In
carcere con il neonato
La
Sicilia, 14 settembre 2002
TERAMO – Un neonato costretto a vivere in carcere. E' il primo caso
giudiziario in Italia, denunciato da un avvocato di Teramo, Vincenzo Di Nanna,
che invoca l'aiuto degli organi di informazione e dell'opinione pubblica, per la
sua assistita, una ventenne slava, alla quale sono stati negati gli arresti
domiciliari per allattare il figlio di un mese. Secondo il legale, che ha
presentato l'ennesimo ricorso contro la misura cautelare nei confronti della
giovane, la magistratura avrebbe ignorato completamente i diritti del neonato,
costretto a stare in carcere per essere allattato. La donna, Goza Djordjevic, già
madre di due bambini di età inferiore ai tre anni, è rinchiusa insieme con il
neonato nella sezione femminile del carcere di Castrogno, a Teramo, con l'accusa
di tentativo di furto, per la quale era stata arrestata lo scorso 12 luglio a
Grottammare (Ascoli Piceno). All'epoca la donna era all'ottavo mese di
gravidanza, ma ciò nonostante il gip di Fermo (Ascoli Piceno), Ugo Vitali
Rosati, ne aveva disposto la custodia cautelare in carcere; tutte le successive
istanze di scarcerazione presentate dalla difesa al Tribunale del Riesame di
Ancona erano state rigettate. L'11 agosto la Djordjevic è stata accompagnata
all'ospedale per partorire, piantonata dagli agenti di custodia: dopo qualche
giorno è stata ricondotta in carcere insieme al nascituro. Il bambino si è
ammalato e, per un giorno, è stato sottratto alla madre su provvedimento del
Tribunale dei Minori.
LE
VIETANO D'ALLATTARE, LEI DIGIUNA
ROMA – Di segno opposto, invece, la storia di una ecuadoriana di 26 anni,
detenuta a Rebibbia, che ieri ha finalmente ottenuto gli arresti domiciliari
dopo uno sciopero della fame perché i giudici, riservandosi la decisione, le
impedivano di fatto di vedere il figlio, nato il 2 settembre scorso ma
ricoverato al San Giovanni per una infezione al sangue, e di allattarlo.
Accogliendo il ricorso avanzato giorni fa dall'avvocato Ilenia Guerrieri, la
seconda sezione penale della Corte d'appello di Roma ha disposto il
trasferimento di Luna Maquillon presso la comunità religiosa delle Suore
Misericordiose della Carità, nonché autorizzato la donna a vedere il figlio in
ospedale due volte al giorno, se accompagnata da un'apposita scorta, per poterlo
allattare. Il piccolo, infatti, versa in condizioni critiche.