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Informazione dal carcere: mettersi insieme per farsi sentire La Federazione dell’informazione dal carcere e sul carcere muove i primi passi
Bologna, 24 novembre 2005
La "Giornata di formazione per chi fa informazione dal carcere", che si è tenuta il 24 novembre a Bologna, è stata il punto di arrivo di una vasta attività di informazione prodotta da chi opera o vive dentro gli istituti di pena italiani. C’è infatti dietro una storia parecchio lunga quanto travagliata, che nasce dalla volontà di gruppi di detenuti e volontari di realizzare giornali che hanno lo scopo di portare all’esterno delle mura quanto succede dentro le carceri. Il tentativo è quello di impegnarsi per rendere pubblica una realtà, quale quella della detenzione, spesso occultata e dimenticata a causa di una cultura della pena che vorrebbe attuare il massimo di segregazione nei confronti di chi ha commesso un reato.
È da diversi anni che chi si occupa di informazione dal carcere tenta di darsi una qualche forma di aggregazione, che garantisca un riconoscimento anche giuridico e che consenta di superare le diffuse difficoltà nell’operare in questo settore. Ora è stato dato a "Ristretti Orizzonti" il ruolo di capofila, per promuovere iniziative comuni che abbiano anche un risvolto in termini di condivisione, di visibilità e quindi di maggior forza e tutela per le realtà più piccole o di recente costituzione. L’incontro di Bologna ha avuto di particolare la collaborazione ed il sostegno dell’Ordine dei giornalisti dell’Emilia Romagna, che ha dimostrato non solo la sensibilità ad un settore dell’informazione che l’editoria spesso ignora, ma anche la disponibilità ad entrare in gioco fornendo consulenza e formazione alle nostre realtà che di questi apporti hanno oggi grande bisogno. Il tempo è quindi stato dedicato in parte ad alcune questioni tecniche quali il trattamento delle notizie, la verifica delle fonti, il problema della responsabilità nei confronti di terzi, che sono spesso causa di difficoltà nell’affrontare la diffusione dell’informazione, partendo da un ambiente particolare come il carcere. Per questo abbiamo deciso che proprio la formazione doveva diventare una delle attività in grado di costituire il collante per la rete che stiamo costruendo, dove l’utilizzo di mezzi e conoscenze deve essere una base comune su cui arrivare a costruire anche un linguaggio che ci consenta di dialogare con le istituzioni e con un pubblico di lettori più allargato di quello degli "addetti ai lavori". Dietro c’è la volontà di consolidarsi all’interno del mondo dell’informazione come soggetto a pieno titolo, di diventare referenti credibili su questioni dove "l’informazione ufficiale" spesso è distratta o addirittura malinformata. Il costituire quindi una Federazione dell’Informazione dal carcere e sul carcere, che potrebbe sembrare un normale associarsi tra realtà già funzionanti, rappresenta nel nostro caso, e ce ne siamo resi conto nel piccolo dibattito che è seguito agli interventi di giornalisti ed esperti, la possibilità di costruire spazi maggiori e maggiore tutela in tanti istituti dove l’attività di informazione è ancora vista come un’appendice dell’Amministrazione Penitenziaria e non un soggetto chiaro e definito che si pone al di là delle istituzioni e dà libero accesso a chiunque, singolo, associazione o ente, abbia intenzione di collaborare. Perché la logica dovrebbe essere quella di aprire il carcere all’esterno superando forme di controllo e censura, che in alcuni casi nascondono l’ostilità a rendere le questioni legate all’esecuzione della pena fatti e notizie disponibili a chiunque voglia essere informato.
Una tappa importante deve essere anche quella di definire, con il Dipartimento della Amministrazione penitenziaria, un rapporto stabile che sia utile ad affrontare di volta in volta i problemi che possono crearsi nelle redazioni, e a stabilire degli spazi nuovi all’interno dei quali i detenuti, le associazioni di volontariato, gli Enti Locali ed i rappresentanti del territorio in genere trovino informazioni utili a creare iniziative di cambiamento.
Finora la realtà delle carceri è rimasta troppo chiusa per non diventare alla fine un momento di frattura totale nella vita delle persone che scontano una pena. Ci si accorge invece sempre più che portare la conoscenza di questa realtà alla cittadinanza è un’occasione formidabile per iniziare a provocare cambiamento tanto dentro il carcere quanto fuori da esso. Ma la situazione dalla quale si parte in molte province è ancora quella di carceri che sono luoghi dove non è lecito sapere cosa succede dentro, dove la stessa istituzione non è in grado di rispettare le norme fino a porsi ai limiti, o oltre, la legalità. Per questo occorre che l’attività di informazione si estenda ovunque possibile, senza necessariamente realizzare giornali o siti internet che in alcuni casi non si ha poi la forza di gestire. A questo il lavoro in rete della Federazione vuole essere una prima risposta, e dovrà tentare di diventare occasione di apertura all’esterno anche per le realtà dove le risorse umane disponibili sono esigue e ci sono ancora ostacoli e difficoltà sulla strada di una reale apertura. Con queste finalità la Federazione ha raccolto le prime adesioni (alla giornata hanno partecipato più di 100 persone) ed invita ad aderire tutti, detenuti, volontari, testate di giornale, siti internet, trasmissioni radio e TV, chiunque insomma a questa iniziativa, che si costituisce con l’impegno di crescere e durare nel tempo, ha volontà ed interesse a dedicare tempo, energie e competenze.
Milano, Triennale, 25 febbraio 2006
A Milano la Federazione ha cominciato a camminare sulle sue gambe. È stato uno spazio importante, quello ottenuto alla Triennale, nell’ambito di una serie di iniziative dedicate alla rappresentazione della pena. La mattina è stata dedicata a un incontro con l’Ordine dei giornalisti e gli studenti delle scuole di giornalismo di Milano. E la sensazione è che l’Ordine dei Giornalisti, a partire dall’esperienza di Bologna, abbia deciso in qualche modo di "adottare" i giornali e le altre realtà dell’informazione dal carcere. Al centro della possibile collaborazione, soprattutto la disponibilità dei giornalisti a promuovere momenti di formazione per le redazioni interne alle carceri, ma anche il sostegno che l’Ordine può dare alla Federazione per affermare i diritti delle persone detenute ad essere informate e a fare, a loro volta, informazione. E non è cosa da poco, se si pensa alla precarietà del lavoro di chi fa informazione dal carcere, e alla assoluta mancanza di tutele, ma anche di criteri comuni che regolino la possibilità dei redattori-detenuti di gestirsi degli spazi di lavoro accettabili. L’esempio è che a Padova la redazione di Ristretti Orizzonti ha uno spazio dove le persone lavorano cinque ore al giorno, e il giornale non viene "visionato" prima di andare in stampa, c’è un direttore responsabile che ne risponde come per qualsiasi altro giornale, mentre da altre parti è ancora in uso il controllo, e la censura, da parte della direzione del carcere. Durante l’incontro un ruolo attivo l’hanno avuto anche le scuole di giornalismo di Milano, e pure su questo terreno possono svilupparsi forme di collaborazione professionali interessanti, perché in fondo anche le redazioni in galera sono straordinarie scuole di giornalismo. Il tema del pomeriggio è stato "Informazione e luoghi comuni", e questo è un terreno sul quale chi fa informazione dal carcere ha fin troppo da dire, visto che si misura ogni giorno con una informazione "ufficiale" che sui temi della sicurezza, della cronaca nera e giudiziaria "massacra" senza pietà le persone detenute. È difficile, per le piccole redazioni che operano in carcere, diventare fonte attendibile di notizie per i giornali "grandi", ma il vice-direttore di Repubblica, Dario Cresto-Dina, ha avanzato delle proposte interessanti: che qualche redattore-detenuto, per esempio, possa fare uno stage nella redazione del suo giornale, e che a sua volta un giornalista di Repubblica possa "frequentare" la redazione di un giornale dal carcere e "allenarsi" a conoscere più da vicino la realtà della detenzione e a combattere gli stereotipi e le generalizzazioni che imperversano nel mondo "fuori". Da Sergio Cusani è arrivata invece la proposta di promuovere una specie di "Fondazione di amici della Federazione dell’informazione dal carcere e sul carcere", che si occupi anche di cercare forme nuove di finanziamento. Una proposta non campata per aria, perché di possibili "amici", di gente autorevole e competente che si occupa delle carceri oggi ce n’è molta, e dovrebbe essere anche suo interesse sostenere quelle uniche realtà che per fare informazione impegnano in prima persona i detenuti. Del resto, l’idea di fondare una Federazione era nata, tempo fa, proprio da Sergio Cusani e da Sergio Segio, e quindi perché non riconoscergli la capacità di "guardare lontano" in questo difficile ambito e di avere delle felici intuizioni?
Padova, 26 maggio 2006
La Giornata di studi sui temi dell’informazione "Dalle notizie da bar alle notizie da galera", che si è svolta all’interno della casa di reclusione di Padova, ha portato a confrontarsi con i detenuti di Ristretti Orizzonti e delle redazioni dei giornali, che compongono la "Federazione dell’informazione dal carcere e sul carcere", centinaia di persone, giornalisti, esperti sui temi della comunicazione, operatori di associazioni che hanno la voglia e le risorse per cimentarsi attivamente nell’ambito della informazione dal carcere e sul carcere. Sono intervenuti, in qualità di relatori: Alessandro Margara, magistrato, autore di una nuova proposta di riforma dell’Ordinamento penitenziario, Mauro Paissan giornalista, componente dell’Ufficio del Garante per la privacy, Edoardo Albinati, scrittore e insegnante a Rebibbia, Marco Capovilla, fotografo e docente di fotogiornalismo all’Università IULM di Milano, Stefano Anastasia, presidente Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, Daniele Barbieri, giornalista del settimanale Carta, collaboratore del Manifesto, Maurizio Paglialunga, presidente dell’Ordine dei giornalisti del Veneto, Gerardo Bombonato, presidente dell’Ordine dei giornalisti dell’Emilia Romagna, Sergio Cusani, vicepresidente Agenzia di Solidarietà per il lavoro, Enrico Ferri, Giunta esecutiva Federazione Nazionale della Stampa, Claudio Santini, del Direttivo nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Emilio Di Somma, dirigente del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Sergio Segio, di Fuoriluogo, Carla Chiappini, responsabile di Sosta Forzata, giornale della Casa circondariale di Piacenza
La giornata è stata dedicata ai temi dell’informazione, partendo proprio dal modo in cui vengono presentate dai mass media le notizie di cronaca nera, giudiziaria, del carcere. Si è discusso del rapporto tra "grande informazione" e Federazione dell’Informazione dal carcere e sul carcere: un confronto serrato sul modo di trattare le notizie che hanno a che fare con la cronaca nera, e poi i temi della giustizia, del carcere, del disagio sociale. Ma anche un approfondimento di un tema particolarmente importante, come comunicare con un pubblico di lettori "non addetti ai lavori", sfruttando gli spazi che i giornali, le radio, le TV locali sono disponibili a dare alle testimonianze che arrivano dal carcere. Un Gruppo di studio con esponenti dell’Ordine dei giornalisti, della Federazione Nazionale della Stampa e dell’Ufficio del Garante della privacy ha posto le basi per la stesura della "Carta di Padova", su modello di quella di Treviso sui minori, che definisca la deontologia e i criteri irrinunciabili con i quali produrre informazione sul carcere e sulla giustizia rispettando il diritto alla privacy delle persone sottoposte a provvedimento giudiziario, detenute o ex detenute, e soprattutto dei loro famigliari. Si è formata una commissione che deve procedere a definire la Carta, per sottoporla poi all’Ordine nazionale dei Giornalisti e alla Federazione Nazionale della Stampa.
L’Assemblea dei partecipanti alla Giornata di Studi ha anche votato una lettera aperta al Ministro della Giustizia Mastella, che è una specie di "agenda" di quelle che operatori, detenuti, esperti sul tema del carcere e del disagio sociale ritengono questioni prioritarie.
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