Dossier: "Morire di carcere"

 

"Morire di carcere": dossier agosto 2007

Suicidi, assistenza sanitaria disastrata, morti per cause non chiare, episodi di overdose

 

Continua il monitoraggio sulle "morti di carcere", che nel mese di agosto registra 8 nuovi casi: 4 suicidi, 1 morto per malattia, 1 per cause non accertate, 1 per overdose e 1 per omicidio.

 

Nome e cognome

Età

Data morte

Causa morte

Istituto

Tomas Libiati

27 anni

01 agosto 2007

Non accertata

Pavia

Omar Radouane

31 anni

03 agosto 2007

Overdose

Bolzano

Antonio Cordì

65 anni

05 agosto 2007

Malattia

Locri (RC)

I.A., detenuto egiziano

32 anni

07 agosto 2007

Suicidio

Brescia

Detenuto italiano

40 anni

08 agosto 2007

Suicidio

Vigevano (PV)

Iwala Hycimth

37 anni

20 agosto 2007

Omicidio

Ragusa

Giuseppe Spera

69 anni

28 agosto 2007

Suicidio

Opera (MI)

Biagio Rotondo

60 anni

29 agosto 2007

Suicidio

Lucca

 

Cause da accertare: 1 agosto 2007, Carcere di Pavia

 

Tomas Libiati, 27 anni, viene trovato morto in cella. La visita del medico legale ha stabilito le cause naturali del decesso, escludendo l’ipotesi del suicidio, ma si attende l’esito degli esami tossicologici effettuati nel corso dell’autopsia. (Il Giorno, 3 agosto 2007)

 

Overdose: 3 agosto 2007, Carcere di Bolzano

 

Omar Radouane, 31 anni, tunisino, viene ritrovato morto in cella. Era stato arrestato una settimana prima per il furto di un portafogli. A provocarne il decesso, stando all’autopsia ordinata dalla magistratura e effettuata dall’anatomopatologo Eduard Egarter Figl, sarebbe stato un arresto cardiaco. Nel suo sangue è stata riscontrata un’alta concentrazione di Thc (il principio attivo della cannabis) e di metadone, forse all’origine della morte proprio il micidiale cocktail di queste sostanze. (Alto Adige, 5 agosto 2007)

 

Assistenza sanitaria disastrata: 5 agosto 2007, Carcere di Locri (RC)

 

Antonio Cordì, 65 anni, muore per una grave malattia che lo aveva colpito da tempo. Cordì era detenuto dal 1999 dopo essere stato condannato all’ergastolo nel processo scaturito dall’operazione "Primavera" che all’epoca smantellò i clan Cordì e Cataldo, impegnati da anni in una sanguinosa faida. Negli anni ‘80 Antonio Cordì era stato anche consigliere comunale del Psi a Locri. (Ansa, 6 agosto 2007)

 

Suicidio: 7 agosto 2007, Carcere di Brescia

 

I.A., 32 anni, egiziano, si uccide impiccandosi. Era in isolamento e "sorvegliato speciale". Aveva appena visto il medico: pareva sereno ma ha chiesto un ansiolitico per poter dormire. In cella era finito la settimana scorsa, accusato di aver venduto una dose di cocaina, rivelatasi letale, alla giovane marocchina morta per overdose a Desenzano. I.A., egiziano di 32 anni, era stato arrestato dopo essere stato male a sua volta: era finito al pronto soccorso dell’ospedale di Manerbio. Martedì nel tardo pomeriggio il giovane si è suicidato nel carcere di Verziano. Il giovane nordafricano l’ha fatta finita impiccandosi alla porta della cella, sfruttando un quarto d’ora tra la visita del medico e il giro di controllo degli agenti di polizia penitenziaria.

Dopo l’arresto il 32enne era stato prezioso per le indagini, aveva deciso di collaborare: in cella erano finiti altri due trafficanti, acquirenti di parte della cocaina tagliata con tropocaina in circolazione nel Bresciano, che aveva fatto temere ci fosse sulla piazza una partita all’atropina. Il giovane egiziano preso dopo il ricovero all’ospedale aveva scelto di rispondere alle domande del pm Paolo Savio. La sua collaborazione aveva fatto scattare il trasferimento al carcere di Verziano, in una cella singola. L’egiziano era tenuto in regime di stretto isolamento, vietato qualsiasi incontro con altri detenuti. Il 32enne era anche sotto stretto controllo della polizia giudiziaria, ma deve aver studiato tempi e ritmi per mettere in atto il suo piano.

Martedì nel tardo pomeriggio l’occasione. Il 32enne aveva appena visto il medico, che lo ha descritto come sereno anche se un po’ preoccupato per la sua famiglia e per il futuro. Al medico il giovane ha chiesto un ansiolitico perché aveva qualche problema a dormire. Uscito il medico dalla cella il 32enne ha preso l’unica "corda" disponibile: le lenzuola sono di carta, ma è riuscito a strappare il cordino di una tenda. Si è appeso alla porta della cella. Gli agenti lo hanno trovato morto, asfissiato. L’egiziano non ha lasciato alcun biglietto e sulla scelta di farla finita si possono solo fare ipotesi: il rimorso per la morte della giovane o la paura per la sua famiglia? (Giornale di Brescia, 10 agosto 2007)

 

Suicidio: 8 agosto 2007, Carcere di Vigevano

 

Un detenuto italiano di 40 anni si uccide impiccandosi. L’uomo, stava scontando una pena residua di un anno. Si trovava in infermeria, per un precedente malessere, quando si è impiccato, forse con un lenzuolo. (Il Giorno, 9 agosto 2007)

 

Omicidio: 20 agosto 2007, Carcere di Ragusa

 

Iwala Hycimth, 37 anni, nigeriano, muore nell’infermeria della Casa Circondariale di Ragusa per le conseguenze di una violenta lite, il pomeriggio di domenica, con un compagno di cella, il ghanese Amadou Dampha, 19 anni. La vittima era stata medicata all’Ospedale Civile, ma aveva rifiutato il ricovero e a tarda sera era ritornato in carcere. Per disposizione del pm Monica Monego stamane verrà eseguita l’autopsia. Questa volta la morte si è materializzata al di là delle sbarre della casa circondariale di contrada Pendente nel capoluogo ibleo, incredibile epilogo di una lite fra due extracomunitari di colore, scoppiata nel tardo pomeriggio di domenica, testimoni altri due detenuti ospiti della stessa cella del braccio "giudiziario". In comune la vittima, il nigeriano Iwala Hyacimth di 37 anni, e l’aggressore, il ghanese Amadou Dampha di 19 anni, avevano il tipo di espiazione di pena: condanne per spaccio, rimediate rispettivamente dai giudici di Roma e Milano. Erano arrivati da poco al carcere di Ragusa. Non avevano mai dato fastidio.

Domenica pomeriggio il violento litigio. Iwala Hyacimth, che aveva la peggio, veniva trasferito in Ospedale, al Civile. Dai sanitari del Pronto soccorso gli venivano curate ferite varie, veniva sottoposto ai controlli di routine, e veniva ricoverato, piantonato, in Medicina, con una prognosi di 20 giorni. Ma poco prima della mezzanotte l’extracomunitario esternava la decisione di rientrare in carcere. Le sue condizioni sembravano non preoccupanti. Firmava il foglio di dimissione e ritornava in ambulanza nuovamente in contrada Pendente. Ieri mattina, intorno alle 6.30, l’inatteso epilogo. Iwala Hyacimth, dopo una crisi violenta, spirava. Veniva informata la Procura della Repubblica nella persona del sostituto, dottoressa Monica Monego, che avviava le indagini del caso, fissando per stamane (dottor Vincenzo Cilia), all’Ompa, l’autopsia. Per Amadou Ampha, posto in cella di isolamento, scattava il gravissimo reato di omicidio volontario. È assistito, di fiducia, dall’avv. Daniele Scrofani. Oggi o domani l’interrogatorio del gip. Dovrà essere ricostruita la tragica lite. Saranno importanti le testimonianze degli altri due detenuti testimoni. (La Sicilia, 21 agosto 2007)

È stata eseguita dal medico legale Vincenzo Cilia, su disposizione del Pm Monica Monego, l’autopsia sulla salma del detenuto nigeriano deceduto a causa delle ferite riportate a seguito di una lite con un suo connazionale. La lite avvenuta domenica all’interno della struttura carceraria di contrada Pendente, sarebbe scoppiata per un futile motivo: la scelta di un programma televisivo. Secondo quanto emerso dall’autopsia, la morte sarebbe avvenuta per collasso cardiocircolatorio a seguito delle lesioni provocate dal compagno di cella. L’uomo infatti è stato violentemente colpito con calci e pugni. (La Sicilia, 24 agosto 2007)

 

Suicidio: 28 agosto 2007, Carcere di Opera (MI)

 

Giuseppe Spera, 69 anni, si uccide nel carcere di Opera (Milano), dove si trovava rinchiuso da alcuni mesi. L’uomo viene stato trovato impiccato nella sua cella. Giuseppe Spera, originario di Belmonte Mezzagno (Palermo), aveva 69 anni, ed era, come hanno confermato i carabinieri del Comando provinciale del capoluogo isolano, fratello di Benedetto, il boss ritenuto "fedelissimo" di Bernardo Provenzano, arrestato nel gennaio del 2001 dopo una lunga latitanza. Giuseppe Spera, allevatore di bestiame, era stato arrestato il 25 gennaio 2005 nell’ambito dell’operazione antimafia "Grande mandamento" con l’accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso. Nel primo pomeriggio di ieri gli agenti della polizia penitenziaria del carcere milanese di Opera lo hanno trovato impiccato nella sua cella. (Asca, 29 agosto 2007)

 

Suicidio: 29 agosto 2007, Carcere di Lucca

 

Biagio Rotondo, 60 anni, ex collaboratore di giustizia, si impicca nel bagno di una cella d’isolamento del penitenziario di San Giorgio soli cinque giorni dopo il suo arresto. All’origine del gesto estremo, sintomo di una profonda depressione, problemi di natura personale e familiare indicati in una serie di lettere ritrovate nella sua prigione.

Missive che saranno consegnate alla compagna, alla figlia e ad altri conoscenti tra cui due magistrati che avevano seguito il suo travagliato percorso giudiziario. Nel testo solo un minimo accenno, per ribadire la sua innocenza, sul suo ultimo arresto.

Biagio Rotondo nato a Roma e da diversi anni residente nell’Oltreserchio, venerdì scorso era stato arrestato dalla mobile. Accusato di favoreggiamento per aver ospitato un evaso - Luigi Sacripanti, 53 anni, di Ascoli Piceno, in regime di semi libertà e anche lui ex collaboratore di giustizia - e soprattutto di detenzione di un revolver: una P38 trovata nelle pertinenze del locale. Un’arma con matricola abrasa, in perfette condizioni e con cinque proiettili nel tamburo. Per la squadra mobile - che da mesi stava svolgendo accertamenti anche attraverso intercettazioni telefoniche - l’arresto di Rotondo rientrava nell’ambito di un’inchiesta su una gang dedita alle rapine.

L’ex collaboratore di giustizia, entrato nel programma di protezione alla fine degli anni Ottanta dopo aver commesso vari reati in Lombardia e Liguria, era stato interrogato l’altro giorno dal gip Alessandro Dal Torrione. Era apparso tranquillo. Niente e nessuno avrebbe sospettato quanto stava covando nella sua mente. Per esigenze di giustizia - nel carcere lucchese è rinchiuso anche l’altro arrestato dell’inchiesta - era stato sistemato in isolamento in attesa che il coimputato venisse trasferito in un altro penitenziario.

A trovarlo ormai cianotico è stata una guardia carceraria. Erano le 14 di giovedì quando l’agente di polizia penitenziaria ha bussato alla sua cella chiamandolo per nome. Non ricevendo risposta ha aperto lo spioncino dal quale non si vede però il bagno attiguo. È entrato e fatti pochi passi la macabra scoperta: il ristoratore penzolava dalla finestra sopra il gabinetto. Aveva legato alle grate della finestra il lenzuolo del suo letto formando una sorta di cappio che si era legato attorno al collo.

Era poi salito sulla tazza del water e si era lasciato cadere. I soccorsi sono stati immediati quando inutili. Per Biagio Rotondo non c’era più nulla da fare. La morte è avvenuta per soffocamento. Ma per chiarire tempi e modalità il magistrato di turno Fiorenza Marrara lunedì farà eseguire l’autopsia. È stato incaricato dell’esame necroscopico il dottor Di Paolo. Al termine il cadavere sarà restituito per le esequie alla compagna del ristoratore che per 15 anni ha vissuto con lui. (Il Tirreno, 1 settembre 2007)

 

Accusò i Ros, pentito suicida in cella

 

Ha atteso che il suo compagno di cella lo lasciasse solo, poi, ha riposto una lettera scritta il giorno prima sul tavolino, ha annodato le lenzuola alla sbarra e si è impiccato. È finita così, lo scorso 29 agosto nel carcere di Lucca, l’esistenza di Biagio Rotondo, 59 anni, precedenti per rapine, il pentito che ha dato il via a una delle inchieste più scomode degli ultimi anni.

Quella aperta nel ‘97 dal sostituto procuratore di Brescia Fabio Salamone, lo stesso che a più riprese, negli stessi anni, aveva chiesto, senza riuscirvi, di portare a processo l’attuale ministro Antonio Di Pietro. Il filone, però, nel 2001 è stato trasferito dalla Cassazione per competenza al tribunale di Milano. L’accusa sostiene come il Reparto operativo speciale dei Carabinieri (il Ros), dagli inizi degli anni ‘90 abbia inventato una serie di blitz antidroga per fare carriera e, in alcuni casi, per spartirsi coca e denari. A iniziare dall’attuale numero uno dei Ros, il generale Giampaolo Ganzer, all’epoca dei fatti comandante della sezione responsabile delle operazioni antidroga.

Ma tra la quarantina di imputati, c’è anche un’intera squadra investigativa in servizio a Bergamo, diversi fedelissimi di Ganzer e anche un pm antimafia, Mario Conte, oggi trasferito a Brescia. Accuse pesantissime, che vanno a vario titolo dall’associazione a delinquere al falso, per finire al riciclaggio e al traffico di stupefacenti.

"Non vi ho mai tradito", ha esordito nella sua ultima lettera il pentito, rivolgendosi ai pm di Milano, ma anche a Salamone, che avevano sempre creduto nelle sue confessioni, Rotondo era stato arrestato il 24 agosto con l’accusa di detenzione abusiva di armi e ricettazione. Durante un controllo a sorpresa, era stata rinvenuta una vecchia pistola nascosta in un tovagliolo fuori dal ristorante in cui aveva ottenuto un lavoro da cameriere, mentre scontava una precedente condanna agli arresti domiciliari.

"Confermo che tutto quello che ho detto corrisponde a verità - ha scritto riferendosi alle dichiarazioni che hanno dato la stura alle indagini - ritrovarmi in carcere senza aver fatto nulla è per me insopportabile". Rotondo si rammarica poi del fatto che la nuova detenzione lo avrebbe portato alla "perdita di tutto quanto ha costruito con amore e speranza". "Vi scrivo - conclude rivolto ai magistrati - per farvi sapere che non vi ho mai tradito". La missiva è stata letta ieri in aula, davanti al collegio dell’ottava Sezione penale di Milano, dal pm Luisa Zanetti, che così ha dato la notizia del suicidio. A lanciare ombre sul suicidio, sempre ieri è stato il legale del pentito, Mario Di Ielsi: "Si sentiva incastrato", ha affermato l’avvocato, facendo intendere che l’arresto effettuato quasi un mese fa appariva in realtà più come una trappola. Il legale ha riferito che nella lettera inviata ai magistrati milanesi, Rotondo ha proclamato la propria innocenza riguardo alle accuse che pochi giorni prima del suicidio lo avevano riportato in carcere. Dal punto di vista processuale, però, non cambia nulla. Le sue dichiarazioni saranno comunque utilizzabili: verranno considerate "atto non ripetibile", come prevede il codice. (La Repubblica, 21 settembre 2007)

 

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