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I "Fatti di Biella" del luglio 2000
Fonte: Associazione "Nessuno Tocchi Caino"
La mattina del 5 luglio 2000, il detenuto Gian Luca Filippi, difeso dalla dott.ssa Elettra Veronese del Foro di Biella, viene tradotto dal Tribunale di Biella, ove si era tenuta udienza, al locale carcere. Filippi dice di essersi lamentato, già durante il tragitto, che le manette gli stavano lacerando la pelle ai polsi, ma che nessuno gli diede retta; sostiene ancora che, una volta dentro le mura carcerarie, nel cortile più interno, al momento di farlo scendere dal blindato, veniva buttato a terra; su di lui si accanivano gli agenti della scorta e altri accorsi dall'interno per dare man forte: erano tre o cinque, non li vedeva bene, perché aveva la testa china per parare i colpi infertigli. Lo picchiano a sangue, gli fratturano le costole, lo prendono a calci in faccia, lo portano nel corridoio dell'Ufficio Matricola, dove continua il pestaggio; poi lo richiudono nella "cella liscia" (completamente priva di oggetti di arredamento), dove resta fino a circa le 15.00. In seguito gli agenti sosterranno che aveva tentato di fuggire.
Il giorno 12 luglio 2000, il legale di Filippi deposita presso la Procura della Repubblica di Biella, per conto del suo assistito, una dettagliata denuncia in merito all'accaduto. Egli dice, inoltre, di essersi recato in infermeria appena uscito dalla "cella liscia", ma che il medico non volle refertare nulla di quanto vedeva, anzi disse che non vedeva alcuna lesione. E così la vicenda viene ad innestarsi in un' indagine appena iniziata. Pochi giorni prima, infatti, la Procura Generale di Torino aveva fatto pervenire alla Procura della Repubblica di Biella copia di una denuncia sporta da parte di un detenuto ristretto presso il carcere di quella città, nella quale si narra dei pestaggi avvenuti la notte del 25 giugno 2000, facendo nomi e fornendo particolari, nonché parlando di altri episodi che confermerebbero la "sistematicità" di tali soprusi. E' questo il motivo che, in quei giorni, ha portato in visita a Biella il Procuratore capo della Procura Generale di Torino, dottor Antonino Palaja. Altro motivo che dà origine all'indagine è un provvedimento del Consiglio di Disciplina interno allo stesso carcere, mandato per conoscenza alla procura di Biella, solo il giorno prima che il Filippi presentasse la sua denuncia; nell'ambito di quel provvedimento viene esaminato l'episodio del 25 giugno 2000 e si traggono conclusioni circa la presenza tra le guardie di "elementi violenti", chiedendo alla Procura di indagare. Sulla scia di quanto fatto dal Filippi, altri detenuti sporgono denuncia, tramite il medesimo legale, e così l'indagine si estende a macchia d'olio. Il numero degli indagati sale a 23 e risultano coinvolti componenti dell'intera gerarchia della Polizia penitenziaria e del personale medico. Tutti i carcerati interessati vengono trasferiti in altre strutture carcerarie, principalmente in quella di Ivrea. Nel frattempo, l'inchiesta prosegue e si estende anche ad altre carceri, tra cui Vercelli, Novara e Verbania. Tutti i denuncianti e le persone indicate come a conoscenza dei fatti vengono sentiti dalla Procura di Biella, in carcere o presso il Palazzo di Giustizia: effettuano riconoscimenti fotografici e forniscono dettagli e particolari della vicenda del 25 giugno, nonché di altri episodi analoghi. Dalla lettera inviata alla Procura Generale di Torino apprendiamo alcuni particolari. La vicenda del 25 si inserisce nel clima di protesta dei detenuti delle carceri italiane finalizzato a sollecitare il Parlamento a prendere provvedimenti circa l'amnistia e l'indulto. Nel corso di quella notte, nella sezione del 3°piano A, i detenuti protestano per la loro condizione; alcuni vengono individuati dagli agenti e, poco dopo, vengono prelevati dalle celle; l'unico italiano viene picchiato già in sezione, per dare un esempio; poi, insieme a quattro extracomunitari, viene portato nella zona della "cella liscia"; qui vengono sistemati in celle separate e iniziano i pestaggi. Vengono richiamati in caserma agenti che non erano in servizio e vengono usati anche gli idranti. Per quanto riguarda le indagini, come si è detto, vi sono denunce anche nei confronti del personale medico: due medici sono sotto inchiesta per aver subordinato l'invio di detenuti in ospedale alla previa dichiarazione di "essere caduti dalle scale". A oggi, non sembra che si sia ancora arrivati a formulare rinvii a giudizio.
Quest'oggi sono venuta in possesso - ha dichiarato la dottoressa Elettra Veronese - di una denuncia olografa, redatta da un detenuto extracomunitario, che narra di un episodio gravissimo verificatosi nello scorso mese di maggio nel carcere di Biella. L'ho ricevuta solo ora, in quanto l'autore si trova presso altro carcere. Nei prossimi giorni provvederò a depositarla presso la locale Procura della Repubblica.
16 ottobre 2000 Dichiarazione della dottoressa Elettra Veronese del Foro di Biella
Ho seguito l'indagine fin dai suoi albori, offrendo il mio aiuto agli inquirenti. Sono stata il mezzo attraverso cui molti detenuti hanno potuto, finalmente senza paura, far sapere alle Autorità cosa stava accadendo, da anni, nelle carceri. Le testimonianze che ho ascoltato e raccolto sono agghiaccianti, di episodi dove la dignità umana è stata calpestata, dove non v'è stata alcuna pietà per le sofferenze che venivano inferte ai carcerati. La Procura e il sindacato della polizia penitenziaria manifestano il timore che la vicenda possa essere strumentalizzata, condivido tale preoccupazione, ma confido appieno nell'operato della magistratura che si è solertemente attivata. Auspico da parte del nostro Governo l'adozione di provvedimenti tesi a garantire che episodi di tal genere non abbiano più a verificarsi e che, prestando un occhio vigile ed attento ai fatti denunciati, impedisca che il tutto si risolva in una bolla di sapone.
Elettra Veronese
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