Sanzioni e depenalizzazioni

 

Lo Stato non può sanzionare penalmente ogni forma patologica

di Oliviero On. Prof. Diliberto, docente all' Università di Cagliari

 

La strada della depenalizzazione dei reati minori: "Se tutto è penalizzato nulla è penalizzato"

 

E' sempre più avvertita la necessità di un consistente intervento di trasformazione di molti reati in illeciti amministrativi. In tal senso depongono esigenze pratiche di gestione dell'imponente ed oramai, francamente, insopportabile carico giudiziario: istanze particolarmente pressanti dopo il 2 giugno, data nella quale è entrata in vigore dal punto di vista strutturale la riforma del giudice unico. Ma, soprattutto, in tale direzione spinge la necessità di contenere lo strumento penale entro i limiti dell'estrema ratio che rappresenta, al tempo stesso, garanzia della funzione di stigma e di generale prevenzione del sistema penale. E' noto, infatti, come l'inflazione del diritto penale nel sanzionare i comportamenti privi di un disvalore generalmente condiviso a livello sociale, generi pericolosi effetti di indifferenza comportamentale e si risolva paradossalmente in un fattore criminogeno.

Altro perverso effetto del crescente ricorso alla risposta penale è rappresentato dal progressivo snaturamento della stessa essenza della pena, un tempo distinguibile dalle altre sanzioni per la sua incidenza diretta o indiretta sulla libertà personale, oggi di fatto sostituita da forme di esecuzione extracarceraria, un domani probabilmente soppinatata, già in linea astratta di previsione edittale, da forme di esecuzione non detentiva, applicabili immediatamente dal giudice di cognizione. E in tal senso va, per così dire, il trend legislativo degli ultimi anni: si pensi al disegno di legge governativo sulle competenze penali ed il giudice di pace che prevede un ripensamento delle fondamenta dell'apparato sanzionatorio dei reati rimessi alla conoscenza di questo magistrato onorario. In altri termini, il cosiddetto "panpenalismo" dilagante sta già costringendo il legislatore ad un ripensamento dei moduli sanzionatori come contrappeso della sempre più difficile conoscibilità del precetto, inderogabilmente richiesta dalla giurisprudenza costituzionale. Per altro verso, l'abuso dello strumento penale è causa di una paradossale rincorsa tra il progressivo costante innalzamento degli esiti sanzionatori, sul piano sostanziale, e l'allargamento nell'applicazione di strumenti deflativi, sul piano processuale. Non sorprende dunque che tale situazione abbia suscitato forti reazioni anche sul piano strettamente politico come quelle che in sede di revisione della Costituzione spinsero la Commissione cosiddetta Bicamerale, fallita lo scorso anno, a prevedere i principi di offensività e soprattutto il principio, su cui da molti anni si discute, di riserva di codice in materia penale con l'evidente finalità di contenimento della straripante legislazione penale.

E' tuttavia, possibile sin d'ora intervenire sul piano della legislazione ordinaria assicurando per il futuro una più ordinata normazione in materia penale. Importanza emblematica assume a questo proposito la Commissione ministeriale da me insediata sulla riforma del codice penale, presieduta dal prof. Grosso e incaricata proprio di ripensare la più importante e centrali delle leggi penali, appunto il codice. Per il presente, siamo di fronte alla trasformazione, divenuta legge recentemente, come vedremo, di numerose fattispecie dal dubbio disvalore sociale in illeciti amministrativi. Un ruolo di assoluta centralità è, dunque, rivestito dalla legge sulla depenalizzazione dei reati minori definitivamente approvata dalla Camera il 16 giugno scorso, i cui lavori parlamentari sono stati ovviamente seguiti da me e dal ministero con particolare attenzione.

Occorre preliminarmente fugare l'idea che un più ampio ricorso all' illecito amministrativo si risolva in una pericolosa operazione di bagattellizzazione della tutela. Ed infatti l' illecito amministrativo costituisce un archetipo normativo parapenale per la marcata assimilazione della sua parte generale a quella del codice penale. Sul piano dell' effettività, la sanzione amministrativa, seppure sprovvista dello stigma criminale, sortisce un notevole effetto di deterrenza a causa della inapplicabilità, contrariamente alla sanzione penale, di istituti sospensivi, oltrechè in forza del progressivo arricchimento del ventaglio sanzionatorio che va da sanzioni pecuniarie spesso commisurate secondo meccanismi moltiplicatori del profitto realizzato a sanzioni di tipo interdittivo, destinate, in relazione a determinati settori di attività economica, a rivelarsi potenzialmente assai più gravoso rispetto alla pena, soprattutto se pena condizionalmente sospesa o comunque elusa in virtù di meccanismi processuali. Quanto ai contenuti, come noto, la legge rifugge dagli automatismi legati alla semplice entità degli editti sanzionatori cui s'ispirarono i precedenti interventi di natura analoga.

La legge seleziona campi di materie -parliamo appunto di depenalizzazione- bisognosi d'intervento. Il genere di alimenti e bevande, in relazione al quale campo viene però salvaguardato il rilievo penale in alcune fattispecie di pericolo astratto più vicine al momento di lesione del bene giuridico. Inoltre, codice della strada, codice della navigazione, diritto penale tributario, legislazione penale doganale e finanziaria, numerose fattispecie singole del codice penale e della legislazione speciale, delineandone revisione organica nel proposito di conformarle al principio di offensività ed escludendo la rilevanza penale di violazioni che possiedono carattere meramente formale.

Particolare risalto assume la trasformazione in illeciti amministrativi dei reati di emissione di assegni senza autorizzazione e senza provvista, destinata ad esercitare un apprezzabile impatto in termini deflativi e compensata, d'altro canto, dalla previsione di un articolato meccanismo che prevede da un lato l'immagazzinamento in un archivio informatizzato presso la Banca d'italia di notizie relative agli autori delle violazioni in materie di assegni, dall' altro lato la responsabilità solidale della banca trattaria quando questa autorizzi il rilascio di un libretto di assegni ad un soggetto già segnalato per i medesimi illeciti. Tale sistema di natura informativa - sanzionatoria, che coinvolge oltretutto autorevolmente l' organo di vigilanza di controllo del settore creditizio, sembra in grado di conseguire per paradosso un' effettività superiore a quella della disciplina penale attualmente vigente.

Per assicurare una maggiore incisività anche nella prospettiva più complessa di risistemazione complessiva di alcuni settori, la legge ha prescelto lo strumento della delega legislativa. Da qualche parte è stata lamentata una sotanziale disomogeneità nella selezione delle materie e degli spazi d'incidenza. L' articolato disegnerebbe un intervento, per così dire, "a macchia di leopardo", prestando pertanto il fianco ad interventi volti a farvi confluire i contenuti più vari non raramente estranei alla logica della depenalizzazione e rispondenti piuttosto a contingenti istanze politiche.

E' comunque innegabile che una depenalizzazione, come quella che abbiamo pensato, non legata semplicemente al quantum della pena comminata sia più razionale sistema rispetto all' idea di una depenalizzazione legata all'entità della pena che si sarebbe palesata verosimilmente impraticabile, attesa la progressiva perdita di ragionevolezza della risposta sanzionatoria dell'attuale ordinamento, come conseguenza per un verso del mancato adeguamento dello stesso ordinamento all'evoluzione del sistema sociale e, per altro verso, dalla logica emergenziale che in talune specifiche materie determina, per queste sole, inasprimenti sanzionatori oggettivamente sproporzionati in una marcata funzione simbolico-repressiva.

Tra le materie che forse in misura maggiore hanno vissuto il contrasto tra esigenze di deflazione e ragioni repressive vi sono proprio quelle che coinvolgono interessi finanziari dello Stato la cui dimensione sovraindividuale e macroeconomica ha suggerito una cautela particolare del ricorso alla depenalizzazione. Così, per quanto riguarda i reati doganali, si prevede la trasformazione in illeciti amministrativi dei delitti di contrabbando limitatamente ai casi in cui l'ammontare dei diritti di confine non superi sette milioni. La scelta di limitare l'ambito del penalmente lecito rispetto allaproposta quale formulata nei termini originari - si prevedeva all'origine la depenalizzazione secca di tutte le fattispecie di contrabbando - è stata indotta in primo luogo dall'oggettiva importanza della materia.

Al fine poi di evitare vuoti normativi è stato previsto espressamente con riferimento alle violazioni depenalizzate la devoluzione all'autorità amministrativa dei poteri di sequestro e di confisca attualmente previsti dall'art. 301 del T.U.L.D.. Si è, inoltre, voluto escludere dall'area della depenalizzazione la materia del contrabbando dei tabacchi lavorati esteri. Anche qui la limitazione è stata introdotta grazie ad un emendamento del Governo, per la connessione -che credo sia evidente- di questa forma di reato con gravissimi fenomeni di criminalità organizzata, al punto da essere divenuta tra le espressioni più tipiche e più diffuse. Ancora, è scomparsa l'abrogazione presente nel testo, approvato in prima lettura alla Camera, dell'art. 293 del Testo Unico doganale recante un' equiparazione dal punto di vista della pena, tra contrabbando tentato e contrabbando consumato, equiparazione che dunque permane contrariamente alla ipotesi originaria. La peculiarità della materia e le non poche incertezze proiettate sul piano probatorio dal modello della fattispecie delittuoso del contrabbando e la difficoltà distinguere tra delitto perfetto e delitto tentato, anche in questo caso, hanno sconsigliato un intervento di omogeneizzazione, legittimando la permanenza di una deroga ai principi del sistema che imporrebbero la comminatoria di una pena meno grave per i fatti che si arrestino sulla soglia della semplice messa in pericolo dei beni tutelati.

Alterne vicende ha anche subito la norma di cui all'art. 9 in tema di depenalizzazione della normativa penale tributaria che ricalca, anche secondo modifiche di non lieve momento, un disegno di legge d'iniziativa governativa sul punto. L'abnorme proliferazione dei procedimenti penali per reati tributari, gran parte dei quali relativi a fatti di scarsa rilevanza per gli interessi del fisco determina infatti l'esigenza di una generale riscrittura del sistema di repressione penale delle violazioni in materie d'imposte sui redditi e sul valore aggiunto al fine di circoscrivere l'intervento punitivo ai soli fatti direttamente correlati, tanto sul piano oggettivo quanto su quello soggettivo, alla lesione degli interessi dell'erario; la norma dell'art. 9 prevede a tal fine un numero ristretto di tipologie criminose connotate da rilevante offensività di natura esclusivamente delittuosa e sorrette dalle finalità di evasione o di conseguimento di indebiti rimborsi d'imposta. Tale articolo nega, di contro, rilevanza penale alle violazioni meramente preparatorie e formali. Nella specie, l'intervento punitivo è stato focalizzato sul momento della dichiarazione fraudolenta, infedele ed omessa. Affianco alle citate ipotesi delittuose, la proposta contempla l'emissione di documenti falsi diretti a consentire a terzi la realizzazione di fatti di dichiarazione fraudolenta nonché l'occultamento o la distruzione di documenti contabili. L'articolato innova, inoltre, significativamente il panorama vigente ove punisce la sottrazione al pagamento o la riscossione coattiva delle imposte mediante compimento di atti fraudolenti sui propri beni o altre condotte fraudolente.

L'introduzione di soglie di punibilità, infine, mostra il pregio di limitare l'intervento penale ai soli illeciti economicamente significativi. E', peraltro, opportuno segnalare come prima dell' approvazione definitiva, la Commissione Affari Costituzionali della Camera, probabilmente in considerazione del rilievo della oggettiva delicatezza di questa materia, abbia lamentato una eccessiva genericità di criteri di delega, che potrebbe dare adito ad alcuni non lievi problemi. Si tratta di aspetti in parte segnalati anche dalla Commissione Finanze della camera. Tale Commissione ha osservato tra l'altro che la delega, nel fissare le soglie di punibilità, fa riferimento ad una determinata entità di evasione nell'espressione usata dalla delega: il ché potrebbe comportare la reintroduzione della cosiddetta "pregiudiziale tributaria" con conseguente pregiudizievole rallentamento nella celebrazione del processo penale.

Senza entrare nel dettaglio, a ciò si aggiungano le perplessità legate alla scelta di sostituire al vigente meccanismo del cumulo delle sanzioni penali ed amministrative l'operatività del principio di specialità per il caso in cui uno stesso fatto sia punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa. La soluzione prescelta dal Parlamento, con queste raccomandazioni delle Commissioni, si presenta in linea con quanto generalmente stabilito in materia di illeciti amministrativi. Essa mostra tuttavia nel settore penale tributario margini di rischio che andrebbero attentamente valutati. Ciò in primo luogo, perché le norme tributarie disegnano un fitto reticolo di violazioni sanzionate in via amministrativa, onde può facilmente verificarsi, e facilmente si verifica, che taluna di esse venga a trovarsi in rapporto di specialità rispetto a una disposizione penale la quale risulterebbe pertanto soccombente, effetto questo comunque non auspicabile a fronte della preconizzata costruzione delle nuove fattispecie penali in termini d' elevata offensività per gli interessi dell'Erario.

Ma anche nel caso in cui prevalga la norma penale, andrebbe non di meno ponderata la possibilità che l'esclusione dell'applicabilità della sanzione amministrativa paradossalmente ridondi concreto a favore del reo, tenuto conto anche del modo di commisurazione delle sanzioni amministrative come multipli delle imposte evase. Ciò rende questa risposta sanzionatoria, di natura amministrativa, particolarmente deterrente a fronte di una pena che sarebbe invece verosimilmente e condizionalmente sospesa, anche grazie alla possibilità di nominare - espressione ormai entrata nel gergo comune anche del legislatore- le cosiddette "teste di legno" alla carica di amministratore, così da eludere l'impossibilità di godere più volte della medesima sospensione condizionale della pena. In conclusione, l'intervenuta approvazione del provvedimento, in uno o con altri significativi interventi in materia di giustizia penale all'esame del Parlamento, competenza penale del giudice di pace e riforma del processo dinanzi al giudice monocratico, credo possa contribuire a disegnare un sistema di giustizia penale più ragionevole nelle sue dimensioni ed efficiente nel conseguimento dei risultati.

Se tutto è penalizzato nulla è penalizzato: rapporto tra pena e forma patologica.

Noi abbiamo varato, appunto, questa legge sulla depenalizzazione, legge cauta, qualcuno ha detto "timida depenalizzazione", diciamo una legge che inizia una strada, apre un percorso, traccia una direzione nella quale il legislatore, il Parlamento ed il Governo si stanno incamminando e, cioè, evitare che la sanzione penale, illusoriamente, possa coprire ogni forma patologica della società. Ma, se da una parte stiamo depenalizzando con una legge, eserciteremo la delega nei termini più brevi possibili, dall' altra parte, contestualmente, ogni qualvolta si avverte appunto una qualunque patologia nella nostra società, vi sono nuove proposte di legge che introducono nuove figure penali in tutti i settori della società.

A questo proposito, voglio finire con un' annotazione di carattere personale, che forse può chiarire anche un ormai annosa vicenda in tema di depenalizzazione che ci ha visto protagonisti, nel senso del Governo. Nell' ambito della depenalizzazione, nel corso di un convegno, mi era capitato di dire che trovavo per certe attività, oggi previste come illeciti penali, più efficace, sul piano sanzionatorio, una sanzione amministrativa, soprattutto perché, un ventaglio, una fantasia sanzionatoria nel campo amministrativo è più facilmente applicabile ed è più efficace di molte sanzioni penali che rimangono sulla carta. Feci incautamente -me ne rendo conto- l'esempio del maltrattamento degli animali. Feci l'esempio dicendo che il nostro codice prevede una fattispecie "maltrattamento di animali" con una sanzione penale e che, a mio modesto modo di vedere, sarebbe stata assai più efficace dal punto di vista sanzionatorio per colpire coloro che maltrattano animali, non per dargli un premio, una sanzione amministrativa applicata con fantasia, come quella di far trascorrere a colui che fosse riconosciuto colpevole del maltrattamento, i propri fine settimana per qualche mese al canile municipale ad accudire i cani randagi.

Dal punto di vista sanzionatorio, ciò sarebbe stato più efficace che avere una pena pecuniaria dopo chissà quanto tempo, tra l'altro anche in linea con l'intento rieducativo della pena che la Costituzione assegna alla medesima. Questo esempio -che feci appunto come exempli grazia- ha suscitato un vespaio di polemiche, ma che ritengo utile come chiave di lettura del tema della depenalizzazione e di come, per esempio, le associazioni encomiabilmente si occupano della protezione degli animali: io vivo con due gatti non maltratto gli animali, mi piacciono.

Si ritiene che soltanto la sanzione penale abbia un'efficacia deterrente e un reale peso punitivo. In altri termini, si ritiene, che depenalizzare e dunque spostare dall'illecito penale all' illecito amministrativo una qualunque fattispecie significhi gerarchicamente sotto ordinarla. Per cui, qualunque settore della vita umana, ove si presenti una forma di patologia rispetto a quello che viene ritenuto dalla norma, deve avere un'astratta previsione penale. Questo è tipico di una società non sana, laddove si ritiene che lo Stato debba reagire con sanzione penale per qualunque forma patologica.

Una società in crisi non ha risposte di altra natura se non quelle penali, ma, in quanto tutto è penalizzato nulla è penalizzato. E, dunque, la sanzione penale -magari altissima- di fatto non esercita più la deterrenza che dovrebbe avere e che è giusto che abbia - e magari non viene applicata in modo concreto. Viceversa, io sono un convinto assertore del cosiddetto diritto penale minimo: con questo non si ritiene che non si debba avere diritto penale, non avere sanzioni, non avere la reazione dello Stato ai disvalori. Si ritiene, viceversa, col diritto penale minimo, che proprio il fatto di restringere l'intervento penale alle fattispecie che vengono riconosciute come gravi dalla coscienza sociale, dalla collettività, questo abbia un'efficacia. Altrimenti, tutto ciò che è penale va ad ingolfare -ed è praticamente quello che vediamo oggi- i tribunali e di fatto non porta ai risultati sperati, per le prescrizioni, che sono ormai prassi corrente, per il fatto che se da un lato si vuole un processo cosiddetto "giusto", con il contraddittorio, con la parità tra accusa e difesa e quant'altro, questo si può fare solo per pochi processi e non certamente per le centinaia di migliaia che affollano le cancellerie.

Dunque, la via imboccata è ancora di cauta depenalizzazione: cauta perché la coscienza percepisce la depenalizzazione ancora come un fatto da prendere con le pinze. Lo percepisce come un abbassamento di tutela e, quindi, per evitare l'episodio della depenalizzazione del maltrattamento degli animali che è rimasto penale, ma che evidentemente sortisce effetti assolutamente astratti e non concreti, bisognerà fare una battaglia ideale e culturale nel paese, molto difficile, ma, credo, l'unica possibile per fare percepire all'opinione pubblica, senza il cui consenso non si può fare nessuna riforma, che quando s'intraprende la strada della depenalizzazione, non si sta abbassando la guardia ma, viceversa, si dà una risposta spesso più efficace a comportamenti che non sono gravemente lesivi degli interessi collettivi. D'altra parte, ciò consente di concentrare le Forze dell'ordine e la magistratura nell'attività di contrasto a quei fatti criminosi, che richiedono una sanzione penale, la più forte e la più efficace, perché tutto quello che guadagniamo in superficie lo perdiamo in profondità.

E, dunque, credo che la via della depenalizzazione sia, sul piano razionale e su quello della utilità pubblica, la via vincente. Ci vorranno ancora anni, un'infinita pazienza, una grande tenacia e la costruzione paziente di un consenso razionale non emotivo rispetto a questa riforma.

 

 

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