L'On.
Roberto Giachetti, al Ministro della Giustizia
Premesso
che
Risulta
all’interrogante che, da un paio di mesi diversi detenuti in regime di
"41 bis" stanno inviando al Ministro della Giustizia, ai Presidenti
dei Tribunali di sorveglianza, ai magistrati di sorveglianza, etc. una lettera
che recita nel seguente modo:
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"premesso
che il sottoscritto fino ad oggi ha ricevuto n. … decreti di
sottoposizione al regime speciale di cui all’art. 41 bis dell’Ordinamento
penitenziario, l’ultimo in data 24 dicembre 2003; |
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che
i decreti sono immancabilmente motivati dalla presunzione che il suddetto
tuttora intrattenga rapporti con l’associazione criminale alla quale si
ritiene che fosse aderente all’epoca dell’arresto (si confronti il
decreto, laddove si legge che «La permanenza dei collegamenti, in costanza
di detenzione, costituisce dunque una necessità per l’associazione
operante all’esterno, che sa di potere contare su di un proprio affiliato,
anche se detenuto, per ottenere da lui –a seconda del grado– ordini e
direttive, ovvero informazioni ed indicazioni circa la possibilità di
commettere ulteriori reati» ovvero laddove, più avanti, si legge della
«presunzione di persistenza dei collegamenti con il gruppo criminale»); |
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che
il sottoscritto non riesce neppure ad immaginare la maniera di superare una
tale "presunzione", posto che non può dimostrarsi di non fare
qualcosa; |
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che,
d’altronde, la presenza di «elementi tali da far ritenere la sussistenza
di collegamenti con un’associazione criminale» è condizione essenziale,
a norma dello stesso art. 41-bis O.P., per l’applicazione o il
mantenimento del severo regime detentivo; |
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che
in nessun decreto è tuttavia indicata qualche concreta circostanza
indicativa della reale sussistenza di tali rapporti; |
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che,
nonostante i reclami interposti dinanzi all’autorità giudiziaria contro i
decreti applicativi, gli stessi sono stati sempre confermati, in sede di
merito e di legittimità, ricevendo così (almeno fino ad oggi) conferma la
"presunzione di sussistenza dei contatti criminali" sopra
enunciata; |
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che
il solo indiretto contatto con la realtà esterna al carcere si realizza,
per il sottoscritto come per tutti per i detenuti sottoposti al 41-bis, in
occasione dell’unica ora mensile di colloquio con i familiari; |
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che,
nonostante le note modalità del colloquio (che avviene attraverso uno
spesso vetro che divide il sottoscritto dai suoi familiari, impedendo
qualsiasi contatto fisico, e che si svolge "a vista" del personale
di sorveglianza), deve ritenersi che qualsiasi presunto collegamento con l’associazione
criminale operante all’esterno del carcere dovrebbe avvenire –necessariamente
tramite i familiari– in occasione di tale colloquio; |
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che,
infatti, nessuna altra forma di comunicazione con l’esterno è possibile,
posto che la corrispondenza è sottoposta a censura; |
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che
–tuttavia– nell’ennesimo decreto di proroga del regime continua a
leggersi del «pericolo del passaggio di flussi di comunicazione a fini di
ulteriore attività criminale»; |
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che,
quindi, l’unica e rara (considerata anche la distanza del luogo di
detenzione da quello di origine, che impone l’ulteriore rarefazione dei
colloqui, persino oltre il minimo consentito) occasione di incontro con i
familiari –se tale può definirsi quello che avviene alla presenza di
estranei e attraverso un vetro– finisce per essere anche l’occasione (o
il pretesto) perché possano presumersi illeciti contatti con la realtà
criminale esterna, |
il
sottoscritto chiede
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che
il colloquio mensile venga sottoposto ad integrale registrazione audio e
video; |
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che
–cioè– venga registrata ogni parola proferita, e ripreso ogni gesto
compiuto dal sottoscritto e dai suoi familiari nel corso del colloquio
mensile; |
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che
tale registrazione dei colloqui rimanga a disposizione dell’autorità
giudiziaria, ed in primo luogo della magistratura di sorveglianza, affinché
possa verificarsene in ogni momento il contenuto; |
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a
tal fine fin da ora autorizza e consente, trattandosi
di diritto certamente disponibile, e in deroga a qualsiasi norma di legge in
materia, sia la registrazione audiovideo sia il successivo ascolto e visione
di quanto registrato, purché per motivi di giustizia e con divieto di
indebita divulgazione ove non si ravvisassero nei colloqui profili illeciti; |
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a
tale consenso ed autorizzazione aderiscono i familiari del sottoscritto, che
depositeranno copia da loro firmata della presente dichiarazione in
occasione del prossimo colloquio; |
In
definitiva il sottoscritto, purché sia superata l’ingiustificata presunzione
– a tanti anni dalla data del proprio arresto – di contatti con la
criminalità esterna, dichiara di rinunciare alla marginale intimità ed alla
residuale riservatezza dell’unica occasione di "incontro" (sempre
che così possa definirsi) con le persone care che gli è consentita.
Chiede
quindi che alle attuali e già straordinarie forme di cautela e di controllo cui
il colloquio mensile è sottoposto, nessuna esclusa, si aggiunga quella della
videoregistrazione del colloquio stesso. Confidando
nel tempestivo accoglimento della richiesta".
Risulta, altresì, che molti dei detenuti suddetti hanno precisato (nel corso
delle udienze dinanzi ai Tribunali della sorveglianza) che la richiesta/consenso
alla audiovideoregistrazione (così come quella di censura della corrispondenza
e registrazione delle telefonate) deve intendersi estesa all’eventuale regime
detentivo che seguisse alla revoca del 41-bis, fino ad esaurimento delle
ritenute esigenze di sicurezza.
Il
Parlamento Europeo, nella recente «Raccomandazione del Parlamento europeo
destinata al Consiglio sui diritti dei detenuti nell'Unione europea» (2003/2188
INI) è tornato a prendere in considerazione «l'esistenza di regimi di
detenzione speciali, legali o di fatto, (e) ricordando che nei confronti del
regime italiano detto del 41 bis, il Comitato per la prevenzione della tortura
ha manifestato inquietudini, che la Corte europea dei diritti dell'uomo ha
condannato l'Italia per il ritardo con cui il Tribunale di sorveglianza ha
esaminato il ricorso di un detenuto, e che il Gruppo di esperti indipendenti
dell'Unione europea sui diritti dell'uomo ha affermato nella sua relazione
sull'anno 2002 che "nella misura in cui questo regime eccezionale comprende
(...) misure che non presentano alcun nesso con l'obiettivo di sicurezza, è
lecito di interrogarsi sulla compatibilità con l'approccio preconizzato dal
Comitato per la prevenzione della tortura"» (Raccomandazione cit., punto
K);
Ancor
più di recente gli organi di stampa hanno riportato le opinioni espresse dal
Procuratore nazionale antimafia dr. Pierluigi Vigna alla Commissione
parlamentare antimafia, per le quali occorrerebbe accertare (anche ricorrendo al
"pedinamento" dei familiari dei detenuti) se vi siano ancora rapporti
tra i "boss" in carcere e la realtà criminale esterna, e ciò anche
nell’interesse dei detenuti stessi ("Sarebbe utile anche per il detenuto
qualora questa opera di intelligence dimostrasse che i legami con l'esterno non
ci sono più e che ci sono le condizioni per revocare il 41-bis");
Le
sale colloqui di molte carceri di "massima sicurezza" sono già
attrezzate per la videoregistrazione dei colloqui, come risulta da alcuni
decreti di intercettazione ambientale disposti dalle competenti Autorità
giudiziarie.
L’interrogante,
attraverso il ministro interrogato, chiede al governo
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se
risponde al vero quanto sopra anticipato, e cioè che diversi detenuti di
ritenuta spiccata pericolosità per la loro storia giudiziaria e per la
posizione che rivestivano all’interno di associazioni criminale (ed
appunto per questo sottoposti al regime speciale di cui all’art. 41 bis
O.P.) hanno dichiarato e formalizzato la loro disponibilità al
"monitoraggio totale" delle loro (già limitatissime)
comunicazioni con il mondo esterno al carcere; |
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quanti
detenuti, e di quale rilievo, hanno prestato tale consenso; |
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quali
disposizioni ha dato, in merito a tali richieste, il Ministro di Giustizia. |
Roma,
28 maggio 2004
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