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Le detenute si raccontano attraverso la fotografia
Il Gazzettino Treviso, 21 marzo 2004
Anche scatti in abiti firmati. "L'obiettivo puntato spaventa. Ti mostra quella che sembri, non quella che sei. La stanza era ed è bianca. Una finestra in alto. La finestra non si può e non si vuole fotografare, ha le sbarre". Appunti di diario accanto a volti di donne detenute, appesi alle pareti del Centro Sociale di Mogliano Veneto dove ieri alle 16 si è inaugurata la mostra fotografica "La Luna di vetro" di Annalisa Cescon nell'ambito della manifestazione Marzo Donna "Tutti i colori del rosa". Le donne che hanno posato come modelle sono detenute del carcere della Giudecca, luogo dove la Cescon ha elaborato il suo progetto per due mesi interi. "La mia idea prima di entrare in Carcere - racconta - era di fare una serie di ritratti di donne per aumentare la loro autostima. Mi ero documentata sugli stati generali delle detenute e immaginavo qualcosa che avesse a che fare con la sofferenza. In realtà già dal mio primo incontro il progetto ha subito delle modifiche: c'era sì dolore nei volti e nelle storie ma emergeva anche molta vitalità. Mi sorridevano, mi accoglievano bene, erano sempre contente di vedermi e mi ringraziano per ogni cosa. Ho provato in quel periodo una sensazione bellissima che mi porto ancora dentro; quando entravo in Carcere stavo bene". Quindi racconta del rapporto creatosi tra le donne fuori del Carcere e quelle dentro. "Non avendo che pochi vestiti - continua la Cescon - ho pensato di procurare loro qualche bell'abito e una di loro ha espresso il desiderio di vestire un sari. Poi un'altra ha chiesto un abito da sposa, una delle collane, un'altra un vestito del '700 e un'altra ancora un abito firmato da Versace. Ho iniziato un'affannosa ricerca tra le mie amiche e conoscenti e ho recuperato anche abiti preziosi con i quali loro hanno splendidamente giocato". Le foto, tutte in bianco e nero, sono a volte primi piani, altre a figura intera. Gli sguardi sono intensi, i volti per niente impacciati. "Ma ho dovuto aggiungere all'esposizione - commenta - anche qualche volto dietro una catena e con delle spine, per sottolineare ancora una volta la sofferenza del carcere".
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