Libri per ciechi su computer

 

Ex brigatisti in carcere "regalano" ai ciechi biblioteca su computer.

A Opera quattro ergastolani hanno già tradotto 1300 libri: ne potranno usufruire 100 mila non vedenti

 

Il Giornale, 3 dicembre 2000

 

I quattro "patroni" dei ciechi italiani abitano nel carcere di Opera. Giulio Cacciotti e Vincenzo Guagliardo vivono al quarto piano, cella singola nel corridoio dei detenuti comuni. A qualche decina di metri di distanza, oltre un paio di muraglioni e porte blindate, stanno di casa Rosaria Biondi e Nadia Ponti. Due uomini e due donne che hanno almeno quattro o cinque cose in comune: hanno militato nelle Brigate rosse.

Sono stati arrestati all'inizio degli anni Ottanta. Si sono sposati in galera, a Rebibbia, nel 1987, a quindici giorni di distanza: prima la coppia Biondi-Cacciotti, poi il duo Ponti-Guagliardo. A Opera rimarranno a lungo, molto a lungo: per tutta la vita, come impone la pena da scontare. Ergastolo. Da Opera in silenzio e con mezzi limitatissimi, hanno dato il via a una rivoluzione che potrebbe cambiare (e a un migliaio di utenti ha già modificato) la vita dei centomila non vedenti italiani. Hanno messo su computer la bellezza di 1300 libri. Una biblioteca completa che mischia i classici e gli autori contemporanei, la saggistica e la poesia, il feuilleton e la sociologia.

Il teatro integrale di Shakespeare è compresso in 6 dischetti, la Bibbia in 5, "I miserabili" in 3. Piermichele Borra, presidente dell'Istituto Cavazza di Bologna (ultracentenario punto di riferimento nazionale), spende parole importanti per misurare il valore dell'avvenimento: "Gli ex brigatisti con il loro lavoro hanno aperto la porta della cultura a chi prima era tagliato fuori".

Retorica? Niente affatto. I libri (cartacei) sono costosissimi e ingombranti. "Per portare a casa "Guerra e pace" di Tolstoj - spiega Borra - ci vuole un Fiorino in cui accatastare i diciotto volumoni dell'opera". "I promessi sposi", 13 tomi, occupano un'intera libreria. Fino all'avvento dei computer e di Internet un cieco, se voleva leggere, doveva andare all'Unione italiana di Monza o al Cavazza di Bologna con la valigia, la stipava e tornava a svuotarla e riempirla ogni cento pagine. Una faticaccia.

Oggi con la digitalizzazione dei libri - come si dice in gergo - il gap è stato colmato. Bastano due accessori: un computer leggermente modificato, con l'aggiunta della barra Braille (il costo, non proprio economico, oscilla fra i 5 e i 10 milioni), in sostanza un display tattile che permette di leggere con i polpastrelli, e l'accesso, previa iscrizione e ricezione di una password al sito del Cavazza (o a scelta la consultazione li un cd-rom, sempre distribuito dalla fondazione bolognese).

Il resto ce lo mettono i quattro di Opera. Ufficialmente sono volontari, in pratica non prendono una lira e non hanno mai ricevuto il più piccolo beneficio da quest'attività che si sono inventati letteralmente dal niente. "Era il '92, le nostre giornate trascorrevano vuote, venimmo a contatto con un piccolo editore di testi telematici, ci venne l'idea, frequentammo un corso di informatica qui a Opera, cominciammo". Guagliardo e Cacciotti osservano il giornalista come un marziano, poi lo ricevono nel loro "laboratorio": uno stanzino, meglio sarebbe dire un bugigattolo, in cui non c'è nemmeno lo spazio per sedersi.

Sul tavolo, e anche per terra, pile di libri. L'arredamento, a dir poco spartano, è completato da due Pc antidiluviani, uno scanner, la stampante. Lavorano sei ore al giorno sette giorni su sette perché, dicono con una punta di autoironia, "siamo laici e non andiamo a Messa". Non vanno a Messa ma hanno un feroce desiderio di santificare la propria vita, di metterla a disposizione di chi ha avuto meno, di riscattarla. Loro che hanno un'infinità di tempo, non vogliono sprecare nemmeno un istante. Dopo aver baldanzosamente giocato, in gioventù, con la Rivoluzione, ora che hanno pochi capelli in testa e le lenti spesse da miope, hanno deciso di farla sul serio. Solo che hanno capito che il primo comandamento per riuscirci davvero è quello di non dirlo a nessuno.

Poche parole, tante pagine sullo schermo. Le passano allo scanner, poi controllano come correttori di bozze la videata - togliendo i corsivi, sistemando la punteggiatura, trasformando in lettere i numeri romani - infine impostano il programma. "Quando abbiamo iniziato - spiegano - lo scanner non c'era e allora bisognava trascrivere riga per riga tutto il testo che si voleva digitalizzare". La fatica degli amanuensi, per fortuna, è solo un ricordo. Ma i ritmi, causa l'ambiente in cui si muovono, sono sempre gli stessi.

"Se devo comunicare con mia moglie, spiega Cacciotti - ci metto un paio di giorni. Le scrivo una lettera che, con la posta interna, arriva dopo ventiquattr'ore, la lettera di Rosaria impiega altre 24 ore per tornare indietro". Stessa musica per far fare cinquanta metri a un dischetto: ci vuole un giorno intero e un volontario della benemerita cooperativa il Bivacco. Ma dal 1992 il miracolo si ripete quasi quotidianamente: la strana catena di montaggio messa su dai quattro che volevano combattere la società capitalistica funziona a meraviglia

Le donne hanno a disposizione un ambiente un po' più grande. Nadia Ponti ha occhi azzurri velati di tristezza, Rosaria Biondi lo sguardo fiero di certe donne del Meridione. "Siamo le manovali", scherzano ma non troppo. Infatti hanno imparato dai mariti per corrispondenza e non hanno avuto il tempo e l'occasione per apprendere tutte le fasi del ciclo.

"La parte finale - spiegano - tocca sempre agli uomini". L'équipe al completo non si è mai riunita. Nadia sta con Rosaria, Giulio con Vincenzo. Le coppie di sposi si ricompongono solo nel momento canonico dei colloqui: sei ore al mese sotto la discreta sorveglianza delle guardie. Ogni tanto vola un bacio, ogni tanto un dischetto. Ci si stringe la mano e si dà qualche consiglio tecnico con una tenacia che ricorda - per carità, in tutt'altro contesto - quella dei dissidenti russi che mandavano a memoria le opere della letteratura clandestina e così le facevano conoscere all'estero.

Loro all'esterno non ci sono mai andati. "E' una libera scelta - spiegano subito, senza voler rivendicare niente -. Solo una questione di coerenza, il guardarsi allo specchio senza arrossire. Perché noi sì e altri ex terroristi no?". Dunque per solidarietà nemmeno un giorno fuori, oltre il portone di Opera. A complicare la loro clausura monacale c'è il fatto che non si sono dissociati, anche se parlano della lotta armata come di archeologia. "Coerenza - insistono - la lotta armata è morta e sepolta, non ci va nemmeno più di parlarne, ma non ci andava nemmeno di imboccare scorciatoie per guadagnare la libertà".

Lo Stato li tratta con diffidenza, anche se il direttore di Opera, Agazio Mellace cerca di aiutarli come può. Non è facile. Adesso per la coppia Cacciotti-Biondi c'è la possibilità del lavoro esterno, al Bivacco, applicando l'articolo 21 del regolamento penitenziario. "O tutti e quattro o nessuno - rispondono gli irriducibili del Braille -. Il nostro lavoro è basato sulla perfetta sincronia di otto mani". Dividerle vorrebbe dire rendere ancor più complicato quel che è già difficile ed è a rischio da quando, nei giorni scorsi, i grandi editori, decisi a tutelare il copyright e a difendersi dalla pirateria informatica, hanno momentaneamente oscurato il sito del Cavazza. Per fortuna il problema è in via di soluzione.

Non servono anatemi. Non li meritano né gli esperti di Bologna né i ciechi che li hanno eletti a protettori. Scrivono lettere di ringraziamento, vengono a trovarli in carcere. Come Claudio, il giovane che nel bugigattolo di Opera ha raccontato, in due parole, la sua vittoria sull'handicap: "Prima dovevo aspettare che qualcuno mi leggesse un libro. Adesso posso farlo da solo".

 

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