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Lombardia: "Detenuti a pulire i fiumi e l’esercito a controllare" I Verdi lanciano la proposta durante un convegno L’assessore regionale: idea da approfondire
Corriere della Sera, 25 settembre 2003
Alluvioni in pianura e frane in montagna rappresentano un rischio elevato o molto elevato per 687 dei 1546 comuni lombardi. I 500 milioni di euro che, due anni fa, l’Autorità di bacino del Po ritenne necessari a mettere in sicurezza "i nodi idraulici critici" non ci sono. Mancano anche i 26 milioni che secondo la stessa Autorità, ogni anno, andrebbero destinati alla manutenzione di fiumi, torrenti, canali, come ben dimostrano - ad esempio - le cataste di legna e detriti trascinate fin dall’alluvione del 2000 contro i pilastri dei ponti sul Po e lì rimasti, a fare da minaccioso tappo in caso di nuove piene. Come uscirne? "Facciamo lavorare, volontariamente s’intende, i detenuti prossimi alla fine della pena. E, per sorvegliarli assicurando tranquillità alla popolazione e fornire loro strumenti e mezzi di trasporto, usiamo l’esercito". È la proposta lanciata ieri con un convegno dai Verdi. E all’invito alla "Manutenzione, Manutenzione, Manutenzione" lanciato dal consigliere Carlo Monguzzi, l’assessore al Territorio Alessandro Moneta (FI) risponde con un assenso convinto e l’intenzione di pensarci su. "È un’idea che merita di essere approfondita. Ci sarebbero da studiare gli strumenti tecnico-giuridici per attuarla, ma potrebbe interessare anche i giovani del servizio civile". Delusione per chi si aspettava un contraddittorio fra i due, e simpatia della platea ecologista per l’assessore che, martedì pomeriggio, si è astenuto al momento del voto su una mozione che chiedeva alla giunta di pronunciarsi pro o contro il condono annunciato dal governo nella Finanziaria. Non è una proposta che possa trovare attuazione immediata: troppo delicato e complesso il meccanismo da mettere a punto anche soltanto per dare la possibilità ai detenuti di scegliere questo genere di lavoro. Non è stato fatto un calcolo dei costi di un’operazione simile: "Sarebbero di certo inferiori ai danni causati da frane e alluvioni". Il solo disastro della Valtellina, nel 2002, ha provocato danni per quasi 700 milioni di euro. "Ma si tratterebbe anche una opportunità di reinserimento sociale da offrire ai carcerati" ha sottolineato Carlo Monguzzi. Lavorerebbero in piccoli gruppi di cinque - sei, guidati da un tecnico a progetti di risanamento e recupero coordinati dalla comunità locali: comuni e comunità montane cui la legge ha affidato tutti i corsi d’acqua minori, mentre per i maggiori tocca alla Regione. Accolta dall’assessore al Territorio, la proposta ha trovato orecchie attente anche nella commissione speciale carceri del consiglio regionale, tanto che la presidente Antonella Maiolo ha già chiesto un parere al direttore del carcere milanese di San Vittore Luigi Pagano. Diverse, infine, le reazioni in coda al convegno (al quale hanno partecipato anche l’Agenzia regionale per la protezione dell’Ambiente, WWF e Legambiente). "Sono esterrefatto - è il commento del segretario generale di Rifondazione Ezio Locatelli. - Un conto sono le misure alternative alla pena carceraria, che sosteniamo da sempre. Tutt’altra cosa è sostenere che un carcerato possa fruire di una presunta "libertà di lavorare", sotto scorta armata, per far del bene alle casse della collettività e a se stesso". "Siamo d’accoro - fa invece sapere il consigliere leghista Giampiero Reguzzoni -. Anche noi abbiamo fatto la stessa proposta mesi fa: allora, però, ci hanno accusato di volere i lavori forzati. Adesso, invece, parlano di reinserimento". Con questa stessa argomentazione, Silvia Ferretto, consigliere An, invita Monguzzi a firmare una proposta di legge sul lavoro dei detenuti: "L’ho presentata proprio l’inverno scorso".
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