Misteriosa
fine di un giovane detenuto a Buoncammino
Dramma
di una madre che va a trovare il figlio in carcere
e scopre che è all’obitorio "Suo figlio non è in cella, è morto"
L’unione
Sarda, 17 luglio 2002
La
madre è andata a trovarlo in carcere ma in carcere Luca non poteva esserci. "Suo
figlio è morto", l’hanno liquidata sul portone di Buoncammino a Cagliari.
C’è voluto l’arrivo di un avvocato per riuscire a saperne di più. Poco di
più: il detenuto Saba Luca, di anni trentuno, nato e residente a Carbonia,
è deceduto per arresto cardiocircolatorio. Secche e brutali, le
informazioni della polizia penitenziaria si sono fermate qui. Per riuscire ad
avere altri particolari, è stato necessario raccogliere indiscrezioni non
confermate. Di sicuro si sa che è stata aperta un’inchiesta. La segue il
sostituto procuratore Giangiacomo Pilia che ieri mattina ha fatto eseguire
l’autopsia nell’istituto di medicina legale. Luca è stato probabilmente
stroncato da un infarto, ma ci sono alcuni dettagli poco chiari. I funerali si
svolgeranno stamane. Tossicodipendente, un passato tempestato di piccoli reati
(soprattutto furti), Luca doveva scontare tre anni di reclusione. Era in carcere
da pochissimo quando, d’accordo col suo difensore (l’avvocato Marco Aste) ha
chiesto l’affidamento per trasferirsi in una comunità terapeutica. "Doveva
recarsi a Ferrara. Ha proseguito per Parigi", dice Aste.
Luca, insomma, è fuggito. Ufficialmente era latitante da un anno. Ai primi di
luglio è rientrato clandestinamente in Sardegna, deciso a costituirsi.
L’altro venerdì è uscito di casa con una borsa dove aveva sistemato quello
che si chiama il "corredo": voleva consegnarsi direttamente al palazzo
di giustizia. Nei pressi del Tribunale, in via Pessina, s’è fermato a
prendere un caffè. Colmo di sfortuna, è stato riconosciuto da un vecchio
sottufficiale. Che ha chiamato il 112 e nel giro di qualche minuto "si è
proceduto al formale arresto". A Buoncammino Luca non era solo in cella. Tre
giorni fa ha ricevuto la visita del padre e, prima ancora, quella del suo
avvocato: "Era tranquillo, sembrava finalmente sereno". Sabato mattina,
improvvisamente, è morto. Alle 17 del pomeriggio un fax della direzione del
carcere è arrivato ai carabinieri di Carbonia. Chiedevano di informare i
familiari. A nessuno è venuto in mente che forse sarebbe stato meglio informare
la caserma con una telefonata: i fax che piovono al centralino sono una quantità
infinita e s’è perso in mezzo a mille noticine e ordini di servizio. Solo
lunedì mattina i carabinieri di Carbonia si sono recati a casa dei familiari di
Luca, in via Mazzini. Hanno bussato ma non ha risposto nessuno perché da
qualche tempo si sono trasferiti in un villetta a Punt’e Trettu. In quel
momento, comunque, non avrebbero potuto rintracciare la madre. Che era a
Cagliari, in sala attesa-colloqui a Buoncammino.
Quando ha chiesto di parlare col figlio, la donna si è sentita rispondere nel
peggiore dei modi, senza un minimo di tatto: "Suo figlio è morto, non lo sa?".
A quel punto ha cominciato a gridare ed è stata allontanata. Nel giro di una
mezz’ora l’ha raggiunta il marito ma anche per lui il portone del carcere è
rimasto implacabilmente chiuso. L’avvocato Aste è arrivato in un meno di
un’ora: "Così ho saputo dagli agenti di polizia penitenziaria che la madre
di Luca era stata cacciata perché gridava. Cos’altro avrebbe potuto fare una
madre che apprende in quel modo la morte del figlio?"
Non è neppure finita lì. Luca è stato infilato in un sacco di cellophane e
trasferito al cimitero di Quartu Sant’Elena in attesa d’una decisione della
magistratura. Soltanto ieri, martedì, i familiari hanno potuto vederlo e
chiudere le operazioni relative al riconoscimento. L’autopsia è stata
eseguita poco dopo alla presenza di un perito di parte, il professor Sandro
Bucarelli. La morte, per quel poco che si è riusciti a sapere, è dovuta a
cause naturali. Sul cadavere non sarebbero stati riscontrati traumi o altro che
possa far pensare a tragiche conseguenze di una lite. All’ufficio-matricola di
Buoncammino, Luca aveva dichiarato di essere tossicodipendente e come tale ha
chiesto assistenza medico - farmacologica. Non c’è ragione di ritenere che
gli sia stata negata. Anzi.
I
dubbi sono altri. Nonostante il fisico debilitato, le sue condizioni generali
erano buone. Mai avuto problemi cardiaci né fastidi che potessero in qualche
modo segnalare l’arrivo di un infarto. Ecco perché il difensore vuole vederci
chiaro e ha chiesto, per questa ragione, l’aiuto di un perito. Il Pm disporrà,
intanto, nuovi accertamenti. Nell’arco di qualche giorno il giallo, se di
giallo si tratta, dovrebbe essere risolto.