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Sono ormai molti i giornali scritti ed editi dentro il carcere
Chi li fa, e perché Il Manifesto, lunedì 7 marzo 2003
Immaginate il lunedì mattina di una qualunque
redazione di giornale: la gente entra e esce, i telefoni suonano, le e-mail
arrivano e ripartono, i fax sono continuamente in funzione. Ora riversate quella
stessa redazione all'interno del carcere di San Vittore o in quello di Rebibbia:
una sola telefonata al mese da richiedere per iscritto e con un certo anticipo,
visite solo se autorizzate, con limiti precisi per frequenza e durata, pochi
mezzi a disposizione e nessun accesso ad internet. Si possono scrivere lettere,
controllate da e per l'esterno, i ritmi ed i tempi sono quelli imposti
dall'amministrazione penitenziaria, che stabilisce orari di visita, di mensa,
per i colloqui mensili. Eppure i giornali carcerari esistono e sono tanti: circa
60 pubblicazioni scritte in tutto o in parte all'interno di case di reclusione,
di case a custodia attenuata (per tipi di reato specifici o per particolari
categorie di detenuti, donne o minori), di Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg).
Il primo di questi giornali, La Grande Promessa, del carcere di Porto
Azzurro (Isola d'Elba), nasce nel 1951. Dal dicembre del 1999 sono raccolti nel
Coordinamento informazione giornali del carcere, curato dall'associazione
fiorentina di volontariato Pantagruel, di Giuliano Capecchi, che tra
l'altro edita da più di 15 anni un proprio giornale, Liberarsi dalla
necessità del carcere (circa 3000 copie a offerta libera, da un po' di tempo
a questa parte esce irregolarmente), e collabora con il giornale della casa di
reclusione di Massa Carrara, il Ponte, che per i primi tre anni di vita
editoriale su sette è stato un supplemento di Liberarsi.
Il Due
Da piazza Filangeri 2, dove si trova il carcere di
San Vittore, i detenuti vogliono uscire. Se non con il corpo, almeno con la
mente. Ed il net-magazine dell'istituto (www.ildue.it) è per almeno 12 di loro,
del primo raggio, sezione penale, terzo piano, una buona occasione. Dice Emilia
Patruno, 46 anni, ex di Lotta continua ora giornalista di Famiglia
Cristiana, direttore de Il Due e proprietaria del dominio internet
del giornale: "Vivere include il confronto con l'altro. E in carcere la società
ti ha escluso, la famiglia non la vedi, la struttura carceraria è pazzesca, i
suicidi sono 16 volte superiori rispetto all'esterno. Il sito, per i carcerati
che ci lavorano, è la possibilità di trovare un senso per i giorni che passano
che altrimenti non c'è". Il Due nasce in versione telematica 5 anni fa
(il precedente periodico cartaceo, Magazine Due, non esce più da due
anni, dopo averne passati in attività più di sette), in prima battuta sul
portale Clarence, poi da solo. Ora ha una media di 1000 passaggi al
giorno e una struttura estesa: notizie da e per il carcere, forum,
testimonianze, sondaggi. La redazione cura anche una rubrica mensile su Terre
di Mezzo, il giornale di strada di Carlo Giorgi. Il Due funziona
anche da punto vendita per altri prodotti realizzati entro San Vittore, come
cd-rom culinari (titolo: avanzi di galera) o modellini 15 per 15 delle
celle di San Vittore realizzati da un assiduo lettore de il manifesto,
Sisto Rossi.
Ristretti Orizzonti
I Ristretti, nel linguaggio burocratico carcerario, sono i detenuti. Perciò il periodico del Carcere Due Palazzi di Padova vuole "allargare gli orizzonti dei Ristretti". Il giornale esiste in versione cartacea dal 1998 - bimestrale, 2000 copie di tiratura - e dal settembre 2001 in internet (www.ristretti.it), con 3000 pagine di ipertesto e una media di 5000 contatti al mese.
Ci lavorano 22-24 detenuti del Due Palazzi e 10
donne dell'istituto penale femminile La Giudecca, di Venezia, per 5 ore al
giorno. "Abbiamo la struttura di un vero e proprio giornale - dice Ornella
Favero, coordinatrice redazionale ed anima di Ristretti Orizzonti, anche
lei ex Lotta Continua, ora responsabile di un centro di documentazione
interscolastico che raccoglie diverse scuole di Padova - con un responsabile per
la redazione interna, una segreteria di redazione, i responsabili del sito e gli
altri. E la nostra professionalità è stata acquisita tutta dentro il carcere,
coinvolgendo gli enti di formazione adatti. Curiamo tutto noi, dalla grafica
all'impaginazione". Il giornale appartiene ad un'associazione di volontariato
esterna al carcere, Il Granello di senape, e vive dei contributi del Dap
(Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria) per la tipografia, della
regione, e degli abbonamenti, 13 euro l'anno.
Ragazze Fuori
Il trimestrale della Casa a Custodia Attenuata Femminile di Empoli è l'unico in Italia tutto al femminile. Sono 23-24 le donne che compongono la redazione, tutte con problemi legati alla tossicodipendenza, e una donna di 36 anni, Barbara Antoni, professionista prima in forza all'Unità e poi al Tirreno, ne è il direttore. Il giornale di Empoli, che nasce nel 1998, è anche l'unico che abbia alle spalle non una comunità o il ministero della giustizia, ma il comune, che lo finanzia interamente e lo sostiene: due delle ragazze che componevano la redazione, Patrizia Tellini e Antonella Di Stadio, hanno trovato lavoro proprio nelle sue strutture, Patrizia nell'ufficio stampa. Ragazze Fuori esce in 2000 copie, 1000 per un indirizzario mirato e 1000 per la diffusione, gratuita, su territorio. È un giornale con obiettivi e caratteristiche particolari: "Hanno molto spazio le storie delle ragazze - spiega il direttore - e poi singoli approfondimenti: in questo numero sulla pace, prima ci siamo occupati di tossicodipendenza o lavoro in carcere. Il giornale vuole da un lato attenuare l'impatto con l'esterno quando le ragazze escono, dall'altro aumentare la comprensione di chi sta fuori verso chi sta dentro".
Il filo d'Arianna, Anagramma
Il Filo d'Arianna è il periodico del carcere a custodia attenuata per le tossicodipendenze di Eboli, Anagramma di quello di Lauro. Entrambi i giornali, trimestrali - 1000 copie di tiratura diffuse a mano per il primo, attivo da quattro anni, 500 per il secondo, che invece è al secondo numero - hanno lo stesso coordinatore redazionale, Beppe Battaglia, dell'associazione di volontariato Il Pioppo, che si occupa di tossicodipendenza e marginalità in genere. Al Filo d'Arianna lavorano 4-5 detenuti, ad Anagramma 15. in entrambi i casi il contenuto e la struttura del giornale vengono discussi insieme, due volte la settimana, in riunioni collettive coordinate da Battaglia. Che si dice soddisfatto del risultato. "I nostri giornali li progettiamo insieme. Progettare, pensare, sono elementi che compongono la dignità di una persona, la sua integrità. In carcere di norma i progetti vengono calati dall'alto, vissuti come un corpo estraneo e portati avanti per opportunismo. Se tu invece riconosci la dignità delle persone, le rendi di nuovo capaci di pensare - progettare - eseguire, ottieni dei risultati veramente straordinari".
Pianeta Carcere
Tra case di reclusione, circondariali e Istituti per le misure cautelari, in Italia ci sono 55670 detenuti, il 96% dei quali uomini, per il 37,1% di età fra i 30 ed i 39 anni, contro un 28,7% che ha dai 18 ai 29 anni. Il 7,3% non possiede titoli di studio, il 28,1% ha la licenza elementare, il 37,6% le medie inferiori. Il diploma superiore è posseduto dal 4,2% dei detenuti, lo 0,8% dei quali sono laureati. Il 27,9% è composto da tossicodipendenti, l'1,5% è alcoldipendente, il 2,8% è in trattamento metadonico (dati del ministero della giustizia-Associazione Antigone).
Cifre e nomi
I giornali carcerari in Italia sono tanti, 60 appartengono al Coordinamento informazione giornali del carcere, nazionale. Altri coordinamenti esistono a livello locale, in Toscana, Lazio, Veneto e Lombardia, dove c'è il Coordinamento del Nordest. Oltre ai giornali già citati, vanno ricordati almeno Nonsolochiacchiere, bimestrale del carcere di Rebibbia, attivo da 5 anni con una tiratura di 2500 copie; Effatà, dell'Opg di Reggio Emilia, ad offerta libera, di impostazione cattolica; L'interlocutore, del carcere di Pavia; Il Cammino, del carcere di Secondigliano (Napoli).
Cronache "da dentro" servono anche alla protesta
Sulla sinistra una farfalla azzurro carico su fondo grigio, ad ali spiegate. Sulla destra, scritte una sotto l'altra, le parole coscienza, organizzazione, cultura, lotta. Si apre così il sito dell'associazione Papillon (www.papillonrebibbia.org), nata nel maggio del 1996 all'interno del carcere Rebibbia, a Roma, su iniziativa del gruppo di detenuti che si occupavano del servizio di biblioteca centrale. L'obiettivo - dichiarato - dell'associazione è stabilire un contatto diretto tra carcere e istituzioni. Lo spiega al manifesto Vittorio Antonini, ergastolano dal 1985, vicepresidente e portavoce di Papillon.
Per esempio? Esponenti del fondo Moravia, del fondo Pasolini. Abbiamo organizzato dei convegni, uno era sul razzismo. E poi cerchiamo il dialogo con i giovani dei centri sociali e con quelli cattolici.
Come? Dipende. Facciamo spesso assemblee nei centri sociali: siamo stati a Bologna, Roma, Brescia, Milano. Dentro il carcere c'è lo stesso mondo delle periferie urbane, è importante che i rappresentanti dei centri sociali si rendano conto che è impossibile fare politica senza occuparsi delle carceri.
E i cattolici? Dal 2000 in poi, dal Giubileo, le parole dette dal Papa riguardo il carcere hanno avuto sulla gente un impatto profondo. Lo abbiamo scoperto tenendo una serie di incontri nelle parrocchie, anche in quelle di quartieri a Roma tradizionalmente di destra, come il Vescovio, Prati Fiscali, Nomentano. Eppure, destra o non destra, le parole del Papa le ascoltano.
Parliamo delle proteste. Abbiamo lanciato una protesta il 9 settembre, per l'indulto e non solo: anche per la riforma del codice penale e per il passaggio della sanità penitenziaria al servizio sanitario nazionale, ad esempio. Nell'arco di tre giorni, 120 carceri italiane per un totale di 30000 detenuti hanno aderito alla nostra iniziativa. La prima proposta di indulto è stata formulata pochi giorni dopo, da Forza Italia.
Quali sono le iniziative culturali che segue Papillon?Teniamo un sito internet, che ha raggiunto i 15000 contatti in meno di un anno di attività, pieno zeppo di informazioni, links, approfondimenti. E poi recensiamo e produciamo materiale, libri e cd-rom, che poi viene fatto girare gratuitamente nelle parrocchie, nei centri sociali, alle medie superiori, negli atenei universitari. L'ultimo cd-rom che abbiamo prodotto è "Uno sguardo alla sanità penitenziaria", un filmato di 18 minuti girato dentro il reparto infermeria di Rebibbia nuovo complesso, che è emblematico della situazione delle 205 carceri italiane.
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