Dossier: "Morire di carcere"

 

"Morire di carcere": dossier gennaio 2006

Suicidi, assistenza sanitaria disastrata, morti per cause non chiare, episodi di overdose

 

Continua il monitoraggio sulle "morti di carcere", che nel mese di gennaio registra 3 nuovi casi: 2 suicidi e 1 morte per malattia.

 

Nome e cognome

Età

Data morte

Causa morte

Istituto

Paolo Landolfi

23 anni

18 gennaio 2006

Suicidio

Piacenza

Antonino Molè

78 anni

26 gennaio 2006

Malattia

Secondigliano (NA)

L.C., cittadino italiano

63 anni

27 gennaio 2006

Suicidio

San Vittore (MI)

 

Suicidio: 18 gennaio 2006, Carcere Le Novate di Piacenza

 

Paolo Landolfi, 23 anni, si impicca in una cella del carcere "Le Novate" di Piacenza. Il suicidio è avvenuto verso mezzogiorno, nel momento in cui il detenuto che divideva con lui la cella era assente per l’udienza di un processo. P.L. era entrato in carcere soltanto il giorno prima, dopo che gli erano stati revocati gli arresti domiciliari presso una comunità di recupero per tossicodipendenti. (Ristretti Orizzonti, 19 gennaio 2006)

 

Assistenza sanitaria disastrata: 26 gennaio 2006, Carcere di Secondigliano (NA)

 

Antonino Molé, 78 anni, cardiopatico e affetto da due tumori, muore mentre è ricoverato nell’infermeria del carcere di Secondigliano. Un mese fa i suoi difensori, Gregorio Cacciola, di Rosarno, e Lumeno dell’Orfano, di Napoli, avevano presentato un esposto alla Procura della Repubblica del capoluogo partenopeo chiedendo l’accertamento delle responsabilità connesse alla mancata scarcerazione di Molé, malgrado la gravità delle sue condizioni di salute.

La Procura della Repubblica, secondo quanto hanno riferito i difensori di Molé, sulla base dell’esposto avrebbe avviato un’inchiesta. Secondo quanto si è appreso, Molé, nel maggio del 2004, aveva ottenuto gli arresti domiciliari, ma il beneficio gli era stato revocato dopo che l’uomo aveva violato una delle prescrizioni impostegli dall’autorità giudiziaria. (Giornale di Calabria, 27 gennaio 2006).

 

Muore in carcere a 78 anni: 10 persone indagate

 

Dieci persone sarebbero indagate nell’ambito dell’inchiesta aperta dalla Procura di Napoli dopo la morte nel carcere di Secondigliano, di Antonino Molé, di 78 anni, considerato il capo dell’omonima cosca di Gioia Tauro. Molé, cardiopatico e affetto da due tumori, è morto mentre era ricoverato nell’infermeria del carcere. A renderlo noto è stato il difensore di Molé, l’avv. Gregorio Cacciola, a giudizio del quale "il caso di inumano ed incivile spessore" del suo assistito "dovrà far riflettere e tanto e non solo sul povero Molé, ma su moltissimi casi simili ove il bene costituzionale della salute non può e non deve essere confuso con il peso e l’obbligo della pena giudiziaria.

Probabilmente - ha aggiunto Cacciola - l’inchiesta appena aperta, e anche con rapidità, si risolverà in una bolla di sapone, ma quanto meno nutriamo la speranza che tale caso di incivile giustizia farà da monito a tutti coloro i quali saranno chiamati a pronunciarsi sull’assistenza e cura del detenuto che dovranno quanto meno avere l’equilibrio ed il buon senso di distinguere la responsabilità dell’uomo dalla patologia che lo affligge e, per quest’ultima, assicurare che l’intervento non possa e non debba mai sconfinare nel senso disumano della condizione di recluso e della pena da espiare".

Cacciola ha quindi ripercorso la vicenda sanitaria di Molé, affetto da tempo, ha sostenuto, da cardiopatia ischemica con triplice bay pass aorto-coronarico e da vasculopatie. Molé ottenne i domiciliari nell’aprile 2003 su disposizione del Tribunale di sorveglianza di Napoli. Il 2 luglio 2004, per una trasgressione agli obblighi, il Tribunale revocò il beneficio. "Nonostante l’ulteriore aggravarsi nel tempo delle condizioni di salute - ha sostenuto Cacciola - con due neoplasie gravi nonché diverse e reiterate crisi cardiache trattate con ulteriore pace maker, a Molé sono state reiteratamente negate tutte le istanze ad ottenere finanche una detenzione ospedaliera extra muraria.

La direzione sanitaria del carcere di Secondigliano, il 20 settembre 2005 ed il 30 settembre 2005, documentava una situazione di assoluta incompatibilità carceraria, mentre 7 giorni dopo, incredibilmente, segnalava la perfetta compatibilità nonché la possibilità di cura con il ricovero ospedaliero al momento del bisogno. Per tale contraddittoria relazione, è stato presentato un esposto". "Molé - ha proseguito il difensore - veniva poi sottoposto ad un viaggio carcerario, sia pure in ambulanza, tanto negligente quanto inutile da Napoli a Messina dove veniva "posteggiato" presso il Centro clinico di Gazzi ove il dirigente sanitario sconsigliava qualunque trasporto ulteriore per gravi ragioni di salute.

La direzione sanitaria del carcere di Messina verificava la gravissima situazione patologica aggiungendo che si trattava di un caso evidente ed inconfutabile di incompatibilità con il regime carcerario. Nonostante ciò, Molé veniva ritrasferito a Secondigliano, dove moriva qualche giorno dopo, nonostante l’ennesima segnalazione al Magistrato di sorveglianza di Napoli che Molé era ormai prossimo alla morte. "Molé - ha concluso il suo difensore - non solo non è mai stato neanche ospitato da alcun centro clinico sanitario serio, in regime carcerario, non solo è stato sbattuto da un carcere all’altro contro documentati pareri sanitari, ma addirittura è stato completamente ignorato". (Giornale di Calabria, 11 febbraio 2006)

 

Suicidio: 27 gennaio 2006, Carcere San Vittore di Milano

 

L.C., detenuto italiano di 63 anni, si uccide nel carcere di San Vittore a pochi giorni dalla scadenza dei termini della custodia cautelare. Era detenuto dall’agosto scorso dopo aver minacciato ripetutamente la moglie con un coltello e aver tentato di suicidarsi. Secondo il suo legale, soffriva di sindrome delirante, ma il gip aveva respinto la richiesta di arresti domiciliari sulla base di una perizia per la quale l’uomo era curabile in carcere. Martedì scorso, davanti al tribunale, era cominciato il processo, ma dopo la deposizione della moglie e dei due figli, era stato disposto il rinvio al 30 gennaio prossimo. L’8 febbraio sarebbero scaduti i termini della custodia cautelare e l’uomo sarebbe tornato libero. Non è riuscito ad aspettare e si è impiccato in cella. "Forse - ha commentato il legale, Doriana Martini - si sarebbe potuto fare qualcosa di più per aiutarlo ad uscire dalla sindrome delirante di cui soffriva". (Il Giorno, 27 gennaio 2006)

 

 

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