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Forse questa volta siamo al traguardo
Il noto adagio dice: "Non dire quattro
fin che non l’hai nel sacco", ma questa volta, salvo imprevisti, la
situazione politica e parlamentare è tale d’aver maturato la sofferta
decisione di risolvere, nei limiti del possibile, la penosissima
condizione del nostro sistema penitenziario sovraffollato come mai prima
d’ora era avvenuto: 58mila presenze su 42 mila posti. La detta sospensione è concedibile una sola volta, sono esclusi i
reati più gravi ed allarmanti, è concessa d’ufficio, è subordinata ad
una serie di prescrizioni che se violate comportano il ripristino del
carcere da parte del Magistrato di Sorveglianza, in caso contrario, la
pena è dichiarata estinta. Vale la pena di sottolineare che tutti o quasi tutti i disegni di
cui sopra, sono di deputati; che il Governo è rimasto inattivo; che il
secondo potrebbe non ottenere la maggioranza qualificata di 2/3 richiesta
dall’art. 79 Cost. novellato nel 1992; che il ministro si è dichiarato
contrario, (per altro rimettendosi al Parlamento); che il primo progetto,
a differenza del secondo, può essere approvato a maggioranza semplice
perché l’art. 79 sopra citato parla solo di “amnistia ed indulto”. La
novità sta proprio qui: la sinistra, allo scopo di sbloccare
la situazione e neutralizzare l’effetto paralizzante dell’art. 79, per
la prima volta ha "inventato" un nuovo istituto, quello della
sospensione condizionale e generalizzata delle pene non superiori a tre
anni. Si aggiunga che la motivazione dell’emanando provvedimento
Bueni,
esclude esplicitamente trattarsi di atto clemenziale, per nulla
giustificato dalla situazione sociale attuale tutt’altro che tranquilla. Infatti, non è il caso di farsi illusioni, perché il
sovraffollamento resterà, anche se attenuato, entro un anno al massimo la
situazione sarà tornata ai livelli attuali, mentre per realizzare il
piano edilizio straordinario che il ministro dovrebbe presentare entro
gennaio, in forza dell’art. 5 legge 259/2002, occorreranno alcuni anni. Concludendo, in estrema sintesi, tre sono le correnti di pensiero
che in materia emergono e si fronteggiano in sede politico-parlamentare,
resta fermo che nessuno parla di atto di clemenza. Fortunatamente la proposta non è passata, altrimenti sarebbe stato
inferto un colpo mortale alla Riforma del 1975.
A parte il Servizio Sociale non ancora strutturato in modo da
reggere un carico di lavoro del genere sia per il controllo che per
l’aiuto, deve essere chiaro che usare le misure alternative per
alleggerire il carcere, sarebbe un errore che determinerebbe la rinuncia
definitiva alla rieducazione, alla osservazione della personalità, al
trattamento individualizzato. Sono questi principi cardine irrinunciabili, che devono essere
difesi a oltranza, costi quel che costi, se non vogliamo buttare a mare
gli ultimi 25 anni di duro lavoro. La terza, minoritaria,
giustizialista, sostenuta da AN e Lega (che
peraltro saggiamente lasciano libertà di voto ai loro deputati) è
contraria a qualsiasi provvedimento. Tale presa di posizione è
incomprensibile sul piano storico ed umano e profondamente ingiusta in
diritto, perché:
Parole profetiche riprese dalla Corte Costituzionale con la sent. 26/1999 che, fulminando l’art. 35 legge 354/75 per la mancanza di strumenti a difesa dei diritti dei detenuti, cosi privi di tutela giudiziaria, ha scritto che devono essere salvaguardati quei "diritti non temporaneamente compresi con effetto della pena" e che "la dignità" della persona è protetta attraverso il bagaglio degli inviolabili diritti dell’uomo che anche il detenuto porta con se lungo tutto il corso dell’esecuzione...". Spiega la Corte che il detenuto e’ esposto al possibile pericolo di abusi e pertanto la vigilanza deve essere rigorosa.
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