Dossier: "Morire di carcere"

 

"Morire di carcere": dossier dicembre 2005

Suicidi, assistenza sanitaria disastrata, morti per cause non chiare, episodi di overdose

 

Continua il monitoraggio sulle "morti di carcere", che nel mese di dicembre registra 13 nuovi casi: 6 suicidi (58 dall’inizio dell’anno), 2 decessi per cause da accertare, 2 per malattia, 2 per overdose e 1 omicidio.

 

Nome e cognome

Età

Data morte

Causa morte

Istituto

Mario Manfredi

52 anni

03 dicembre 2005

Omicidio

Crotone

Pasquale Maravalli

40 anni

04 dicembre 2005

Malattia

Regina Coeli (RM)

Mario Melis

52 anni

07 dicembre 2005

Suicidio

Cagliari

C. B., detenuto italiano

34 anni

09 dicembre 2005

Overdose

Bologna

Mihai Varga Lingurar

27 anni

10 dicembre 2005

Suicidio

Padova (C.C.)

Michelangelo Pravatà

68 anni

15 dicembre 2005

Suicidio

Spoleto

R. O., detenuto italiano

36 anni

16 dicembre 2005

Suicidio

San Vittore (MI)

Lorenzo Di Padova

44 anni

17 dicembre 2005

Malattia

Cuneo

Piero Bertagni

41 anni

17 dicembre 2005

Suicidio

Genova

Romeo Cantoni

37 anni

24 dicembre 2005

Non accertate

La Spezia

P.F., detenuto italiano

37 anni

26 dicembre 2005

Overdose

Como

Gaetano Maggio

34 anni

30 dicembre 2005

Suicidio

Lecce

Daniele Salvatore

34 anni

30 dicembre 2005

Non accertate

Bologna

 

Omicidio: 3 dicembre 2005, Carcere di Crotone

 

Mario Manfredi, 52 anni, detenuto in regime di semilibertà, è stato ucciso da un commando proprio davanti al cancello del carcere, dove stava rientrando intorno alle otto e mezzo di sabato sera. Dodici i colpi di pistola calibro 9 esplosi dagli assassini che subito dopo hanno abbandonato l’auto e l’hanno bruciata. Si tratta di un’Audi A4 che è stata rubata nel settembre scorso a Crotone.

La sera del 3 dicembre, come al solito, lasciata la S.S. 106 stava percorrendo a piedi la stradina che porta all’edificio. Gli agenti di custodia avvertono il crepitio di alcuni colpi di pistola, il rumore di un’auto che sgomma e si allontana a forte velocità. Il corpo di Mario Manfredi giace riverso sul selciato privo di vita. Cosi avanza di un’altra tappa la sanguinosa guerra di mafia che da qualche anno insanguina il crotonese, pensano subito gli inquirenti.

Curiosamente è da constatare che la necessità di dover rispettare precisi orari da parte dei detenuti in regime di semilibertà li espone facilmente al rischio di cadere vittima dei propri avversari. Così, nel 2003 la morte a colpi di lupara di Mario Francesco Garofalo, di Pagliarelle di Petilia (kr) avvenne mentre stava facendo ritorno alla casa circondariale di Passovecchio a bordo della sua Opel "Astra"; anch’egli era detenuto in regime di semilibertà con l’obbligo di rientro serale in carcere. (Area Locale, lunedì 5 dicembre 2005)

 

Assistenza sanitaria disastrata: 4 dicembre 2005, Carcere di Regina Coeli (RM)

 

Pasquale Maravalli, 84 anni, muore all’Ospedale S. Spirito di Roma. Recluso a Regina Coeli per un grave reato commesso anni fa (un omicidio), ha passato gli ultimi mesi in un letto del Centro Clinico del carcere, accudito dagli altri detenuti e dagli agenti di polizia penitenziaria, fino a quando un aggravamento delle sue condizioni lo ha portato rapidamente alla morte, all’ospedale Santo Spirito di Roma. Da tempo l’anziano, con diverse patologie in atto, era costretto a scontare la propria pena in un letto del Centro Clinico del carcere romano.

"Ormai quella degli anziani in carcere sta diventando una vera e propria emergenza nell’emergenza", ha detto Marroni che la settimana scorsa aveva denunciato un altro caso, quello di un 85enne che a Regina Coeli sta scontando una condanna di 8 mesi per false generalità e porto abusivo di un coltello. A quanto risulta dal Garante, nel centro clinico di Regina Coeli sono ricoverati anche un detenuto tetraplegico proveniente da Avellino e un malato psichico arrestato per un reato commesso una quindicina di anni fa. "Occorrono misure e strutture alternative alla detenzione, che mancano fuori dal carcere - ha detto Marroni - è questo a prescindere dalla gravità dei reati commessi. Il carcere non può essere la sola risposta a queste situazioni, sicuramente però è quella più facile. Ma forse occorre riflettere su quanto possa essere ancora considerato pericoloso per la società un anziano affetto da una decina di patologie e da mesi immobilizzato in un letto di un carcere". Per informazioni il garante dei detenuti Angiolo Marroni è reperibile al numero 335.7389654. (Ufficio del garante regionale dei detenuti, 6 dicembre 2006)

 

Suicidio: 7 dicembre 2005, Carcere di Cagliari

 

Mario Melis, 40 anni, cagliaritano, si impicca con un laccio delle scarpe. Gli agenti di Buoncammino lo trovano privo di conoscenza, coperto con un lenzuolo e con il laccio stretto attorno al collo. La corsa fino all’ospedale Santissima Trinità, il ricovero nel reparto di Rianimazione con una diagnosi che parlava di principio di strangolamento, poi quello che era parso un miglioramento: la terapia sembrava aver avuto buon esito. Il quarantenne, sieropositivo e affetto da epatite, era stato trasferito in una stanza del reparto Infettivi, sorvegliata ventiquattro ore su ventiquattro dalla polizia penitenziaria. Qui, nei giorni scorsi, la situazione è precipitata: il paziente è morto ieri poco dopo le 13, dopo tre giorni di ricovero.

A Buoncammino, Mario Melis era entrato tre mesi fa: ne sarebbe uscito fra un anno. Il 10 agosto scorso era stato bloccato dai carabinieri in via Flavio Gioia, con nove dosi di cocaina, due di eroina e quattro di metadone: accusato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, era stato arrestato. Poco dopo, la condanna: fine pena, aveva stabilito il giudice, dicembre 2006. Un termine che Mario Melis ha preferito non aspettare. "Era un detenuto molto tranquillo", racconta il direttore del carcere cagliaritano, Gianfranco Pala: "Mai dato problemi, mai manifestato segnali di malessere che potessero far sospettare intenzioni suicide. A causa delle sue precarie condizioni di salute, dovute a una lunga dipendenza dall’eroina e a infezioni da Hiv e Hcv, era tenuto sotto costante controllo". Mario Melis non era l’unico ospite di Buoncammino in ricovero al Santissima Trinità: nell’ospedale di via Is Mirrionis risultano ancora ricoverate due persone in regime di detenzione. Occupano due stanze guardate a vista dagli agenti penitenziari.

Suicidio? Morte dovuta alle infezioni in corso? Quando qualcuno muore in carcere, niente sembra essere scontato. A Buoncammino non ci si attendono grosse sorprese dagli esami necroscopici: quantomeno, però, si tratta di capire il ruolo che il principio di strangolamento può aver svolto in un quadro clinico già seriamente compromesso.

Le cronache giudiziarie, a proposito di morte in carcere, hanno consegnato alla storia alcuni casi ancora non chiari a dispetto di anni di indagini, ricerche, accertamenti. Il più celebre, riportato di recente agli onori delle cronache da due interrogazioni parlamentari ancora in attesa di risposta, è quello di Aldo Scardella: incarcerato vent’anni fa con l’accusa di aver partecipato a una rapina, il giovane cagliaritano venne trovato morto in cella con tracce di metadone nel sangue, senza che mai fosse stata accertata una sua tossicodipendenza. Ma sono morti misteriose anche quelle, più recenti, di Sergio Fadda, Claudio Camba e Claudio Murgia. Il primo, un giovane cagliaritano che scontava a Buoncammino una condanna per ricettazione, morì il 16 settembre 2001; il secondo, anch’egli in cella per ricettazione, morì la notte fra il 17 e il 18 ottobre dello stesso anno nel carcere di Iglesias; il terzo fu trovato senza vita tre giorni dopo a Buoncammino. Gli esperti nominati dal magistrato si trovarono nell’impossibilità di stabilire con certezza le cause dei decessi dovuti o a un sovra dosaggio di farmaci oppure a un cocktail di antidepressivi e medadone, alcol, fumo, oppure addirittura a gas propano aspirato dalle bombolette per i fornelli: qualche mese fa, in un’aula del palazzo di giustizia, hanno spiegato che la causa era la mancanza di reperti istologici per le analisi cliniche. (L’Unione Sarda, 11 dicembre 2005)

 

Overdose: 9 dicembre 2005, Carcere di Bologna

 

C. B., detenuto italiano di 34 anni, muore per overdose nel reparto Penale del carcere della Dozza. Era appena rientrato da un permesso, è stato trovato morto nel letto della sua cella. Nel giugno 2004, un altro detenuto dello stesso reparto si toglieva la vita in circostanze analoghe, dopo il rientro da un permesso. Nella stessa settimana, una donna bosniaca si suicidava nel reparto femminile.

Questi episodi testimoniano come la situazione nella casa circondariale sia da tempo difficilmente controllabile. Il carcere ospita più del doppio dei detenuti previsti (oltre la metà di nazionalità straniera, tossicodipendenti ed in attesa di giudizio definitivo), gli organici della polizia penitenziaria sono ridottissimi e, nonostante l’aggravio dei turni di lavoro, non si riesce ad assicurare la gestione regolare della Struttura. Le critiche condizioni igieniche, sanitarie ed alimentari del carcere interessano sia i detenuti che gli operatori penitenziari e i volontari che prestano la loro attività nell’Istituto. Questo episodio gravissimo è accaduto durante lo sciopero degli organi di informazione e, nel silenzio dell’Amministrazione Penitenziaria, qualche notizia è trapelata soltanto nella giornata di ieri. (Il Domani, 11 dicembre 2005)

 

Suicidio: 10 dicembre 2005, Carcere di Padova (Casa Circondariale)

 

Mihai Varga Lingurar, 27 anni, romeno, si impicca in cella usando un paio di pantaloni. Due settimane fa era stato arrestato dalla polizia dopo aver massacrato di botte, assieme a un connazionale, Sandro Storelli, cinquantaduenne funzionario della Confederazione nazionale degli artigiani ed ex assessore del Comune di Belluno. La tesi del suicidio sarebbe stata confermata dall’autopsia compiuta ieri pomeriggio da Massimo Puglisi, medico della polizia scientifica. Sul cadavere di Lingurar sarebbe stato trovato un solo livido, al collo, compatibile con la dinamica del suicidio. Non sarebbero stati individuati altri segni tali da alimentare il sospetto di una morte violenta. Non è stato trovato alcun biglietto.

A dare l’allarme sono stati i compagni di cella che non vedendo più uscire dal bagno l’immigrato alle tre hanno deciso di aprire la porta. Lingurar aveva legato un paio di pantaloni sottili, come quelli di lino, a una inferriata della finestra e poi aveva fatto un cappio stringendolo al collo. Quindi si era lasciato scivolare in avanti. Il decesso, per asfissia, era arrivato dopo alcuni minuti. Gli agenti della polizia penitenziaria hanno provveduto a compiere i rilievi e ad informare il pubblico ministero Antonella Toniolo che ha autorizzato la rimozione del cadavere. Sul caso stanno comunque indagando gli investigatori della Squadra mobile che la sera del 28 novembre scorso avevano arrestato lo straniero e che stanno aspettando che Storelli esca dal coma farmacologico per interrogarlo. (Il Gazzettino, 13 dicembre 2005)

 

Suicidio: 15 dicembre 2005, Carcere di Spoleto

 

Michelangelo Pravatà, 68 anni viene trovato morto, impiccato, nella sua cella in regime di 41bis. Arrestato un anno fa, con l’accusa di associazione mafiosa ed estorsione, si è ucciso alla vigilia della sentenza del giudizio abbreviato, fissata per oggi a Palermo. Per Pravatà, la pubblica accusa, rappresentata dal magistrato Michele Prestipino, aveva chiesto al giudice per l’udienza preliminare la condanna a 14 anni di carcere. Sono stati contestati i rapporti con il superlatitante Bernardo Provenzano e con il suo ex braccio destro Antonino Giuffrè, oggi collaboratore di giustizia. Gli inquirenti trovarono poco dopo l’arresto di Giuffrè alcuni bigliettini, detti in gergo "pizzini", scritti proprio da Pravatà. Il boss mafioso che si è ucciso nella cella in cui era detenuto sotto il regime del 41bis, negli anni ‘70 avrebbe ospitato, durante la latitanza, Provenzano nella zona di Roccapalumba. A finire in manette insieme a Pravatà, il 16 luglio 2004 erano stato anche il fratello di quest’ultimo, Domenico, i fratelli Salvatore, Gioacchino e Giuseppe Umina e Carmelo Umina, figlio di Gioacchino. Quello di Michelangelo Pravatà è il terzo suicidio "eccellente" di quest’anno: prima di lui avevano scelto la stessa fine Francesco Pastoia, arrestato con l’accusa di essere un fiancheggiatore di Provenzano e Giuseppe Balzano, ai vertici della famiglia mafiosa di Monreale. (La Nazione, 16 dicembre 2005)

 

Suicidio: 16 dicembre 2005, Carcere di San Vittore (MI)

 

R. O., 36 anni, di Merate, si impicca con un lenzuolo alle sbarre della cella. A fare la macabra scoperta del cadavere sono state le guardie carcerarie; i sanitari non hanno potuto che constatarne il decesso. R. O. si trovava rinchiuso nel carcere di San Vittore di Milano con l’accusa di reati contro il patrimonio. Questa notte con un lenzuolo l’uomo, sposato e con residenza in Via Como, ha deciso di farla finita e ha legato il telo all’inferriata della finestra e poi attorno al collo. Si è lasciato cadere, morendo soffocato o per la rottura dell’osso: a stabilirlo sarà l’autopsia, che probabilmente il magistrato disporrà nei prossimi giorni. (Merate on-line, 17 dicembre 2005)

 

Assistenza sanitaria disastrata: 17 dicembre 2005, Carcere di Cuneo

 

Lorenzo Di Padova, 44 anni, muore per malattia. La notizia non viene ripresa da nessun mezzo di informazione e, al momento, non conosciamo altri dettagli sulla vicenda, se non questi che ci sono pervenuti in redazione via mail, ma accompagnati da un numero di telefono per le verifiche del caso. (Ristretti Orizzonti; lettera firmata per la redazione, 30 dicembre 2005)

 

Suicidio: 17 dicembre 2005, Carcere di Genova

 

Piero Bertagni, 41 anni, genovese, si è ucciso nel carcere di Marassi, dove scontava una condanna a 20 anni per l’omicidio dell’ex fidanzata Paola Toma. La scoperta è stata fatta ieri alle 17.45 dal compagno di cella di Bertagni, che lo trovato in bagno, impiccato, appeso alla finestra con una corda ricavata da materiali diversi, forse da tute. Secondo la direzione del carcere, la corda non è stata ricavata da indumenti o materiali proprietà del detenuto o a lui assegnati. Il fatto è avvenuto tra le 17.30 e le 17.40, mentre il compagno di cella assisteva a un programma tv. L’intervento del 118 è stato immediato. L’uomo all’arrivo dei soccorsi era ancora vivo, la morte è avvenuta, nonostante i tentativi di rianimazione, durante il trasporto in autoambulanza, quando la vettura stava uscendo dal carcere. Bertagni era titolare di un negozio di integratori alimentari a Genova - Rivarolo. Era stato condannato per avere massacrato nel retrobottega a colpi di mazza in testa la propria ex fidanzata e amica di infanzia Paola Toma, nel luglio 2004. Era stato sorpreso dalla polizia stradale in una piazzola di sosta in autostrada all’altezza di Savona, con il cadavere della donna in un sacco. Dell’omicidio non aveva mai dato una spiegazione. (Il Secolo XIX, 18 dicembre 2005)

 

Cause non accertate: 24 dicembre 2005, Carcere di La Spezia

 

Romeo Cantoni, 37 anni, muore in carcere la notte tra il 23 e 24 dicembre 2005. "Oggi sarebbe dovuto uscire, per andare a San Patrignano, invece le sue ceneri sono state messe in un loculo alla presenza del figlio di 10 anni. Romeo è morto per cause "naturali", ma restano i dubbi sulla celerità e modalità dei soccorsi. Vi chiedo aiuto per poter dire a suo figlio che è stato fatto l’impossibile per salvarlo, come succede in una società civile… eviterò invece di raccontargli i soprusi, le umiliazioni, le botte e le ingiustizie adottate nelle carceri italiane per correggere ed educare chi ha sbagliato. (Ristretti Orizzonti; lettera firmata per la redazione, 28 dicembre 2005)

 

Overdose: 26 dicembre 2005, Carcere di Como

 

P.F., 37 anni, italiano tossicodipendente, era uscito dal carcere di Como per trascorrere il Natale con i parenti a Verbania, ma è morto per una overdose di eroina. A trovarlo privo di vita la sorella, nella cui abitazione era ospite. Il sopralluogo e gli esami di un medico-legale hanno stabilito che la causa del decesso era da attribuire ad una dose eccessiva di eroina. (Ansa, 28 dicembre 2005)

 

Suicidio: 30 dicembre 2005, Carcere di Lecce

 

Gaetano Maggio, 34 anni, si impicca il 30 dicembre nella cella del carcere di Borgo San Nicola, dove si trovava rinchiuso per una rapina compiuta nel Barese. Per togliersi la vita avrebbe usato la cintura dei pantaloni. L’allarme è stato dato da un agente penitenziario, e con l’ambulanza del 118, il detenuto è stato trasportato in ospedale, il Vito Fazzi di Lecce, dove è però giunto cadavere. Della vicenda è stato informato il magistrato di turno, il sostituto Gianni Gagliotta. (Ansa, 2 gennaio 2006)

 

Cause non accertate: 30 dicembre 2005, Carcere di Bologna

 

Daniele Salvatore, 34 anni, muore dopo aver accusato un malore nella sua cella del carcere bolognese della Dozza. L’uomo era in carcere per scontare una pena per rapina diventata definitiva. Il Pm Stefano Orsi ha affidato al medico legale Anna Vercelli l’autopsia. I familiari di Salvatore, assistiti dall’avv. Settimio Biondi, hanno nominato un loro consulente medico legale, la dottoressa Laura Sabatini.

In particolare i familiari vogliono appurare se i soccorsi al loro congiunto sono stati tempestivi. Per ora le ipotesi sulle cause del decesso sono diverse: una pregressa cardiopatia che potrebbe aver provocato l’arresto cardiaco, anche se non sarebbe stato un infarto e i familiari riferiscono di non essere stati a conoscenza di problemi cardiaci; il rigurgito di un bolo alimentare che potrebbe aver provocato un soffocamento. Il magistrato ha anche disposto analisi tossicologiche.

La cella occupata da Salvatore è stata perquisita ma, comunque, non sono state trovate tracce di stupefacenti. La moglie era andata in visita all’uomo poche ore prima del decesso e lo aveva trovato sereno e in buone condizioni fisiche. Salvatore, originario di Taranto, era stato arrestato più volte per rapina. L’ultimo arresto da parte dei carabinieri era avvenuto nell’agosto scorso: era sospettato insieme ad altri due complici di aver messo a segno diversi colpi tra Bologna e provincia. Al momento dell’arresto era latitante da due mesi, dopo che si era allontanato dai servizi sociali cui era stato affidato in prova. (Ansa, 2 gennaio 2006)

 

 

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