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La Rondine, una voce dal carcere Periodico dei detenuti della Casa di Reclusione di Fossano Luglio 2005 - Numero 18
Le leggi ci sono ma la loro applicazione lascia a desiderare Storie d’ordinaria (in)giustizia, di Renato S.
Le mansioni che volontariamente svolgo all’interno del carcere, redattore di questo giornale nel settore giuridico e scrivano (aiuto gli altri detenuti a stilare documenti e richieste da inviare a magistrati e tribunali) mi mettono quasi quotidianamente a contatto con le ingiustizie che anche noi detenuti siamo costretti a subire. Nel numero scorso ho già avuto modo di far rilevare come i benefici di legge vengano applicati dai tribunali e dai magistrati di sorveglianza in modo diversissimo non tanto da individuo a individuo, come è naturale che sia, ma da regione a regione. In alcune parti d’Italia i benefici sono concessi con regolarità e si cercano i motivi per farlo; per esempio, in Toscana, Adriano Sofri è uscito in permesso non perché l’abbia richiesto lui ma su proposta dell’equipe d’osservazione. Un fatto del genere in Piemonte sarebbe assolutamente impensabile essendo noto che questa è una regione tra le più severe e restrittive. Qui si cercano tutti i motivi per non concederli. Può succedere che un’equipe d’osservazione si opponga ad una misura alternativa al carcere perché alla persona richiedente era stato revocato un beneficio nel 1990… quindici anni fa! Nel frattempo questa persona si era costruita una famiglia, un lavoro ma per il Tribunale di Sorveglianza di Torino non era meritevole. Oppure viene negata la liberazione anticipata perché non si è partecipato alle opere di rieducazione o si è preso un rapporto disciplinare. Ma con il sovraffollamento e la conseguente riduzione di spazi in cui si è costretti a vivere e la contemporanea sempre maggiore eterogeneità di culture, usi, religioni da conciliare è un miracolo non essere coinvolti in un qualsiasi bisticcio, scatenatosi per qualsiasi motivo. I Magistrati di Sorveglianza invece di essere più comprensivi verso le oggettive difficoltà di vita che ci sono nelle carceri, negano i benefici anche per delle piccole mancanze. Qui, in Piemonte, bisogna rasentare la santità perché siano concessi dei permessi, ma il carcere non è il posto dove cercare i santi! Un altro aspetto che serve a tastare il polso della situazione giustizia in Italia riguarda le espulsioni dei detenuti extracomunitari. È singolare la dichiarazione del ministro Castelli agli organi di stampa dove, in merito al sovraffollamento nelle carceri e alla conseguente richiesta, vana, di un atto di clemenza, diceva che la congestione attuale si sarebbe normalizzata in breve tempo, senza bisogni di condoni, grazie ai circa centocinquanta rimpatri alla settimana di detenuti extracomunitari. Come nostra esperienza diretta c’è da dire che i nostri compagni ottengono l’espulsione come misura alternativa alla pena dopo sette mesi di attesa e che attualmente, nel carcere di Fossano, c’è una decina di persone in attesa di rimpatrio ma le lungaggini burocratiche non lo consentono. Vagando poi nei vari paradossi della giustizia italiana è emblematico il caso di un nostro compagno, Ben Salem, di cui hanno parlato anche i giornali nazionali. In breve, il nostro amico è stato accusato di alcuni reati, viene arrestato e, nonostante una sua richiesta di permesso di soggiorno, viene espulso dal territorio dello Stato italiano. In sua assenza viene processato e condannato praticamente senza avvocato perché l’avvocato d’ufficio si rimette alla decisione della corte. Ben Salem non è informato dei processi e quando le sentenze diventano definitive scatta l’ordine di cattura internazionale. Viene arrestato in Francia dove nel frattempo aveva ottenuto il permesso di soggiorno e si era formato una famiglia con un lavoro ed estradato in Italia. Qui, dal carcere, fa ricorso per ottenere la riapertura del processo ma la corte glielo nega perché dichiara che la notifica è stata eseguita secondo le norme di rito. Nel frattempo il Consiglio dei Ministri emanava un decreto legge sulla contumacia, dopo ripetute condanne per inadempienza da parte della Corte europea, per cui chi era stato condannato in contumacia poteva ottenere il rifacimento del processo, se ne faceva richiesta entro trenta giorni dalla data d’entrata in vigore del decreto. Ben Salem faceva richiesta in tal senso ma i giudici della Corte d’Appello di Brescia la respingevano perché presentata oltre i termini di tempo previsti. Per intanto rimane in carcere, mentre i vari tribunali si stanno occupando della situazione ma nessuno decide di liberarlo in attesa di essere giudicato in sua presenza. Si vive una situazione kafkiana dove tutti sembrano pronti a farti aver giustizia ma intanto combatti contro muri di gomma che ti creano chi deve decidere e invece non decide per il terrore di sbagliare e rinvia tutto all’organo superiore. Intanto passa il tempo e la condanna viene eseguita per intero, come sta accadendo realmente al nostro Ben Salem.
Quanto conta chiamarsi Mohamed, di Cesare Martinetti Tratto da Specchio del 25 settembre 2004
Mohamed Ben Salem è in carcere da un anno. A differenza di quanto è successo con l’ex-terrorista Cesare Battisti, nessun intellettuale ha protestato, né sulla rive gauche, né dalla rive droite. Eppure c’è di che preoccuparsi di come la giustizia francese (complice quella italiana) sbriga velocemente le pratiche che riguardano i poveretti. Ben Salem è stato condannato in Italia a 4 anni e qualche mese per vari furti compiuti su auto in sosta a Rovereto, Brescia e dintorni. Non ha mai commesso violenza su nessuno. Giusto che paghi, per carità. Ma c’è un ma. Le condanne sono state pronunciate in sua assenza, in contumacia. Ben Salem, dopo aver scontato qualche mese, era stato espulso dall’Italia (dov’era clandestino, arrivato dal sud della Tunisia su qualche barcone) e s’è rifugiato in Francia, a Orly, dove ha cominciato a fare l’imbianchino, trovato moglie, messo su famiglia, fatto un figlio. Non ha mai commesso irregolarità, le autorità francesi non hanno nulla da rimproverargli. Senonché, giusto un anno fa, s’è recato in prefettura per rinnovare la patente ed ha scoperto che la giustizia italiana ne chiedeva l’estradizione. Una pratica automatica per condanne superiori a quattro anni. I giudici francesi hanno risposto sì; la Cassazione ha confermato. Nonostante che Ben Salem, espulso dall’Italia, fosse impossibilitato a partecipare al suo processo e abbia – almeno - diritto a un nuovo giudizio. Ma i francesi non si sono posti il problema, lo stesso che ha agitato e diviso l’opinione pubblica a proposito di Battisti, al quale però fu regalata subito la libertà (grazie alla quale ora è latitante) mentre il povero tunisino resta in carcere in attesa di un’estradizione palesemente illegittima. Qualcuno vuole occuparsi di questa ingiustizia? Certo chiamarsi Mohamed è differente da Cesare, ma la legge, come non ammette ignoranza, non dovrebbe neanche fare distinzioni di persone.
Presentata anche al Santa Caterina l’opera di Davide Dutto Il gambero nero, ovvero come si cucina in carcere, di Maurizio F.
Il colpo d’occhio che il cortile "dell’aria" offre lunedì mattina, 30 maggio è sicuramente insolito ed una inconsueta frenesia lo anima. Su un lato, all’ombra, sono sistemati tavoli e sedie; palloncini, festoni e bandiere appesi al muro creano una scenografia festosa ma l’area che più attira l’attenzione è la zona centrale del cortile: qui spicca sullo sfondo dei muri bianchi illuminati dal sole un lungo arco costituito da una cinquantina di foto poster in bianco e nero. E infatti sono proprio loro le protagoniste di tanta animazione: le foto! Ambientate nel carcere di Fossano, ritraggono per lo più la preparazione e la consumazione dei pasti. In ogni casa è questo il momento vissuto come il più intimo e familiare, condiviso con le persone care e anche in una cella ha il sapore un po’ magico di un rito scandito con ritmi precisi e dilatato il più possibile nel tempo, di un incontro tra profumi e gusti diversi, intrisi di nostalgia e desideri silenziosi, per ritagliarsi "un pizzico di felicità" da vivere insieme. Con sensibilità umana ed originalità artistica, è attraverso il cibo e la cucina assunti come metafora che il fotografo fossanese Davide Dutto ed il giornalista Michele Marziani hanno voluto illustrare la vita e i sentimenti delle persone recluse, condensandoli in un libro dal significativo titolo "Il gambero nero – ricette dal carcere", edito da DeriveApprodi di Roma, con il contributo della Fondazione Crf. Oggi è il giorno della presentazione dell’opera all’interno del carcere. Il pesante cancello che immette nel cortile lascia passare molta gente "di fuori", tra cui numerose autorità e i giornalisti della stampa e della televisione. Dopo il saluto iniziale e la presentazione dell’iniziativa pronunciati dal direttore dell’istituto dott. Torchio, prende la parola la dott.ssa Tiziana Elia, in rappresentanza del provveditore di Torino, che ringrazia per l’invito a questa manifestazione, sottolineando come il carcere di Fossano si distingua per queste iniziative di carattere culturale e sportivo che aiutano ad integrare il mondo "dentro le mura" con quello esterno. Anche l’avvocato Anna Mantini, consigliere provinciale, a nome del Presidente della Provincia, sottolinea la particolare apertura attuata da questa Casa di Reclusione che permette all’opinione pubblica di migliorare la propria conoscenza del mondo carcerario e alle persone recluse di mostrare maturità e responsabilità di comportamento, utile al loro percorso di recupero sociale. Ricorda inoltre la volontà della Provincia di impegnarsi nel favorire iniziative d’inserimento lavorativo e sociale del detenuto a fine pena. Paolo Costamagna, in rappresentanza dell’Azienda Multiservizi, mette in rilievo l’impegno costante della direzione e degli operatori del carcere cittadino per sostenere le varie attività attraverso le quali la città entra al Santa Caterina, attività che l’assessore ai Servizi alla Persona, Bergia ed il consigliere Bruno, quali rappresentanti del Comune di Fossano, a nome anche del Sindaco, assicurano di coordinare e sostenere, se possibile. Interviene anche Renato S., uno dei detenuti partecipanti al progetto, che vede nella realizzazione del libro un ulteriore mezzo per far giungere all’opinione pubblica la voce e le emozioni di chi è privato della libertà. Poi tutti insieme, autorità, detenuti, operatori e i numerosi invitati sono accompagnati ad osservare le cinquanta foto-manifesto esposte, sotto la guida di Davide Dutto e di Michele Marziani. Nel rispondere alle domande poste durante la visita, i due autori spiegano che l’idea del libro è nata durante il corso di fotografia iniziato già qualche anno fa ma il soggetto da rappresentare è scaturito solo in un secondo tempo, nato dalla curiosità suscitata dai racconti dei detenuti su come riuscivano a cucinare prelibatezze con i pochi e poverissimi mezzi a disposizione compensando la mancanza di strumenti idonei con la fantasia e l’inventiva che non manca. "Passando molto tempo in cella, continuano, abbiamo potuto cogliere momenti significativi, difficili da descrivere con la penna, più facili da rappresentare con la macchina fotografica". Il giornalista che gira l’Italia descrivendone territorio e gastronomia, in questa occasione ha avuto il ruolo di esperto assaggiatore di piatti "gustosi e genuini scoprendo nei commensali, insieme alle doti culinarie, anche quelle umane che mi hanno consentito di trarre da questa esperienza un importante arricchimento personale". "Ciò che più mi ha colpito, aggiunge il fotografo Dutto, è stato rendermi conto che le cose che fuori appaiono assolutamente banali, dentro non lo sono perché non esistono". Sulle iniziative connesse all’uscita del libro, Dutto spiega che è già stato presentato ufficialmente durante l’ultima edizione del Salone del libro di Torino dove ha riscosso un notevole interesse da parte dei mass-media nazionali (recensioni su importanti quotidiani, servizi in trasmissioni televisive) e anche stranieri e spera in futuro di presentarlo in qualche rinomato ristorante e in altre realtà carcerarie. La manifestazione si conclude con un ricco e abbondante buffet multietnico, realizzato dai detenuti lavoranti della cucina, in particolare dal bravissimo pasticcere Giuseppe, che ricevono i complimenti da parte di tutti. Così, in un clima di allegria, di scambi di opinioni e di dialogo aperto tra tutti i partecipanti, senza distinzione alcuna tra ospiti esterni e popolazione reclusa che ha potuto parlare liberamente con gli intervenuti senza limitazione alcuna, termina una mattinata ricca di comunicazione tra la realtà del carcere e quella della società libera.
L’arte di arrangiarsi … in cucina, tratto da "Il gambero nero" di Davide Dutto e Michele Marziani. Sintesi a cura di Marco Z., Maurizio F.
Dove c’è vita si mangia, e si cerca di mangiare bene. In carcere c’è vita, non ci si spegne, si resiste, si rincorrono affetti e memorie, anche davanti a un fornello, seppur da campeggio. Il cibo, la cucina, come metafora. Le ricette come ricette di vita. In carcere, a Fossano come altrove, c’è la cucina, quella dell’amministrazione penitenziaria, dove per fornire le materie prime da cuocere, c’è una ditta che vince un appalto, dove a cucinare sono i detenuti impiegati a fare questo mestiere e dove c’è anche un ricettario fornito dal ministero per far fronte di eventuali carenze di idee o dubbi dietetici per una sana e corretta alimentazione. Il cibo cucinato per tutti viene distribuito con carrelloni. Si prende e magari si condisce, si personalizza e si fa il pranzo di mezzo giorno. Ma la sera no, la sera è altro, è cucinare ognuno nella cella, cercando di ritrovare sapori e idee, magari aria di casa. Quello del lavandino è l’angolo della cucina. Lì ci sono pentole e fornellini a gas da campeggio, di quelli con la bomboletta piccola. C’è un fornellino per ogni detenuto come da regolamento. Poi una gran quantità di bottiglie di plastica vuote che raccolgono posate, che dispensano bicchieri di carta. Tra la finestra di vetro e l’inferriata c’è spazio per coltivare il basilico, la salvia, il prezzemolo, e per conservare i cibi in inverno,. Una sorta di frigorifero naturale che d’estate viene sostituito dallo sciacquone del bagno; si chiudono ermeticamente i cibi e si mettono in ammollo per conservarli al fresco. Per cucinare occorrono le materie prime. Chi ha i soldi sul suo conto le acquista, c’è un elenco di cibi che si possono comprare due volte la settimana. Per quelli che non ci sono si può fare la domandina. Il fresco si può ordinare tutti i giorni. Mancano gli attrezzi per fare, aprire, chiudere, tagliare… e allora per fare fini le verdure si aprono i pelati, si prende il coperchio e lo si usa come mezza luna per tagliare. E sfumare con il vino neppur se ne parla perché nel carcere di Fossano, gli alcolici sono vietati. Ma qualunque cosa manchi ci si arrangia, si sostituisce, si fa, s’inventa. Persino il forno. Forni ce n’è di ogni tipo, per ogni uso e inventiva. C’è chi usa il doppio fornello con cappa di stagnola (ma la carta stagnola "l’hanno tolta dalle cose che si possono acquistare perché ci hanno detto che è cancerogena") per cucinare la pasta al forno, chi preferisce lo sgabello ricoperto con un panno bagnato per i dolci. Stupisce, in ogni caso, questa cucina fatta di nulla, realizzata su fornellini da campeggio, stupisce per fantasia, per arte di arrangiarsi, per profumi che a partire dalle cinque del pomeriggio, dalla fine dell’aria, avvolgono i tre bracci del Carcere di Fossano, escono dalle celle per mescolarsi nei corridoi afrori e sentori dei quattro continenti, ora dolci, ora pungenti, ora speziati, ora freschi, ora fumosi, ora leggeri… profumi del mondo che qui significano desiderio di normalità, di cose quotidiane, di radici. Allora la cucina è rifugio, i piatti di casa riportano a casa, i buoni sapori sono il primo biglietto da visita per presentarsi agli altri,… e quando si cucina è festa perché proporre il cibo è un arte secolare e in qualche modo affettiva.
Impressioni dal carcere, di Gaspare C.
Oggi, durante il rinfresco per la presentazione del libro di cucina "Il gambero nero", abbiamo avuto modo di raccogliere le opinioni di alcune persone presenti alla manifestazione. Incontriamo una ragazza, presentataci dalla madre di Davide, il fotografo, e le chiediamo di raccontarci le sue impressioni per essere entrata per la prima volta in un istituto penitenziario. "Non avevo assolutamente idea di cosa potessi trovare all’interno di un carcere, soprattutto dopo quello che si sente dire sui detenuti, o da quello che viene trasmesso tramite l’informazione, che di sicuro non è quello che ho visto io oggi. All’inizio ero molto emozionata e devo dire anche curiosa o forse spaventata dall’idea di oltrepassare certi cancelli ma poi mi sono potuta ricredere stando a contatto con voi. Sicuramente ho vinto molti pregiudizi che come tante persone portavo dentro, ma dopo essere stata coinvolta in una manifestazione che alla fine si è potuta definire una piccola festa per tutti, anche le mie idee sulla vita in carcere e sul detenuto sono cambiate. Tante persone che ancora ignorano questa realtà dovrebbero viverla perché c’è da imparare da qualsiasi cosa, e non è detto che non si possa apprendere anche da dei detenuti. Se vi sarà altra occasione sicuramente non mancherò, per il buon ricordo lasciato da questa giornata". Continuando il nostro giro fra le persone presenti, incontriamo Cristina, che è l’aiutante di Davide; anche a lei domandiamo quali opinioni si è fatta dei detenuti incontrati a Fossano e anche degli agenti di custodia. Lei ci pensa un po’ e poi ci racconta che questa è la seconda volta che oltrepassa le mura di un carcere, in precedenza era stata in un’altro istituto di Milano, del quale non ha conservato una buona opinione. Dice che si respirava un’aria molto diversa da qui ed ha notato che quella divisione tra detenuti e agenti di custodia, qui a Fossano non l’ha vista, perché tutti hanno partecipato all’evento insieme: detenuti, agenti e tutti gli operatori che lavorano qui. Dice che la giornata è stata piacevole e anche curiosa e che si è trovata molto bene in mezzo a noi. La possibilità che abbiamo di partecipare e di dialogare in forma attiva e diretta alle iniziative è una modalità impensabile in altri carceri ma resa qui possibile dalla mentalità aperta del direttore e del comandante che ripongono fiducia, sempre ampiamente ripagata, nel nostro senso di responsabilità.
Un pallone per amico, di Maurizio F. Un torneo di pallavolo e calcio con gli studenti delle scuole superiori di Saluzzo
L’importanza che lo sport può avere nell’abbattere confini, barriere e muri è stata sottolineata da tutte le autorità sportive che hanno partecipato, mercoledì 25 maggio, alle premiazioni di un torneo organizzato nel carcere di Fossano dall’associazione "Iride" di Grugliasco e documentato da numerosi giornalisti de "La Stampa" di Cuneo e dei settimanali di Saluzzo e Fossano. Le parole pronunciate da Giorgio Bergesio, presidente regionale settore giovanile della Federazione Calcio, da Guido Caffo, delegato regionale della medesima Federazione e da Simona Rossotti, assessore provinciale allo sport hanno ben descritto l’esperienza di incontro, di dialogo aperto e senza filtri che tutti i partecipanti hanno potuto vivere nel cortile "dell’aria" durante i tre giorni della manifestazione, denominata "Un pallone per amico". Questa iniziativa fa parte di un progetto dell’associazione "Iride", sponsorizzato dalla Regione Piemonte e dalla F.I.G.C.che da alcuni anni cerca di portare l’attività sportiva in alcuni carceri della regione. Dopo le due edizioni precedenti che si sono svolte nel carcere di Saluzzo, l’organizzatore Claudio Palmero, dinamico e trascinante professore di Educazione Fisica delle scuole superiori di Saluzzo ha chiesto ed ottenuto di portare i suoi studenti (I.T.C. "Denina", I.P.C. "Silvio Pellico" I.S.A. "Bertoni") nel carcere di Fossano dove ha organizzato un torneo di calcio, martedì 17 maggio e di pallavolo, martedì 24 maggio. Ad ogni competizione hanno partecipato due squadre di detenuti e due di ragazzi esterni che nella pallavolo comprendevano anche alcune ragazze. Nel calcio, nonostante l’impegno e la combattività dei giovani studenti che hanno lottato fino alla fine, le squadre dei detenuti si sono rivelate superiori, classificandosi al primo e al secondo posto. La settimana successiva, però, gli studenti si sono presi una bella rivincita vincendo il torneo di pallavolo e conquistando anche il secondo posto. Hanno dimostrato di giocare con grinta e tecnica e, in special modo uno studente, Luca è stato determinante con i suoi servizi bomba e le sue schiacciate siluro. Anche una ragazza, Anna, minuta ma molto brava e potente ha portato la sua squadra alla vittoria mettendo a segno molti punti vincenti. Questi due ragazzi con il loro talento hanno suscitato l’ammirazione di tutti i presenti, diventandone i beniamini, tanto che ogni loro colpo veniva sottolineato da applausi e incitamenti. Voci maliziose di giocatori perdenti hanno cercato di giustificare la sconfitta dicendo che, vista la presenza femminile in campo non avevano voluto infierire per spirito cavalleresco. Ma nulla di tutto questo! Onore invece al merito e alla bravura dimostrata sul campo di gioco da questi giovani studenti che hanno apprezzato molto il clima di accoglienza e di calore umano che qui hanno sperimentato, ben diverso da quello di Saluzzo. Anche per i detenuti sono stati giorni di amicizia, agonismo, divertimento che hanno spezzato la monotonia di un tempo che trascorre sempre uguale. Tutto questo è stato possibile grazie all’associazione Iride e al suo presidente, Nino Curto che ha sottolineato l’importanza di un’esperienza così positiva sia per l’associazione che per gli studenti perché se è vero che lo sport non deve avere né confini né limitazioni, è anche vero che sono solo le persone che fanno sport che possono far vivere l’agonismo come un’occasione di incontro e di forte crescita personale. Insieme al vicepresidente, Carlo Caglieris, ex giocatore della nazionale di pallacanestro, ha voluto esprimere la gratitudine per l’esito molto positivo della manifestazione consegnando delle targhe ricordo al direttore del carcere Torchio, al comandante Maglione e all’educatrice Antonella per la loro disponibilità e collaborazione. Il Prof. Palmero ha voluto concludere dicendo che qui a Fossano ha trovato una sportività che ben difficilmente si trova "fuori" e sarebbe felice di continuare con queste iniziative. È una speranza coltivata anche dai detenuti di Fossano perché anche una semplice partita di calcio o di pallavolo diventa un evento particolare, ricco di positiva esperienza umana da entrambe le parti.
Le attività e le finalità dell’associazione sportiva socioculturale "Iride"
Dal 1987 un gruppo omogeneo di ricerca e sperimentazione, formato da docenti di Educazione Fisica, animatori sociali e psicologi si è impegnato all’interno del carcere Le Vallette di Torino in un progetto strutturato, mirato allo sviluppo di attività di gruppo e risocializzanti, attraverso la gestione dello sport organizzato. Il progetto è stato sponsorizzato dalla Regione Piemonte, Assessorati alle Politiche Sociali e allo Sport e, in sinergia con le Direzioni Carcerarie, attraverso continue modifiche didattiche in itinere, dettate da aggiustamenti organizzativi, è giunto oggi alla realizzazione di un funzionale Laboratorio del fisico, nel corso del quale si passano messaggi di civiltà, regole e moralità, attraverso le attività sportive, ludiche e formative. Grande attenzione da parte dei docenti è stata di fatto indirizzata verso l’attività sportiva, mirata alla demolizione o quanto meno riduzione dello stress, dell’ansia esistenziale ed emozionale, sommativi di frustrazioni e turbamenti esasperati nella vita dei reclusi. Dopo la positiva esperienza maturata presso il carcere Lo Russo e Cutugno di Torino, l’associazione ha rivolto il proprio impegno nella realizzazione di analoghe attività presso le Case Circondariali di Alba e Saluzzo (CN), di Ivrea e di Asti. Grande supporto è stato fornito dalla comprensione e disponibilità delle varie Direzioni Carcerarie, gestite in maniera moderna e civile da giovani dirigenti, dalla collaborazione degli Agenti di Polizia Penitenziaria e dai contributi degli Enti Locali (Provincia di Torino, Amministrazione di Alba ) che permettono la realizzazione di manifestazioni aperte all’esterno (tornei in varie discipline sportive ), realizzate con la partecipazione di squadre di Istituti di Istruzione Secondaria delle città in cui sono presenti le case circondariali in oggetto. Nel corso del 2003, sull’esperienza della Manifestazione " Il pallone di speranza ", avviata a Torino con la collaborazione del Ministero dell’Istruzione e della F.I.G.C., si è svolta a Saluzzo la prima edizione di analoga manifestazione calcistica, sponsorizzata dalla Federazione Gioco Calcio. Nel corso del corrente anno, maggio 2005 si è voluto estendere la promozione dell’attività al Carcere di Fossano, in cui si è realizzata la 3^ edizione dell’iniziativa "Un pallone per amico", alla quale hanno partecipato rappresentative di studenti di Saluzzo ed i detenuti reclusi presso l’Istituto della città.
Il Presidente dell’Associazione Iride, Prof. Antonino Curto
Un ponte gettato tra "vicini di casa" Gli studenti del Tesauro hanno realizzato un cd sul carcere tratto da "La fedeltà" del 1 giugno 2005 - a cura di Marco Z.
"Carcere e società, l’esperienza della casa di reclusione "Santa Caterina" in Fossano" è il titolo del cd-rom realizzato dalle classi quinte IGEA dell’I.I.S. "G.Vallauri" – sezione associata "Tesauro" nell’ambito di un’area di progetto triennale, finanziato dalla Banca CRT, relativo alla realtà del carcere in generale ed in particolare a quella fossanese e presentato ufficialmente giovedì 26 maggio nell’Aula Magna dell’istituto scolastico. Il preside Giorgio Cagliero, nel suo intervento di presentazione, ha rimarcato che "il Santa Caterina è per il Tesauro un vicino di casa e forse mai come con questa iniziativa i vicini di casa si sono incontrati realmente, ancorando a vicenda quei ponti che ogni persona, seppure sia un’isola a sé, possiede in ogni caso. Un progetto che ha fatto conoscere ai ragazzi le diverse prospettive della realtà carceraria e ha dato il via ad una fattiva collaborazione che potrà ripetersi in futuro. Un particolare ringraziamento va alle professoresse Sciolla e Burdese, referenti per la scuola, al tecnico Tommy Fodone e a Guido Rosa che hanno realizzato l’opera multimediale". Il direttore della casa di reclusione fossanese, Edoardo Torchio ha sottolineato la profonda attenzione che lega la città al carcere e questo cd "è un ulteriore strumento per la reciproca conoscenza e per perpetuare quel particolare clima di mutuo arricchimento umano e culturale". Il lodevole impegno che la scuola si è assunta nel cercare di addentrarsi nel carcere e nelle sue problematiche, assumendole come proprie è stato sottolineato dal comandante Pasquale Maglione che ha ringraziato tutti quelli che si sono attivati nella realizzazione del progetto perché "qualsiasi iniziativa che porta la società esterna all’interno del carcere rende il clima di vita interno più sereno ed è un servizio non solo ai detenuti ma anche al personale che vi opera". Anche il sindaco Balocco ha evidenziato i rapporti intensissimi che si sono creati tra il carcere e la città e che sono dovuti soprattutto alla sensibilità di chi lo dirige e di chi vi opera, dagli agenti di Polizia Penitenziaria ai volontari, dalle associazioni alle scuole. Al termine dei vari interventi, i ragazzi hanno presentato le varie sezioni del cd per la cui realizzazione si sono avvalsi non soltanto del materiale raccolto durante le visite al Santa Caterina ma anche di approfondite analisi nell’ambito di varie discipline scolastiche. Nelle ore di Italiano sono stati letti romanzi sulla detenzione, in special modo storie di confino durante il periodo fascista e narrazioni legate alla difficile integrazione dopo la scarcerazione; in Diritto ed Economia, gli studenti hanno incontrato un Pubblico Ministero e un avvocato per approfondire la questione del diritto alla difesa; nelle ore di Inglese i ragazzi hanno assistito alla proiezione del film "Dead Man Walking" che li ha portati a riflettere sulla pena di morte e ad analizzato i reati più frequenti nei paesi anglosassoni; la letteratura francese attinente alla libertà dell’individuo violata con particolare attenzione ad alcuni testi di Victor Hugo, Albert Camus e Dominique La Pierre è stata esaminata nelle ore di Francese; l’Economia aziendale è stata utilizzata invece per analizzare i dati forniti dall’Amministrazione penitenziaria del Santa Caterina riguardo ai costi di gestione della struttura. Alcune sezioni sono state dedicate a figure di volontari come suor Rachele e alle varie forme artistiche e culturali praticate nella struttura come il periodico "La Rondine".
Scrive l’insegnante che ha seguito il progetto della scuola Tesauro "Con i detenuti abbiamo avuto un’esperienza meravigliosa, di disponibilità totale" di Giuseppina Sciolla – referente del progetto
Il Progetto "Carcere e Società" è nato dall’idea di lavorare, sul territorio, con un’Istituzione che già da parecchi anni avevamo intenzione di accostare e alla quale eravamo particolarmente interessati, anche perché la Casa Circondariale "Santa Caterina" è fisicamente ubicata nei pressi del nostro edificio scolastico e questo ci ha ulteriormente spinti a conoscerla nella sua realtà organizzativa, nella gestione e ci ha offerto l’opportunità di analizzare la questione carceraria in diverse prospettive e in relazione con tutte le Discipline curricolari del nostro Corso di Studio. La nostra attività si è svolta, nel primo anno (2002/2003), attraverso l’analisi di documenti, il contatto con alcuni Esperti e la partecipazione ad eventi collegati al discorso generale sul carcere. Nei due anni successivi (2003/2004 – 2004/2005), ci siamo soffermati sulle principali problematiche esaminate nell’ambito delle Materie scolastiche: Economia Aziendale, Francese, Inglese, Italiano, Storia, Geografia Economica. Infine, abbiamo deciso di confrontare le informazioni raggiunte a livello teorico con la realtà e, per questo, abbiamo chiesto il contributo del "Santa Caterina". E la risposta è stata ben più estesa di qualsiasi, sia pur ampia, aspettativa. Dal Carcere di Fossano abbiamo avuto una collaborazione totale e continua, da parte di tutti: del Direttore, Dott. Edoardo Torchio, del Comandante di Reparto Sost. Commissario, Cav. Pasquale Maglione e degli Agenti di Polizia Penitenziaria, del Direttore dell’Area Educativa, Antonella Aragno e dei suoi Collaboratori e Collaboratrici, del Ragioniere Contabile, Roberto Trezzolani, degli Psicologi, degli Operatori, del Cappellano, del Gruppo di Volontari. Tutti ci hanno accolti, facendoci sentire a nostro agio, mettendosi a nostra disposizione, aiutandoci in ogni nostra esigenza: possiamo veramente dire che, ogni volta che siamo entrati in carcere, ci siamo sentiti "a casa nostra" e questa, per una struttura di tale peculiarità, è una cosa grandissima, perché ne denota lo stile, il carattere, gli obiettivi prioritari, che sono quelli del reinserimento dei Detenuti nella società, anche attraverso ogni possibile contatto con il mondo esterno. Con i Detenuti, poi, abbiamo avuto un’esperienza meravigliosa, di disponibilità totale, intelligente ed estremamente aperta. Abbiamo lavorato, in particolare, con Maurizio F., Andrea R., Adalberto C., Flavio A. e Liudevit G., i quali, partendo dalla nostra ricerca iniziale, hanno introdotto i loro testi, basati sull’esperienza e le considerazioni personali. Senza di loro, il nostro progetto non avrebbe raggiunto tutti gli obiettivi prefissati e sarebbe stato più povero. Vogliamo ringraziare veramente dal più profondo del cuore le persone che abbiamo citato per i loro interventi e ci sentiamo di dire che l’amicizia e la stima che sono nate in questa circostanza non andranno perdute e non si sminuiranno con il tempo. Ci sentiamo arricchiti dall’esperienza fatta e siamo felici che essa sia ricaduta sui nostri studenti, giovani che entrano attivamente nella collettività con la conoscenza diretta di una situazione delicata e, a volte, faticosa e sofferente, ma in grado di offrire una profonda lezione di vita.
"Deve essere difficile abituarsi alla ristrettezza del carcere" Incontro di una volontaria con gli alunni della Scuola media di Rocca dè Baldi di Carola Gavio – insegnante
Nella Scuola media di Rocca de Baldi, si è svolto un incontro tra la volontaria del carcere Franca e gli alunni delle classi seconde che, in seguito a una discussione nata durante le lezioni di storia, si erano interessati al concetto di pena nel sistema giudiziario Italiano. È sorta così la curiosità da parte dei ragazzi di conoscere la realtà di un carcere a loro vicino, ma del tutto ignorato come quello di Fossano. In un’atmosfera di grande concentrazione della classe, le parole di Franca hanno accennato alle emozioni dei detenuti, alle loro sofferenze e speranze . Sono seguite molte domande e osservazioni che hanno testimoniato l’interesse e la partecipazione dei ragazzi; alla fine di questa esperienza è stata scritta la seguente lettera aperta da pubblicare su " La Rondine"
Rocca dè Baldi, il 28 aprile 2005
Cari amici, noi non ci conosciamo se non attraverso le parole di Franca che ci ha raccontato come vivete. Come ragazzi avevamo molti pregiudizi nei vostri confronti e ignoravamo la vostra condizione di detenuti e i vostri sentimenti. Deve essere stato difficile abituarsi alla ristrettezza del carcere, alla limitazione della vostra libertà e alle numerose regole a cui dovete sottostare. Ci siamo immedesimati nella vostra situazione e abbiamo capito che nel vostro cuore c’è molta sofferenza, in particolare per il fatto che tutte le vostre giornate sono uguali e siete costretti ad "oziare" , che è la cosa più brutta che possa esserci. Quando uscirete, speriamo presto, dovete ricominciare una nuova vita senza scoraggiarvi o farvi mettere i piedi in testa da altre persone. Sarà una prova dura, forse anche peggiore di quelle che avete già passato, ma guardate al futuro e abbiate speranza.
La classe 2° A
Riflessioni, di Cosimo T.
Nel ricordo dei benefici divini trascorro gioiosamente questo mio tempo: non è il dolore di portare la croce, ma il soffrire con pazienza. Sono debole e inetto ma mi affido alla speranza e alla potenza divina anche se non mancano gli ostacoli al raggiungimento dei suoi fini. Come non può crescere il papiro fuori dalla palude, così non può esistere felicità senza virtù. Si commuove il mio cuore e desidera ardentemente che l’amore di Dio venga compreso e le Sue parole siano scolpite nella pietra e conservate.
Si concludono i corsi professionali al santa Caterina Hanno coinvolto una cinquantina di persone, di Marco Z.
Il C.F.P.P. Casa di Carità Onlus, come gli altri anni, ha organizzato i corsi professionali nel carcere di Fossano. Quelli attivati qui sono stati: saldo-carpenteria, cablatore di impianti civili e industriali, riparatore di piccoli elettrodomestici, autocad. Inoltre il Centro Territoriale Permanente ha tenuto il corso di alfabetizzazione per extracomunitari. I corsi, iniziati nell’ottobre del 2004, sono stati frequentati da circa una cinquantina di persone, con una media di dodici allievi per corso. Tutti gli istruttori del centro di formazione professionale con cui ho parlato si sono detti molto soddisfatti di questo anno scolastico. Enrico Borello riferisce che il corso di saldocarpenteria è stata un’esperienza interessante perché, rispetto agli anni passati, la frequenza è stata migliore e anche l’impegno dei corsisti è stato buono. Sono stati eseguiti molti lavori che tutti gli anni vengono esposti nella fiera cittadina riscuotendo interesse ed apprezzamenti; l’ultima "fatica" sono stati i pannelli per l’esposizione dei poster in occasione della presentazione del libro "Il gambero nero". Terenzio Ferrero, istruttore del corso per cablatori industriali, dice che anche da lui la frequenza degli allievi è stata costante ed alcuni elementi hanno spiccato più di altri per quanto riguarda la pratica professionale. In questo corso inizialmente si presentano più difficoltà d’inserimento per via delle materie molto impegnative "ma, nonostante questo, - commenta Terenzio - posso ritenermi molto soddisfatto per il numero degli allievi, il loro impegno ed il clima di affiatamento che si è creato. Penso che la maggior parte degli allievi passerà l’esame e qualcuno anche con risultati lodevoli tali da fornire garanzie per l’immissione nel mondo del lavoro anche esterno". Nicolò Scalambrino è invece l’istruttore del corso per riparatori di piccoli elettro domestici e ci racconta che questo è stato il primo anno di attivazione del corso e che l’esperienza può essere considerata molto buona. La sua speranza è che l’iniziativa possa ripetersi il prossimo anno anche se il numero dei partecipanti è diminuito nella parte finale per effetto di alcune scarcerazioni. Ma questo vale per tutti i corsi inseriti nel nostro carcere. "Ho avuto la possibilità nel passato - continua l’istruttore - di lavorare con persone che hanno frequentato i corsi professionali del C.F.P.P. e ho notato che questi corsi sono una buona via di reinserimento per chi ne ha voglia". Infine ho incontrato Luisella Lamberti, la maestra che ha tenuto il corso di alfabetizzazzione per stranieri durante questo anno scolastico. È la sua prima esperienza di insegnamento in un carcere e anche per lei è stata un’ottima esperienza in quanto ha trovato delle persone interessanti per i loro sentimenti e la voglia di partecipazione. "Il bilancio è molto buono, - dice l’insegnante – per quello che gli allievi hanno appreso; sono anche molto soddisfatta di quello che sono riuscita ad insegnare, ma soprattutto di quello che ho potuto imparare io da loro. Quando ho cominciato il mio lavoro all’interno del carcere – racconta - le persone che incontravo fuori erano molto curiose di sapere dell’ambiente e delle persone che ci vivevano, ma che poi questo interesse è andato spegnendosi come succede per tante altre cose". Anche lei spera per il prossimo anno di avere ancora una classe a cui insegnare. Il corso di alfabettizzazione si è già concluso a giugno mentre i corsi professionali termineranno agli inizi di luglio quando avverranno gli esami di qualifica che consistono in prove teoriche e prove pratiche di fronte ad una commissione di valutazione il cui presidente è nominato dalla Regione. L’attestato di qualifica consegnato a chi supera l’esame è spendibile a tutti gli effetti nel mercato del lavoro.
Notizie flash dal Santa Caterina, a cura di Marco Z., Gaspare C.
Stand del carcere alla fiera di Fossano
Anche quest’anno i lavori eseguiti nel corso professionale di saldo carpenteria sono stati esposti alla fiera commerciale di Fossano nella settimana dal 30 aprile all’8 maggio. In uno stand messo a disposizione gratuitamente dal Comune hanno fatto bella mostra di sé tavoli e sedie, fioriere, panchine e arredi per il giardino riscuotendo interesse ed apprezzamento da parte dei visitatori che numerosi hanno chiesto informazioni a Enrico Borello, istruttore del corso in carcere e artefice di questa iniziativa. "Si cerca di dare visibilità ai prodotti realizzati - dice Enrico - sia per favorire l’inserimento lavorativo dei corsisti sia per gratificarli dal punto di vista economico ricevendo piccole commesse di lavoro. Già in passato abbiamo eseguito opere in ferro battuto per attrezzare le aree verdi del Comune di Fossano e del Comune di Centallo e speriamo di poter continuare". Anche ad ExpoModel, la rinomata manifestazione fossanese che ogni anno attira migliaia di visitatori italiani e stranieri, la casa di reclusione di Fossano è stata presente con un elegante stand di modellini di moto e navi, allestito in collaborazione con il Corpo di Polizia Penitenziaria di Genova
Servizi e interviste sul carcere a Telegranda
L’emittente televisiva di Cuneo, Telegranda è tornata ad occuparsi della realtà del carcere di Fossano proponendo alcuni servizi sui corsi professionali e sul nuovo numero del nostro giornale. Le interviste realizzate giovedì 16 giugno da Erica Giraudo sono state trasmesse nei giorni successivi nella rubrica "AssoTg". L’emozionata redazione, presente con Marco Z., Maurizio F., e Renato S. ringrazia la giornalista e Telegranda per l’attenzione e la sensibilità e la direzione del carcere per la disponibilità; è infatti raro che i mass-media si occupino di un giornale fatto in carcere.
Una delle psicologhe lascia l’incarico in carcere
Ha dato le dimissioni Delia Bertorello, la psicologa che da vari anni era incaricata dal Ministero di Giustizia di operare nel nostro carcere dove ha svolto un fruttuoso lavoro con competenza e umanità verso i detenuti e con altrettanta disponibilità verso tutti gli operatori e verso il nostro giornale. Grazie, dottoressa e auguri per un futuro ricco di soddisfazioni..
Avviato il cantiere per i lavori di ristrutturazione
Dopo la comparsa da qualche settimana della gru dell’impresa Rosso di Torino che torreggia imponente nel rettangolo di cielo visibile dal nostro cortile, gli attesi lavori di ristrutturazione del carcere sono iniziati effettivamente. Il cortile della caserma è un vero e proprio cantiere, inaccessibile agli estranei e pure una parte degli altri due cortili sono stati recintati. Abbiamo chiesto alcune informazioni al sempre disponibile comandante, Pasquale Maglione su come procedono i lavori. "Al primo cortile si sta installando un nuovo impianto di riscaldamento, che sarà a metano e non più a gasolio come quello vecchio. In questo modo sarà garantito il calore necessario a tutto l’istituto, corsi professionali ed infermeria compresa. Mentre nel vecchio locale dove prima vi era la lavanderia, si sta provvedendo ad istallare una nuova caldaia per fornire di acqua calda tutte le celle. Questi erano due lavori primari da fare – continua il comandante - prima di arrivare, intorno a luglio, nelle sezioni dove verranno costruite anche le docce nelle celle. Alcuni detenuti saranno temporaneamente trasferiti in altri istituti, dando così modo di lavorare in una sezione per volta. Questo succederà ovviamente quando i lavori cominciati al terzo cortile presso la caserma saranno a buon punto". I lavori dovrebbero durare circa due anni e mezzo, salvo imprevisti. Sicuramente i disagi non mancheranno sia per noi, sia per tutti gli operatori e gli agenti ma è impensabile chiudere totalmente l’istituto. Una buona notizia è che uno dei nostri lavoranti, che era addetto alla manutenzione interna, è stato assunto dalla ditta appaltatrice a lavorare nel cantiere ma senza usufruire di benefici di legge.
Volo "on line" per "La Rondine"
L’Istituto Tecnico Industriale "Vallauri" continua la sua fattiva collaborazione con il carcere. Quest’anno, su richiesta del Santa Caterina, ha predisposto un programma di studio per consentire ad un detenuto di superare il primo biennio. L’altro progetto si sta invece concludendo ed ha coinvolto due studenti, Bruno e Luigi, della quinta classe informatica, che, sotto la guida del professor Barbero e la consulenza della volontaria Franca, hanno costruito un sito per il giornale "La Rondine". Sarà così possibile sfogliare tutti i numeri finora pubblicati, appena il Comune di Fossano potrà mettere a disposizione il suo server. La direzione e la redazione ringraziano il Comune, gli insegnanti e i due studenti dell’I.I.S."Vallauri" ai quali va un "in bocca al lupo" per gli esami.
La lettera-confessione di un detenuto alla sorella "Volevo sembrare grande, volevo…volevo, ma non mi rendevo conto che mi stavo perdendo"
Ciao principessa! Sembra ieri che ti guardavo mentre facevi i primi passi e ti ritrovo che sei signorina. Hai appena compiuto quattordici anni e credevo che crescendo avrei avuto meno difficoltà ad esprimerti quello che oggi provo. Ma non è cosi! Non posso giustificare quello che hai visto con una semplice scusa, o un: "Mi dispiace!". Ora mi trovo a fare i conti con le mie emozioni, con il bene che ti voglio, con i sensi di colpa che ho, con tutte le paure legate alla tua adolescenza che mi fanno tornare indietro nel tempo e pensare alla mia. Mi ricordo che non avevo neanche la tua età ed ero pieno di energia, voglia di fare e di scoprire tante cose, forse anche troppe. Volevo correre, fare quello che i miei coetanei ancora non immaginavano, volevo farmi vedere bello, volevo sembrare più grande, volevo, volevo… e non mi rendevo conto che stavo solo perdendo. Perdevo quello che si fa da bambino per cercare di fare il grande. Prendevo come scusa che mamma e papà lavoravano, dicevo di essere trascurato e mi permettevo di fare quello che volevo e forse tante cose le ho fatte anche per attirare la loro attenzione, perché nella mia piccola testa, pensavo che non ci fosse. Fatto sta che a quindici anni i miei amici erano già maggiorenni e per me fumare e ubriacarmi era diventata una cosa all’ordine del giorno. Mi ricordo ancora quando mi avevano espulso dalla squadra di calcio, perché invece di andare a fare allenamento ero andato a nascondermi con altri per bere e fumare; avevo solo tredici anni. Poi era arrivato il tempo della discoteca e delle ragazze e le difficoltà andavano sempre crescendo. Andavo a ballare ma all’inizio non ero capace, quindi mi vergognavo; ad approcciare una ragazza ancora di più e tutto ciò alimentava la mia voglia di non essere lucido, perché solo così vincevo le mie vergogne. All’inizio erano comunque quattro consumazioni e due, tre pastiglie e per tutta la settimana ero a posto. Ormai mi reputavo grande, lavoravo con mamma e papà, non mi mancava niente e tutti mi consideravano abbastanza intelligente da non andare oltre. Infatti non ero stupido ma ero tanto ingenuo quanto ignorante, oltrettutto presuntuoso da credermi diverso e più forte di tutti gli altri. Avevo cominciato a fare sempre più esperienze, iniziando a conoscere posti nuovi e frequentare persone diverse, con vizi e abitudini diverse. Andavamo in giro a fare i vandali, a rubacchiare qua e là solo per il gusto di fare casino. Però mai più pensavo di andare oltre, credevo che vedere l’esempio di papà che tirava la cocaina mi bastasse, invece non è stato così… forse volevo imitarlo, anche perché ai tempi, per me, papà era un mito, quindi tutto quello che faceva era giusto e lo stesso pensavo dei miei inizi. Fatto sta che un giorno mi ero trovato a guardare nel cassetto della camera da letto, trovando la cocaina; la mia reazione non era stata quella di chiudere e scappare, ma, anzi, quella di prenderla, andare al bar, chiamare i miei amici per dire che si festeggiava e che pagavo io. Per quella giornata ero stato all’attenzione di tutti, ma era solo l’inizio di una difesa. Tirando la coca avevo assaggiato una cosa più grande di me, incontrollabile e, tra parentesi, molto buona, perché con lei tutte le mie paure erano sparite. Sul lavoro rendevo, con gli amici andava e con la ragazza era uno sballo. Vedevo la vita rosa e fiori: tutte le sere tardi, nessuno, dico nessuno, che m’imponeva niente, mi sentivo libero, ma non mi rendevo conto di come mi stavo incatenando. Per me non faceva differenza, perciò, a quel punto, perché non assaggiare anche la roba? Detto, fatto! Nessuno dei miei amici voleva, avevano paura che la mia testa da incosciente non mi facesse più tornare indietro… e non si sbagliavano. Tutto sembrava procedere bene, la quotidianità non faceva vedere nulla di strano, ma la verità è che non avevo ancora diciassette anni e già avevo provato a bucarmi e stavo continuando. Quando i miei avevano cominciato a capire che qualcosa non andava, era tardi e io, per continuare a nascondermi, ero andato a vivere con la mia ragazza. Lei, sotto questo aspetto, non mi conosceva, come del resto tutte le altre persone che mi erano vicine. Ma un conto era vedersi, ben diverso era vivere insieme; certe cose alla lunga non si nascondono, soprattutto la dipendenza dalla roba. Non era una questione economica, ero cambiato caratterialmente, tante cose avevano perso di valore mentre quelle che non dovevano averne, ne avevano tantissimo. Ma il vero disastro si verificò quando mamma e papà mi scoprirono; non dimenticherò mai la loro faccia di incredulità e le loro lacrime! Ancora non mi rendevo conto della mia vera situazione, quello che mi faceva stare male era vederli così, eppure non mi reputavo uno che avesse problemi. I guai peggiorarono quando anche la mia ragazza se ne accorse; i nostri progetti, dopo ripetute promesse da parte mia, svanirono. Rimasto solo, l’orgoglio non mi aveva permesso di tornare a casa, ma solo non ero capace a stare. Avevo diciotto anni e non sapevo cosa fare, di lavorare non ne avevo più voglia e gli stimoli sembrava che li trovassi solo con la roba. Realmente era quello che stava succedendo e la mia vita ormai era cambiata. Mi trovavo in un mondo che non era il mio e invece di tirarmi indietro mi ci sono buttato a capofitto. Avevo sempre cercato di fare, se si può dire, una vita normale, tenendo due piedi in una scarpa. Stavo con dei ragazzi che si drogavano e con altri no, lavoravo ma andavo a rubare, mi drogavo ma stavo con una ragazza che non aveva nulla a che fare con il mondo parallelo in cui vivevo...era un casino! Poi vennero i primi arresti e i vari tentativi di disintossicazione, ma sinceramente non m’interessavano, lo facevo solo per fare contento chi mi era vicino; ormai tutti sapevano e non mi fregava più nascondere quello che facevo. Ma da quel momento in poi tutto era cambiato; le carcerazioni diventavano sempre più lunghe, mentre i miei periodi di libertà si limitavano solo a un paio di mesi. Tutti i rapporti di amicizie sane erano andate distruggendosi ed io mi ero ritrovato con diversi anni di carcere da fare. È stata proprio l’ultima volta che mi hanno arrestato che ho detto basta. Da allora sono passati quattro anni; ti ricordi quando venivi a trovarmi in comunità? O quando uscivo dalla comunità per portarti in piscina, al cinema, a mangiare fuori? Cercavo di recuperare il tempo perso, anche se quel tempo non potrà più essere recuperato. Sono contento che mi vuoi bene e che insieme a mamma, papà e nonna mi siete stati e mi siete sempre vicini. Perché col tempo avevo fatto scappare tutti! Dopo aver finito la comunità, ritornare a casa mi era sembrato tutto strano; vedere la mia camera che ormai era la tua, guardarmi in quello specchio che una volta rifletteva un’adolescente in crisi, tutti i ricordi e tutte le cose che avevo fatto lì. Mi faceva sentire spaesato. Però stavo bene, riuscivo a parlare con tutti voi, era ritornata la fiducia e mi sentivo di nuovo rivivere. Non era facile andare a lavorare, frequentare delle brave persone, una ragazza; erano tutte cose che, vissute da lucido, non mi ricordavo neanche com’erano fatte. E poi, ero indietro nei confronti di tutti, tanti anni persi e mentre io ero stato fermo, tutto quello che c’era intorno era andato avanti. A ventotto anni ho ripreso la decisione di ricominciare a studiare, non perché mi piaccia, ma perché l’ignoranza e il non sapere non aiuta nessuno. Ora capisci perché ti dico di studiare e di non fare la stupidina? Sono stato molto crudo nel parlarti ma quello che ho detto sono cose che si incontrano tutti i giorni e sono sempre pronte a darti delle illusioni, a farti cercare qualcosa d’interessante. Ho fatto tante esperienze, ma non sacrificherei più la mia vita perché ora mi trovo a 29 anni, con 10 anni di carcere e 13 di droga, dalla quale, anche se con fatica, mi sono messo apposto. Ma ne sto ancora pagando le conseguenze. Se sono fortunato questa sarà l’ultima lettera che dovrò scriverti dal carcere, ma ricordati quello che ti ho detto perché nella mia vita ci sono state sofferenza, solitudine e malessere, che le parole non possono dire. Tante cose non sono riuscito a scriverle perché sono troppe: le notti passate in giro, avere o stare con persone o posti brutti, il carcere… e alla fine di tutto si rimane soli e non si ha più niente. Questo quando sei fortunato, perché tanti miei amici oggi non ci sono più, e altri sono malati. Stai attenta amore, io non posso e non voglio soffocare la tua dolcezza ma non avere fretta, scopri le cose giorno per giorno e quando c’è qualcosa che non va non nasconderti, vieni da me o da mamma o papà e parlane. È ancora presto per voler fare tutto da sola e quando ti rimproverano o ti negano una cosa è solo per il tuo bene. Se vuoi imitare o metterti in competizione con qualcuno, fallo con chi è migliore di te. Ora ti saluto, non ho voluto farti una predica, ma solo metterti in guardia. Ciao principessa, ti vorrò sempre bene! Bacioni da tuo fratello.
Piccolo fiorellino
Tu che nasci così carino, come è dolce starti vicino. Tu che addolcisci ogni giornata e colori ogni serata Come se tu fossi una fata ogni notte la rendi incantata. I tuoi petali stanno cadendo ma un regalo hai lasciato: è il tuo seme innamorato che al più presto verrà germogliato.
Gaspare C. La Rondine, una voce dal carcere Periodico dei detenuti della Casa di Reclusione di Fossano Luglio 2005 – Numero 18 Supplemento gratuito a "La Fedeltà" n.30 del 27/07/2005, anno 108 Autorizzazione Tribunale di Cuneo 17/7/1950 Direttore responsabile: Corrado Avagnina Redazione: Gaspare C., Marco Z., Maurizio F., Renato S. Hanno collaborato a questo numero: Cosimo T., Antonino Curto, Carola Gavio, Giuseppina Sciolla La redazione ringrazia: Luigina Ambrogio, Pasquale Maglione, Edoardo Torchio, le educatrici, gli assistenti volontari, Davide Dutto, Michele Marziani, i settimanali "La Piazza Grande" e "La Fedeltà", la classe 2^A scuola media Rocca dè Baldi, associazione "Iride" Videoimpaginazione: Cooperativa "Nuove idee"- c/o Editrice Esperienze – Via S.Michele, 81-Fossano Stampa: Stamperia Comune di Fossano Invitiamo i lettori a scriverci: "La Rondine-una voce dal carcere" c/o Istituto Suore Domenicane - Via Bava, 36 - 12045 - Fossano La comunità del S.Caterina ringrazia la Fondazione della C.R.F., il Comune di Fossano, il settimanale diocesano "La fedeltà"
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