Allarme dalle carceri...

 Il "fronte carcerario" cerca una via d’uscita

 

 Avvenire, 26 marzo 2004

 

L’allarme partito dalla Prefettura di Palermo circa una nuova stagione di attentati e omicidi eccellenti pianificati dalla mafia, conferma quanto da tempo il procuratore capo Piero Grasso va ripetendo: “Il vertice di Cosa nostra ha attuato concretamente un complesso progetto di ricostruzione del suo assetto organizzativo, ma persi stono al suo interno alcuni fattori potenziali di instabilità e di crisi”. Parole pronunciate il 17 gennaio all’apertura dell’anno giudiziario.

Nel mirino ci sarebbero soprattutto magistrati: il prefetto Giosue Marino non fa nomi, ma s’intuisce che la sua preoccupazione è per gli uomini in prima linea a Palermo.

I segnali di tensione all’interno del mondo carcerario partono dal primo semestre del 2002 quando Pietro Aglieri, con una lettera indirizzata al Procuratore nazionale antimafia Pier Luigi Vigna, arrivò a proporre un “confronto aperto e leale” allo scopo di trovare una soluzione in grado di alleggerire la posizione dei detenuti, senza passare attraverso la collaborazione con la giustizia o la dissociazione. Successivamente, nei primi giorni del mese di luglio dello stesso anno - secondo gli inquirenti “con una improvvisa accelerazione” Leoluca Bagarella durante una udienza a Trapani lesse un documento a nome di tutti i detenuti del carcere dell’Aquila sottoposti al 41 bis. Il cognato di Totò Riina annunciava l’inizio di una serie di manifestazioni di protesta contro il carcere duro. Mai nella storia i capibastone avevano espresso stanchezza e perfino debolezza davanti al regime carcerario. Un cattivo esempio che, racconterà più tardi il pentito Antonino Giuffrè, non piacque al vecchio superlatitante Bernardo Provenzano.

Nei giorni scorsi però proprio Pietro Aglieri sembra essersi chiamato fuori da una “partecipazione” alle future vicende di mafia.

“Sono troppo occupato con la trave che c’è nel mio occhio - ha scritto “u signurinu” in una lettera rifacendosi ai vangeli – per dedicarmi alla pagliuzza degli altri”. E poi “preferisco il regime 41 bis piuttosto che l’ambiguità delle posizioni collaborative”. Un ulteriore prova di come il fronte carcerario sia tutt’altro che compatto.

E dopo la definitiva approvazione del 41 bis gli investigatori hanno captato nuovi segnali. Non è passata inosservata la fitta corrispondenza tra i detenuti sottoposti al carcere duro, molti dei quali appartenenti all’ala stragista, “che si scambiano con linguaggi criptici messaggi in codice fortemente sospetti”.

 

 

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