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"Morire di carcere": dossier novembre 2008 Suicidi, assistenza sanitaria disastrata, morti per cause non chiare, episodi di overdose
Continua il monitoraggio sulle "morti di carcere", che nel mese di novembre registra 11 nuovi casi: 7 per cause da accertare, 3 per suicidio e 1 per malattia.
Nel
mese di novembre nelle carceri italiane sono morti almeno* 11 detenuti, di cui 3
per suicidio, 1 per malattia e 7 per “cause da accertare” (in particolare
risulta difficile stabilire se le morti conseguenti all’inalazione del gas
dalle bombolette - nell’ultimo mese ben 3 casi) siano da attribuire a
intenzioni suicide oppure siano accidentali). Il
detenuto più giovane morto in novembre aveva 20 anni, il più “anziano” 45;
la loro età media: 32 anni. Sei erano italiani (tra loro anche una donna) e
cinque stranieri. Dall’inizio
dell’anno le “morti di carcere” sono state almeno* 114, di cui almeno* 44
per suicidio. Il più giovane aveva 20 anni e il più “anziano” 84. L’età
media dei detenuti morti durante l’anno: 38 anni. Proprio
ieri il Sottosegretario alla Salute, Ferruccio Fazio, intervenendo al Convegno
nazionale sulla riforma della Sanità Penitenziaria, ha dichiarato: “La
situazione è sotto controllo”. * I “casi” raccolti non rappresentano la totalità delle morti che avvengono all’interno dei penitenziari italiani: sono quelle che siamo riusciti a ricostruire in base alle notizie dei giornali, delle agenzie di stampa, dei siti internet, delle lettere che ci scrivono i volontari o i parenti dei detenuti.
Suicidio: 5 novembre 2008, Carcere di Enna
Rosario Trubia era condannato all’ergastolo e aveva 27 anni. Si trovava in carcere a Enna a scontare un ergastolo per duplice omicidio. Lo hanno rinvenuto impiccato nel bagno della cella che divideva con altri due detenuti. Per gli inquirenti potrebbe trattarsi di suicidio. Ma la magistratura vuole vederci chiaro e sta interrogando i suoi compagni di cella, gli agenti della polizia penitenziaria in servizio al momento dei fatti e i parenti per sapere se nei giorni scorsi c’erano stati elementi che potessero far presagire una decisione così improvvisa e dall’esito così drammatico. Rosario Trubia, era ritenuto affiliato alla famiglia Rinzivillo di Cosa Nostra, che a Gela risulta divisa in due. L’altra frangia è quella degli Emmanuello, vicini al boss Giuseppe ("Piddu") Madonia. Le due fazioni diedero vita, alla fine degli anni ‘90, ad una faida con morti e feriti. Rosario Trubia fu considerato, a torto o a ragione, uno dei più spietati baby killer di quel periodo. Arrestato dai carabinieri, nel 2001, nell’ambito dell’operazione "Reset", ha subito due condanne all’ergastolo: una per l’omicidio di Aurelio Trubia, l’altra per il delitto di Andrea Cavaleri, entrambi gli agguati furono eseguiti nel luglio del 1999, quando sul fronte opposto caddero Emanuele Trubia e Salvatore Sultano, trucidati in un agguato all’interno di una sala da barba. Il suicida non era un pentito e non risulta parente di pentiti ma solo omonimo del collaboratore di giustizia Rosario Trubia, di 44 anni, detto Nino D’Angelo per il suo caschetto di capelli biondi come li portava da giovane il famoso cantante napoletano. (Adnkronos, 5 novembre 2008)
Suicidio: 5 novembre 2008, Carcere di Teramo
Nicola Cirillo, 43 anni, psicolabile, si suicida quando gli vengono negati gli domiciliari. Doveva scontare 8 anni per una tentata rapina a un gioielliere di Termoli, avvenuta nel marzo 2007. Si è impiccato nel bagno della cella. Doveva scontare 8 anni per una tentata rapina a un gioielliere di Termoli, avvenuta nel marzo 2007. Nicola Cirillo, originario di Napoli, soffriva di disturbi psichiatrici e per questo aveva tentato più volte di ottenere gli arresti domiciliari. Ultimamente la procura di Napoli gli aveva rigettato la richiesta e lui non ce l’ha fatta più: è stato trovato ieri mattina alle 5 impiccato nel bagno della cella. Cirillo era arrivato qualche mese fa a Teramo, negli istituti penitenziari campani non c"era posto; era stato trasferito a Larino e poi per un breve periodo anche a Torino. Più volte aveva mostrato tendenze autolesionistiche: aveva già tentato il suicidio in carcere e aveva provato anche a darsi fuoco con una latta di benzina davanti al municipio di Nola. Secondo quanto raccontato da uno dei legali, Cirillo aveva una sindrome border-line con stato depressivo-ansioso di grado severo, già prima del duemila. Per questa sua condizione aveva ottenuto gli arresti domiciliari, ma venne trovato a un controllo per strada in pigiama. Tecnicamente era un’evasione, e così rientrò in carcere. Prima di uccidersi, però, il detenuto ha scritto una lunga lettera, nella quale ha chiesto scusa per il gesto che sta per compiere, ma voleva a tutti i costi uscire. Nella lettera il suicida parla anche delle guardie carcerarie di Teramo, della loro umanità e disponibilità, soffermandosi su un ispettore che sarebbe stato particolarmente gentile e cortese con lui. Una lettera per chiedere perdono, insomma, dove chi vuol essere perdonato ha parole gentili per tutti. Tra le righe ci sono pure alcuni passaggi molto personali per i propri familiari. Non doveva trovarsi in carcere, per le gravi patologie mentali da cui era affetto. È quanto sostiene l’avvocato Gennaro De Falco che, con l’avvocato Maurizio Dello Iacono, uno dei legali dell’uomo, che ha sollecitato l’apertura di una inchiesta per accertare le eventuali responsabilità. In particolare i penalisti hanno sottolineato che più volte in passato Nicola Cirillo aveva avuto comportamenti autolesionistici, sia da uomo libero (si diede fuoco nel comune di Brusciano), sia da detenuto. Proprio per le sue precarie condizioni di salute, gli erano stati concessi gli arresti domiciliari: una perizia medica ne riconobbe, per le patologie riscontrate, l’incompatibilità con il regime carcerario ma il beneficio, hanno spiegato i legali, gli fu revocato per un allontanamento da casa. Successivamente, sempre in virtù di quella perizia, i giudici di sorveglianza ristabilirono il regime di detenzione domestica. Poco tempo fa il giudice di Larino e il tribunale di sorveglianza di Campobasso gli revocano i domiciliari, nonostante le proteste dei difensori. Ieri l’insano gesto. (Redattore Sociale - Dire, 6 novembre 2008)
Cause da accertare: 9 novembre 2008, Carcere di Livorno
Si chiamava Alessandro Mascaro, originario di Salerno, il detenuto del carcere di Livorno che ieri pomeriggio è deceduto in cella. Aveva aspirato gas da un fornellino da campeggio per cercare un’ebbrezza simile a quella degli stupefacenti. Il giovane si trovava in compagnia si altri detenuti, quando si è sentito male nel bagno della sua cella. È stato immediatamente soccorso, ma nemmeno i tentativi di rianimazione sono serviti a salvargli la vita. Mascaro, in carcere per una serie di reati contro il patrimonio e per spaccio di stupefacenti, era solito aspirare i gas di un fornellino da campeggio, che è normalmente in uso nelle celle delle carceri, per cadere in uno stato di ebbrezza. Più volte i sorveglianti delle Sughere, il carcere di Livorno, gli avevano sottratto il fornellino per impedirgli questa pericolosa pratica. Ieri pomeriggio, intorno alle 16.30, Mascaro si è fatto prestare un fornellino da un compagno e ha ripreso ad aspirare il gas. Poco dopo si è recato in bagno. I suoi compagni hanno sentito un tonfo ed hanno pensato immediatamente al peggio, l’anno soccorso e chiesto aiuto alle guardie. Ma per il giovane non c’è stato nulla da fare. In un primo momento si era pensato che il detenuto si fosse suicidato, ma le testimonianze dei compagni di cella hanno consentito di ricostruire l’episodio. Probabilmente per acuire l’effetto del gas, si è coperto la testa con un telo di plastica, poi si è sentito male poco dopo. I suoi compagni di cella hanno spiegato che il giovane era euforico, rideva e scherzava con tutti e non aveva mai mostrato alcun segno di squilibrio o atteggiamenti che potessero far pensare ad un potenziale suicida. (Ansa, 10 novembre 2008)
Cause da accertare: 10 novembre 2008, Carcere di Torino
Hamid Driss, 20 anni, detenuto marocchino, muore sniffando gas. Pantaloni della tuta marroni, maglietta blu, un sacchetto di nylon vicino alla faccia. Di certo c’è che ieri pomeriggio alle quattro Hamid Driss è morto in carcere. I compagni della quarto sezione del Blocco B, sezione regime ordinario del Lo Russo e Cotugno, hanno urlato e chiesto aiuto. I soccorsi sono scattati subito. L’hanno trovato gli agenti della polizia penitenziaria riverso sul pavimento della cella. Vicino al sacchetto di nylon c’era anche una bomboletta di gas, di quelle da campeggio. Gas butano. I detenuti la usano per prepararsi il caffè e cucinarsi qualcosa oltre ai pasti della "casanza", il cosiddetto "sopravvitto". Ma anche per inalare il gas e stordirsi, ultimo gradino della tossicodipendenza. Per questo non è ancora chiaro se si tratti di un suicidio o di una strana overdose letale. La Procura di Torino ha aperto un’inchiesta. Indaga il pm Nicoletta Quaglino. Il direttore del carcere Pietro Buffa, in tarda serata, dice soltanto: "Di fronte a un ragazzo che muore, che per noi è sempre e comunque una tragedia, non rilascio alcuna dichiarazione. Aspettiamo gli accertamenti della magistratura". Hamid Driss non ha lasciato biglietti d’addio, nulla che possa aiutare a capire. Era arrivato a Torino ad agosto, trasferito dal carcere di Vercelli e dopo un lungo periodo di degenza in ospedale, perché si era ferito gravemente. Come? Proprio per l’esplosione di un fornelletto a gas. Era stato condannato per una rapina in banca, fine pena 2010. Gli mancavano meno di due anni alla libertà. Intanto passava le giornate parlando con altri ragazzi marocchini. Uno psichiatra lo seguiva costantemente, ma Hamid Driss non aveva manifestato sintomi preoccupanti. Non era ritenuto a rischio suicidio. Non era quindi sottoposto a un regime di sorveglianza speciale. Ieri pomeriggio ha messo la testa nel sacchetto di nylon, dopo averlo riempito di gas. Hamid Driss è morto in un padiglione sovraffollato, dentro un carcere ritornato ai giorni peggiori dell’epoca pre-indulto. Ieri al blocco B c’erano 520 detenuti, il doppio della capienza prevista. Due per ogni cella, letti a castello e spazi ridotti al minimo: tre metri per uno e ottanta. Forse solo il suo compagno potrà ricostruire con precisione l’accaduto: come e con quali intenzioni ha respirato il gas che l’ha ucciso. Ma sulla pericolosità dei fornelletti all’interno del carcere c’è già un’ampia letteratura. Il problema è stato segnalato più volte dai sindacati. Il 26 luglio scorso un ragazzo di Piossasco, Manuel Eliantonio, 22 anni, era morto nel carcere di Genova in circostanze molto simili. Trovato sul pavimento del bagno, con una bomboletta di gas in mano. Alla madre aveva spedito una lettera drammatica: "Qui mi ammazzano di botte, mi riempiono di psicofarmaci, mi ricattano. Sto male". Un suicidio per disperazione? "Forse un incidente", avevano lasciato intendere dalla casa circondariale. Quasi due tragedie gemelle, nell’epilogo. Un tiro di gas come ultimo gesto su questa terra. (La Stampa, 11 novembre 2008)
Malattia: 12 novembre 2008, Carcere di Pesaro
È deceduta accanto alla compagna con cui divideva la cella. La scorsa notte nella Casa Circondariale di Villa Fastiggi è morta una detenuta italiana di 40 anni. Era dentro per motivi di spaccio di sostanze stupefacenti. Martedì notte il malore improvviso, l’allarme dato agli agenti di polizia penitenziaria di turno e la disperata corsa dell’ambulanza fino all’istituto penitenziario. Ogni tentativo di soccorso però è stato vano, così i sanitari del 118 non hanno potuto che constatarne il decesso. Le indagini ora sono state affidate al pubblico ministero della Procura di Pesaro, Valeria Cigliola, che ha immediatamente disposto l’autopsia, come da prassi. Secondo le prime ricostruzioni sembra che la morte della detenuta sia dovuta a cause naturali, probabile arresto cardiocircolatorio. Ma, e questo potrebbe aver insospettito il pm, alla direzione del carcere non risulta che la donna avesse mai sofferto di particolari problemi di cuore. (Il Messaggero, 13 novembre 2008)
Cause da accertare: 15 novembre 2008, Carcere di Viterbo
Emiliano Leonetti, 35 anni, è ritrovato cadavere dagli agenti nel carcere di Mammagialla. Era all’interno della sua cella. Sul corpo, non c’erano segni apparenti di "lesività esterna" e le cause della morte, a prima vista, erano inspiegabili. La Procura, appena è stata informata dell’accaduto, ha disposto il sequestro della salma, aprendo, nel contempo, un procedimento contro ignoti. L’autopsia, un esame di rito, è stata già disposta, ed è stata fissata per i prossimi giorni. Probabilmente, si farà nell’obitorio dell’ospedale civitonico Andosilla poiché, ancora adesso, la nuova sala settoria, realizzata nel cimitero di San Lazzaro, non è pronta. Sulle cause della morte dell’uomo, , non si sa nulla. L’intento della Procura è quello di capire se, nell’evento, abbiano avuto una qualche responsabilità, ed eventualmente di che tipo, terze persone. Non si tratterebbe comunque di uno di quei casi di suicidio che, recentemente, sembrano essersi intensificati, tanto da mobilitare a fondo sia gli osservatori del sistema penitenziario sia, e soprattutto, il garante per i diritti dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni. Le indagini, subito avviate, cercano di ricostruire le ultime ore di vita dell’uomo e, soprattutto, il suo reale stato di salute e i suoi possibili contatti. Nessuno, secondo i pochi particolari trapelati, sembrerebbe aver sentito nulla di particolare e, quindi, non sarebbero giunti segnali allarmanti che, in qualche modo, potessero far prevedere l’evento. È un dato accertato che, nel carcere di Viterbo, uno dei fattori di disagio più pesanti è costituito proprio dalla presenza di detenuti in transito, ovvero trasferiti a Mammagialla da altre carceri - in genere romane - con problemi di salute, più o meno rilevanti. E, questo, sia per quanto riguarda particolari patologie di cui soffrano, sia per il consumo di stupefacenti di cui alcuni di loro, avendolo protratto per anni, scontano le conseguenze. Un problema, quello della medicina penitenziaria, che fa registrare una forte pressione sul carcere, nonostante la presenza di strutture e personale altamente specializzati. Della persona scomparsa, in queste ore, si cerca di ricostruire anche i trascorsi. Ma si tenta pure di capire se, sul piano della vigilanza e dell’assistenza, vi siano state carenze e omissioni: una volta però accertato che, per l’uomo, si potesse comunque fare qualcosa. La morte, infatti, potrebbe essere stata un evento assolutamente naturale, imprevisto e imprevedibile. La magistratura, comunque, non vuole lasciare nulla di intentato e si intende mettere in luce ogni aspetto anche nascosto della vicenda, in modo tale da non doversi trovare, un giorno, di fronte a contestazioni attinenti a presunte lacune o ritardi nelle indagini. Tutto, ancora una volta,è stato fatto rapidamente e in modo assolutamente adeguato dagli inquirenti. Tornando al carcere, ne vanno ricordati, tra i problemi, la carenza di personale e l’impegno particolare richiesto per la sorveglianza dei detenuti speciali. (Corriere di Viterbo, 17 novembre 2008)
Il Garante dei detenuti del Lazio
"Ancora un morto nelle carceri del Lazio. Ancora un decesso senza motivi apparenti. Quella di venerdì scorso all’interno del carcere di Viterbo è la vittima numero 17 nelle carceri della nostra regione dall’inizio dell’anno. Una vera e propria strage che si consuma nel silenzio di quanti, piuttosto, preferiscono puntare l’attenzione su inasprimento delle condizioni di detenzione e certezza della pena". È quanto dichiara il Garante Regionale dei diritti dei Detenuti Angiolo Marroni commentando la notizia della morte, avvenuta venerdì scorso, di un detenuto di 35 anni nel carcere "Mammagialla" di Viterbo. Sulle cause del decesso di Emiliano L., questo il nome del detenuto, la Procura avrebbe aperto un fascicolo contro ignoti. Secondo l’Ufficio del Garante dei detenuti Emiliano è il 17mo morto accertato (16 detenuti e un agente di polizia penitenziaria) nelle carceri del Lazio dall’inizio del 2008 contro gli 11 del 2007 e i dieci del 2006. Quelli deceduti quest’anno sono tutti uomini: sei sono stati i suicidi (compreso l’agente di polizia penitenziaria), quattro i decessi per malattia, sette quelli da accertare o non accertati. I decessi sono avvenuti a Regina Coeli (cinque), Rebibbia (cinque), Viterbo (quattro), Velletri e Frosinone. "In due mesi, dal 13 settembre ad oggi, abbiamo registrato sei decessi, cinque dei quali per cause da accertare - ha aggiunto il Garante dei detenuti -. La drammatica conferma che la sicurezza dei cittadini è solo uno dei lati della medaglia: dall’altra parte ci sono, infatti, le precarie condizioni di vita nelle carceri e il sovraffollamento, che impediscono in recupero sociale dei detenuti. Non possiamo più nasconderci: non basta più parlare di nuove strutture o inventare leggi che creano più carcere, come la recente norma che prevede la detenzione per chi abbandona i rifiuti. Serve invece coraggio per immaginare un nuovo sistema che preveda, per i reati meno gravi, il ricorso a pene alternative e forse più dissuasive". (Ufficio del Garante, 17 novembre 2008)
Morte per cause da accertare: 15 novembre 2008, Carcere di Pesaro
Detenuto albanese di 40 anni ritrovato morto in cella, il secondo caso in 7 giorni. L’uomo, che doveva scontare una pena legata a piccoli reati, è stato trovato accasciato a terra e quando sono scattati i soccorsi, allertati dagli agenti della polizia penitenziaria, purtroppo per lui non c’era più nulla da fare. Vano ogni tentativo di rianimare il detenuto da parte dei sanitari del 118 immediatamente intervenuti: probabilmente, stando a un primo accertamento medico, il decesso potrebbe essere dovuto a improvviso malore che ha avuto come conseguenza l’arresto cardiocircolatorio. Sarà ora compito dell’autopsia, disposta dalla magistratura come da prassi, stabilire con esattezza le cause della morte. Certo è che si tratta del secondo decesso avvenuto all’interno del carcere di Villa Fastiggi nel giro di pochi giorni. All’inizio della scorsa settimana una detenuta italiana di 40 anni, che scontava un periodo di reclusione per spaccio di stupefacenti, è morta accanto alla compagna di cella dopo essere stata colta da malore. E anche nel suo caso il primo referto medico ha parlato di arresto cardiocircolatorio. (Il Messaggero, 17 novembre 2008)
Malattia: 19 novembre 2008, Carcere di Trieste
Detenuto italiano di 45 anni muore dopo ricovero in ospedale. Oltre 200 detenuti, dei quali non meno di sessanta ammalati gravi. È questa la situazione attuale del carcere Coroneo. "Ogni giorno arrivano reclusi da altre strutture. Non abbiamo nemmeno più i letti", dice preoccupato un operatore. Il direttore Enrico Sbriglia è lapidario: "L’infermeria ormai non ha più posti disponibili. Gli operatori stanno dando il massimo. Ma molti sono costretti a rimanere in cella. L’ultimo caso estremo è stato due giorni fa quando in ospedale è morto un detenuto di 45 anni che era stato ricoverato una decina di giorni fa per una grave malattia". E alla data del 31 dicembre cesserà l’assistenza sanitaria da parte dello Stato e i reclusi ammalati passeranno in carico all’Azienda sanitaria. "La situazione è gravissima", dice ancora Sbriglia. (Il Piccolo, 21 novembre 2008)
Morte per cause da accertare: 23 novembre 2008, Carcere di Bologna
Kamel A., marocchino, 23 anni, detenuto, muore inalando il gas in cella, per stordirsi. Lo "sballo dei poveri" uccide ancora una volta in carcere. Domenica sera, verso le 23, un detenuto marocchino è morto dopo aver sniffato ripetutamente il contenuto di una bomboletta di gas da campeggio nel tentativo di stordirsi. Era già successo nell’agosto di tre anni fa, e anche allora fu il gas ad ammazzare un detenuto che aveva chiesto di venire alla Dozza per stare vicino alla madre, anche lei agli arresti. Ancora una volta si ripropone il problema della qualità della vita e della sicurezza per gli ospiti della Dozza, sovraffollata ormai oltre limiti tollerabili: i detenuti sono oggi 1.060, di cui 700 immigrati, in una struttura che secondo il regolamento non dovrebbe superare la capienza massima di 700 persone. La ricerca dello sballo oltre il muro del penitenziario stavolta ha ucciso un giovane marocchino, Kamel, precedenti per spaccio, e a dare l’allarme è stato il suo compagno di cella, che ha riferito agli inquirenti di averlo visto sniffare più volte il butano del fornellino da campeggio che il carcere fornisce ai detenuti per riscaldare i cibi. Kamel, che avrebbe finito di scontare la pena nel giugno del prossimo anno, a un certo punto è entrato in bagno, è passato qualche istante, e il compagno di cella, preoccupato, quando è entrato a sua volta lo ha trovato sul pavimento, con la bomboletta ancora vicina al viso. I soccorsi sono stati rapidi quanto inutili: Kamel era già morto. Una telefonata della direzione ha avvertito il pm di turno, Luca Tampieri, che ha fatto acquisire il carteggio del detenuto, ha chiesto una relazione dettagliata sui fatti alla Polizia Penitenziaria e ha disposto l’autopsia per accertare le cause esatte della morte. Alla Dozza parlano di "decesso imprevedibile": Kamel non avrebbe mai dato segni di depressione, né aveva compiuto quei gesti di autolesionismo purtroppo assai frequenti fra gli ospiti di una struttura chiusa quale è il carcere. In mattinata, ieri, il neo-direttore Luca Candiano ha informato il garante per i diritti dei detenuti Desi Bruno. Secondo il provveditore regionale alle carceri Nello Cesari non c’è un allarme-suicidi alla Dozza: sette quelli sventati dai poliziotti penitenziari nell’anno in corso, uno solo riuscito, quello dell’altra notte. "Nelle carceri italiane ci si uccide 11 volte di più rispetto all’esterno - attacca Desi Bruno - e inevitabilmente, anche alla Dozza, le condizioni di superaffollamento influiscono in modo negativo sulla qualità della vita dei detenuti e anche delle guardie (che sono sotto di 200 unità) e sugli standard di sicurezza. Sono troppe le cose che non funzionano in via del Gomito: ci sono due soli mediatori culturali per 1.060 detenuti, uno psicologo, uno psichiatra. Il rischio suicidario è purtroppo elevatissimo e bisogna fare di più sul piano della prevenzione. Per non parlare dell’impianto di riscaldamento, che funziona poco e male: l’ho potuto constatare io stessa in una visita alla Dozza venerdì scorso". Secondo il garante, il rischio di suicidio è particolarmente elevato fra le persone in attesa di giudizio, alla Dozza i tre quarti della popolazione carceraria. "Servono investimenti sulle strutture ma soprattutto sulla prevenzione dei rischi di suicidio - dice il garante - e lo ripeterò, ancora una volta, al comitato locale per l’area dell’esecuzione penale esterna presieduto dalla vicesindaco Scaramuzzino". (La Repubblica, 25 novembre 2008)
Morte per cause da accertare: 24 novembre 2008, Carcere di Vicenza
Abdelmijd Kachab, tunisino 22enne, è ritrovato morto ieri mattina nella sua cella all’interno della casa circondariale S. Pio X. Sarebbe deceduto per cause naturali. L’allarme è stato dato intorno alle 8. La Polizia Penitenziaria, che è stata allertata, ha subito avvisato il Pubblico Ministero di turno Angela Barbaglio, la quale si è recata in carcere per un sopralluogo. All’interno della cella non c’era nulla che potesse essere collegato in maniera diretta alla morte. Il magistrato ha dato il nulla osta per la rimozione della salma, ha aperto un fascicolo per la disgrazia ed ha disposto l’autopsia che verrà eseguita nei prossimi giorni. Solo dopo sarà dato l’assenso ai funerali; nel frattempo è stata avvisata la famiglia, e deve ancora essere deciso se le esequie saranno celebrate in Italia o più probabilmente in Tunisia. Kachab, che aveva avuto problemi con la droga, apparentemente non soffriva di particolari disturbi. Da qualche tempo era ristretto nella sezione dei detenuti comuni. La procura vuole comprendere se nel decesso possano esserci responsabilità di terzi, vista la giovane età della vittima. (Giornale di Vicenza, 25 novembre 2008)
Suicidio: 26 novembre 2008, Carcere di Ancona
Andreas R., detenuto tedesco di 30 anni, si impicca in cella. Muore dopo alcuni giorni di coma. L’uomo si trovava in carcere con l’accusa di tentato omicidio aggravato da futili motivi, come presunto accoltellatore di un romeno di 24 anni, aggredito il 10 agosto scorso a Osimo. La salma è a disposizione dell’autorità giudiziaria, in particolare del pm Andrea Belli. La procura si è già informata con il consolato tedesco, perché l’uomo in Italia non ha parenti che possano reclamare le spoglie. Abiterebbe infatti a Berlino la madre del trentenne che, ad Osimo, aveva alcuni amici. Ieri erano andati a visitarlo in ospedale e invece hanno appreso della sua morte. L’uomo era stato arrestato dai carabinieri con l’accusa di avere accoltellato alla gola un romeno di 24 anni davanti alla chiesa di San Marco in pieno centro storico a Osimo. I militari avevano sorpreso il presunto aggressore - difeso dall’avv. Nicoletta Pelinga - nell’area dell’ex Foro Boario e lo avevano bloccato anche per porto abusivo di armi. Nel suo zaino era stato trovato un coltello che presumibilmente era stato usato per colpire. Da qualche tempo, Andreas era seguito in carcere da alcuni psichiatri. Nella serata di sabato il trentenne ha messo in atto i suoi propositi e si è attaccato alle sbarre con un lenzuolo. L’allarme è scattato dopo l’intervento degli agenti penitenziari. Immediato l’intervento del personale del 118 e il trasporto in ospedale dove ora il trentenne è in fin di vita. (Corriere Adriatico, 27 novembre 2008) Interrogazioni parlamentari dell’On. Rita Bernardini (Ri-Pd) Camera dei Deputati - Seduta n. 88 del 18.11.2008
Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che: il 15 novembre scorso è deceduto nel carcere di Pesaro, Villa Fastiggi, un detenuto di 40 anni di nazionalità albanese; il corpo dell’uomo è stato trovato accasciato a terra e il tentativo dei soccorritori di rianimarlo sono risultati vani, il malore ha causato un arresto cardiocircolatorio; l’uomo doveva scontare una pena legata a piccoli reati; nel giro di pochi giorni questo è il secondo decesso avvenuto all’interno del carcere di Villa Fastiggi; all’inizio della scorsa settimana una detenuta italiana di 40 anni è morta accanto alla compagna di cella dopo essere stata colta da malore, anche in questo caso il primo referto medico ha parlato di arresto cardiocircolatorio -: quanti siano i decessi avvenuti nel carcere di Pesaro Villa Fastiggi negli ultimi 3 anni e quali le cause; quanti siano i detenuti nel carcere di Villa Fastiggi e se anche questo carcere si trovi in condizioni di sovraffollamento; se sia stata avviata una indagine conoscitiva sui decessi che avvengono nelle carceri italiane; se non ritenga urgente verificare le vere cause dei decessi che avvengono all’interno delle carceri italiane e intervenire per scongiurarne il ripetersi di altri.
Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che: il 15 novembre scorso è deceduto nel carcere di Viterbo un detenuto, Emiliano Leonetti di anni 35; le cause del decesso sono ignote; secondo i dati diffusi dall’ufficio del Garante dei detenuti del Lazio, dall’inizio dell’anno nelle carceri del Lazio sono stati 17 i decessi (16 erano detenuti e 1 era agente di polizia penitenziaria); nel 2007 i decessi sono stati 11 e nel 2006 sono stati 10; dal 13 settembre 2008, su 6 decessi avvenuti nelle carceri del Lazio, 5 sono per cause ancora da accertare; quelli deceduti quest’anno sono tutti uomini: sei sono stati i suicidi (compreso l’agente di polizia penitenziaria), quattro i decessi per malattia, sette quelli da accertare o non accertati. I decessi sono avvenuti a Regina Coeli (cinque), Rebibbia (cinque), Viterbo (quattro), Velletri e Frosinone; le condizioni delle carceri del Lazio sono di grave sovraffollamento, così come in tutta Italia -: se sia a conoscenza della grave emergenza in corso nelle carceri italiane e in particolare dell’incremento dei decessi all’interno delle carceri del Lazio; se non ritenga necessario avviare ispezioni e verifiche sulle cause dei decessi nelle carceri del Lazio per scongiurare il ripetersi di altri episodi; a quanto ammonti il numero del sovraffollamento nelle carceri del Lazio.
Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che: lo scorso 10 novembre 2008, nel carcere delle Vallette di Torino, è morto Hamid Driss, un ragazzo marocchino di 20 anni. Gli agenti della polizia penitenziaria hanno trovato il suo corpo riverso sul pavimento della cella con, vicino, un sacchetto di nylon e una bomboletta di gas, di quelle da campeggio. Secondo alcune notizie di stampa non è chiaro se il decesso è stato causato da un gesto suicida o a causa di una eccessiva inalazione del gas per fini di stordimento; Hamid Driss è morto nel padiglione B, dove ci sono circa 520 detenuti, il doppio della capienza prevista; il 26 luglio scorso un ragazzo di Piossasco, Manuel Eliantonio, di 22 anni, era morto nel carcere di Genova in circostanze analoghe; il suo corpo è stato trovato nel bagno con vicino una bomboletta del gas; poco tempo prima aveva scritto una lettera drammatica alla madre con scritto tra le altre cose: "Qui mi ammazzano di botte, mi riempiono di psicofarmaci, mi ricattano, sto male". Anche in questo caso dalla casa circondariale avevano lasciato intendere che la causa del decesso era stata determinata "forse da un incidente" (La Stampa - Cronaca di Torino, pag. 59); il sito www.ristretti.it riesce a svolgere un encomiabile lavoro di monitoraggio con un dossier costantemente aggiornato sui suicidi e le morti in carcere dal 2000 al 2008, dossier realizzato esclusivamente su base volontaristica in base alle notizie dei giornali, delle agenzie di stampa, dei siti internet, delle lettere che l’associazione Ristretti Orizzonti riceve sia dai volontari che dai parenti dei detenuti -: quanti siano i casi di decessi analoghi a quello avvenuto il 10 novembre nel carcere di Torino; se si conoscano gli esiti delle inchieste della magistratura sui decessi analoghi a quelli su menzionati e quali provvedimenti sono stati presi per scongiurarne altri; quali misure intenda mettere in atto per fronteggiare la grave situazione del sovraffollamento del carcere di Torino; quali verifiche siano state fatte riguardo quanto scritto da Manuel Eliantonio alla madre prima del decesso riguardo le violenze subite nel carcere di Genova; quale sia la situazione per il 2008 dei decessi in carcere e se non ritenga che la sezione "statistiche" del sito del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria debba contenere anche notizie aggiornate almeno mensilmente su questo aspetto classificato dallo stesso Dap sotto la voce "eventi critici" del "Pianeta Carcere".
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