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L'esperienza del Cantone Ticino sull'affettività in carcere (Relazione tenuta dal dott. Serafino Privitera il 5 maggio 2004 all’Università di Brescia, Facoltà di giurisprudenza, Dipartimento di scienze giuridiche, Corso di criminologia)
Cenni di storia di diritto penale svizzero
In questa breve relazione mi propongo di dare qualche cenno sulla nascita del codice penale svizzero, continuare con il diritto penitenziario e le autorità competenti in materia esecuzione penale per infine concludere con un approfondimento sull’affettività al penitenziario del cantone Ticino "La Stampa". Riconosco di trovarmi in una sede universitaria quindi cercherò di essere quanto più scientifico possibile, ma dall’altro non nascondo i miei interessi per una certa - lasciatemelo dire - "cultura carceraria" di ampio respiro, con il rischio di sembrare dispersivo. Ma voi come studiosi del fenomeno criminale siete coscienti dell’importanza che riveste per la sua comprensione la cultura di una società nel suo complesso e quindi mi perdonerete l’eventuale dispersività. Il primo codice penale svizzero unificato risale al 1937 con l’entrata in vigore cinque anni più tardi, 1° gennaio 1942. Cinque anni dopo perché i Cantoni potessero disporre del tempo necessario ad adeguare le proprie strutture e legislazioni cantonali all’unificazione del nuovo codice. Prima della sua entrata in vigore ogni Cantone si ispirava al proprio codice penale cantonale. I cantoni gelosi della propria autonomia e libertà anche in campo penale erano contrari a questa unificazione delle proprie legislazioni penali in un unico codice. Lo stesso cantone Ticino si opponeva, lo considerava poco incisivo sul piano della lotta alla criminalità, troppo umano poiché vi si contemplava l’abolizione della pena di morte. Anche la Svizzera d’allora risentiva di quella sensibilità dell’opinione pubblica che tanto influsso ha avuto nell’evoluzione dei sistemi punitivi dei paesi europei. Già nell’unificazione dei codici penali cantonali in un unico codice si nota come la Svizzera nella sua evoluzione storica manifesti quello spirito di indipendenza che permane nel tempo ed è tuttora presente. Faccio l’esempio della Costituzione elvetica che nonostante è unica per tutti i cantoni questi mantengono le proprie costituzioni cantonali. Quindi in svizzera sono presenti 26 costituzioni cantonali e una federale. La procedura penale con la modifica costituzionale entrata in vigore il 1° aprile 2003 è di competenza della Confederazione. Per il momento in via transitoria rimangono in vigore i singoli codici di procedura penale cantonali, attualmente 26 procedure penali alle quali si aggiungono le tre federali. Procedura penale federale, procedura penale militare e diritto penale amministrativo. Un Messaggio è in discussione alle Camere federali sull’unificazione delle procedure in un unico codice di procedura penale federale, "De 29 à l’unité". La storia della Svizzera segna anche le sue istituzioni, o meglio le istituzioni svizzere risentono della nascita della confederazione nella forma che conosciamo. La sua storia ne ha determinato la sua struttura di forma di stato debole sul piano della sua organicità, forte sul piano della libertà dell’individuo. Occorre però ricordare che sia le costituzioni cantonali sia le procedure penali si attengono e si ispirano ai principi delle Convenzioni europee in materia di rispetto dei diritti fondamentali del cittadino. Il primo codice penale svizzero nasce per opera del prof. Carlo Stoos incaricato dal Consiglio Nazionale di redigerlo. Ha una lunga gestazione dal 1894 al 1942 data della sua entrata in vigore. Da allora il codice penale svizzero subisce alcune revisioni che risentono dell’evoluzione del pensiero europeo in materia di diritto sanzionatorio. Ricordo l’importante revisione del 1971 che ha introdotto l’istituto della semilibertà, delle pene paradetentive tipo la semiprigionia, giorni separati, l’introduzione di nuovi articoli sull’educazione dei giovani adulti persone che hanno compiuto 18 anni e non ancora 25, lo stralcio degli articoli relativi ai diritti civici in base ai quali il detenuto non poteva esercitare il diritto di voto. In questa revisione il diritto penale svizzero viene rivisitato ed assume un carattere più umano. Il trattamento del condannato ad una pena privativa della libertà diviene più umano e dignitoso. Il diritto penale come espressione di una società che evolve nel tempo e fa propri determinati valori e sensibilità verso le persone che hanno commesso reato. L’ultima importante revisione è quella iniziata nel 1983 con incarico al prof. Hans Schultz il quale nel 1987 presenta il suo progetto di modifica della parte generale del codice penale svizzero, varato dalle Camere federali nel 2002 e che entrerà in vigore agli inizi del 2006. Un diritto penale modificato che vedrà dei profondi cambiamenti nella concezione generale del diritto penitenziario. La prevalenza verrà data alle pene alternative alla detenzione, pene pecuniarie max. 360 tassi giornalieri, lavoro di pubblica utilità. Verrà mantenuta la semiprigionia sino ad un anno, considerata la sospensione parziale della pena, "sursis partiel". Gli stessi istituti di pena verranno suddivisi in carceri chiusi e carceri aperte. Di norma la pena verrà scontata in carceri aperti.
Diritto penitenziario in particolare del cantone Ticino
La Confederazione Elvetica, di riflesso il Cantone Ticino, si inserisce in un contesto e movimento d’ idee europee e internazionali che tende ad una politica e ad un regime penale il meno rigido possibile e ad un trattamento umano e dignitoso - se mi si passa l’esempio - inteso in senso kantiano. "Le pene devono essere eseguite in modo da esercitare sul condannato un’azione educativa e da preparare il suo ritorno alla vita libera." (art. 37, comma 1, Codice penale svizzero). La revisione pur mantenendo fermo il principio del rispetto della dignità umana del condannato abbandona quello di trattamento poiché considera e rivaluta il concetto di responsabilità individuale. "La dignità umana del detenuto o collocato dev’essere rispettata...L’esecuzione della pena deve promuovere il comportamento sociale del detenuto, in particolare la sua capacità a vivere esente da pena." (art. 74 e segg, Revisione Codice penale svizzero). Per raggiungere questi fini la Confederazione invita i Cantoni a dotarsi di strutture per l’esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza adatte ai tempi moderni, alle Convenzioni internazionali e alle Raccomandazioni del Consiglio d’Europa (Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo; Regole Penitenziarie Europee, ecc.).1 L’ esecuzione delle sanzioni, come anche la costruzione degli stabilimenti penitenziari, sono di competenza dei Cantoni (Costituzione federale, art. 123; Codice penale svizzero, art. 382 e segg.). I Cantoni hanno anche la possibilità di stipulare, come già hanno fatto, accordi intercantonali sia per l’esecuzione, sia per la costruzione di istituti di pena (Concordato della Svizzera nordoccidentale e centrale; Concordato dei Cantoni Romandi e del Ticino; Convenzione della Svizzera orientale). L’esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza per gli adulti nel Cantone Ticino è regolata dalla relativa Legge del 2 luglio 1974 e Regolamento del 23 novembre 1978. Per l’esecuzione di determinate misure di sicurezza, o in via generale anche di sanzioni penali, può far stato il Concordato Romando del 22 ottobre 1984, un accordo intercantonale tra i Cantoni di lingua francese e il Cantone Ticino. Secondo il Codice penale svizzero2 il Cantone deve incaricarsi della costruzione di strutture adatte a fare eseguire pene di reclusione (reclusione perpetua o da uno a venti anni), detenzione (tre giorni sino a tre anni) e arresti (un giorno fino a tre mesi), nonché istituti per l’esecuzione delle misure di sicurezza per anormali mentali, alcolizzati e tossicomani. Inoltre dare la possibilità ai "giovani adulti", secondo quanto prevede l’art. 100 bis, Codice penale svizzero, di scontare misure di sicurezza sotto forma di educazione al lavoro. Infine adibire degli istituti per imputati, persone per le quali è in corso un’ indagine per eventuale commissione di reato. La revisione del codice prevede una pena unica detentiva da 6 mesi a 20 anni o a vita oltre le misure di sicurezza e le pene alternative alla detenzione. L’esecuzione delle pene si possono suddividere in pene di lunga durata e pene di breve durata. Le prime si inseriscono nel cosiddetto regime progressivo dell’esecuzione della pena (artt. 37 e 38 CPS), attraverso il quale il detenuto deve essere progressivamente "recuperato" alla società. E questo mediante una serie di possibilità che gli si presentano nel corso dell’esecuzione della pena privativa della libertà. Questo regime progressivo verrà abbandonato nella nuova versione del codice penale poiché definito troppo meccanicistico e superato dall’evoluzione che nel frattempo si è registrato nella concezione della punizione e nelle modalità d’esecuzione delle sanzioni. Attualmente il condannato può, dopo aver scontato un terzo della pena, ottenere un primo congedo di una determinata durata (12 ore) che va ad aumentare progressivamente nel tempo (max. 54 ore), a metà pena la semilibertà (art. 37, comma 3 CPS), quindi una maggiore libertà e responsabilità ed infine a due terzi della pena ottenere la liberazione condizionale (art. 38, comma 1 CPS). Il nuovo codice prevede la concessione della liberazione condizionale già a metà pena, mentre le relazioni con il mondo esterno saranno agevolate. Per quanto riguarda il Penitenziario cantonale "La Stampa" 3 e varie sezioni situate in altre località del Cantone, occorre precisare quanto segue. Al Penitenziario cantonale "La Stampa" si eseguono pene di lunga durata di reclusione e detenzione superiore a tre mesi; all’interno vi ritroviamo anche una sezione adibita a istituto preventivo e un’ altra alla custodia cautelare e all’ esecuzione delle pene femminili. Le pene di breve durata, pene paradetentive: arresto, max. tre mesi; sempiprigionia, max. sei mesi o fino ad un anno; giorni separati (pena di fine settimana), max. quattordici giorni, come anche l’esecuzione della semilibertà, vengono eseguite in una sezione "aperta" (Sezione di fine pena), cioè dove sussiste una maggiore possibilità di movimento e responsabilità da parte di colui che sconta una delle pene citate. Questa sezione si trova all’esterno del perimetro di sicurezza dell’istituto di pena "La Stampa". Lo stesso anche per le donne che devono eseguire pene di breve durata, come anche la continuazione della pena sotto forma di semilibertà o in regime di fine pena. Un’ altra piccola sezione per l’esecuzione di pene di breve durata (semiprigionia max. dodici mesi) è situata a Taverne/Torricella, sede della Sezione esecuzioni penali e misure di sicurezza. Le pene di breve durata (arresti, semiprigionia) prevedono un largo margine di libertà e si scontano di regola in stabilimenti separati da quelli previsti per pene di lunga durata. Permettono di lavorare all’ esterno dell’ istituto e quindi di continuare a mantenere il proprio posto di lavoro e di trascorrere in istituto il periodo di tempo libero e di riposo. Le Pretoriali di Bellinzona, Mendrisio e Locarno sono adibiti a istituti preventivi e a partire dal 1° gennaio 1994 a celle di sicurezza sotto la gestione della polizia cantonale, come quelle di Chiasso, Lugano, Airolo. Vengono utilizzati più che altro alla custodia cautelare immediata, subito dopo l’arresto e vi si rimane, in linea di massima, sino all’ ultimazione dell’ inchiesta. L’esecuzione delle pene e delle misure per gli anormali mentali e alcolizzati avviene in una sezione dell’ istituto neuropsichiatrico di Mendrisio, se non sussiste pericolosità sociale, in caso contrario in penitenziario; mentre le misure per tossicomani possono essere eseguite o nell’istituto specializzato di Centres Le Levant, Cantone Vaud, o per il Ticino, Villa Argentina e il Gabbiano. Infine il Codice penale svizzero, art. 100 bis, prevede l’esecuzione della misura per giovani adulti, persone che hanno compiuto gli anni 18 e non ancora i 25, che possono essere collocati in una casa di educazione al lavoro. In questo specifico caso, in virtù dell’ accordo intercantonale coi Cantoni Romandi, e tenuto conto che il Cantone Ticino è sprovvisto di simili strutture, le autorità cantonali che sovrintendono all’ esecuzione delle pene e delle misure nel Cantone Ticino (Consiglio di Vigilanza, Dipartimento delle istituzione, Sezione esecuzione delle pene e delle misure) possono fare eseguire la misura d’ educazione al lavoro nell’ istituto di Pramont, Cantone Vallese. Con l’ entrata in vigore, dal 1° maggio 1990, dell’Ordinanza 3 sul Codice penale svizzero, art. 3a e varie modifiche, il Cantone, con il consenso del condannato, può fare eseguire pene privative della libertà di una durata massima di tre mesi sotto forma di lavoro di utilità pubblica. Quattro ore di lavoro corrispondono ad un giorno di privazione della libertà. Minimo bisogna prestare dieci ore di lavoro di utilità pubblica alla settimana. Un’altra modalità d’esecuzione con l’ accordo della persona condannata, a partire dal 1° settembre 1999, è quella agli arresti domiciliari mediante Electronic Monitoring, possibile sia per condannati all’ ultima fase d’ esecuzione pena, semiliberi (1 - 6 mesi) sia come pena di breve durata (20 giorni - 12 mesi). Questa modalità autorizzata per il momento a titolo sperimentale dal Consiglio Federale in base all’art. 397, c. 4 Cps vede coinvolti oltre al cantone Ticino altri cantoni svizzeri, Basilea Città e Campagna, Berna, Vaud e Ginevra.
Competenze in materia esecuzione delle sanzioni
a) durante la fase dell’inchiesta le competenze in materia di permessi, telefonate, visite, corrispondenza spettano al magistrato inquirente, art. 40 e segg. Rep; b) durante l’esecuzione della pena sono di competenza del direttore del carcere: telefonate, visite, corrispondenza, congedi accompagnati sino a 8 ore, pacchi, art. 71 e segg. Reg. pen.. Mentre lo sono della Sezione esecuzione delle pene e delle misure - un’istituzione amministrativa dello stato: congedi e semilibertà per pene sino a tre anni, art. 79, c. 2 Reg. pen. e art. 6, c. 2 Rep; del Dipartimento delle istituzioni - un’istituzione governativa: autorizzare congedi e semilibertà per pene superiori ai tre anni, art. 79, c. 2 Reg. pen. e art. 6, c. 1 Rep. Spettano al Consiglio di vigilanza - direttore del Dipartimento delle istituzioni, presidente del Tribunale penale cantonale, procuratore pubblico generale: preavviso sulle istanze di semilibertà per pene superiore ai tre anni (art. 4a, c. 1, lett. a Rep), concedere e revocare la liberazione condizionale, decidere sull’internamento e cessazione della misura di sicurezza, decidere la sospensione del condannato straniero espulso, art. 339 C.p.p.. Mentre lo sono della Camera dei ricorsi penali le istanze di ricorso contro il Consiglio di vigilanza, art. 341 C.p.p.; infine del Tribunale federale i ricorsi respinti dalla Camera dei ricorsi penali; c) la sorveglianza dello stato di detenzione è di competenza della Commissione di sorveglianza delle condizioni di detenzione, una commissione di sette membri che fanno parte del Parlamento cantonale (art. 25, Legge sul Gran Consiglio e sui rapporti con il Consiglio di Stato del 17 dicembre 2002). Questa commissione nasce sulla falsariga del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani e degradanti (CPT);
Affettività in carcere
Friedrich Nietzsche affermava che la delinquenza richiede tanta energia e ricordava tutte le istituzioni delegate alla soluzione del problema criminalità, dal giudice, al poliziotto agli educatori (Nietzsche, Umano troppo umano, II, 186). Oggi aggiungeremmo soluzione del problema affettività in carcere. Ma Nietzsche andava oltre e con le sue solite provocazioni, pur di risolvere il problema criminalità, ci sfidava, proponendoci di "eliminare dal mondo il concetto del peccato e di spedirgli subito appresso il concetto della pena (Nietzsche, Aurora, 202)". Oppure prediceva il futuro delle democrazie avanzate le quali avrebbero potuto permettersi delle libertà anche in campo penale, come nella realtà è avvenuto. "Crescendo la potenza e l’autocoscienza di una comunità anche il diritto penale va sempre mitigandosi. Via via che è divenuto più ricco, il creditore si è fatto sempre più umano: alla fine l’entità dei danni che egli può sopportare senza soffrirne è persino la misura della sua ricchezza. Non sarebbe inconcepibile una consapevolezza di potenza della società, in cui essa potesse concedersi il più nobile lusso che per lei esista - lasciare impuniti i suoi offensori (Nietzsche, Genealogia della morale, II,10)". Dall’altro senza giustificare la criminalità bisogna anche ammettere che non avremmo potuto avere grandi artisti, poeti che si sono cimentati con quell’aspetto dell’essere umano che a noi può apparire crudele ma che da loro è stato considerato un aspetto determinante per la crescita dell’essere umano verso il bene. Nel suo saggio "Congetture sull’origine della storia" Immanuel Kant sostiene che il percorso verso il bene purtroppo deve tenere conto anche del male presente nell’essere umano. O lo stesso Dostoewskij nei "Ricordi della casa dei morti" là dove afferma "ognuno converrà che vi sono alcuni delitti che sempre, ovunque e con qualsiasi legge, dacché esiste il mondo, sono stati considerati delitti e tali saranno considerati finché l’uomo sarà uomo. Soltanto in carcere ho udito il racconto degli atti più orrendi, più contro natura, degli assassini più atroci, fatti con un sorriso fanciullesco, allegro, non trattenuto". Ma nonostante questo lo scrittore russo invitava a trattare i delinquenti in maniera umana. "Sì, un trattamento umano può riumanizzare anche colui nel quale si è da molto tempo ottenebrata l’immagine di Dio. " La intendeva forse così la criminalità e l’essenza più profonda dell’animo umano lo studioso Enrico Ferri nel suo studio "I delinquenti nell’arte" studio ormai dimenticato in qualche biblioteca e che può interessare solo qualche appassionato. Dopo aver letto questo studio come appare affascinante rileggere "L’Inferno" di Dante, come più profondo rileggere i tragici greci, Shakespeare, Dostoewskij. Ma veniamo al discorso sull’affettività in carcere che non può isolarci a qualche cenno sulla storia delle istituzioni carcerarie e penitenziarie. In questa storia dopotutto rientrano anche le istituzioni presenti nel cantone Ticino, all’ideologia che ha dato vita in tutta Europa a questa nuova forma di sanzionare i reati, mediante la privazione della libertà, bene unico e inviolabile per poter realizzare se stesso nella sua totalità di uomo e persona umana. Il carcere è assurto all’unica forma punitiva per eccellenza anche per quei popoli aborigeni contrari a questa forma di punizione. Possiamo suddividere il percorso della nascita delle istituzioni penitenziarie in tre tendenze ideologiche che ne hanno determinato e la nascita e il continuo persistere nel mondo moderno. Queste tre tendenze possiamo brevemente riassumerle in a) spiegazione socioeconomica della nascita del carcere (lettura marxista: Rusche-Kirchheimer con tutti i filoni che ne sono seguiti penso agli studiosi italiani Melossi-Pavarini e in parte lo stesso Ignatieff); b) spiegazione da un’ottica di analisi del potere statuale del carcere (penso uno per tutti, forse il maggiore di questo genere, Michel Foucault); c) in ultimo la spiegazione che il carcere nasce con profondi influssi religiosi. Non nascondo che delle tre prediligo quest’ultima analisi, combinata anche in parte con le altre due. I penitenziari nel corso della storia in particolare a partire dalla metà dell’800 subiscono influssi sia economici sia sociali con una accentuata presenza del fenomeno religioso. Il trinomio cultura, lavoro, preghiera li ritroviamo alle origine del penitenziario e sono vivi tutt’oggi in altre forme. Ricordo brevemente il Rasphuis di Amsterdam (1595), nato in epoca mercantilistica, il carcere di San Michele a Roma (1704) voluto da Papa Clemente XI, quello di Gand in Belgio del 1773. O a tutti quelli nati a seguito l’influsso di Cesare Beccaria o del filantropo John Howard che ricavò la sua concezione del penitenziario dall’ascetismo protestante olandese e dalla tradizione monastica cattolica, ma fu anche influenzato dalla filantropia olandese. Penso all’influsso di Jeremy Bentham e al suo carcere panopticon riscoperto da quel Michel Foucault che predilige l’analisi del carcere come esercizio del potere dello stato. Ai sistemi filadelfiano e auburniano voluti dalla setta dei Quaccheri alla fine del ‘700 inizi ‘800 per ovviare alla pena capitale contraria allo spirito cristiano. Pensiamo a Tocqueville (Du Systéme penitentiaire aux Etats-Units et de son application en France, 1833) che su proposta del governo francese si reca negli Stati Uniti d’America per studiarvi il sistema penitenziario per ritornare in Francia e presentare le sue proposte che avvieranno quel dibattito che porterà il governo francese ad optare per il sistema auburniano. Lo stesso faranno altri stati europei al momento in cui dovettero decidere quale sistema punitivo adottare che rispecchiasse le società liberali nascenti a seguito la Rivoluzione Francese del 1789. Penso alla nascita in Inghilterra del penitenziario di Pentonville (1842), in Svizzera, Lenzburg, quello stesso di Lugano (1874), in Italia per fare dei nomi quelli di Regina Coeli a Roma, San Vittore a Milano. Tutti a sistema panottico. Infine al sistema Crofton della metà dell’800 definito comunemente sistema progressivo che ridava speranza al condannato che voleva redimersi e che è il sistema ancora oggi in auge nei paesi europei. Giustamente lo studioso Domenico Schiappoli scriveva: "Il sistema della prigionia, escogitato dal diritto canonico, passò nelle varie legislazioni penali ed è la base del nostro sistema penitenziario, con la differenza che, mentre il diritto canonico voleva che il reo espiasse la sua colpa con la mortificazione della carne e con la preghiera, il diritto attuale mira alla rigenerazione del condannato mediante il lavoro." (Diritto penale canonico, in Enciclopedia del diritto penale italiano, 1905, vol. I, pag. 625). Le categorie del lavoro e della disciplina come idealismo da perseguire e realizzare nella nuova società emergente e in parallelo sperimentarli all’interno degli istituti di pena che si vogliono edificare nei paesi europei. Questo combinato con un miscuglio di filantropismo umanitario e religioso doveva essere il sistema punitivo dei tempi moderni. Questo breve excursus per introdurre il tema dell’affettività tanto influenzato da queste correnti ideologiche in particolare di costume e cultura religiosa cattolico e protestante. In Svizzera, in particolare nel Cantone Ticino, si è realizzato un sistema penale diversificato che favorisce l’affettività all’esterno del carcere, ma che l’agevola, in senso intramurario, anche per quei casi che per motivi legati alle condizioni del tipo di criminalità non possono essere favoriti quelli extramurari. Questa modalità rimane anche per il nuovo codice penale, anzi vengono agevolati i permessi esterni perché si privilegeranno nei limiti più estensivi possibile l’esecuzione delle pene in carceri aperti come si esprime l’art. 76 e segg., Rev. cps. In Svizzera come ho detto l’esecuzione delle sentenze che vengono emanate dai tribunali penali cantonali sono di competenza dei Cantoni, art. 123, comma 3 della Costituzione federale e artt. 374, c. 1, 382 e 383 del Codice penale svizzero. Lo stesso per l’organizzazione dei tribunali e l’amministrazione della giustizia. I Cantoni usufruiscono di un ampio margine di manovra in tema di esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza. Indirettamente la Confederazione può influire sull’esecuzione delle pene, affinché queste avvengono a norma di legge e secondo i parametri del Consiglio d’Europa, al momento in cui viene sollecitata a sovvenzionare la costruzione degli stabilimenti di pena (art. 123, c. 2 CF), o quando è chiamata ad approvare progetti pilota in campo esecuzione penale e misure di sicurezza. Questo sistema esecuzione penale di tipo cantonale ha comportato che i Cantoni, di propria iniziativa, tra la fine degli anni ‘50 e gli inizi degli anni ‘60, varassero delle norme comuni nel settore dell’esecuzione delle sanzioni, firmando delle convenzioni intercantonali che vengono a colmare la lacuna esistente a livello di legislazione della Confederazione e quella dei Cantoni. I Cantoni attraverso questi accordi si sono dati una politica comune in campo esecuzione penale, ovviando sul piano dell’effettività la costruzione per i Cantoni di parecchi istituti sia per l’esecuzione di pene privative della libertà sia di strutture indirizzate a diverse categorie di condannati che si trovano a scontare forme diverse di sanzioni. Questi accordi si riducono a tre: Concordato svizzera centrale e nord-ovest al quale aderiscono 11 Cantoni; Concordato svizzera orientale, 8 Cantoni; Concordato romando, 7 Cantoni e si propongono di armonizzare l’esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza, come anche di utilizzare in comune alcuni istituti, ripartendone i costi. Per esempio le autorità competenti all’esecuzione di questi accordi (per il Ticino e i Cantoni di lingua francese: Conferenza romanda, Commissione concordataria, Commissione romanda di patronato) prendono decisioni riguardo l’ammontare del peculio, congedi e forme particolari di esecuzione delle pene, formazione e istruzione dei detenuti, ecc.. In caso di trasferimento di un detenuto da un Cantone ad un altro, il Cantone che ha emanato la sentenza esercita tutte le competenze legali relative all’esecuzione della pena o della misura, salvo che le deleghi al Cantone che accoglie il detenuto nella continuazione dell’esecuzione della sua pena o misura (art. 18, c. 1 Concordato dei Cantoni romandi e Ticino). Come ho già avuto modo di dire i Cantoni in Svizzera partecipano di un’ ampia autonomia che deriva loro dalla storia della Confederazione e che ha fatto sì che questa autonomia si esprimesse e si registrasse su qualsiasi piano, compreso quello penale. Si è detto che in materia esecuzione delle condanne i Cantoni sono sovrani. Di conseguenza ogni Cantone prende decisioni proprie anche in materia di affettività. La particolarità dei Cantoni svizzeri fa sì che si facilitino quanto prima, là dove è possibile, i contatti diretti coi familiari, una volta iniziata l’esecuzione della pena. Là dove questi contatti presentano difficoltà legati alla personalità del detenuto, allora si agevolano altri generi di incontri affettivi. Sin dagli anni ‘70 i direttori dei penitenziari hanno la facoltà di gestire e facilitare gli incontri coi familiari dei detenuti. Materia di competenza cantonale, come si è detto, delegata ai direttori degli istituti di pena, con ampi poteri decisionali, ai fini di realizzare certi principi richiesti dall’esecuzione della pena. Quindi in Svizzera ritroviamo un sistema esecuzione penale strutturato su vari livelli e competenze, con ampia autonomia per i direttori dei penitenziari. Mentre la Confederazione definisce la struttura generale e gli accordi intercantonali quella di politica comune tra i Cantoni, i direttori delle carceri hanno la facoltà di realizzare principi di politica reale nel rispetto delle normative generali sì, ma adattandoli alla realtà locale e alle esigenze cantonali. Nel Cantone Ticino, già sin dagli anni ‘80, si è offerta ai condannati che scontano una pena negli istituti di pena del Cantone la possibilità di facilitare incontri affettivi più intimi coi familiari. Possibilità in vigore, con modalità diverse, anche in altri istituti di pena della Confederazione. Abbiamo già detto che la legislazione del Cantone Ticino e anche Concordataria afferma che il condannato ad una pena privativa della libertà potrà usufruire di un primo congedo della durata di dodici ore dopo aver scontato un terzo della pena (art. 80, Regolamento Penitenziario di Stato del Cantone Ticino). La durata del congedo aumenta nel tempo sino ad un massimo di 54 ore. Quando ottenere un congedo ordinario appare difficoltoso, per motivi legati alla pericolosità del detenuto, allora la possibilità di ottenere un "colloquio gastronomico" (12.00-14.00, Disp. Interna direzione carcere) o un "congedo interno" (10.00-16.00, Disp. Interna direzione carcere) o colloqui "Pollicino" (09.30-11.30, di domenica, Disp. Interna direzione carcere) tra il condannato e i propri bambini vengono facilitati e incoraggiati. Questo affinché il detenuto continui a mantenere quei contatti tanto importanti coi propri cari che si erano distanziati a seguito la commissione del reato. Questi contatti coi propri familiari sono codificati da un’ordinanza federale sul codice penale svizzero che dichiara: "le relazioni con i congiunti devono essere agevolate nella misura del possibile" (Ordinanza 1, art. 5, c. 2). Alla possibilità di usufruire di questi incontri si affiancano naturalmente anche quelle di ottenere delle visite da parte dei familiari ed amici nell’ordine di sei ore mensili, tre colloqui telefonici alla settimana di 10 min. per telefonata, nonché la partecipazione dei familiari dei detenuti alle manifestazioni organizzate in penitenziario (1° maggio, Festa in famiglia, Natale, ecc.). Da questi pochi dati si può dedurre come in Svizzera, in particolare il Cantone Ticino, grazie ad una politica federale che privilegia l’autonomia e quindi anche il decentramento nel settore dell’esecuzione delle condanne e grazie anche al fatto che in Ticino si opera in una realtà di piccoli numeri, si sia potuta trovare una soluzione al problema dell’affettività in carcere, privilegiando il contatto diretto con le persone care. E questo a partire quasi subito dopo l’inizio dell’esecuzione delle sentenze. La revisione della parte generale del Codice penale svizzero che entrerà in vigore inizi 2006 si propone come obiettivo quello di fare quanto più possibile a meno dell’incarcerazione e quando l’unica alternativa è la pena detentiva questa deve causare meno effetti collaterali possibili sia al condannato sia indirettamente ai familiari (art. 74 e segg., Rev. cps). Anche nella revisione si prediligono i contatti diretti che avvengono all’esterno delle mura perimetrali del carcere (art. 84, c. 6 cit.). Anzi si è data una rilevanza maggiore rinunciando a definire un vero e proprio scopo delle esecuzione delle pene detentive. I Cantoni saranno chiamati a gestire due generi di penitenziari, quelli aperti e quelli chiusi, delegando così ai Cantoni un ulteriore margine di manovra e diversificare ulteriormente i penitenziari in funzione dei bisogni reali. Si è rinunciato ad una separazione assoluta, riguardo il collocamento in un carcere aperto o chiuso. Si è tenuto conto soltanto della pericolosità del detenuto e del rischio che commetta nuovi reati. "Di regola le pene detentive sono scontate in un penitenziario aperto. Il detenuto può essere collocato in un penitenziario chiuso o in un reparto chiuso di un penitenziario aperto se vi è il pericolo che si dia alla fuga o vi è da attendersi che commetta nuovi reati." (art. 76, c. 1 e 2, Rev. cps). Questo per riallacciarmi a quanto dicevo all’inizio di questa relazione che la politica federale in campo esecuzione penale tende sempre più e prosegue nella continuità lungo delle direttive che si propongono di fare uso dell’incarcerazione solo come "ultima ratio" e comunque evitandone, quanto più possibile, gli effetti negativi relative anche all’affettività. Proposte in questo senso vengono anche dal Parlamento Europeo e dal Consiglio d’Europa. Nonostante quanto si affermi sul carcere in generale, e mi riferisco in particolare agli studi sui sistemi penitenziari cui accennavo prima, che facevano risalire le sue origini alla fabbrica e alla nascita della società industriale o all’esercizio del potere dello Stato, non bisogna dimenticare che il penitenziario nasce anche come istituzione con profondi influssi religiosi, come abbiamo avuto modo di dire. Influssi che hanno determinato, indirizzato anche la concezione che è venuta conformandosi nel tempo sull’affettività. Il problema è storico, ci rimanda indietro nel tempo, alle origini dei penitenziari e a ciò che ci si proponeva di raggiungere mediante la carcerazione. Un tema che andrebbe risolto anche a ritroso con una presa di posizione verso una cultura che con la segregazione si proponeva anche quella del corpo con tutta la sua valenza sessuale. Se si pensa all’importanza che la religione e la cultura dominanti in materia hanno da sempre dato al sesso, allora una rivisitazione e una presa di posizione più spassionata e razionale credo siano necessarie e storicamente di fondamentale importanza se si vuole una volta per tutte trovare una possibile soluzione che causa forze maggiori ci risospinge ogniqualvolta ci si trova ad affrontare il problema a quelle origini che lo hanno visto nascere. È chiaro il problema è arduo poiché la soluzione richiede un cambiamento di rotta a 360°, una nuova concezione di pensare e di vivere, una nuova "cultura carceraria". Ripercorrere e rivedere tutta la nostra tradizione e concezione culturale religiosa in materia, ereditata in duemila anni di storia dell’Occidente che ha accompagnato e influito sul concetto di sesso, del piacere in generale, il piacere visto, vissuto ed analizzato come peccato, male necessario solo per la procreazione. E qui mi viene d’aiuto Tomasi di Lampedusa il quale ne "Il Gattopardo" ricorda i rapporti con la moglie: "Sono un peccatore, lo so, doppiamente peccatore, dinanzi alla legge divina e dinanzi all’affetto umano di Stella...Pecco , è vero, ma pecco per non peccare più, per strapparmi questa spina carnale, per non essere trascinato in guai maggiori...come fo ad accontentarmi di una donna che, a letto, si fa il segno della croce prima di ogni abbraccio e che, dopo, nei momenti di maggiore emozione non sa dire che: Gesummaria!. Quando ci siamo sposati tutto ciò mi esaltava; ma adesso...sette figli ho avuto con lei, sette; e non ho mai visto il suo ombelico. È giusto questo?". Anche se la secolarizzazione abbia penetrato in maniera capillare tutti gli aspetti del vivere civile mostra notevoli difficoltà ad incidere nella vita carceraria intima dei detenuti. Giustamente affermerebbero alcuni poiché in caso contrario autorizzando i rapporti sessuali all’interno del carcere si verrebbe a svilire quel valore fondamentale che è il concetto dell’amore il quale combinato con l’erotica e la sessualità raggiunge qualcosa di assoluto e di sublime mentre se, come si dà ad intendere nel caso della sessualità in carcere, rimane solo sessualità o erotismo si trasforma in un semplice rapporto organicistico e creaturale che abbassa l’uomo e lo svilisce nella sua persona umana. Visione cristiana della vita sessuale di coppia, coppia che si realizza nell’amore infinito. Con difficoltà la società riesce ad accettare che all’interno della struttura carceraria avvengono incontri intimi sessuali. L’immaginario collettivo e una sensibilità a questo genere di problematiche influenzano e continuano ad influenzare il diritto e l’etica penitenziaria. In ogni caso occorre affermare che il carcere non può creare quell’intimità, spontaneità del momento dell’incontro e dell’intimo, poiché in caso contrario l’intimità si limiterebbe al solo atto meccanico che nulla ha a che vedere con "l’affettività". L’affettività rimanda all’amore che è qualcosa che nasce, si coltiva nel tempo e comunica spiritualmente. Gli incontri intramurari devono essere pensati unicamente come "ultima ratio" e per mantenere, coi limiti che ciò comporta, quegli affetti che se non continuati durante la carcerazione causerebbero gravi conseguenze psicofisici, comportamentali e della personalità.
Normative più importanti per l’esecuzione in svizzera delle sanzioni penali e delle misure di sicurezza per gli adulti: convenzioni internazionali, norme federali, accordi intercantonali, leggi e regolamenti cantonali
Convenzioni internazionali
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (ONU, 1948), in particolare artt. 9, 10, 11; Convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri di guerra (1949); Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (Roma, 1950; CH, 1974), in particolare artt. 3, 5, 6 e vari Protocolli; importante il Protocollo 6 e 13 sull’abolizione della pena di morte (Strasburgo 1983; CH, 1987); Regole Minime per il trattamento dei detenuti (ONU, 1955); Regole Minime per il trattamento dei detenuti (Consiglio di Strasburgo, 1973), in seguito Regole Penitenziarie Europee (Consiglio di Strasburgo, 1987); Convenzione sul trasferimento dei condannati (Strasburgo 1983; CH 1988); Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (Nuova York, 1984; CH, 1987); Convenzione Europea per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (Strasburgo, 1987; CH, 1989);
Basi legali federali e intercantonali
Costituzione federale della Confederazione Svizzera (entrata in vigore il 1° gennaio 2000) in particolare art. 123 (ogni Cantone mantiene la propria Costituzione cantonale, 26 Costituzioni); Codice penale svizzero, 1942 e revisione del 1971 ( in tre lingue: tedesca, francese, italiano; dottrina giurisprudenziale in tedesco, francese e stralci in italiano); Ordinanze sul codice penale svizzero OCP1, 2, 3; Legge federale concernente l’aiuto alle vittime di reati (LAV), 1991; Concordato orientale per l’esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza per adulti del 19 giugno 1975 (Cantoni Zurigo, Glarona, Sciaffusa, Appenzello Esterno, Appenzello Interno, San Gallo, Grigioni e Turgovia); Concordato dei Cantoni nordoccidentali e centrali per l’esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza per adulti del 4 marzo 1959 (Cantoni Uri, Svitto, Obvaldo, Nidvaldo, Lucerna, Zugo, Berna, Soletta, Basilea Città, Basilea Campagna e Argovia); Concordato sull’esecuzione delle pene e delle misure concernenti gli adulti nei Cantoni Romandi e nel Ticino del 22 ottobre 1984 (Cantoni Friburgo, Vaud, Vallese, Neuchâtel, Ginevra, Giura e Ticino);
Leggi e regolamenti cantonali
Codice di procedura penale ticinese, 19 dicembre 1994, C.p.p.. Dal 1° aprile 2003 la procedura giudiziaria è di competenza della Confederazione (per il momento e sino alla promulgazione della procedura penale federale ogni Cantone mantiene la propria procedura penale per un totale di 26 procedure, più le tre federali: procedura penale federale, procedura penale militare e diritto penale amministrativo); Legge sull’esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza per gli adulti (2 luglio 1974); Regolamento sull’esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza per gli adulti (23 novembre 1978), Rep; Regolamento cantonale sul casellario giudiziale (8 gennaio 1975); Regolamento sul patronato nel Cantone Ticino (20 novembre 1991); Legge sull’esercizio del diritto di grazia (5 novembre 1945); Regolamento del Penitenziario di Stato del Cantone Ticino (1984), Reg. pen.; Legge cantonale di applicazione alla legge federale concernente le misure coercitive in materia di diritto degli stranieri (1997); Regolamento della legge cantonale di applicazione alla legge federale concernente le misure coercitive in materia di diritto degli stranieri (1997); Regolamento sull’esecuzione di una fase del regime di fine pena nella forma degli arresti domiciliari (25 agosto 1999); Regolamento sull’ esecuzione di pene di breve durata nella forma degli arresti domiciliari (25 agosto 1999); Legge sul Gran Consiglio e sui rapporti con il Consiglio di Stato del 17 dicembre 2002, Commissione di sorveglianza delle condizioni di detenzione, art. 25; questa Commissione presenta annualmente un rapporto al Gran Consiglio e al Consiglio di Stato sulla sua attività, con le raccomandazioni e le osservazioni che ritiene giustificate e informa tempestivamente il direttore del Dipartimento competente su eventuali irregolarità costatate; i carcerati possono in ogni tempo, rivolgere reclami sulle condizioni di detenzione alla Commissione di sorveglianza delle condizioni di detenzione. Il reclamo, motivato, è trasmesso in forma scritta e in busta chiusa, per il tramite del Direttore, alla Commissione delle petizioni e dei ricorsi. I carcerati debbono essere informati di questo diritto;
Le tendenze future del sistema sanzionatorio svizzero e le pene alternative alla detenzione secondo la revisione del codice penale svizzero (modifica del 13 dicembre 2002), entrata in vigore gennaio 2006
I penitenziari più importanti della Confederazione Elvetica
Concordato Svizzera centrale e nord-ovest (11 cantoni)
Concordato Svizzera orientale (8 cantoni)
Concordato romando (7 cantoni)
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