Controllo della corrispondenza

 

Il controllo della corrispondenza negli Istituti penitenziari

di Francesco Maceroni

 

Ogni attività di controllo1 della sfera giuridica altrui investe l’ambito di beni giuridici costituzionalmente garantiti. La libertà di corrispondenza, al pari della libertà personale e del domicilio, costituisce un diritto fondamentale il cui rispetto, pur trovando il primo riferimento normativo nella carta Costituzionale, rimane soggetto ad eccezionali deroghe che salvaguardano, di converso, la possibilità di operare ogni tipo di riscontro documentale e fattuale dal quale possa scaturire una virtuale sanzione amministrativa ovvero penale. Di qui le ipotesi, nell’ambio dei diversi poteri di polizia amministrativa e giudiziaria (solo allorché emergano indizi di reato ex art.220 disp, att. c.p.p.), di attività di indagine, investigative ovvero di prevenzione dei reati, limitative del libero esercizio delle libertà fondamentali.

Nell’ambito degli istituti penitenziari il libero esercizio della libertà della corrispondenza può essere limitato in conseguenza della più generale restrizione della libertà personale, sempre in ogni caso, nel pieno rispetto dell’art.15 della Costituzione, con la tutela, pertanto, della riserva di legge e della motivazione dell’atto autorizzativo disposto dalla autorità giudiziaria2.

 

La sistematicità delle norme aventi ad oggetto il "controllo sulla corrispondenza dei detenuti" all’indomani della Legge 8 aprile 2004, n.95 - (cosa è cambiato ?)

 

La ratio sottesa al varo di una normativa di novellazione ed integrazione della preesistente risiede nella volontà di dare una compiuta risposta circa le antinomie con il sistema delle norme contenute nella Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Cedu)3. Alla luce, infatti, del disposto delle norme testé citate, la restrizione della libertà della corrispondenza potrebbe essere adottata dallo stato solo con una legge che indichi durata e motivazioni (art.8 Cedu). Nello specifico ambito, la Corte ha rilevato come la legge 354/1975 (Nuove norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà) non abbia disciplinato, sino al varo della recente L.98/04, né la durata né i motivi che possono giustificare le misure di controllo dei detenuti, non indicando con chiarezza l’estensione e le modalità di esercizio del potere discrezionale delle autorità competenti. Con l’originario comma 7 dell’art.18 della citata L. 354/75, pur sussistendo un provvedimento motivato, mancava, in punto di diritto, il presupposto oggettivo, astrattamente idoneo a definire quando l’A.G. poteva autorizzare l’esercizio del potere, derogatorio del generale principio di inviolabilità della libertà della corrispondenza. In altri termini, mancava ciò che è oggi presente nel primo comma dell’art.18 ter, introdotto con L.95/04: "per esigenze attinenti le indagini investigative o di prevenzione dei reati, ovvero per ragioni di sicurezza o di ordine dell’Istituto". Originariamente, pertanto, sebbene il provvedimento fosse motivato, lo stesso rimaneva frutto di una decisione esclusiva dell’A.G., senza che il Legislatore avesse disegnato una cornice all’interno della quale ci si potesse muovere. I poteri stabiliti dal 1° comma dell’art.18 ter, lettere b) e c) novellano ed integrano il disposto dell’originario art.18, comma 7; nel caso previsto alla lett. b) si ribadisce l’indicazione circa il "visto di controllo", alla successiva lett. c), in modo più specifico e dettagliato, si giunge a definire le potestà in esame quale il "controllo del contenuto delle buste che racchiudono la corrispondenza, senza lettura della medesima". La distinzione, sussistente tra le due distinte procedure di controllo risiede nella maggiore incisività incardinata nel disposto di cui alla lett.b). Ciò, nella considerazione che se il Legislatore ha genericamente individuato il "visto di controllo", per poi meglio specificare il contenuto del potere previsto alla successiva lett.c), ha in modo inequivocabile voluto prevedere il "visto di controllo" quale forma di controllo più incisiva, nella prospettiva che lo stesso consentirebbe la lettura della corrispondenza4. Il tutto è frutto, peraltro, non di una indicazione chiara del Legislatore ma dell’utilizzo di un ben determinato canone ermeneutico, quello della "interpretazione a contrario". La vera novità è, pertanto, la chiara esplicitazione di poteri distinti, di incisività crescente, rispettivamente, quello previsto dalla lett.c) e quello previsto alla lett. b). Nel macro-sistema delle norme che legittimano un controllo della corrispondenza, includendo anche il disposto dell’art.38 reg. pen., si stabilisce, alla luce della recente modifica normativa, una triade di possibili potestà ispettive: la prima, non contenuta nella L.354/75, ma nel reg. pen. (art.38), a ragione di un’incisività non intaccante il diritto costituzionalmente garantito (art.15) (con una norma di rango secondario non possono essere introdotte deroghe all’inviolabilità di un diritto costituzionalmente garantito !); la seconda e la terza, queste sì incidenti su una libertà fondamentale, disciplinanti, con il necessario sostegno di una norma di rango primario, una "invasiva" potestà di controllo. Se con il disposto dell’art.38 reg. pen., la busta della corrispondenza è esclusivamente ispezionabile, con il disposto dell’art.18-ter, la stessa, nel caso della lett. c) è sottoponibile a mera apertura, con l’inibizione della lettura; nel caso della lett. b), norma speciale rispetto all’ultima richiamata (lett.c), la busta della corrispondenza, oltre ad essere ispezionata ed aperta, può essere sottoposta ad attento esame del contenuto sino a spingersi alla lettura della corrispondenza medesima.

 

Il controllo della corrispondenza – presupposto oggettivo - (dove e cosa può essere oggetto di controllo ovvero quando può procedersi al controllo della corrispondenza)

 

La recente introduzione di una norma disciplinante il controllo della corrispondenza, lungi dall’essere una norma di portata di portata generale, nell’ambito dei poteri di indagine della Polizia Penitenziaria (nella duplice veste di Polizia Amministrativa e Giudiziaria), rappresenta una norma di natura eccezionale, quanto ai luoghi ove può essere esercitato ed ai soggetti legittimati ad agire. Invero, sussiste un presupposto "territoriale", legato alla figura del soggetto "passivo" del controllo (detenuto ovvero internato), in virtù del quale il controllo della corrispondenza è operativo nell’ambito degli Istituti penitenziari così come indicati al titolo II, capo I, della L.354/75 (art.59 e ss.); in tale contesto, sarà possibile sottoporre a controllo anche la corrispondenza proveniente da e per "una casa di lavoro" ovvero una "una casa di cura e custodia"; trattasi, in particolare, di luoghi ove viene data esecuzione alle misure di sicurezza detentive in capo agli internati. Oggetto del controllo è la corrispondenza quale "forma di contatto che il condannato (nell’accezione della norma in esame, il detenuto e l’internato) instaura con il mondo esterno"5. Del concetto di corrispondenza manca una definizione legislativa; sulla base delle indicazioni dottrinarie e legislative si evince la volontà non solo del Costituente, che amplia la portata "ad ogni altra forma di comunicazione…", ma anche del Legislatore "speciale" della materia penitenziaria, per cui oggetto del controllo non è esclusivamente la busta che racchiuda la corrispondenza. Quanto affermato risulta ancor più vero ove si ponga mente al fatto che sussiste una distinzione, che non è meramente terminologica, tra la lett. b) e c) della norma in esame: mentre la lett. c) è strettamente connessa al controllo di buste che racchiudano la corrispondenza, la precedente lett. b) concede un virtuale raggio d’azione più ampio; in tale contesto, la norma indica genericamente il termine "corrispondenza" quale oggetto del controllo. Alla luce del testo, formalmente interpretato, se il Legislatore ne avesse voluto ampliare l’ambito operativo, lo avrebbe esplicitamente indicato. Pertanto, potremmo ritenere corrispondenza e quindi sottoporla a controllo, con lettura, la posta elettronica piuttosto che il fax ? La posta elettronica costituisce una forma di comunicazione evoluta rispetto al fax; il problema interpretativo è se tali forme di comunicazione sono più vicine a quelle epistolari, ove dubbi non sussistono sulla operatività della norma in esame, ovvero di tratterebbe di forme di comunicazione lontane dalla ratio legis. La risposta del sistema normativo è negativa; lo si intravede nel disposto di cui all’art.18, 4° comma della L.354/75, ove si specifica, ancor di più, la distinzione con la corrispondenza telefonica, la quale, questa sì, potrebbe avere maggiori punti di contatto l’oggetto dell’interrogativo proposto: la e-mail ed il fax sarebbero molto più vicini alla tipica corrispondenza telefonica, anche perché trattasi di forme di comunicazione che si avvalgono del necessario sostegno di un apparato telefonico. Pertanto, alla luce di quanto testé detto, queste forme di comunicazione, pur rientrando nella macro definizione di corrispondenza, non rientrerebbero tra quelle oggetto di controllo ex L.95/2004. A conferma di ciò, lo stesso reg. pen. distingue gli ambiti agli artt.38 e 39. Se tuttavia si analizza il disposto dell’art.39 si giunge a definire una integrale coincidenza con il disposto della norma avente ad oggetto il controllo della corrispondenza. Similitudini con il codice di procedura penale, ciò nell’ottica di avvicinare la e-mail, quanto al loro controllo, alle intercettazioni telefoniche ovvero telematiche, non possono ivi trovare spazio in quanto i poteri promananti dalla norma in esame non sono di fonte giurisdizionale ma amministrativa e che gli stessi possono essere esercitati anche non dinanzi all’emergere di quei presupposti che legittimano le citate forme di intercettazione.

 

Il controllo della corrispondenza – il profilo delle garanzie e la natura dell’atto autorizzativi dell’autorità giurisdizionale.

 

La norma in esame è intervenuta al fine di risolvere l’annosa e prolungata incompatibilità con il disposto costituzionale e convenzionale (Cedu). La Corte Costituzionale, intervenuta con l’ordinanza 293/2004, non ha fornito elementi di dettaglio circa la soluzione di contrasto ante-riforma, sebbene abbia individuato, richiamando due ordinanze del Tribunale di sorveglianza di Napoli6, le ipotesi di garanzia che necessitavano, stante il previgente sistema normativo, di essere imposte per incontrare l’osservanza della norma costituzionale. In particolare, l’ordinanza della Corte, che si conclude con un ordine di "restituzione" degli atti al Tribunale remittente, integra gli aspetti salienti delle questioni di legittimità sollevate: il riferimento è ad un presunto contrasto della norma ante-riforma con gli artt. 3, 15 e 24 della Cost.; in particolare, nella parte in cui non erano prescritti i limiti entro i quali il magistrato di sorveglianza potesse esercitare il potere di limitare il diritto alla tutela della segretezza della corrispondenza e non prevedesse la possibilità per il detenuto di tutelare il proprio diritto nell’ambito di un procedimento giurisdizionale. L’esito della ordinanza in parola assunse una valenza non decisoria, considerando le incompatibilità denunciate superate dal varo di una legge di riforma (la L.95/2004). La attuale previsione del diritto di reclamo, quale strumento di tutela dei propri diritti , introduce una forma di controllo da parte del condannato/internato nella fase successiva del provvedimento autorizzatorio. Rappresenta, pertanto, uno strumento di garanzia che salvaguarda diritti ed interessi del condannato/internato, in punto di diritto, intervenendo sulla motivazione del provvedimento (in base ai presupposti indicati al 1° comma della norma in esame) ed, in punto di fatto, sul percorso valutativo intrapreso dall’autorità competente alla luce di una precedente istanza (la più diffusa fonte di innesco virtuale) ed in particolare sul suo fondamento ai fini della successiva autorizzazione. Il profilo della garanzia assume una valenza ancor più incisiva ove si evidenzi il disposto del 2° comma dell’art.18-ter ove si limita la portata dello strumento di controllo "qualora la corrispondenza epistolare o telegrafica sia indirizzata ai soggetti indicati nel comma 5 dell’art.103 del codice di procedura penale, all’Autorità Giudiziaria e…" ovvero nell’ipotesi richiamata nel comma 7, alla luce del quale "nel caso previsto dalla lettera c del comma 1, l’apertura delle buste che racchiudono la corrispondenza avviene alla presenza del detenuto o dell’internato". A questo punto sorge il dubbio circa la mancata previsione del caso previsto dalla lettera b; pertanto, il visto di controllo potrebbe virtualmente avvenire non in presenza del detenuto o dell’internato.

Note

 

1 Nell’accezione logico-filosofica, la voce "controllo" sta a designare un aspetto dell’agire umano necessariamente secondario ed accessorio, in quanto volto a rivedere o riesaminare o riscontrare un’attività di carattere primaria o principale, G. Berti - L. Tumiati, in Enc. Dir., voce "Controllo", vol.X. In tale contesto assume, altresì, una valenza particolare il fattore tempo quale variabile indicativa del fatto che il controllo stesso costituisce una tipica attività successiva rispetto all’evidenza di quella attività antecedente da riscontrare.

2 In particolare, i diritti inerenti la corrispondenza, sia per la particolare posizione nel contesto costituzionale della norma che li prevede, sia per la qualifica di "inviolabili" ad essi riconosciuta, si pongono, al pari della libertà di domicilio garantita dall’art.14, come un ampliamento ed una precisazione del fondamentale principio di inviolabilità della persona umana sanzionato dall’art.13 Cost., P. Barile – E. Cheli, in Enc. Dir., voce "Corrispondenza (libertà di)", vol.X.

3 Cfr. Corte europea dei diritti dell’uomo Sezione II - Sentenza 28/9/2000; "Carcere duro: i controlli sulla corrispondenza violano la Convenzione dei diritti dell’uomo".

4 Per completezza di trattazione si segnalano i seguenti articoli: "Protocolli operativi in materia di controllo della corrispondenza dei detenuti. La Circolare del Dipartimenti di Polizia Penitenziaria nr.0245732/2004 dd.1.7.2004 detta le modalità concrete di controllo della corrispondenza dei detenuti alla luce della L.95/2004", F. Fiorentin; dello stesso Autore, "A proposito della corrispondenza sottoposta a censura"; "Corrispondenza garantita per i detenuti – Entra in vigore la legge che regola, confermandola agli standard normativi europei, i controlli sulla corrispondenza", tutti rinvenibili sul web site: www.diritto.it; "I controlli sulla corrispondenza dei detenuti", L. Filippi, in Diritto penale e processo, n.10 del 2004.

5 Cfr. art.15 L.354/75.

6 Cfr. ord. n.252 e n.296 dell’11 dicembre 2003; pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.15 e n.16, prima serie speciale, dell’anno 2004.

 

 

Precedente Home Su Successiva