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Carcere rovente e incivile. Protesta dei detenuti "Buoncammino? Come in Turchia"
L’unione Sarda, 24 agosto 2003
"Come potete voi potenti ipocritamente criticare le carceri turche se qui a Cagliari siamo a pari livelli?". Si chiude così la lettera uscita, non per posta, dal carcere di Buoncammino. È scritta a mano, in stampatello, firmata da 63 detenuti e indirizzata agli Egregi direttori dei quotidiani sardi. Il "postino" pretende l’anonimato, è la mamma di un giovane detenuto che chiameremo M.P., mamma postina. Teme ritorsioni sul figlio, ma denuncia: "Quel posto non è per cristiani". La spiegazione è su quei due fogli scritti con cura, due cartelle di dolore e disperazione. "L’igiene personale è paurosa, una sola doccia la settimana", "guai avere un qualsiasi malore durante la notte", "le cartucce gas non ci vengono più date regolarmente tre volte a settimana... in questo modo ci obbligano a mangiare il vitto del carcere, la sbobba, e guai a lamentarsi: si rischia il rapporto disciplinare, la denuncia, del tipo in celle isolate lisce con il pavimento in cemento e nudi". E ancora: "Le cellette sono da fare paura a chiunque: piccolissime, affollatissime e senza pavimento. caldo di questa stagione ci sta distruggendo; desideriamo un semplice bicchiere di acqua fresca". Segnalano poi che una cella 4 metri per 4, pavimento di cemento, vivono 6 detenuti. Coliche, mal di cuore, mal di denti, ti serve un antidolorifico? Devi fare domandina (tradotto: compilare apposito modulo). Due giorni dopo avrai le medicine. Vuoi un paio di scarpe? Devi fare "domandina". Il gas per cucinare non viene più distribuito da quando un disperato l’ha usato per andarsene all’altro mondo. Ci sono anche guardie bravissime, aggiunge M.P., ma sono comunque poche. E terribile è pure il racconto della la procedura dei colloqui con i familiari. Ce n’è uno a settimana, il giorno varia, chi non può pazienza. "L’ultima volta ero lì alle 4 del mattino, undicesimo posto - racconta M.P. -. Il primo segna i nomi su un foglio, ma alle 8 la guardia mette fuori i numeretti come quelli del supermercato: è ressa, ci si picchia per avere quel numero". Verso le 8.30 cominciano le procedure per entrare: perquisizioni ("Dobbiamo toglierci anche la fede. A un bambino di due anni hanno tolto il ciuccio per paura nascondesse qualcosa"), poi per due ore si rimane chiusi in 40 in un andito senza acqua, senza sedie, senza bagni ("Una bambina si è fatta la pipì addosso, la guardia ha sgridato la mamma"). Arriva il colloquio: detenuto e familiari separati da un tavolo di marmo, sopra passeggiano formiche, a giorni blatte. "Così non li stiamo aiutando - conclude la mamma postina -. Li stiamo aiutando a peggiorare".
"Buoncammino senza dignità". Blitz di Gabriella Pinto: non c’è nemmeno la doccia
Per entrare a Buoncammino si suona il campanello. Il portone grigio si apre, per qualche minuto nell’androne non si vede nessuno. Potremmo avere con noi una bomba a mano, ma siamo una deputata del Parlamento (Gabriella Pinto di Forza Italia) e una giornalista, quindi nessuna bomba. Dalla stanza a destra, zeppa di monitor, esce una guardia: "Documenti prego". Chiedono il motivo della visita: "Voglio verificare le condizioni di questo carcere - risponde l’onorevole -. Non ci metto piede dal 1994". I cancelli si aprono: sta esercitando la sua funzione di parlamentare della Repubblica italiana. Condizioni immutate, rileva il deputato alla fine della visita. Visita lunga, dura una mattina intera: un colloquio con il direttore del carcere, Luigi Magri, che la accompagna al reparto destro maschile, poi alla sezione femminile. Il deputato dalla lunga chioma bionda, in tailleur bianco e tacchi, butta anche un naso in biblioteca: "Ricordo tutto, non è cambiato nulla: stessi pavimenti mai sistemati, stessi fili scoperti in corridoio, stesse celle troppo piccole, troppo affollate: non stupiscono i tanti suicidi". Perché in quasi 10 anni non è successo nulla? "Il nuovo direttore, di Napoli, è qui da poco tempo - dice Gabriella Pinto -. Ha presentato progetti interessanti, però: la costruzione di un campo di calcetto, al posto di quei piccoli spazi di cemento dove si cammina durante l’ora d’aria; sostituire i fornelli a gas con quelli elettrici; costruire una doccia in ogni cella, visto che ora ne esistono solo 4 per piano... è tanto se un detenuto riesce a lavarsi una volta a settimana". Un altro obiettivo è quello di togliere dalle sale colloquio il marmo che separa reclusi e familiari: il regolamento prevede non ci sia più, ma a Cagliari c’è. Gli sguardi dell’onorevole interrompono anche il pranzo di sei detenuti. "Erano seduti attorno a un piccolo tavolo, il caldo è tanto che quasi nessuno indossa la maglietta. C’è giusto lo spazio per alzarsi e sedersi da un’altra parte, ma se si cammina uno per volta. In bagno, nei lavandini, ci sono bottiglie di acqua e mozzarelle, sotto il rubinetto aperto. È l’alternativa al frigorifero che non c’è". Buoncammino è un condominio che ospita 420 detenuti, di cui 17 donne (i dati sono di ieri, variano di giorno in giorno). Eppure il carcere potrebbe ospitarne solo 319 ("regolamentari", li chiama il Ministero della Giustizia) e tollerarne fino a 456. Questi numeri sono però cambiati, dal 2001 a oggi. Secondo l’indagine sulle carceri in Sardegna, pubblicata tre anni fa dal Consiglio regionale, la struttura poteva reggere 178 detenuti, ne poteva tollerare 235 e la capienza massima era di 316. Nel frattempo non sono state costruite nuove celle, quindi i criteri del ministero sono cambiati, accusa Bruno Asuni, volontario che conosce bene Buoncammino. Da volontario chiede come si possa, in queste condizioni, "assicurare un trattamento penitenziario conforme ad umanità e rispetto della dignità della persona, come si legge nella legge 354 del ‘75 e dal regolamento 230 del 2000". Semplice, non si può. Il ministro della Giustizia Roberto Castelli assicura che si costruiranno nuove carceri. Francesco Carboni, deputato Ds, non ci crede. "I fondi per costruirne, nell’ultima Finanziaria, non sono destinati alla Sardegna". Ma da Alghero, Castelli ha detto che prima si devono fare i progetti, poi si troveranno i fondi. "È un metodo singolare, questo: che il ministro prima voglia vedere i progetti - taglia corto Carboni -. La verità è che non ci sono soldi e non ce ne saranno, né per costruire nuove carceri, né per consentire ai detenuti di lavorare o vivere in condizioni dignitose". I problemi nascono anche per mancanza di personale, aggiunge Michele Cossa, deputato del gruppo misto eletto con i Riformatori. Anche Cossa non condivide l’idea del Guardasigilli, su un altro punto. "Tanti dei problemi che i detenuti denunciano in quella lettera (pubblicata ieri dall’Unione Sarda) sono verosimili e quotidiani, dovuti a inadeguatezza dell’organico". Il caldo esaspera tutto, "anche perché se i detenuti tollerabili sono 360, la media di questa estate ha raggiunto le 470 persone". È urgente quindi sfollare il carcere. Ma come? "Si può fare in poco tempo. Nel carcere di Quartucciu c’è un’ala vuota, che si presta benissimo alle attività di recupero dei tossicodipendenti. Ho anche firmato un’interrogazione parlamentare sul tema, qualche settimana fa". Risposte? Per ora nessuna.
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