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L'ultimo libro su carcere, devianza minorile e comunità La Provincia Pavese, 14 gennaio 2003 Andraous scrive della vita in cella e ricorda le parole di don Boschetti "Quando si parla di carcere, si rischia di incorrere in esternazioni ideologiche, che sono il mezzo per infilare la scorciatoia più vicina, per non percorrere la strada faticosa a nome Giustizia e Umanità". Sono queste alcune delle significative parole contenute in "Un viaggio" e precisamente in quello di Vincenzo Andraous. "Un viaggio" (edizioni CdG, pp. 126, 16) parla di devianza minorile, carcere e comunità. L'autore, detenuto da 28 anni ed in regime di semilibertà, svolge attività di tutor presso la Comunità Casa del Giovane di Pavia ed è attivamente impegnato in attività sociali e culturali con scuole, parrocchie, associazioni e movimenti culturali. È sposato con Cristina ed ha una figlia, Yelenia, che ama definire la sua rivincita più grande. ""Un viaggio" - scrive l'autore - è il tentativo di mostrare che, anche in una cella, esiste la condizione "uomo", pur disperata, rotta e lacerata". Nel suo dispiegarsi il libro presenta due elementi che lo caratterizzano e lo determinano e che, a chiare lettere, vengono espressi in due differenti parti iniziali. Il primo è tratto da un testo redatto dal fondatore della Casa del Giovane, don Enzo Boschetti, dal titolo "La scelta della Comunità", nel quale il religioso scrisse: "La grandezza dell'uomo non sta nel non sbagliare ma nel sapersi rialzare". Il secondo è palesato dalle prime righe dell'introduzione a cura del professor Luciano Eusebi, il quale scrive: "Questo libro parla del destino assegnato nella nostra società a coloro che un grande scrittore austriaco del primo novecento, Robert Musil, definiva i soli che osano far del male al prossimo senza una filosofia (...) Questo libro parla degli agenti di reato classici, nei quali assai facilmente identifichiamo il nemico, che del carcere costituiscono la clientela effettiva. E del nemico il destino non interessa: tanto meno la sua realtà umana, il suo punto di vista, la sua sofferenza". Ma il libro, che pure ha questi due caratteri fondamentali, e che presenta anche una puntuale prefazione di don Franco Tassone della Comunità Casa del Giovane, fa molto di più: testimonia di condizioni particolari in nome della verità e lo fa in maniera esaustiva e puntuale, attraverso un taglio narrativo assolutamente coinvolgente. Andraous, significativamente, ha deciso di affidare la prima quindicina di pagine ad un tema complesso quale i minori e la trasgressione, analizzandone, alternativamente, le implicazioni di carattere pedagogico ed i problemi legati agli aspetti più giurisprudenziali in un paese che definisce "ubriaco di schizofrenie dialettiche". La disamina del testo prosegue con il capitolo relativo al "carcere che ancora non c'è", per poi arrivare al tema della "comunità come promozione umana" ed al quinto capitolo intitolato "Per gli studenti e la Scuola". L'ultimo quarto di libro tratta di società post-moderna per concludersi, poi, con otto poesie ed un testo teatrale inedito su teatro e pena di morte a cura dell'autore e di Fabio Gandi, intitolato "Il mondo in mezzo".
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