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La morte di E.M.A. (Prato, 5 settembre 1998)
Rassegna stampa sul caso di E.M.A.
Non soccorse un detenuto, infermiera condannata
Il Tirreno, 9 novembre 2001
Il detenuto morì d’infarto e l’infermiera che non svolse con perizia il suo mestiere è stata condannata ieri per omicidio colposo: otto mesi di reclusione con i benefici di legge. È questa la sentenza con la quale il tribunale di Prato ha invece assolto, perché il fatto non sussiste, una dottoressa, G.P., 48 anni, sotto accusa per un capo d’imputazione analogo a quello contestato all’infermiera, F.Z., 26 anni, a sua volta assolta, perché il fatto non costituisce reato, dall’imputazione di omissione di atti d’ufficio. Il fatto risale al 5 settembre del 1998, quando nel carcere di Prato morì un detenuto di 45 anni, E.M.A., spagnolo. Secondo la perizia l’uomo morì per un infarto miocardico acuto con fibrillazione ventricolare, come ha ricordato in aula l’avvocato Lorenzo Zilletti che insieme a Sigfrido Fenyes era il legale dei figli e della moglie del detenuto, costituitisi parte civile. All’infermiera, in servizio quel giorno nel carcere di Prato e allertata da una guardia che aveva visto il detenuto sentirsi male, era stato contestato di non aver fatto i controlli necessari quando l’uomo cominciò ad accusare i primi malesseri in cella, limitandosi a telefonare alla dottoressa per raddoppiare gli ansiolitici prescritti. Inoltre F.Z., sempre per l’accusa, non avrebbe poi praticato prontamente massaggio cardiaco e respirazione bocca a bocca, quando ormai era chiaro che il detenuto era stato colpito da un infarto. Il detenuto morì due ore dopo i primi malori.
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