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Tanti
giornali nell’assenza della politica
Fuoriluogo, 22 febbraio 2002
Piccoli giornali crescono: viene proprio da dirlo guardando ai propositi e al programma di lavoro emersi il 2 febbraio dalla riunione del Coordinamento Nordest dei giornali e delle altre realtà dell’informazione dal carcere e il 13 gennaio dal Coordinamento dell’area toscana e romana. Crescono quanto a buona volontà, collaborazioni esterne, autorevolezza e indipendenza da censure e autocensure. Crescono anche perché in certo modo "trainati" dalle esperienze di fratelli (o sorelle) maggiori: per la Toscana, Liberarsi dalla necessità del carcere (asspantagruel@virgilio.it) che, pur con frequenza irregolare, esce ormai da 16 anni e la cui caratteristica (preziosa e purtroppo non molto diffusa nelle altre testate) è quella di dare ampio spazio alle denunce dei reclusi; per il Nord-Est, Ristretti orizzonti (ornif@iol.it), esperienza tra le meno artigianali che, dopo essersi fatta le ossa (è al quarto anno di vita) e rafforzata (24 detenuti e 2 volontarie nella redazione di Padova, 10 recluse e 3 volontarie in quella della Giudecca), ora può permettersi di seminare altrove. Piccoli giornali crescono anche quanto a numero, pur se qualcuno (anche tra i più importanti e storici, come "Magazine 2" di San Vittore) chiude o sospende le pubblicazioni. Che 100 fiori sboccino, insomma. Sperando si eviti il rischio degli "orticelli", magari ben curati ma incomunicanti tra loro. Un rischio messo in evidenza dalla difficoltà di coordinamento nazionale. Utile, in tal senso, una delle proposte emerse nell’incontro toscano del 13 gennaio: quella di una "Carta dei giornali del carcere" che fissi e almeno un po’ omogeneizzi le loro caratteristiche. Con i giornali, crescono (e meno male) anche gli interrogativi "sulle finalità da perseguire, sulle prospettive di miglioramento e sui destinatari", per citare l’editoriale dell’ultimo numero di Liberarsi. Interrogativi non peregrini. Infatti, se è diffusa la coscienza della necessità di tenere assieme la pratica territoriale dell’agire localmente con la coerenza di un quadro d’insieme, del pensare globalmente e del lavorare in rete, ancora latitano le risposte. Una necessità - capacità tanto più necessaria su queste neglette problematiche, tenute in nessun conto dai media, e dunque dalla politica, dalla politica, e dunque dai media. Anche perciò le realtà e i giornali del carcere più avvertiti si vanno ponendo il problema di incidere politicamente, essendo a loro volta alimentati da una capacità sociale e politica di intervenire sulla questione penal-penitenziaria e, più in generale, dell’esclusione sociale (di cui la galera è paradigma e terminale) e dei diritti. Consapevolezza che non manca, e che è stata al centro del Secondo convegno del coordinamento nazionale dei giornali, svoltosi a Firenze nel novembre scorso. Ciò che ancora scarseggia è la traduzione operativa e organizzativa, ma anche la necessaria interlocuzione sociale e politica: perché consapevolezza e buona volontà da sole non bastano. Consola, al riguardo, che il movimento sembra iniziare finalmente a prestare attenzione al "Grido degli esclusi". È questo il titolo della giornata (il 12 ottobre), decisa a Porto Alegre dal Forum Sociale Mondiale, nel quadro e a fianco del più generale calendario delle manifestazioni e mobilitazioni dei prossimi mesi nei vari Paesi e su diverse problematiche. Chissà: il lavoro preparatorio del "Grido degli esclusi", potrebbe diventare, a un tempo, la palestra e il banco di prova della capacità di coordinamento dei giornali per strutturarsi e divenire soggetto capace di produrre - oltre che informazione - efficacia, sensibilizzazione e pratica politica "dal basso". Ce ne sarebbe veramente bisogno.
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