposita procedura di avviamento al lavoro delineata nella circolare n° 27/93. Con la circolare del Ministero dell’Interno 2.12.2000 n° 300.C2000/706/P/12.229.39/1^DIV. venne chiarito che " …in riguardo alla posizione di soggiorno dei cittadini stranieri detenuti ammessi alla misure alternative previste dalla legge, quali la possibilità di svolgere attività lavorativa all’esterno del carcere si rappresenta che la normativa vigente non prevede il rilascio del permesso di soggiorno ad hoc per detti soggetti. In queste circostanze non si reputa possibile rilasciare un permesso di soggiorno per motivi di Giustizia né ad altro titolo, ben potendo l’ordinanza del Magistrato di Sorveglianza costituire ex se un’autorizzazione a permanere nel territorio nazionale…". Tale circolare precisava che "… la possibilità per gli stranieri di cui trattasi, di svolgere attività di lavoro all’esterno del carcere è stata disciplinata dalla circolare n° 27/93 del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale con la quale è stato chiarito che è sufficiente un apposito atto di avviamento al lavoro rilasciato dagli Uffici provinciali del lavoro, di validità limitata al tipo di attività lavorativa e a quel periodo indicato nel provvedimento giudiziario di ammissione al beneficio de quo…". Tutto ciò veniva ribadito anche a fronte di quesiti sottoposti da Questure al Ministero dell’interno rispetto alla possibilità di poter concedere o meno la conversione del motivo permesso di soggiorno rilasciato per motivi di giustizia - eventualmente ottenuto durante lo svolgimento di una misura alternativa alla detenzione - a motivo di lavoro subordinato al termine della misura alternativa medesima. La Legge 189/2002 all’art. 18, riscrivendo l’art. 22 del DLgs 286/98 afferma che "… il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno … ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge il rinnovo, revocato o annullato, è punito con l’arresto da tre mesi ad un anno e con l’ammenda di 5.000 euro per ogni lavoratore impiegato…" (comma 12). In riguardo alla possibilità che nei confronti di chi occupa alle proprie dipendenze cittadini stranieri cui sia stata concessa una misura alternativa, privi di permesso di soggiorno, o comunque nelle condizioni previste nel comma sopra citato, vengano applicate le sanzioni previste, è bene fare riferimento a quanto stabilito dal Ministero di Grazia e Giustizia – DAP – Ufficio IV – Divisione III – Trattamento E Lavoro - con due note del 15.02.1999 prot. 545497 e del 16.03.1999 prot. 547899, il quale chiariva che "… il divieto di occupare alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi di permesso di soggiorno… non riguarda i detenuti extracomunitari che vengono ammessi al lavoro all’interno del carcere. Ciò in considerazione del fatto che il lavoro penitenziario presenta natura e caratteristiche proprie rispetto a quello ordinario…". E ancora: "…per quanto concerne invece, il collocamento dei detenuti extracomunitari all’esterno del carcere ed alle dipendenze di terzi il problema della necessità del permesso di soggiorno è già stato affrontato nel 1993 (circolare Minlavoro 27/93) … la ratio di tale disposizione è da individuarsi nel fatto che i detenuti extracomunitari sono comunque obbligati a permanere sul territorio italiano in virtù di un provvedimento giurisdizionale … il problema relativo al possesso del permesso di soggiorno può considerarsi superato in quanto le disposizioni contenute nella circolare suddetta (circolare Ministero del Lavoro n° 27/93) appaiono tuttora applicabili, visto che l’art. 22 del T.U. 286/98 non sembra possedere carattere innovativo…". Segnaliamo in ultimo, la circolare del Ministero dell’Interno 4.09.2001 P.N. 300/C/2001/3595/A/L264/1^ DIV, la quale prevede che: "…l’art. 5 comma 4 del Dlgs 286/98 detta le condizioni a cui deve essere sottoposto il rinnovo del permesso di soggiorno, che riguardano i motivi e la sussistenza dei requisiti necessari al rilascio e la cui verifica deve essere effettuata dall’Autorità di P.S. … nel caso di richiesta volta ad ottenere il rinnovo presentata da un cittadino extracomunitario in stato di detenzione, si deve precisare che l’istanza non può essere accolta, atteso che la verifica della sussistenza dei requisiti necessari, caratterizzanti la tipologia del permesso invocata, è obiettivamente superata dal provvedimento dal provvedimento dell’A.G. in forza del quale l’interessato è detenuto. In sostanza, si può ben sostenere che tale provvedimento contiene in se stesso la caratteristica di autorizzazione al soggiorno, rendendo vano un ulteriore intervento, peraltro di natura amministrativa, dell’autorità di P.S.".
Brescia, 1 febbraio 2003
CGIL di Brescia - Clemente Elia CISL di Brescia - Antonio Lazzaroni UIL di Brescia - Raffaele Merigo Carcere e Territorio di Brescia - Angelo Canori Caritas di Brescia - Don Umberto Dell’Aversana Segretariato Migranti di Brescia - Giovanni Boccacci Movimento Cristiano Lavoratori di Brescia - Ernesto De Marco
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