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Detenuti al lavoro, il caso Bergamo fa legge
L’Eco di Bergamo, 13 maggio 2003
Il ministro Castelli in carcere: "Niente indulto, ma pene ridotte per chi è impiegato fuori". L’indulto e l’indultino? Morti e sepolti. Ma non lo è la speranza, che i detenuti coltivano ormai da anni, di vedersi aperta una porta alternativa alla detenzione in cella. Una speranza che a Bergamo ha posto le fondamenta già un anno fa, e che da ieri potrebbe estendersi anche al resto d’Italia. La strada tracciata è quella del lavoro fuori dal carcere, pur restando in regime di detenzione. Sei detenuti lo sperimentarono l’anno scorso e dal prossimo 20 maggio l’iniziativa ripartirà, con dodici detenuti, ospitati da altrettanti Comuni della Val Seriana. Le sei amministrazioni dello scorso anno (Ardesio, Gandellino, Gromo, Valbondione, Valgoglio e Villa d’Ogna) hanno stipulato una convenzione triennale, le sei esordienti (Castione della Presolana, Cerete, Fino del Monte, Onore, Rovetta e Songavazzo) annuale. La strada, insomma, è tracciata, ma non è tutto. Perché alla possibilità di lavorare si potrebbe aggiungere presto quella di ottenere sconti di pena collegati all’attività lavorativa. Nel dettaglio, ogni giorno lavorativo dovrebbe valere come due giorni di pena in carcere. Dunque, per esempio, con un anno di lavoro si sconterebbero due anni di pena. La proposta - che è della Lega - è stata sostenuta dal ministro della Giustizia Roberto Castelli, che ieri ha visitato il carcere di via Gleno. Una visita attesa da quasi un anno, da quando i sei sindaci "pionieri" dettero il via all’esperienza dei detenuti al lavoro. Castelli è arrivato alla casa circondariale poco dopo le 10. Prima tappa, l’inaugurazione del forno aperto in via Gleno grazie all’Associazione panificatori. Vi lavora una ventina di detenuti, che a fine estate, terminato il corso, tenuto anche dal presidente dei panificatori bergamaschi, Roberto Capello, usciranno dal carcere per essere impiegati in alcuni forni di città e provincia. E in quel momento, al forno di via Gleno, che ogni giorno sforna un paio di quintali di pane, comincerà un nuovo corso. Castelli ha apprezzato l’iniziativa e anche i suoi prodotti: la giornata del ministro è infatti iniziata con una fetta di focaccia al rosmarino appena sfornata. Poi tutti nella sala riunioni, dove sul rilancio dell’alleanza carcere-Comuni è stato posto il sigillo di Castelli. Prima di lui molti gli intervenuti: l’onorevole Carolina Lussana, responsabile giustizia della Lega, che ha illustrato la proposta di legge; il prefetto, Cono Federico; il magistrato di sorveglianza Monica Lazzaroni; l’assessore provinciale al Lavoro Benedetto Bonomo; l’assessore provinciale ai Servizi sociali Bianco Speranza; il sindaco di Villa d’Ogna, Bruno Bosatelli, intervenuto a nome dei sindaci che con coraggio hanno accettato questa sfida. Tutti hanno sottolineato la validità dell’esperienza bergamasca per il reinserimento e l’avviamento al lavoro dei detenuti Poi è stata la volta di Castelli. "Negli ultimi decenni - ha detto - la questione del sovraffollamento è stata affrontata con una serie di amnistie e indulti che tra i cittadini hanno provocato sfiducia nelle istituzioni, senza risolvere il problema, viste le condizioni attuali delle carceri, che sono vicine al collasso: abbiamo 57 mila detenuti, con un limite realmente tollerabile di 60 mila". Poi Castelli ha illustrato la sua ricetta per la soluzione. "Noi abbiamo scelto la via difficile. Un indulto o un’amnistia sarebbero stati comodi per svuotare gli istituti, ma avrebbero scaricato il problema sui cittadini". Quattro i punti cardine dell’azione del governo. Le strutture da adeguare: "È pronto un piano da mille miliardi di vecchie lire per le nuove carceri, che prevede anche la chiusura delle strutture più fatiscenti. Apriremo anche un carcere in Albania". E qui si aggancia la possibilità di far scontare le pene agli stranieri nei paesi d’origine. "L’accordo con l’Albania - dice Castelli - è fatto, manca solo l’ok del Parlamento. E con altri Paesi intendiamo muoverci nella stessa direzione". Sempre in tema di extracomunitari, Castelli snocciola i numeri degli effetti della Bossi-Fini. La legge consente infatti la scarcerazione - in cambio dell’espulsione - dei clandestini con meno di due anni di detenzione da scontare. "Provvedimento andato in porto in 541 casi", dice Castelli. Poi la certezza della pena: "Dobbiamo prevedere pene umane ma certamente scontate", dice Castelli. Infine il piatto forte, la cui ricetta è tutta bergamasca: il lavoro. "Dobbiamo far lavorare i detenuti il più possibile. Il numero dei carcerati impiegati deve aumentare del 5 per cento ogni anno, e nel 2002 è cresciuto del 15 per cento, anche se il totale - milleduecento - è ancora troppo basso. Comunque, il ministero ha avuto l’input di accettare tutti i progetti che seguano la strada tracciata da Bergamo. È la strada più lunga ma è l’unica per affrontare il tema del reinserimento. E attenzione: il lavoro dev’essere lavoro "vero". Insegnare ai detenuti extracomunitari a decorare un piatto di ceramica serve a poco una volta estinta la pena. Insegnare a fare il pane come si fa qui li mette invece in condizione di affrontare la libertà trovando immediatamente un lavoro, in Italia o nel loro Paese". Castelli ne è convinto e non ha mancato di elogiare la realtà bergamasca. "Di solito nelle carceri incontro gli addetti ai lavori. Qui invece c’è la realtà bergamasca ed è un dato importantissimo: significa che il carcere è aperto alla società e interagisce. Senza la società che ci aiuta il governo non potrà mai raggiungere risultati d’eccellenza. Bergamo ancora una volta è all’avanguardia e dimostra di saper trovare le strade giuste per risolvere i problemi, al di là di tante storie. La gente capisce che il detenuto che lavora è un detenuto che si prepara a diventare cittadino. Qui si fa, si investe e ci si crede. Speriamo, un giorno, di trovarci in un auditorium con tutti i Comuni della Bergamasca". Si chiude, il ministro ha fretta di raggiungere Lecco per un altro impegno. Delle polemiche sulla giustizia non vuol parlare, ma c’è ancora il tempo per un aperitivo celebrativo, condito dalla distribuzione di pane ancora caldo di forno. Per la cronaca, tre pagnotte sono finite nel baule della Kappa blindata di Castelli.
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