Presidenza
del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Nazionale per le Politiche Antidroga
Bozza
di disegno di legge "Fini" sulle droghe
(versione
del 13 novembre 2003)
Proposta
di modifica alle norme connesse al D.P.R. 309/90
Raffronto
tra il testo vigente e il testo modificato
|
Testo
in vigore |
Testo
disegno di legge "Fini" |
Art.
94 att. c.p.p. |
Ingresso
in istituti penitenziari
1.
Il pubblico ufficiale preposto a un istituto penitenziario non può
ricevere né ritenervi alcuno se non in forza di un provvedimento
dell'autorità giudiziaria o un avviso di consegna da parte di un
ufficiale di polizia giudiziaria.
1
bis. Copia del provvedimento che costituisce titolo di custodia è
inserito nella cartella personale del detenuto. All'atto del colloquio
previsto dall'articolo 23, quarto comma, del regolamento approvato con decreto
del Presidente della Repubblica 29 aprile 1976, n. 431, o anche
successivamente, il direttore o l'operatore penitenziario da lui
designato accerta, se del caso con l'ausilio di un interprete, che
l'interessato abbia precisa conoscenza del provvedimento che ne dispone
la custodia e gliene illustra, ove occorra, i contenuti.
1-ter.
L'autorità giudiziaria che dispone la custodia cautelare in carcere o
che pronuncia un provvedimento da cui non consegua la rimessione in
libertà del datore dispone che copia del provvedimento sia trasmessa, a
cura della polizia giudiziaria o della cancelleria, al direttore
dell'istituto penitenziario perché provveda a quanto stabilito dal
comma 1-bis.
1-quater.
Il detenuto ha sempre diritto di consultare la propria cartella
personale e di ottenere copia dei provvedimenti dell'autorità
giudiziaria in essa contenuti.
2.
Nondimeno, se si presenta nell'istituto una persona che dichiari di
avere commesso un reato per il quale è obbligatorio l'arresto in
flagranza, vi deve essere trattenuto a norma dell'articolo 349 del
codice ad opera degli appartenenti al personale di custodia che
abbiano qualità di ufficiale o di agente di polizia giudiziaria, i
quali redigono verbale e ne danno immediata notizia all'autorità
giudiziaria competente.
3.
Allo stesso modo si procede nei confronti di un latitante che si sia
sottratto alla esecuzione della custodia cautelare, di un evaso o di un
condannato in via definitiva che non sia in grado di produrre copia
dell'ordine di esecuzione.
|
1.
Il pubblico ufficiale preposto a un istituto penitenziario non può
ricevere né ritenervi alcuno se non in forza di un provvedimento
dell'autorità giudiziaria o un avviso di consegna da parte di un
ufficiale di polizia giudiziaria.
1
bis. Copia del provvedimento che costituisce titolo di custodia è
inserito nella cartella personale del detenuto. All'atto del colloquio
previsto dall'articolo 23, quarto comma, del regolamento approvato con
decreto del Presidente della Repubblica 29 aprile 1976, n. 431, o anche
successivamente, il direttore o l'operatore penitenziario da lui
designato accerta, se del caso con l'ausilio di un interprete, che
l'interessato abbia precisa conoscenza del provvedimento che ne dispone
la custodia e gliene illustra, ove occorra, i contenuti, nonché,
qualora si tratti di persona che si dichiara o risulta
tossicodipendente, lo informa della facoltà di proporre istanza per
ottenere uno dei benefici di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.
(omissis
commi da 1 ter a 4)
|
Art. 283 c.p.p. |
Divieto e obbligo di
dimora
1. Con il provvedimento
che dispone il divieto di dimora, il giudice prescrive all'imputato di
non dimorare in un determinato luogo e di non accedervi senza
l'autorizzazione del giudice che procede.
2. Con il provvedimento
che dispone l'obbligo di dimora, il giudice prescrive all'imputato di
non allontanarsi, senza l'autorizzazione del giudice che procede, dal
territorio del comune di dimora abituale ovvero, al fine di assicurare
un più efficace controllo o quando il comune di dimora abituale non è
sede di ufficio di polizia, dal territorio di una frazione del predetto
comune o dal territorio di un comune viciniore ovvero di una frazione di
quest'ultimo. Se per la personalità del soggetto o per le condizioni
ambientali la permanenza in tali luoghi non garantisce adeguatamente le
esigenze cautelari previste dall'articolo 274, l'obbligo di
dimora può essere disposto nel territorio di un altro comune o frazione
di esso, preferibilmente nella provincia e comunque nell'ambito della
regione ove è ubicato il comune di abituale dimora.
3. Quando dispone
l'obbligo di dimora, il giudice indica l'autorità di polizia alla quale
l'imputato deve presentarsi senza ritardo e dichiarare il luogo ove
fisserà la propria abitazione. Il giudice può prescrivere all'imputato
di dichiarare all'autorità di polizia gli orari e i luoghi in cui sarà
quotidianamente reperibile per i necessari controlli, con obbligo di
comunicare preventivamente alla stessa autorità le eventuali variazioni
dei luoghi e degli orari predetti.
4. Il giudice può,
anche con separato provvedimento, prescrivere all'imputato di non
allontanarsi dall'abitazione in alcune ore del giorno, senza pregiudizio
per le normali esigenze di lavoro.
5. Nel determinare i
limiti territoriali delle prescrizioni, il giudice considera, per quanto
è possibile, le esigenze di alloggio, di lavoro e di assistenza
dell'imputato. Quando si tratta di persona tossicodipendente o
alcooldipendente che abbia in corso un programma terapeutico di recupero
nell'ambito di una struttura autorizzata, il giudice stabilisce i
controlli necessari per accertare che il programma di recupero prosegua.
6. Dei provvedimenti
del giudice è data in ogni caso immediata comunicazione all'autorità
di polizia competente, che ne vigila l'osservanza e fa rapporto al
pubblico ministero di ogni infrazione [c.p.p. 276]. |
(omissis)
7. Il responsabile
della struttura autorizzata di cui al comma 5 è tenuto ad informare,
senza ritardo, l'autorità giudiziaria che l'ha applicata di ogni
trasgressione integrante un reato procedibile d'ufficio o, comunque,
rilevante ai fini dell'applicazione dell' articolo 276 c.p.p. Per le
omissioni non giustificate si applicano le disposizioni di cui
all'articolo 89, comma 6, del testo unico approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 e successive
modificazioni.
|
Art. 284 c.p.p. |
Arresti domiciliari
1. Con il provvedimento
che dispone gli arresti domiciliari, il giudice prescrive all'imputato
di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata
dimora ovvero da un luogo pubblico di cura o di assistenza.
2. Quando è
necessario, il giudice impone limiti o divieti alla facoltà
dell'imputato di comunicare con persone diverse da quelle che con lui
coabitano o che lo assistono.
3. Se l'imputato non
può altrimenti provvedere alle sue indispensabili esigenze di vita
ovvero versa in situazione di assoluta indigenza, il giudice può
autorizzarlo ad assentarsi nel corso della giornata dal luogo di arresto
per il tempo strettamente necessario per provvedere alle suddette
esigenze ovvero per esercitare una attività lavorativa.
4. Il pubblico
ministero o la polizia giudiziaria, anche di propria iniziativa, possono
controllare in ogni momento l'osservanza delle prescrizioni imposte
all'imputato.
5. L'imputato agli
arresti domiciliari si considera in stato di custodia cautelare [c.p.p.
285].
5-bis. Non possono
essere, comunque, concessi gli arresti domiciliari a chi sia stato
condannato per il reato di evasione nei cinque anni precedenti al fatto
per il quale si procede. A tale fine il giudice assume nelle forme più
rapide le relative notizie. |
5 ter. La misura può
essere concessa solo previo accertamento del consenso del soggetto che
abbia la disponibilità giuridica esclusiva del luogo di esecuzione. Nel
caso di successiva revoca del consenso, il giudice provvede alla
sostituzione della misura o delle modalità di esecuzione della stessa.
Analogamente, nel caso di evasione dal luogo di esecuzione, il
giudice competente ex art. 385 C.P. prima di procedere al ripristino
della misura, accerta la permanenza del consenso in chi lo aveva
precedentemente espresso. In caso di diniego dispone la custodia
cautelare in carcere.
5 quater. Qualora la
misura sia eseguita presso una struttura privata residenziale iscritta
all’albo di cui all’art. 116 del decreto del Presidente della
Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 e successive modificazioni, il
responsabile è tenuto ad informare, senza ritardo, l'autorità
giudiziaria che l'ha applicata di ogni trasgressione rilevante ai sensi
dell'articolo 385 del C.P. ovvero ai fini dell'applicazione dell'
articolo 276 del c.p.p. Per le omissioni non giustificate si applicano
le disposizioni di cui all'articolo 89, comma 6 del testo unico
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n.
309 e successive modificazioni.
|
Art. 286 c.p.p. |
Custodia cautelare in
luogo di cura
1. Se la persona da
sottoporre a custodia cautelare si trova in stato di infermità di mente
che ne esclude o ne diminuisce grandemente la capacità di intendere o
di volere [c.p. 85], il giudice, in luogo della custodia in carcere,
può disporre il ricovero provvisorio in idonea struttura del servizio
psichiatrico ospedaliero, adottando i provvedimenti necessari per
prevenire il pericolo di fuga [c.p.p. 73]. Il ricovero non può essere
mantenuto quando risulta che l'imputato non è più infermo di mente.
2. Si applicano le
disposizioni dell'articolo 285 commi 2 e 3. |
(omissis)
3. La misura può
essere disposta mediante il ricovero provvisorio in idonea struttura
privata iscritta all’albo di cui all’art. 116 del decreto del
Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 e successive
modificazioni, qualora le particolarità della malattia siano
opportunamente affrontabili in quella sede. Si applica, quanto al
consenso della comunità, il disposto dell'articolo 284, comma 5 ter,
c.p.p. Si applica, altresì, quanto alle spese, il disposto
dell'articolo 96, comma 6, del testo unico approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 e successive
modificazioni.
|
Art. 656 c.p.p. |
Esecuzione delle pene
detentive
1. Quando deve essere
eseguita una sentenza di condanna a pena detentiva, il pubblico
ministero emette ordine di esecuzione con il quale, se il condannato non
è detenuto, ne dispone la carcerazione. Copia dell'ordine è consegnata
all'interessato.
2. Se il condannato è
già detenuto, l'ordine di esecuzione è comunicato al Ministro di
grazia e giustizia e notificato all'interessato.
3. L'ordine di
esecuzione contiene le generalità della persona nei cui confronti deve
essere eseguito e quant'altro valga a identificarla, l'imputazione, il
dispositivo del provvedimento e le disposizioni necessarie
all'esecuzione. L'ordine è notificato al difensore del condannato.
4. L'ordine che dispone
la carcerazione è eseguito secondo le modalità previste dall'articolo
277.
5. Se la pena
detentiva, anche se costituente residuo di maggiore pena, non è
superiore a tre anni ovvero a quattro anni nei casi di cui agli articoli
90 e 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, il
pubblico ministero, salvo quanto previsto dai commi 7 e 9, ne sospende
l'esecuzione. L'ordine di esecuzione e il decreto di sospensione sono
notificati al condannato e al difensore nominato per la fase
dell'esecuzione o, in difetto, al difensore che lo ha assistito nella
fase del giudizio, con l'avviso che entro trenta giorni può essere
presentata istanza, corredata dalle indicazioni e dalla documentazione
necessarie, volta ad ottenere la concessione di una delle misure
alternative alla detenzione di cui agli articoli 47, 47-ter e 50, comma
1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive
modificazioni, e di cui all'articolo 94 del testo unico approvato con decreto
del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive
modificazioni, ovvero la sospensione dell'esecuzione della pena di cui
all'articolo 90 dello stesso testo unico. L'avviso informa altresì che,
ove non sia presentata l'istanza nonché la certificazione da allegare
ai sensi degli articoli 91, comma 2, e 94, comma 1, del testo unico
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990,
n. 309, l'esecuzione della pena avrà corso immediato.
6. L'istanza deve
essere presentata dal condannato o dal difensore di cui al comma 5
ovvero allo scopo nominato dal pubblico ministero, il quale la
trasmette, unitamente alla documentazione, al tribunale di sorveglianza
competente in relazione al luogo in cui ha sede l'ufficio del pubblico
ministero. Se l'istanza non è corredata dalla documentazione prescritta
o necessaria, questa può essere depositata nella cancelleria del
tribunale di sorveglianza fino a cinque giorni prima dell'udienza
fissata a norma dell'articolo 666, comma 3. Resta salva, in ogni
caso, la facoltà del tribunale di sorveglianza di procedere anche
d'ufficio alla richiesta di documenti o di informazioni, o
all'assunzione di prove a norma dell'articolo 666, comma 5. Il
tribunale di sorveglianza decide entro quarantacinque giorni dal
ricevimento dell'istanza.
7. La sospensione
dell'esecuzione per la stessa condanna non può essere disposta più di
una volta, anche se il condannato ripropone nuova istanza sia in ordine
a diversa misura alternativa, sia in ordine alla medesima, diversamente
motivata, sia in ordine alla sospensione dell'esecuzione della pena di
cui all'articolo 90 del testo unico approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive
modificazioni.
8. Salva la
disposizione del comma 8-bis, qualora l'istanza non sia tempestivamente
presentata, o il tribunale di sorveglianza la dichiari inammissibile o
la respinga, il pubblico ministero revoca immediatamente il decreto di
sospensione dell'esecuzione.
8-bis. Quando è
provato o appare probabile che il condannato non abbia avuto effettiva
conoscenza dell'avviso di cui al comma 5, il pubblico ministero può
assumere, anche presso il difensore, le opportune informazioni,
all'esito delle quali può disporre la rinnovazione della notifica.
9. La sospensione
dell'esecuzione di cui al comma 5 non può essere disposta:
a) nei confronti dei
condannati per i delitti di cui all'articolo 4-bis della legge
26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni;
b) nei confronti di
coloro che, per il fatto oggetto della condanna da eseguire, si trovano
in stato di custodia cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza
diviene definitiva.
10. Nella situazione
considerata dal comma 5, se il condannato si trova agli arresti
domiciliari per il fatto oggetto della condanna da eseguire, il pubblico
ministero sospende l'esecuzione dell'ordine di carcerazione e trasmette
gli atti senza ritardo al tribunale di sorveglianza perché provveda
alla eventuale applicazione di una delle misure alternative di cui al
comma 5. Fino alla decisione del tribunale di sorveglianza, il
condannato permane nello stato detentivo nel quale si trova e il tempo
corrispondente è considerato come pena espiata a tutti gli effetti.
Agli adempimenti previsti dall'articolo 47-ter della legge 26
luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, provvede in ogni
caso il magistrato di sorveglianza.
|
(omissis)
5. Se la pena
detentiva, anche se costituente residuo di maggior pena, non è
superiore a tre anni o sei anni nei casi di cui agli articoli 90
e 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 9 ottobre 1990 n. 309 e successive modificazioni, il pubblico
ministero, salvo quanto previsto dai commi 7 e 9, ne sospende l’esecuzione.
L’ordine di esecuzione ed il decreto di sospensione sono notificati al
condannato ed al difensore nominato per la fase dell'esecuzione o, in
difetto, al difensore che lo ha assistito nella fase del giudizio, con l’avviso
che entro trenta giorni può essere presentata istanza, corredata dalle
indicazioni e dalla documentazione necessarie, volta ad ottenere la
concessione di una delle misure alternative alla detenzione di cui agli
articoli47, 47ter e 50, comma 1, della legge 26 luglio 1975 n. 354, e
successive modificazioni, e di cui all’articolo 94 del testo unico
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n.
309, e successive modificazioni, ovvero la sospensione dell’esecuzione
della pena di cui all’art. 90 dello stesso testo unico. L’avviso
informa altresì che, ove non sia presentata l’istanza o la stessa
sia inammissibile ai sensi degli articoli 90 e seguenti del citato testo
unico, l’esecuzione della pena avrà corso immediato.
6. L’istanza deve
essere presentata dal condannato o dal difensore di cui al comma 5
ovvero allo scopo nominato dal pubblico ministero, il quale la
trasmette, unitamente alla documentazione, al Tribunale di Sorveglianza
competente in relazione al luogo in cui ha sede l’ufficio del pubblico
ministero. Se l’istanza non è corredata dalla documentazione utile,
questa, salvi i casi di inammissibilità, può essere depositata
nella cancelleria del tribunale di sorveglianza fino a cinque giorni
prima dell’udienza fissata a norma dell’articolo 666, comma 3. Resta
salva, in ogni caso, la facoltà del tribunale di sorveglianza di
procedere anche d’ufficio alla richiesta di documenti o di
informazioni, o all’assunzione di prove a norma dell’articolo 666
comma 5. Il tribunale di sorveglianza decide entro quarantacinque giorni
dal ricevimento dell’istanza.
(omissis)
8. Salva la
disposizione del comma 8-bis, qualora l'istanza non sia tempestivamente
presentata, o il tribunale di sorveglianza la dichiari inammissibile o
la respinga, il pubblico ministero revoca immediatamente il decreto di
sospensione dell'esecuzione. Il pubblico ministero provvede
analogamente quando l’istanza presentata è inammissibile ai sensi
degli artt. 90 e seguenti del testo unico approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 e successive
modificazioni, nonché, nelle more della decisione del tribunale di
sorveglianza, quando il programma di recupero di cui all’art. 94 non
risulta iniziato entro cinque giorni dalla data di presentazione della
relativa istanza o risulta interrotto. A tal fine il pubblico ministero,
nel trasmettere l’istanza al tribunale di sorveglianza, dispone gli
opportuni accertamenti.
(omissis)
9. La sospensione
dell'esecuzione di cui al comma 5 non può essere disposta:
a) nei confronti di
condannati per i delitti di cui all’articolo 4-bis della legge 26
luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, fatta eccezione per
coloro che si trovano agli arresti domiciliari disposti ai sensi dell’articolo
89 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 e
successive modificazioni;
(omissis)
|
Art. 671 c.p.p. |
Applicazione della
disciplina del concorso formale e del reato continuato
1. Nel caso di più
sentenze o decreti penali irrevocabili pronunciati in procedimenti
distinti contro la stessa persona, il condannato o il pubblico ministero
possono chiedere al giudice dell'esecuzione l'applicazione della
disciplina del concorso formale o del reato continuato, sempre che la
stessa non sia stata esclusa dal giudice della cognizione.
2. Il giudice
dell'esecuzione provvede determinando la pena in misura non superiore
alla somma di quelle inflitte con ciascuna sentenza o ciascun decreto.
3. Il giudice
dell'esecuzione può concedere altresì la sospensione condizionale
della pena e la non menzione della condanna nel certificato del
casellario giudiziale, quando ciò consegue al riconoscimento del
concorso formale o della continuazione. Adotta infine ogni altro
provvedimento conseguente.
|
1. Nel caso di più
sentenze o decreti penali irrevocabili pronunciati in procedimenti
distinti contro la stessa persona, il condannato o il pubblico ministero
possono chiedere al giudice dell'esecuzione l'applicazione della
disciplina del concorso formale o del reato continuato, sempre che la
stessa non sia stata esclusa dal giudice della cognizione. Fra gli
elementi che incidono sull'applicazione della disciplina del reato
continuato vi è la consumazione di più reati in relazione allo stato
di tossicodipendenza.
(omissis) |
Art. 688
c.p. |
Ubriachezza
1. Chiunque, in un
luogo pubblico o aperto al pubblico, è colto in stato di manifesta
ubriachezza è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire
centomila a lire seicentomila.
2. La pena è
dell'arresto da tre a sei mesi se il fatto è commesso da chi ha già
riportato una condanna per delitto non colposo contro la vita o
l'incolumità individuale.
3. La pena è aumentata
se l'ubriachezza è abituale.
|
Ubriachezza ed abuso di
sostanze stupefacenti e sostanze psicotrope
1. Chiunque, in un
luogo pubblico o aperto al pubblico o in circoli privati di qualunque
specie, è colto in stato di manifesta ubriachezza o in stato di
grave alterazione psichica per uso di sostanze stupefacenti e sostanze
psicotrope, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da
euro 100 a euro 600.
2. La pena è
dell'arresto da tre mesi a sei mesi se il fatto è commesso da chi ha
già riportato una condanna per delitto non colposo contro la vita o
l'incolumità individuale.
3. La pena è aumentata
se l'ubriachezza o l’uso di sostanze stupefacenti e sostanze
psicotrope è abituale.
|
Art. 4 bis
Legge 354
del 1975 |
Divieto di concessione
dei benefici e accertamento della pericolosità sociale dei condannati
per taluni delitti
1. L'assegnazione
al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure alternative alla
detenzione previste dal capo VI, esclusa la liberazione anticipata,
possono essere concessi ai detenuti e internati per i seguenti delitti
solo nei casi in cui tali detenuti e internati collaborino con la
giustizia a norma dell'articolo 58-ter della presente legge:
delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di
eversione dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di
violenza, delitto di cui all'articolo 416-bis del codice penale,
delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso
articolo ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni in
esso previste, delitti di cui agli articoli 600, 601, 602 e 630 del
codice penale, all'articolo 291-quater del testo unico delle
disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43,
e all'articolo 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina
degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e
riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.
Sono fatte salve le disposizioni degli articoli 16-nonies e 17-bis
del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8,
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82. I
benefici suddetti possono essere concessi ai detenuti o internati per
uno dei delitti di cui al primo periodo del presente comma purché siano
stati acquisiti elementi tali da escludere l'attualità di collegamenti
con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, altresì nei
casi in cui la limitata partecipazione al fatto criminoso, accertata
nella sentenza di condanna, ovvero l'integrale accertamento dei fatti e
delle responsabilità operato con sentenza irrevocabile, rendono
comunque impossibile un'utile collaborazione con la giustizia, nonché
nei casi in cui, anche se la collaborazione che viene offerta risulti
oggettivamente irrilevante, nei confronti dei medesimi detenuti o
internati sia stata applicata una delle circostanze attenuanti previste
dall'articolo 62, n. 6), anche qualora il risarcimento del danno sia
avvenuto dopo la sentenza di condanna, dall'articolo 114 ovvero
dall'articolo 116, secondo comma, del codice penale. I benefici di cui
al presente comma possono essere concessi solo se non vi sono elementi
tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità
organizzata, terroristica o eversiva, ai detenuti o internati per i
delitti di cui ai seguenti articoli: articoli 575, 628, terzo comma, e
629, secondo comma, del codice penale, articolo 291-ter del
citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23
gennaio 1973, n. 43,
articolo 73 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309,
limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'articolo 80, comma 2,
del medesimo testo unico, articolo 416 del codice penale, realizzato
allo scopo di commettere delitti previsti dal libro II, titolo XII, capo
III, sezione I, del medesimo codice, dagli articoli 609-bis, 609-quater
e 609-octies del codice penale e dall'articolo 12, commi 3, 3-bis
e 3-ter del testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero,
di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286
2. Ai fini della
concessione dei benefici di cui al comma 1 il magistrato di sorveglianza
o il tribunale di sorveglianza decide acquisite dettagliate informazioni
per il tramite del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza
pubblica competente in relazione al luogo di detenzione del condannato.
In ogni caso il giudice decide trascorsi trenta giorni dalla richiesta
delle informazioni. Al suddetto comitato provinciale può essere
chiamato a partecipare il direttore dell'istituto penitenziario in cui
il condannato è detenuto.
2-bis. Ai fini
della concessione dei benefici di cui al comma 1, terzo periodo, il
magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decide
acquisite dettagliate informazioni dal questore. In ogni caso il giudice
decide trascorsi trenta giorni dalla richiesta delle informazioni.
3. Quando il comitato
ritiene che sussistano particolari esigenze di sicurezza ovvero che i
collegamenti potrebbero essere mantenuti con organizzazioni operanti in
ambiti non locali o extranazionali, ne dà comunicazione al giudice e il
termine di cui al comma 2 è prorogato di ulteriori trenta giorni al
fine di acquisire elementi ed informazioni da parte dei competenti
organi centrali.
3-bis.
L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure
alternative alla detenzione previste dal capo VI, non possono essere
concessi ai detenuti ed internati per delitti dolosi quando il
Procuratore nazionale antimafia o il procuratore distrettuale comunica,
d'iniziativa o su segnalazione del comitato provinciale per l'ordine e
la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di detenzione o
internamento, l'attualità di collegamenti con la criminalità
organizzata. In tal caso si prescinde dalle procedure previste dai commi
2 e 3.
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1. L'assegnazione
al lavoro all'esterno, i permessi premio, la sospensione dell’esecuzione
e l’affidamento in prova nei casi particolari di cui agli articoli 90
e 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 e successive modificazioni, nonché le
misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, esclusa la
liberazione anticipata, possono essere concessi ai detenuti e internati
per i seguenti delitti solo nei casi in cui tali detenuti e internati
collaborino con la giustizia a norma dell'articolo 58-ter della
presente legge: delitti commessi per finalità di terrorismo, anche
internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante il
compimento di atti di violenza, delitto di cui all'articolo 416-bis
del codice penale, delitti commessi avvalendosi delle condizioni
previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l'attività
delle associazioni in esso previste, delitti di cui agli articoli 600,
601, 602 e 630 del codice penale, all'articolo 291-quater del
testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui
al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43,
e all'articolo 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina
degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e
riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.
Sono fatte salve le disposizioni degli articoli 16-nonies e 17-bis
del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8,
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82. I
benefici suddetti possono essere concessi ai detenuti o internati per
uno dei delitti di cui al primo periodo del presente comma purché siano
stati acquisiti elementi tali da escludere l'attualità di collegamenti
con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, altresì nei
casi in cui la limitata partecipazione al fatto criminoso, accertata
nella sentenza di condanna, ovvero l'integrale accertamento dei fatti e
delle responsabilità operato con sentenza irrevocabile, rendono
comunque impossibile un'utile collaborazione con la giustizia, nonché
nei casi in cui, anche se la collaborazione che viene offerta risulti
oggettivamente irrilevante, nei confronti dei medesimi detenuti o
internati sia stata applicata una delle circostanze attenuanti previste
dall'articolo 62, n. 6), anche qualora il risarcimento del danno sia
avvenuto dopo la sentenza di condanna, dall'articolo 114 ovvero
dall'articolo 116, secondo comma, del codice penale. I benefici di cui
al presente comma possono essere concessi solo se non vi sono elementi
tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità
organizzata, terroristica o eversiva, ai detenuti o internati per i
delitti di cui ai seguenti articoli: articoli 575, 628, terzo comma, e
629, secondo comma, del codice penale, articolo 291-ter del
citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23
gennaio 1973, n. 43,
articolo 73 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309,
limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'articolo 80, comma 2,
del medesimo testo unico, articolo 416 del codice penale, realizzato
allo scopo di commettere delitti previsti dal libro II, titolo XII, capo
III, sezione I, del medesimo codice, dagli articoli 609-bis, 609-quater
e 609-octies del codice penale e dall'articolo 12, commi 3, 3-bis
e 3-ter del testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero,
di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
(omissis)
|
Art. 47
Legge 354
del 1975 |
Affidamento in prova al
servizio sociale
1. Se la pena detentiva
inflitta non supera tre anni, il condannato può essere affidato al
servizio sociale fuori dell'istituto per un periodo uguale a quello
della pena da scontare.
2. Il provvedimento è
adottato sulla base dei risultati della osservazione della personalità,
condotta collegialmente per almeno un mese in istituto, nei casi in cui
si può ritenere che il provvedimento stesso, anche attraverso le
prescrizioni di cui al comma 5, contribuisca alla rieducazione del reo e
assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati.
3. L'affidamento in
prova al servizio sociale può essere disposto senza procedere
all'osservazione in istituto quando il condannato, dopo la commissione
del reato, ha serbato comportamento tale da consentire il giudizio di
cui al comma 2.
4. Se l'istanza di
affidamento in prova al servizio sociale è proposta dopo che ha avuto
inizio l'esecuzione della pena, il magistrato di sorveglianza competente
in relazione al luogo dell'esecuzione, cui l'istanza deve essere
rivolta, può sospendere l'esecuzione della pena e ordinare la
liberazione del condannato, quando sono offerte concrete indicazioni in
ordine alla sussistenza dei presupposti per l'ammissione all'affidamento
in prova e al grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato
di detenzione e non vi sia pericolo di fuga. La sospensione
dell'esecuzione della pena opera sino alla decisione del tribunale di
sorveglianza, cui il magistrato di sorveglianza trasmette immediatamente
gli atti, e che decide entro quarantacinque giorni. Se l'istanza non è
accolta, riprende l'esecuzione della pena, e non può essere accordata
altra sospensione, quale che sia l'istanza successivamente proposta.
5. All'atto
dell'affidamento è redatto verbale in cui sono dettate le prescrizioni
che il soggetto dovrà seguire in ordine ai suoi rapporti con il
servizio sociale, alla dimora, alla libertà di locomozione, al divieto
di frequentare determinati locali ed al lavoro.
6. Con lo stesso
provvedimento può essere disposto che durante tutto o parte del periodo
di affidamento in prova il condannato non soggiorni in uno o più
comuni, o soggiorni in un comune determinato; in particolare sono
stabilite prescrizioni che impediscano al soggetto di svolgere attività
o di avere rapporti personali che possono portare al compimento di altri
reati.
7. Nel verbale deve
anche stabilirsi che l'affidato si adoperi in quanto possibile in favore
della vittima del suo reato ed adempia puntualmente agli obblighi di
assistenza familiare.
8. Nel corso
dell'affidamento le prescrizioni possono essere modificate dal
magistrato di sorveglianza.
9. Il servizio sociale
controlla la condotta del soggetto e lo aiuta a superare le difficoltà
di adattamento alla vita sociale, anche mettendosi in relazione con la
sua famiglia e con gli altri suoi ambienti di vita.
10. Il servizio sociale
riferisce periodicamente al magistrato di sorveglianza sul comportamento
del soggetto.
11. L'affidamento è
revocato qualora il comportamento del soggetto, contrario alla legge o
alle prescrizioni dettate, appaia incompatibile con la prosecuzione
della prova.
12. L'esito positivo
del periodo di prova estingue la pena e ogni altro effetto penale.
12-bis. All'affidato in
prova al servizio sociale che abbia dato prova nel periodo di
affidamento di un suo concreto recupero sociale, desumibile da
comportamenti rivelatori del positivo evolversi della sua personalità,
può essere concessa la detrazione di pena di cui all'articolo 54. Si
applicano gli articoli 69, comma 8, e 69-bis nonché l'articolo 54,
comma 3.
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(omissis)
12. L'esito positivo
del periodo di prova estingue la pena detentiva ed ogni altro effetto
penale. Il tribunale di sorveglianza, qualora l'interessato si
trovi in disagiate condizioni economiche, può dichiarare estinta anche
la pena pecuniaria che non sia stata già riscossa.
(omissis)
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Art. 120 Cod. della
Strada
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Requisiti morali per
ottenere il rilascio della patente di guida
1. La patente di guida
è revocata dal prefetto ai delinquenti abituali, professionali o per
tendenza e a coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di
sicurezza personali o alle misure di prevenzione previste dalla L. 27
dicembre 1956, n. 1423, come sostituita dalla L. 3 agosto 1988, n. 327,
e dalla L. 31 maggio 1965, n. 575, così come successivamente modificata
e integrata, fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi,
nonché alle persone condannate a pena detentiva, non inferiore a tre
anni, quando l'utilizzazione del documento di guida possa agevolare la
commissione di reati della stessa natura.
2. A tal fine i
competenti uffici del Dipartimento per i trasporti terrestri danno al
prefetto immediata comunicazione del rilascio delle patenti di guida,
per il tramite del collegamento informatico integrato già esistente tra
i sistemi informativi del Dipartimento per i trasporti terrestri e della
Direzione generale dell'amministrazione generale e per gli affari del
personale del Ministero dell'interno.
3. Avverso i
provvedimenti di cui al comma 1 è ammesso il ricorso al Ministero
dell'interno il quale decide, entro sessanta giorni, di concerto con il
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. |
1. La patente di guida
è revocata dal prefetto ai delinquenti abituali, professionali o per
tendenza e a coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di
sicurezza personali o alle misure di prevenzione previste dalla L. 27
dicembre 1956, n. 1423, come sostituita dalla L. 3 agosto 1988, n. 327,
e dalla L. 31 maggio 1965, n. 575, così come successivamente modificata
e integrata, fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi.
Sono fatti salvi altresì gli effetti del provvedimento di cui all’art.
90 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica
9 ottobre 1990, n. 309 e successive modificazioni e dell’esito
positivo dell’affidamento in prova al servizio sociale ex art. 47
della legge 26 luglio 1975, n. 354 e art. 94 del decreto del Presidente
della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 e successive modificazioni,
nonché alle persone condannate a pena detentiva, non inferiore a tre
anni, quando l'utilizzazione del documento di guida possa agevolare la
commissione di reati della stessa natura.
2. A tal fine i
competenti uffici del Dipartimento per i trasporti terrestri danno al
prefetto immediata comunicazione del rilascio delle patenti di guida,
per il tramite del collegamento informatico integrato già esistente tra
i sistemi informativi del Dipartimento per i trasporti terrestri e della
Direzione generale dell'amministrazione generale e per gli affari del
personale del Ministero dell'interno.
3. Avverso i
provvedimenti di cui al comma 1 è ammesso il ricorso al Ministro
dell'interno il quale decide, entro sessanta giorni, di concerto con il
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
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Art. 45 D.lgs 300
/
99 |
Istituzione del
ministero e attribuzioni
1. È istituito il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
2. Sono attribuite al
Ministero le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di
politiche sociali, con particolare riferimento alla prevenzione e
riduzione delle condizioni di bisogno e disagio delle persone delle
famiglie, di politica del lavoro e sviluppo dell'occupazione, di tutela
del lavoro e dell'adeguatezza del sistema previdenziale.
3. Al Ministero
sono trasferite, con le inerenti risorse, le funzioni del Ministero del
lavoro e della previdenza sociale, nonché le funzioni del Dipartimento
per gli affari sociali, operante presso la Presidenza del Consiglio dei
Ministri, ivi compresa quelle in materia di immigrazione, eccettuate
quelle attribuite, anche dal presente decreto, ad altri Ministeri o
Agenzie, e fatte in ogni caso salve, ai sensi e per gli effetti degli
articoli 1, comma 2, e 3, comma 1, lettere a) e b), della legge
15 marzo 1997, n. 59, le funzioni conferite
dalla vigente legislazione alle regioni e agli enti locali. Il Ministero
esercita le funzioni di vigilanza sull'Agenzia per il servizio civile,
di cui all'articolo 10, commi 7 e seguenti, del decreto
legislativo 30 luglio 1999, n. 303. Il
Ministero esercita altresì le funzioni di vigilanza spettanti al
Ministero del lavoro e della previdenza sociale, a norma dell'articolo
88, sull'Agenzia per la formazione e istruzione professionale.
(omissis)
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1. È istituito il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
2. Sono attribuite al
Ministero le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di
politiche sociali, con particolare riferimento alla prevenzione e
riduzione delle condizioni di bisogno e disagio delle persone delle
famiglie, di politica del lavoro e sviluppo dell'occupazione, di tutela
del lavoro e dell'adeguatezza del sistema previdenziale.
3. Al Ministero
sono trasferite, con le inerenti risorse, le funzioni del Ministero del
lavoro e della previdenza sociale, nonché le funzioni del Dipartimento
per gli affari sociali, operante presso la Presidenza del Consiglio dei
Ministri, ivi compresa quelle in materia di immigrazione, eccettuate
quelle di coordinamento in materia di tossicodipendenza e quelle
attribuite, anche dal presente decreto, ad altri Ministeri o Agenzie, e
fatte in ogni caso salve, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1,
comma 2, e 3, comma 1, lettere a) e b), della legge
15 marzo 1997, n. 59, le funzioni conferite
dalla vigente legislazione alle regioni e agli enti locali. Il Ministero
esercita le funzioni di vigilanza sull'Agenzia per il servizio civile,
di cui all'articolo 10, commi 7 e seguenti, del decreto
legislativo 30 luglio 1999, n. 303. Il
Ministero esercita altresì le funzioni di vigilanza spettanti al
Ministero del lavoro e della previdenza sociale, a norma dell'articolo
88, sull'Agenzia per la formazione e istruzione professionale.
(omissis)
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Art. 4 D.P.R. 176
/
2001 |
Dipartimento per le
politiche sociali e previdenziali
1. Il Dipartimento per
le politiche sociali e previdenziali, svolge le seguenti funzioni:
a) coordinamento
delle attività connesse alla gestione del Fondo nazionale delle
politiche sociali, di cui all'articolo 59, comma 44, della legge
27 dicembre 1997, n. 449, e successive
modificazioni ed integrazioni, con particolare riferimento al Piano
nazionale delle politiche sociali, di cui all'articolo 18 della legge
8 novembre 2000, n. 328, ai criteri e alle
modalità di riparto delle relative risorse; coordinamento ai fini della
determinazione degli standard dei servizi sociali secondo la normativa
vigente; gestione e monitoraggio della sperimentazione del reddito
minimo di inserimento, di cui al decreto
legislativo 18 giugno 1998, n. 237, e
successive modificazioni ed integrazioni; valutazione dell'efficacia e
dell'efficienza delle politiche sociali; affari generali del
Dipartimento; gestione del bilancio finanziario ed economico del
Dipartimento;
b) coordinamento e
gestione delle politiche a favore della famiglia; interventi per
l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone
handicappate; gestione degli interventi per il sostegno della maternità
e della paternità; interventi a favore delle persone anziane;
c) indirizzo,
coordinamento e gestione degli interventi a favore dell'infanzia e
dell'adolescenza; interventi a favore dei minori a rischio di attività
criminose; tutela dei minori e cooperazione in materia di adozione
internazionale; interventi per la prevenzione e contro lo sfruttamento e
l'abuso sessuale dei minori; rapporti con il Centro nazionale di
documentazione e analisi dell'infanzia, di cui all'articolo 3, della legge
23 dicembre 1997, n. 451;
d) coordinamento
delle politiche per contrastare il diffondersi delle tossicodipendenze e
delle alcool dipendenze correlate, di cui all'articolo 127, del decreto
del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309;
collaborazione con le associazioni, le comunità terapeutiche ed i
centri di accoglienza operanti nel campo della prevenzione, recupero e
reinserimento sociale dei tossicodipendenti; informazione e
documentazione sulle tossicodipendenze; definizione e aggiornamento
delle metodologie per la rivelazione, la elaborazione, la valutazione ed
il trasferimento all'esterno delle informazioni sulle tossicodipendenze;
(omissis)
|
1. Il Dipartimento per
le politiche sociali e previdenziali, svolge le seguenti funzioni:
a) coordinamento
delle attività connesse alla gestione del Fondo nazionale delle
politiche sociali, di cui all'articolo 59, comma 44, della legge
27 dicembre 1997, n. 449, e successive
modificazioni ed integrazioni, con particolare riferimento al Piano
nazionale delle politiche sociali, di cui all'articolo 18 della legge
8 novembre 2000, n. 328, ai criteri e alle
modalità di riparto delle relative risorse; coordinamento ai fini della
determinazione degli standard dei servizi sociali secondo la normativa
vigente; gestione e monitoraggio della sperimentazione del reddito
minimo di inserimento, di cui al decreto
legislativo 18 giugno 1998, n. 237, e
successive modificazioni ed integrazioni; valutazione dell'efficacia e
dell'efficienza delle politiche sociali; affari generali del
Dipartimento; gestione del bilancio finanziario ed economico del
Dipartimento;
b) coordinamento e
gestione delle politiche a favore della famiglia; interventi per
l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone
handicappate; gestione degli interventi per il sostegno della maternità
e della paternità; interventi a favore delle persone anziane;
c) indirizzo,
coordinamento e gestione degli interventi a favore dell'infanzia e
dell'adolescenza; interventi a favore dei minori a rischio di attività
criminose; tutela dei minori e cooperazione in materia di adozione
internazionale; interventi per la prevenzione e contro lo sfruttamento e
l'abuso sessuale dei minori; rapporti con il Centro nazionale di
documentazione e analisi dell'infanzia, di cui all'articolo 3, della legge
23 dicembre 1997, n. 451;
d) collaborazione
con le associazioni, le comunità terapeutiche ed i centri di
accoglienza operanti nel campo della prevenzione, recupero e
reinserimento sociale dei tossicodipendenti;
(omissis)
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Art. 6 bis D.lgs 303
/
99 |
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Dipartimento nazionale
per le politiche antidroga
1. Il Presidente del
Consiglio dei Ministri coordina l’azione del Governo in materia di
tossicodipendenza.
2. A tal fine, ferme
restando le competenze attribuite alle altre amministrazioni statali in
materia di contrasto alla droga e di recupero delle persone dedite
all'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, il Dipartimento nazionale
per le politiche antidroga svolge i seguenti compiti:
assicurare il
necessario supporto amministrativo alla funzione di indirizzo e
coordinamento del Comitato nazionale di coordinamento per l'azione
antidroga;
effettuare le attività
istruttorie necessarie ai fini dell'esercizio del potere di indirizzo e
coordinamento del Governo;
attuare le strategie di
contrasto alle tossicodipendenze, coordinando l’azione delle
Amministrazioni pubbliche competenti;
collaborare con le
regioni, gli Enti locali, il servizio pubblico per le tossicodipendenze
e le strutture del privato sociale operanti nel settore della
prevenzione, recupero e reinserimento sociale e lavorativo dei
tossicodipendenti;
concorrere a
rappresentare, in ambito internazionale, gli indirizzi generali del
Governo in materia di tossicodipendenza;
predisporre, in
applicazione degli indirizzi generali del Governo, un Piano di
interventi pluriennale di contrasto alla diffusione del fenomeno della
droga, nonché ulteriori proposte e piani operativi;
predisporre le
opportune iniziative legislative in materia da sottoporre al Comitato
nazionale di coordinamento per l'azione antidroga;
promuovere e coordinare
progetti finalizzati alla prevenzione delle tossicodipendenze e al
recupero delle persone tossicodipendenti;
verificare il rispetto,
da parte dei Ministeri competenti e degli altri soggetti pubblici e
privati operanti nel settore, delle linee-guida e degli obiettivi
previsti dal Piano di interventi di cui alla precedente lettera h),
nonché da ogni ulteriore provvedimento del Governo in materia di
recupero dei tossicodipendenti, sia per l'utilizzazione delle risorse
finanziarie, sia per l'attuazione degli interventi;
promuovere campagne
informative sugli effetti negativi sulla salute derivanti dall'uso di
sostanze stupefacenti o psicotrope, nonché sull'ampiezza e sulla
gravità del fenomeno criminale del traffico di tali sostanze;
acquisire, per il
tramite delle amministrazioni competenti, ed elaborare adeguate
statistiche sugli aspetti del fenomeno della tossicodipendenza;
raccogliere
informazioni e documentazione sulle tossicodipendenze, definendo ed
aggiornando le metodologie per la rilevazione, l’elaborazione, la
valutazione ed il trasferimento all’esterno delle informazioni;
curare la redazione
della Relazione annuale al Parlamento sui dati relativi allo stato delle
tossicodipendenze in Italia e l’organizzazione della Conferenza
triennale nazionale sui problemi connessi con la diffusione delle
sostanze stupefacenti e psicotrope.
3. Il Dipartimento si
articola in non più di cinque Uffici e non più di 15 Servizi.
4. All’attuazione
della presente disposizione si provvede nei limiti delle risorse di cui
all’articolo 133, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.
112 con riferimento al Fondo nazionale di intervento per la lotta alla
droga nonché con le dotazioni organiche della Presidenza del Consiglio
dei Ministri. |
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