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"Morire di carcere": dossier maggio 2007 Suicidi, assistenza sanitaria disastrata, morti per cause non chiare, episodi di overdose
Continua il monitoraggio sulle "morti di carcere", che nel mese di maggio registra 8 nuovi casi: 5 suicidi, 2 morti per malattia e 1 omicidio.
Suicidio: 17 maggio 2007, Carcere di Marassi (Genova)
Roberto Conte, 43 anni, originario di Como, tossicodipendente detenuto nella sezione "a rischio" del carcere di Marassi, si impicca utilizzando delle lenzuola di carta. L’uomo, in attesa di giudizio, si trovava in carcere per la ricettazione di un assegno di 2.500 euro. "Si trattava di un soggetto psichiatrico - spiega Salvatore Mazzeo, direttore del carcere -; veniva perciò controllato ogni 15 minuti. Aveva vestiti monouso e lenzuola di carta, ma è riuscito comunque a togliersi la vita". "Un dramma che si poteva evitare" - è il commento di Patrizia Bellotto, responsabile per la Cgil - Polizia Penitenziaria. "Il suicidio di questa persona deve pesare sulle coscienze di tutti, ma soprattutto di chi avrebbe dovuto e potuto garantire un nuovo corso al difficile lavoro del poliziotto penitenziario e invece si è reso complice ed ha alimentato un indecente sistema di favoritismi". La Bellotto ricorda inoltre che il 28 aprile scorso "il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, è venuto a Genova, ma ha evitato accuratamente di incontrare i rappresentanti sindacali del personale di polizia penitenziaria probabilmente per evitare di ascoltare le proteste della Cgil che nuovamente avrebbe denunciato l’insostenibile situazione delle carceri a causa, soprattutto, dell’abuso dello strumento del distacco".
Omicidio: 20 maggio 2007, Opg di Montelupo Fiorentino (FI)
Maurizio Sinatti, 42 anni, viene ucciso dal compagno di stanza: sembra che l’omicida avesse minacciato già da qualche giorno il suo compagno di camera "perché era divorziato, e non era un uomo d’onore". Poi, alla fine, domenica sera, fra le 23.30 e mezzanotte, si è consumato il dramma: Maurizio Sinatti sarebbe stato prima colpito dal compagno di stanza, Giuseppe Cascio, con uno sgabello sulla testa e poi finito con una borsa di plastica avvolta attorno al volto. Una scena macabra con schizzi di sangue è quella che si è trovata di fronte l’agente della polizia penitenziaria dell’Opg durante la ronda di controllo al passaggio delle consegne del turno, poco prima di mezzanotte. Sembra che sia stato lo stesso presunto omicida a sollecitare l’intervento della guardia perché "gli dava fastidio il cadavere". Sarebbe trascorsa, così, una decina di minuti prima della scoperta: il corpo di Maurizio Sinatti è stato trovato riverso all’interno della stanza, che è posta all’interno di una delle sezioni detentive dell’Ambrogiana. Per il senese, che pare sarebbe stato dimesso entro pochi giorni, non c’era più niente da fare, se non constatare il decesso. L’uomo non si trovava da molto tempo all’interno della struttura: qui era stato internato dopo che, finita la pena per una serie di piccoli furti legati al disagio sociale che viveva con un passato legato alla droga e poi con i problemi derivanti dall’alcol, gli era stata applicata la misura di pericolosità sociale da parte del Magistrato di Sorveglianza di Siena. Giuseppe Cascio, anche lui all’Opg per pericolosità sociale, è in stato di arresto all’Ambrogiana e la camera adesso è sotto sequestro. I rilievi sono stati condotti dalla scientifica della polizia di Stato di Firenze, mentre il caso è adesso nelle mani del pubblico ministero Gabriele Mazzotta che ha disposto l’autopsia del 42enne. La salma è stata trasferita dall’Opg al dipartimento di medicina legale di Firenze: l’esame autoptico dovrà stabilire la causa della morte, ovvero se Maurizio Sinatti sia deceduto in conseguenza alle botte ricevute con lo sgabello oppure per soffocamento. Ieri le porte dell’Ambrogiana sono rimaste sbarrate per tutta la giornata, con il direttore dell’Opg Franco Scarpa che ha preferito non rilasciare dichiarazioni perché c’è un’indagine della magistratura in corso. Intanto pare che sia stata avviata un’ispezione amministrativa all’interno della struttura da parte del provveditorato, mentre il pm Mazzotta sta decidendo se far portare avanti le indagini dalla Polizia Penitenziaria dell’Opg di Montelupo. Al legale di Maurizio Sinatti, Stefano Borgheresi di Poggibonsi, è toccato avvertire l’ex moglie e la figlia della tragedia avvenuta. "Era un ragazzo debole - ha detto - ma pacifico e non attaccabrighe, non andava a cercarsi problemi". (La Nazione, 22 maggio 2007)
Suicidio: 20 maggio 2007, Carcere di Secondigliano (Napoli)
E. C., 55 anni, ex collaboratore di giustizia, detenuto perché accusato di pedofilia dalla moglie, che gli attribuiva molestie sessuali nei confronti della loro bambina. Recentemente, durante un’udienza del processo, E. C. aveva tentato di aggredire la moglie in aula. L’uomo, in cattive condizioni di salute, era sotto osservazione medica, ma nulla aveva mai lasciato ipotizzare un gesto estremo. Domenica scorsa, poco prima delle 13, gli agenti, che hanno aperto la sua porta per accompagnarlo all’aria, ne hanno scoperto il cadavere appeso all’aeratore in bagno. Secondo l’osservatorio "Antigone" di Dario Stefano Dell’Aquila, ammontano complessivamente a 9, compresi gli ultimi due, i suicidi verificatisi a Secondigliano dal 2003. Sarebbero 22, invece, i decessi per malattia e overdose nello stesso periodo. Va registrato, infine, il cambio di guardia al vertice del penitenziario. (Il Mattino, 28 maggio 2007)
Malattia: 24 maggio 2007, Tribunale di Catanzaro
Giuseppe Cirillo, 68 anni, muore per infarto nell’aula del Tribunale mentre ascolta la sentenza. Venti anni di carcere da scontare, diceva la sentenza che stava ascoltando in aula. E forse proprio quella notizia l’ha fatto stramazzare davanti ai giudici, privo di vita. A comunicare la notizia agli amministratori di Castel San Giorgio la stessa direzione della Casa Circondariale di Catanzaro. Il decesso è avvenuto nel pomeriggio di giovedì, erano esattamente le 14.16, come riferisce al direzione del carcere, presso l’aula di Giustizia. Immediati, quanto inutili i soccorsi. I sanitari hanno solo potuto constatare che l’imputato era deceduto "per arresto cardiocircolatorio" come hanno stabilito i medici. Giuseppe Cirillo si trovava detenuto nella Casa Circondariale di Catanzaro, ed era residente a Castel San Giorgio, in Via Nocelleto, 9. Una vita turbolenta alle spalle, Cirillo era stato tratto in arresto, l’ultima volta, il 30 gennaio 2007. Tempo fa si era sottoposto a un delicato intervento cardiaco dal quale era uscito, ma senza ristabilirsi del tutto. Inoltre, soffriva di diabete e qualche altro acciacco. Insomma, Giuseppe Cirillo era fortemente minato nel fisico. Con un passato burrascoso alle spalle, con arresti e periodi di libertà, e con lunghe e assidue frequentazioni con la malavita calabrese, salernitana e nocerina era stato in libertà un poco ovunque, sino alla fine del 2006. Ma i processi a suo carico, per trascorsi malavitosi non erano finiti. L’ultimo, quello che lo vedeva imputato davanti al Tribunale di Catanzaro il 24 maggio scorso. Le circostanze in cui il decesso è avvenuto non sono note nella loro interezza. Pare sia crollato durante l’udienza per aver saputo che sarebbe tornato in libertà "con fine pena il 20 marzo del 2026", circa fra 20 anni. (Il Mattino, 28 maggio 2007)
Suicidio: 25 maggio 2007, Carcere di Foggia
Vitalij Skripeliov, 24 anni, lituano, si impicca in cella. È accaduto ieri sera nella Casa circondariale di Foggia. A compiere il gesto estremo un ragazzo di appena 24 anni di origine lituana. L’uomo, condannato all’ergastolo, era detenuto dal 2004, quando si rese autore di un duplice omicidio, uccidendo a martellate due suoi connazionali nelle campagne di Torremaggiore. Sconcerto non soltanto tra i detenuti ma anche tra tutto il personale del carcere foggiano. Il 24enne è descritto come una persona molto tranquilla priva di qualsiasi forma di fragilità psichica. L’uomo si è tolto la vita utilizzando un laccio ricavato da una tuta. Ad accorgersi del fatto un compagno di cella che ha tentato di rianimarlo praticandogli un massaggio cardiaco. Il lituano è morto durante il tragitto in ospedale. Era stato condannato all’ergastolo nel 2006 assieme al connazionale Petras Loskutovas, per l’omicidio di Vladimir Sman e Irina Bandurova, anch’essi lituani. La sentenza è arrivata dal Gup del tribunale di Lucera Carlo Chiriaco che ha aumentato le richieste dell’accusa, mosse dal pubblico ministero Santina Lionetti, di 30 anni di reclusione. I due lituani sono stati riconosciuti colpevoli di un duplice omicidio avvenuto il 18 novembre 2004 nelle campagne di Torremaggiore quando furono rinvenuti massacrati i corpi di due persone colpite ripetutamente alla testa con due piccozze da carpentiere. Secondo quanto riferito dall’accusa, i due assassini aggredirono le vittime in piena notte e quindi nel sonno, circostanza che ha provocato le aggravanti sfociate nell’ergastolo, a scopo di rapina perché dal luogo del delitto furono portati via un’automobile, gioielli, soldi, passaporti e telefoni cellulari. L’avvocato difensore, Antonio Dello Preite, si è battuto per il riconoscimento delle attenuanti generiche e specifiche del caso, perché sembra che i due imputati fossero oggetto di riduzione in schiavitù da parte delle vittime, con frequenti pestaggi e costretti a lavorare in condizioni disumane, situazione che ha poi provocato la reazione efferata dei due lituani. (www.teleradioerre.it, 26 maggio 2007)
Suicidio: 25 maggio 2007, Carcere Secondigliano di Napoli
Salvatore Grassonelli, 63 anni, si suicida nel carcere di Secondigliano. L’uomo stava scontando la pena all’ergastolo che gli era stata inflitta dai giudici della Corte d’Assise di Agrigento perché ritenuto responsabile di numerosi omicidi. Secondo i primi accertamenti, si sarebbe tolto la vita impiccandosi con un lenzuolo. Salvatore Grassonelli divenne il capo della mafia di Porto Empedocle dopo la morte del padre, Giuseppe, ucciso nella strage del 21 settembre 1986, che costò la vita anche a Gigi Grassonelli (fratello di Salvatore), Giovanni Mallia, Antonio Morreale, Filippo Gebbia e Salvatore Tuttolomondo. (www.siciliaonline.it, 26 maggio 2007)
Suicidio: 28 maggio 2007, Carcere Rebibbia di Roma
Yan Olszewski, 26 anni, polacco, si impicca nella sua cella del braccio G9: era da 13 mesi in attesa di essere giudicato per un duplice omicidio. A quanto risulta al garante regionale dei diritti dei detenuti Angiolo Marroni, che ha segnalato l’accaduto, l’uomo era entrato in carcere ad aprile 2006 accusato di un duplice omicidio di cui si era dichiarato innocente. In questi mesi a Rebibbia il cittadino polacco - approdato in Italia da cinque anni e con una figlia di sette in Polonia - occupava una cella singola e lavorava come imbianchino. Sempre a quanto risulta al Garante, l’uomo non era sottoposto a particolari misure di sicurezza e non aveva mai chiesto colloqui con gli psicologi e con gli educatori. Ad accorgersi della morte, questa notte stessa, un agente di polizia penitenziaria nel corso di un giro di controllo. "Questa morte è la conferma di come, a volte, i tempi della giustizia possano essere drammaticamente lunghi", ha sottolineato Marroni: "A quanto ci risulta questo ragazzo non aveva manifestato esigenze particolari tali da richiedere sorveglianze speciali, e tuttavia è probabile che il peso di un’accusa di cui si dichiarava estraneo alla lunga lo abbia schiacciato". "Credo che questa morte, in apparenza inspiegabile, conferma ancora di più la necessità da un lato di sveltire i tempi della giustizia e, dall’altro, di approntare misure di supporto psicologico e di accompagnamento per quanti soprattutto in stranieri entrano in carcere. Un mondo duro, difficile, che - ha concluso il garante dei detenuti - può schiacciare chi non è preparato ad affrontarlo". (Apcom, 29 maggio 2007)
Malattia: 29 maggio 2007, Roma (detenzione domiciliare)
Ilio Spallone, 76 anni, il medico condannato a 18 anni e 4 mesi di reclusione per gli aborti clandestini della clinica "Villa Gina", muore per problemi cardiaci dopo soli 2 giorni dalla concessione della detenzione domiciliare per problemi di salute. Si trovava ricoverato in una clinica privata di Roma. Il difensore di Spallone, l’avvocato Gian Michele Gentile, dichiara che in carcere il suo assistito non aveva ricevuto cure adeguate. Fratello di Mario Spallone, il medico di Palmiro Togliatti, Ilio era stato condannato in via definitiva dalla Corte di Cassazione per la vicenda degli aborti clandestini di "Villa Gina", la struttura di cui il medico era uno dei fondatori e proprietari. (Ansa, 31 maggio 2007)
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