Quarta lezione

 

Come scrivere un articolo

 

Questa volta presentiamo un piccolo menù di incipit, 

e un menù altrettanto "nutrito" di possibili conclusioni

 

Ecco allora un nuovo piccolo menu di incipit. Con una avvertenza però prima di cominciare. Non siate troppo scolastici e meccanici. Non tutte le introduzioni rientrano perfettamente in una di queste categorie. Alcune sono del tutto originali (e non per questo migliori delle altre…), altre mescolano una tipologia con un’altra tipologia. L’importante è avere dei modelli di riferimento. Poi si può sempre cambiare, trasformare, contaminare. Ecco dunque una breve lista di incipit:

 

  1. Introduzione-sintesi (che ricorda il lead basato sulle cinque W). Una delle più comuni in tutti i tipi di testo, non solo giornalistici. Essa riassume l’argomento o la tesi dello scritto. Per esempio: «L’effetto serra, il buco dell’ozono, le piogge acide sono le calamità di carattere generale che a quanto pare – ci minacciano più da vicino. Tutti giorni i giornali riferiscono…»

  2. Introduzione con aneddoto (che ricorda il lead basato sulla situazione). Si parte con una scena, un aneddoto, un esempio. Ecco per esempio come comincia un articolo dedicato alla diffusione delle "armi leggere" nel mondo: "L’aereo doveva trasportare aiuti umanitari per i civili travolti da uno dei tanti conflitti che si combattono in giro per il mondo. Difficile trovare una copertura migliore, accanto alle casse dei medicinali furono stivate casse in tutto simili, non fosse stato per il contenuto: fucili mitragliatori Ak-47". Il tema del pezzo è generale ma per richiamare l’attenzione del lettore si parte da un episodio specifico, che vale come esempio d’una certa tendenza o fenomeno.

  3. Introduzione-citazione (che ricorda il lead basato sulla dichiarazione). Può trattarsi di un proverbio, di qualche verso di un poeta o della frase pronunciata da una persona più o meno nota. E’ importante che il contenuto della citazione venga ben collegato con l’argomento del testo (a volte qualcuno per fare sfoggio di cultura butta lì delle belle frasi che però non c’entrano tanto con il resto). Ecco un caso semplice ma efficace; si tratta della citazione d’un vecchio proverbio: "Il nemico del mio nemico è mio amico". La formula è ben conosciuta, Applicata di frequente nel corso delle rivalità di potere tra gli Stati, si adatta particolarmente al Medio Oriente, una zona strategica perennemente instabile per quanto riguarda sia i regimi, sia i rapporti frontalieri» (Limes).

  4. Introduzione con brevi affermazioni. E’ tipica di uno stile giornalistico secco, fatto di piccole frasi giustapposte. Ecco un esempio tratto dal Diario (1.9.1999): «Michele a sedici anni aveva già commesso quindici reati, dal furto era passato allo scippo e poi allo spaccio di stupefacenti. Uscito dal carcere cominciò a rapinare i supermercati. Oggi ha vent’anni ed è di nuovo in galera per associazione a delinquere di stampo mafioso».

  5. Introduzione-analogia. Instaura un confronto tra il tema dello scritto e un’altra situazione; lo scopo è di spiegare il proprio problema sfruttando un contesto simile che possa attirare l’attenzione iniziale del lettore. Per esempio: «Nessuno spreca il fiato per lodare l’aria e l’ossigeno. Almeno finché respira. Si lodano i benefici dell’aria, quando l’ossigeno manca, e cioè quando l’afa o l’asma insidia la respirazione. Così è per tutte le cose di questo mondo. E dunque anche per la democrazia» (Europeo, 13.9.1991). Ma ecco una introduzione analogia scritta in redazione. Si tratta tra l’altro di una introduzione mista perché mescola l’analogia con la citazione (di un proverbio), a dimostrazione che queste sono tipologie che possono benissimo mescolarsi: «Un antico detto popolare dice: "una noce in un sacco non fa rumore". Lo stesso concetto è valido per i giornali dal carcere: una sola rivista scritta in carcere non fa rumore… Di questo siamo consapevoli, ed è per questo motivo che è nato il C.G.C., cioè il "Coordinamento dei Giornali dal Carcere": per dar loro più forza, più incisività, per mettere assieme delle esperienze che altrimenti, se restano isolate e per di più "rinchiuse", "ristrette" insomma, per dirla con un termine che ci è caro, sono destinate a spegnersi in fretta»

  6. Introduzione con ricordi, associazioni o reazioni personali. Si propongono qui, in apertura, emozioni o ricordi o propositi suscitati dal fatto o dalla situazione di cui si parla. Ecco per esempio come comincia la recensione di un libro: «Mi ritornava alla mente una vecchia canzone dei Beatles, che diceva "non mi piaci ma ti amo", mentre leggevo la raccolta di racconti di William Goyen. Il libro riferisce…». Questa introduzione ha il merito di essere leggera, ma non deve essere tirata troppo in lungo. In fondo il lettore non vuole sapere i fatti vostri, vuole essere informato. E’ comunque preferibile anche qui dare un incipit fatto nella redazione di Ristretti che sia pure in modo lieve mette l’accento sua una reazione personale (anche se qui c’è il "noi" al posto dell’ "io") davanti a una certa notizia di interesse generale. Questo: «A Firenze, il 16 e il 17 Novembre si terrà il secondo convegno dei giornali dal carcere. Quando a novembre ci reincontreremo saranno trascorsi quasi due anni! Di lavoro, nel frattempo ne abbiamo fatto e ne faremo ancora parecchio. Verso aprile ci è giunta in redazione la lettera di Giuliano Capecchi e Beatrice Cioni, di Informacarcere Toscana, tra i promotori, con noi ed altre realtà giornalistiche carcerarie, del primo convegno nazionale su Carcere e informazione, tenutosi a Firenze il 3-4 Dicembre 1999. L’importanza che ha avuto per noi quel convegno, per i contenuti ed i fatti concreti che ne scaturirono, è innegabile».

 

Dopo l’introduzione c’è la vera e propria trattazione. Che sarà naturalmente condotta seguendo la falsariga della scaletta. Sulla trattazione ci proponiamo di dire qualcosa la prossima puntata. Adesso concludiamo con la…conclusione. Si tratta di un altro dei punti deboli dei pezzi giornalistici scritti da ‘dilettanti’. Spesso infatti l’articolo viene interrotto di colpo. E’ importante invece che chi legge abbia l’impressione di un cerchio che si chiude. Ecco perché in effetti le conclusioni spesso sono legate agli incipit, proprio per dare maggiormente questo senso di circolarità (attenzione però potreste cominciare con un incipit-analogia e chiudere con un incipit-citazione…). Ecco comunque in breve i principali tipi di finali, validi d’altra parte anche per generi diversi da quello giornalistico:

 

  1. Conclusione-sintesi: molto comune, presenta un breve riassunto delle principali idee dello scritto. Es.: "In realtà noi non siamo in presenza di un capo dello Stato eccentrico [Cossiga], ma di un capo dello Stato con caratteristiche eversive, da lui stesso rivendicate e pubblicamente conclamate. A qualcuno piacerà così. A noi no. Ma poco conta. Conta che egli si è messo da tempo fuori dalla legge e dalla costituzione" (La Repubblica, 17.11.1991)

  2. Conclusione con aneddoto: la conclusione con un aneddoto, una storia, un fatto concreto, un’immagine a effetto trae le fila dell’intero testo attraverso elementi narrativi o visivi che attirano la fantasia e l’immaginazione del lettore. «Il politico siciliano dice di aver capito la lezione e di aver rotto definitivamente con certe cattive frequentazioni. Eppure…Eppure si sa che ha trascorso le vacanze nel villaggio turistico gestito dalla famiglia del boss Gancemi. I bene informati dicono però che non era certo lì per curare i suoi affari visto che si trovava in compagnia di una sconosciuta bellissima che non ha mai lasciato, neanche per un momento…» (Il Mattino, 5.4.1998).

  3. Conclusione con brevi affermazioni: questo tipo di conclusione segue un periodo che rappresenta la vera chiusura del testo, come fosse un ripensamento, un suo approfondimento. Spesso questa aggiunta è costituita da un "frammento", una frase senza un verbo in modo finito. Es. : "…Per il piccolo S. ci sono dunque poche speranze. O ritorna nel giro della delinquenza. O accetta di essere adottato e di perdere i suo genitori e la sua famiglia. Nel mondo dei bassi napoletani un destino simile a quello di tanti altri ragazzi». (La Stampa, 6.4.1999)

  4. Conclusione-citazione: anche nelle conclusioni, è possibile usare citazioni di tutti i tipi, purché in tema con lo scritto.

  5. Conclusione-domanda (o conclusione problematica, aperta): la conclusione domanda pone al termine dello scritto interrogativi irrisolti, problemi aperti o scenari futuri. Ecco un esempio tratto da un articolo dedicato alla politica scolastica del governo Berlusconi: «…Per ora il Ministro della Pubblica Istruzione non pare intenzionato a mettere in atto iniziative significative contro la scuola pubblica e a favore della scuole privata. Anzi c’è chi dice che lascerà le cose come stanno… E se fosse proprio questo "lasciare le cose come stanno" un modo per favorire il degrado della scuola pubblica e l’inevitabile ascesa di quella privata?» (L’Indice, 2001).

  6. Conclusione-analogia: la conclusione-analogia introduce un paragone fra il tema trattato e una situazione che presenta delle somiglianze. Es.: «Nella lotta tra galli, l’importante è che il becco colpisca feroce e che il sangue schizzi copioso dal collo dell’animale ferito a morte. Solo che ad avere assunto i tratti spasmodici della lotta da cortile è l’intera vita italiana: dov’è una gara a chi urla più forte, a chi azzanna l’avversario alla giugulare e gli augura di andare in malora, lui e tutti i filistei suoi pari»

 

Fermiamoci qui per il momento.

 

 

Stefano Brugnolo

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