Vibo Valentia: il nostro inferno

 

Chi non ha soldi non può neanche curarsi

 

Gazzetta del Sud, 12 novembre 2002

 

Dalla protesta del giovane marocchino alla visita del senatore Nuccio Iovene, alle lettere di denuncia. Non c'è pace tra i detenuti della Casa circondariale di Vibo Valentia. Questa volta sono usciti allo scoperto quelli della sezione alta sorveglianza i quali hanno inviato una lettera direttamente all'avvocato Giovanni Marafioti, colui il quale ha seguito da vicino la protesta dell'extracomunitario rimasto sul tetto di un edificio del penitenziario per ben 24 ore allo scopo di richiamare l'attenzione sulla «cattiva gestione della struttura carceraria». In questo caso i sottoscrittori della lettera non chiedono un avvocato di fiducia per portare avanti le loro ragioni, ma un intervento politico forte. Marafioti, infatti, ricopre l'incarico di responsabile provinciale del Dipartimento giustizia di Forza Italia.

Nella lettera, contrariamente alle precedenti proteste, i detenuti si soffermano maggiormente su dieci punti che vanno dalla mancanza di dialogo con il comandante alla pessima gestione della Casa circondariale. «Per parlare con il direttore o, il comandante, è come vincere all'Enalotto. Ma quando il colloquio avviene il direttore ci dà del tu, e questo capita a giovani e meno giovani, e non risponde al nostro saluto.

Inoltre – scrivono i detenuti – cambiare cella è quasi impossibile. Queste richieste, che dovrebbero essere una cosa normale soprattutto quando c'è incompatibilità tra compagni, non vengono nemmeno prese in considerazione. Ma è ancora più grave quando uno chiede di cambiare perché non sopporta il fumo, e invece si trova in cella con due compagni che fumano più di ottanta sigarette al giorno, compreso la notte. In cella siamo in tre e pure in quattro, però abbiamo la disponibilità solo di due armadietti e qualche pentolino dove si può cucinare qualcosa per una sola persona; è vietato comprare pentole più grandi».

Nella loro lettera all'esponente politico di Forza Italia, i detenuti ribadiscono ancora: «Siamo costretti a fare la doccia a giorni alterni, oltretutto chi la fa per ultimo rischia di farla fredda. Il prodotto disinfettante per la doccia viene utilizzato con il contagocce e ciò ci provoca funghi fastidiosi da curare». Altro problema che i detenuti mettono in evidenza riguarda i colloqui con i propri familiari: «Col nuovo ordinamento penitenziario dovrebbero avvenire senza barriere, invece queste continuano a separarci dai nostri cari e ci vietano persino un abbraccio. Il carcere di Vibo dispone pure di un'area verde che non viene utilizzata e sappiamo quanto gioverebbe ai bambini psicologicamente fare un colloquio con il padre o un fratello all'aria aperta». Altri aspetti sui quali i firmatari della lettera si soffermano riguardano il vitto e l'assistenza sanitaria. «Per quanto concerne il primo aspetto i cibi che ci vengono mandati da casa settimanalmente (soprattutto formaggi e carne, il pesce purtroppo è vietato) sono avvolti in pellicole trasparenti, come se fosse pasto per i cani». Relativamente alla sanità, invece rivelano: «Il detenuto malato che non ha i soldi per comprarsi le medicine non si può curare. Il dentista è un miraggio e quando ciò avviene i denti vengono solo estratti e non curati, ciò nel totale disinteresse del dirigente sanitario e del direttore».

Altre denunce riguardano le condizioni della struttura e come la stessa viene utilizzata: «Il carcere dispone pure di un bellissimo cinema-teatro, della biblioteca e forse della palestra. Di questa non siamo mai riusciti a sapere se esiste veramente, ma pensiamo di sì. Tutte queste cose tranne la palestra funzionano quando c'è qualche visita di qualche autorità». E ancora: «Mancano circa cento prodotti di acquisto rispetto ad altre Case circondariali come Reggio, Cosenza e Palmi».

In ultimo i detenuti si soffermano sulla socialità: «Siamo chiusi vent'ore al giorno, e ciò quando c'è bel tempo, perché se piove diventano ventiquattro su ventiquattro perché non possiamo fare le ore d'aria sotto la pioggia. La copertura del cortile non è sufficiente a ripararci. La socialità la facciamo due volte a settimana di un'ora e mezza alla volta in saletta e a gruppi di quindici. In tutti gli altri istituti viene fatta nelle celle e il detenuto sceglie con chi farla».

L'avv. Marafioti, ricevuta la lettera firmata dai detenuti di 25 celle ha subito interessato del caso gli organismi regionali e nazionali di Forza Italia. «La protesta è condivisibile. Questo è il sintomo che i detenuti hanno voglia di reinserimento; la società civile non può e non deve ignorarli. Abbiamo di fronte a noi delle persone che sono assistite nella loro detenzione dal principio costituzionale della presunzione d'innocenza e da un principio cardine dell'ordinamento penitenziario: umanità e rispetto della dignità della persona. Su questa problematica coinvolgeremo l'intero partito. È una battaglia di civiltà».

 

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