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Detenuti, c’è chi offre un lavoro Lo
dice uno studio di Carlo Alberto Romano
Bresciaoggi, 27 agosto 2002
Quattro imprese bresciane su dieci li assumerebbero. Fino ad ora sono una ventina i detenuti che hanno trovato lavoro presso le cooperative impegnate all’interno degli istituti di pena di Verziano e Canton Mombello; una decina su sessanta quelli che, facendo riferimento allo Sportello carcere (realizzato dalla collaborazione tra la Provincia e l’associazione Carcere e Territorio), hanno trovato un’occupazione extramuraria. Piccoli passi verso un’integrazione possibile, piccole conquiste in un settore che può rivelarsi ricco di potenzialità. A rivelarlo un’indagine condotta da Carlo Alberto Romano, docente di criminologia all’università di Brescia, e Giancarlo Zappa, presidente emerito del tribunale di Sorveglianza, entrambi animatori dell’associazione "Carcere e territorio". Uno studio su un campione di realtà imprenditoriali bresciane (artigiani, industriali, cooperative, commercianti, agricoltori, piccole e medie imprese) alle quali è stato chiesto se avessero mai preso in considerazione l’opportunità di assumere un detenuto e il loro grado di disponibilità ad una proposta del genere. Il quadro uscito dalla ricerca è tutt’altro che sconfortante, anche se molta strada deve essere ancora fatta affinchè il mondo imprenditoriale e del lavoro possa vincere diffidenze e carenze informative sul punto. Il 70,51% degli intervistati, infatti, ha spiegato di non aver mai preso in considerazione la possibilità di assumere un detenuto nella propria azienda, soprattutto per mancanza di informazioni in proposito (il 48,70%). Il 42,30 per cento delle persone interpellate, però, pensa che esistano opportunità occupazionali nella propria azienda per i detenuti ammessi alla misura alternativa. Fra questi il 25,64% è disposto ad assumere un detenuto, l’11,53% potrebbe ospitarne due/tre, il 6,41% sarebbe in grado di offrire un lavoro a più di tre carcerati. A brillare, sul punto, sono soprattutto gli artigiani, le cooperative, i costruttori edili; più scettici industriali e commercianti. I
ricercatori hanno anche chiesto quali problemi potrebbero creare, a loro avviso,
dei detenuti all’interno dell’azienda. Per il 38,46% degli intervistati si
tratta di problemi nella gestione del personale, a seguire vengono gli eventuali
comportamenti negativi del detenuto, il rispetto delle regole sul luogo di
lavoro, la sicurezza degli altri lavoratori, la formazione interna del detenuto,
la gestione previdenziale e amministrativa del rapporto di lavoro. Solo l’1,29% ha indicato l’assunzione a tempo indeterminato come contratto più indicato per un carcerato. Un quadro che secondo i curatori dell’indagine: «pur non connotandosi come sfavorevole allo sviluppo di relazioni interattive fra gli imprenditori bresciani e il mondo penitenziario, necessita indubbiamente di alcuni interventi migliorativi. Il primo sembrerebbe essere quello di migliorare la conoscenza dell’ambiente carcerario fra gli imprenditori, orientati verso una visione stereotipata e superficiale». Secondo
Carlo Alberto Romano e Giancarlo Zappa, oltre a potenziare la collaborazione con
la Provincia per una più razionale gestione del mercato del lavoro fra carcere
e imprese, bisognerebbe promuovere periodici incontri fra realtà carcerarie e
associazioni di categoria. Conoscere aiuta a capire e la comprensione può dare
una mano poderosa ad abbattere l’isolamento. |