Dossier: "Morire di carcere"

 

"Morire di carcere": dossier dicembre 2007

Suicidi, assistenza sanitaria disastrata, morti per cause non chiare, episodi di overdose

 

Continua il monitoraggio sulle "morti di carcere", che nel mese di dicembre registra 4 nuovi casi: 3 suicidi e 1 morte per malattia.

 

Nome e cognome

Età

Data morte

Causa morte

Istituto

Loredana (Paolo)

16 anni

11 dicembre 2007

Suicidio

Agrigento (Comunità)

Vincenzo Fazio

51 anni

18 dicembre 2007

Malattia

Lecce

Artur Lleshi

33 anni

19 dicembre 2007

Suicidio

Padova (C.C.)

Detenuto rumeno

20 anni

27 dicembre 2007

Suicidio

Modena

 

Suicidio: 11 dicembre 2007; Agrigento (Comunità per Minori)

 

All’anagrafe si chiamava Paolo, 16 anni, sesso maschile, nata a Catania, ma lei si sentiva donna, si vestiva da donna, si truccava e si faceva chiamare Loredana. Alcuni anni fa aveva subito maltrattamenti dal padre, faceva una vita sregolata, dormiva di giorno e viveva di notte. La madre non riusciva a sostenerla, con il padre, dopo le violenze subite, non aveva rapporti, era intervenuto il Tribunale dei Minori di Catania.

Sette giorni fa Loredana si è impiccata con il suo foulard preferito dentro la stanzetta della "Comunità Alice", a Marina di Palma di Montechiaro (Agrigento) dove era ospite da tre mesi per essere "recuperata". E per "recuperarla" il Tribunale dei Minori di Catania l’aveva assegnata a una comunità dove era costretta a vivere insieme a 35 ragazzi, tutti maschi, extracomunitari, tunisini, marocchini, algerini tra i 15 e i 17 anni, tutti clandestini arrivati dalle coste nordafricane.

Lei, Loredana, era l’unica "donna" di quella comunità e l’avevano assegnata li "perché nessuno la voleva" dice Linda Lumia, l’assistente sociale del centro che quattro giorni fa, insieme ad altri "ospiti" di "Alice" l’ha accompagnata al cimitero di Assoro (Enna) dove Loredana è stata seppellita. "C’erano la madre e i suoi fratelli, ma nessuno dell’Arcigay, neanche un fiore" sottolinea Linda Lumia che ha dovuto affrontare una situazione incredibile. Ma è mai possibile che un ragazzo, di fatto donna, per essere recuperata sia mandata in una comunità fatta solo di maschi extracomunitari?

L’assistente sociale del centro di accoglienza "Alice" - una bella struttura che sorge a poche centinaia di metri dal mare, con una piscinetta, un campetto di calcio, ottima cucina e stanze da albergo a tre stelle - allarga le braccia e non nasconde la sua impotenza davanti a una situazione del genere finita in tragedia. Dentro il centro Loredana, che "era in prova", non avrebbe avuto problemi di sorta, sostengono i responsabili della struttura, ma gli operatori tentavano comunque di "proteggerla".

"Era la prima volta che ospitavamo in un centro per maschi, una "ragazza" e per lei avevamo allestito - dice Linda Lumia - una stanzetta singola. Aveva in qualche modo la sua privacy, utilizzava il bagno delle donne per le operatrici del centro, mangiava con noi. Era anche contenta perché aspettava con ansia l’inizio del corso professionale per parrucchiera, ma l’altro giorno ha deciso di farla finita".

La Procura di Agrigento ha aperto un’indagine che avrebbe accertato il suicidio ma sta ancora indagando per accertare eventuali responsabilità di altri. Si vuole accertare anche come e perché un ragazzo, di fatto donna, sia finita in quel centro popolato da soli uomini e non in un’altra struttura più adeguata. La notizia del suicidio di Loredana era stata diffusa dal deputato di Rifondazione Comunista, Vladimir Luxuria: "Nonostante l’impegno degli assistenti sociali - dice la parlamentare - la giovane non era in una struttura specializzata ad affrontare i problemi della disforia di genere, soprattutto in una fase delicata come quella adolescenziale.

Occorre attivare una seria politica di inserimento sociale e lavorativo a partire dalla realizzazione di strutture più specifiche e mirate". "Ma dov’era l’Arci Gay quando ho chiesto di darmi una mano?" dice l’assistente sociale Linda Lumia. "È chiaro che la nostra struttura non era certo la più adatta per affrontare una situazione del genere, così delicata e complicata. Ma noi siamo stati gli unici e non buttare fuori Loredana.

Nessuno la voleva, tutti gli altri centri ai quali era stato chiesto di ospitarla hanno detto di no. Loredana aveva "precedenti" era stata ospitata in altri centri da dove era fuggita e dove forse aveva creato qualche problema. Ma noi abbiamo fatto il possibile, abbiamo chiesto anche all’Arci Gay di darci una mano. A parole dicevano che avrebbero fatto qualcosa, ma non si sono mai visti né sentiti". L’assistente sociale che con Loredana aveva stabilito un ottimo rapporto e con la quale si confidava non nasconde le difficoltà incontrate nel gestire quel centro con 35 maschi e una donna.

"Noi abbiamo fatto il possibile e se Loredana si fosse trovata male poteva andarsene in qualunque momento perché in questi centri tutti sono liberi di entrare ed uscire, poteva fare come tanti altri minori extracomunitari che stanno qui o in altri posti un paio di giorni e poi spariscono. Ma non lo aveva fatto, anche perché non aveva dove andare, perché nessuno la voleva".

Prima d’impiccarsi Loredana aveva scritto due lettere, una alla madre e un’altra ad un suo amico con il quale intratteneva una fitta corrispondenza. Fra tre giorni si sarebbe trovata faccia a faccia con suo padre nel processo. "Non posso più vivere così, non ce la faccio più e ho deciso di farla finita...", ha scritto prima di impiccarsi alla finestra della sua stanza vicino alla parete dove aveva affisso un grande poster di Marilyn Monroe. (La Repubblica, 18 dicembre 2007)

 

Malattia: 18 dicembre 2007, Carcere di Lecce

 

Vincenzo Fazio, 51 anni, muore nel carcere di Lecce. La Procura della Repubblica presso il tribunale di Lecce ha aperto un’inchiesta per accertare le cause della morte di un detenuto, Vincenzo Fazio, 51 anni, di origini siciliane, avvenuta ieri nel carcere di Lecce dove si trovava da tre giorni. Il magistrato inquirente, Maria Cristina Rizzo, ha aperto un fascicolo per omicidio colposo e disposto l’autopsia.

In carcere a Catania dal 27 novembre, era stato trasferito il 14 dicembre nell’istituto di pena leccese di Borgo San Nicola, nella sezione di alta sicurezza, su provvedimento del tribunale di sorveglianza. Ieri a mezzogiorno gli agenti sono passati per la distribuzione del pranzo e lo hanno trovato privo di vita nel letto della sua cella. Il referto medico - a quanto si è saputo - parla solo di arresto cardiocircolatorio. A far nascere sospetti al magistrato il fatto che da una prima indagine esterna siano state riscontrate evidenti macchie ipostatiche su tutto il corpo e una spiccata rigidità cadaverica che non concorderebbe con quanto riferito da alcuni sorveglianti i quali avrebbero assicurato di aver visto Fazio vivo solo due ore prima della scoperta del cadavere. (Ansa, 19 dicembre 2007)

 

Unione Generale Del Lavoro. Comunicato del 28 dicembre 2007

 

Dopo il decesso avvenuto al carcere di Lecce di Borgo San Nicola, la Segreteria Nazionale della Ugl Ministeri, scrive al ministro Mastella chiedendo l’immediata attivazione degli interpelli, la rotazione del personale infermieristico della Puglia e l’assunzione dei 90 vincitori di concorso. E’ assolutamente inconcepibile - spiega il Segretario Nazionale di Comparto, Paola Saraceni - che su un organico di 50 infermieri ne prestano servizio appena una ventina di cui 12 parcellisti. Di notte - continua - su 900 reclusi vi è un solo infermiere. Non meravigliamoci poi, quando avvengono tragedie come quella del detenuto morto il 18 dicembre. Intanto il personale infermieristico di Lecce, in una lettera inviata al Dipartimento Penitenziario, declina ogni responsabilità per disservizi dovuti alla carenza organica.

 

Suicidio: 19 dicembre 2007, Carcere di Padova

 

Artur Lleshi, detenuto albanese di 33 anni si uccide impiccandosi. Era accusato con il connazionale Naim Stafa del feroce assassinio a Gorgo al Monticano (Treviso) dei coniugi Guido Pelliciardi e Lucia Comin, il 21 agosto scorso. L’albanese aveva già provato due volte di farla finita, sempre nel carcere di Padova, venendo salvato in entrambi i casi dalle guardie carcerarie del Due Palazzi di Padova. Lleshi, Stafa ed un cittadino romeno che aveva avuto il ruolo di palo in quello che doveva essere un tentativo di rapina, erano stati catturati dai carabinieri 15 giorni dopo il duplice delitto, dopo indagini serrate.

I coniugi Guido e Lucia Pellicciardi erano stati torturati in modo efferato prima di essere giustiziati a colpi di spranga di ferro: da loro i due albanesi volevano ottenere le chiavi di villa Durante, di cui erano i custodi, ma che i Pellicciardi non avevano. Proprio per le modalità con le quali era stato perpetrato il delitto, i tre stranieri erano stati accusati di duplice omicidio con l’aggravante dei futili motivi e della crudeltà. Lleshi e Stafa avevano confessato di aver agito sotto l’effetto della cocaina.

Durante gli interrogatori davanti ai magistrati, Lleshi si era poi detto pentito di quanto aveva fatto, imputando in particolare al complice di averlo obbligato ad assumere la droga per far venir meno in lui ogni scrupolo. Naim Stafa, tra l’altro, si trovava in libertà avendo usufruito del provvedimento dell’indulto. Il delitto dei coniugi Pellicciardi aveva provocato un’ondata di sdegno in tutto il Veneto, e l’efferatezza del crimine aveva portato qualcuno ad invocare la pena di morte per i responsabili di fatti così feroci. Artur Lleshi, il presunto assassino dei coniugi Pellicciardi suicidatosi in carcere a Padova, aveva chiesto perdono per il suo gesto al figlio dell’anziana coppia, Daniele. (Ansa, 20 dicembre 2007)

 

Suicidio: 26 dicembre 2007, Carcere di Modena

 

Detenuto rumeno di 20 anni si impicca con un lenzuolo nella cella dei "nuovi giunti", non parlava italiano e non si hanno ulteriori informazioni sulla sua morte. (Ristretti Orizzonti, 8 gennaio 2008)

 

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