|
"Io, un professore nell’inferno del carcere"
Il Messaggero, 5 maggio 2003
Due suicidi, una rivolta, un’evasione. Tre giorni dopo, il nuovo lutto di Rebibbia è già sepolto, metabolizzato, digerito. Tutto come prima. Vista da fuori la galera torna a essere un posto in cui si vive e non quello in cui, sempre più spesso si muore, magari appesi ad una striscia di lenzuolo. È successo il primo maggio. Impiccati. Un ragazzo di 20 anni, che doveva scontare poco più di un anno e un minorato psichico "incompatibile con la detenzione". Era un "Maggio Selvaggio" anche quello di 5 anni, fa quando Edoardo Albinati trasformò gli appunti di un anno di scuola in un libro. "Non fu un’esperienza dettata da uno scopo letterario - tiene a chiarire oggi lo scrittore romano - e dal 1994 che insegno lettere all’Istituto tecnico interno a Rebibbia". D’allora Albinati ha scritto altri libri, mentre ogni giorno rivive la stessa condizione. Passa da fuori a dentro, dalla realtà, all’irrealtà della galera.
Scusi
professore, ma Rebibbia non era un carcere-modello?
E
allora?
C’è un altro modo per comunicare il proprio disagio che non sia suicidarsi? "I modi di comunicare sono diventati talmente rari che i detenuti fanno sempre più uso dell’autolesionismo. Si tagliano le vene, inghiottiscono lamette, pile. Oppure fanno lo sciopero della fame o si cuciono le labbra, per simboleggiare questo loro disperato mutismo. La violenza che prima si esprimeva con le rivolte ora si è come introflessa: si fa del male a se stessi. Il carcere rimane una pena corporale diluita nel tempo. Dovrebbe avere la funzione di risocializzare, toglie tutto ciò che di socializzante c’è: lavoro, affettività, rapporto col prossimo. Lavora solo un detenuto su 10, agli altri resta l’ozio. Nella totale disumanità degli spazi, anche 6 o 8 per cella".
Quando
i detenuti escono rimane in contatto con loro?
Che cosa si fa concretamente per reinserirli? "Niente. A volte un detenuto esce dalla porta di Rebibbia, anche dopo 10 anni, e non sa neanche come e dove prendere la metro. La maggioranza riparte da zero, anzi da sottozero".
|