Nel Triveneto l’osservatorio carceri

 

Parte nel Triveneto l’osservatorio carceri. I monitori di Antigone visiteranno decine di istituti di pena

 

Liberazione, 30 aprile 2003

 

Parte in questi giorni l’attività dell’Osservatorio sulle carceri dell’associazione Antigone per il Triveneto. Una ventina gli istituti di pena interessati (sono 205 sul territorio nazionale), tre i monitori impegnati nell’osservazione, tutti soci della sede regionale dell’associazione e componenti del direttivo nazionale. Giuseppe Mosconi, docente dell’Università di Padova, Francesca Vianello, ricercatrice presso il Dipartimento di Sociologia dell’università patavina e Paola Bonatelli, operatrice dell’informazione, hanno dato ieri la comunicazione dell’avvio della ricerca per il 2003.

L’Osservatorio di Antigone sulle condizioni di detenzione nelle carceri italiane ha già fruttato due rapporti: il primo pubblicato da Castelvecchi nel 2000 (Il carcere trasparente. Primo rapporto sulle condizioni di detenzione in Italia), il secondo, del 2002, ha visto la luce con Carocci (Inchiesta sulle carceri italiane), mentre per il terzo rapporto la pubblicazione è prevista per il 2004.

L’esperienza di Antigone è unica in Italia e in Europa, e vale la pena di spendere due parole per raccontarne il percorso. I monitori entrano in carcere per la prima volta nel 1999, quando a capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria c’è Alessandro Margara. Sono due per regione, a cui si aggiungono due osservatori liberi di operare su tutto il territorio nazionale. Nel 2000 i permessi vengono rinnovati e nel 2001 si effettua la seconda esperienza di visite agli istituti e di raccolta dei dati. A novembre del 2002 scoppia "il caso Antigone": una circolare del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria dispone misure di sicurezza nei confronti dell’associazione, accusata di occuparsi di carcere per fomentare rivolte tra i detenuti. La "querelle" coinvolge, oltre ai soci dell’associazione, parlamentari, politici, addetti ai lavori. Fortunatamente la delicata questione si sistema abbastanza in fretta, niente scuse ufficiali da parte del ministro della giustizia Roberto Castelli, ma la firma di nuove autorizzazioni per la terza esperienza dell’Osservatorio. Più di trenta i monitori autorizzati a compiere le visite nelle carceri, coordinati da Claudio Sarzotti, docente all’Università di Torino.

Quest'anno la ricerca, oltre alle visite agli istituti, si avvarrà di uno strumento originale, un questionario mutuato dall'esperienza statunitense, che sarà distribuito a campione e che dovrebbe fornire un indicatore di qualità del servizio penitenziario. I campi di osservazione comprendono la totalità della condizione detentiva: si va dal sovraffollamento - che, secondo i criteri stabiliti dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti, è considerato una condizione di maltrattamento dei detenuti - alla manutenzione della struttura edilizia, dalla qualità del servizio sanitario al livello delle attività di sicurezza, dalle attività proposte ai reclusi al grado di consenso che ricevono le regole interne fino al livello di rispetto dei diritti delle persone private della libertà.

Tenendo conto del fatto che nelle carceri italiane ci sono attualmente più di 56.000 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 42.000 persone (ben 14.000 in più), che non vi è all'orizzonte alcun provvedimento deflattivo, anzi, il vice-premier Gianfranco Fini sta pensando come mettere in galera spinelloni, freaks e discotecari, che nel 2001 ci sono stati nelle galere italiane 60 suicidi e 8.000 casi di autolesionismo, che il 40% dei detenuti è in attesa di giudizio, che gli stranieri e i tossicodipendenti costituiscono la maggioranza della popolazione reclusa, non si può che augurare ad Antigone di riuscire nel suo intento, che non è quello di incitare alla rivolta, ma di creare condizioni dignitose per chi è "dentro", lavorando fuori perché il carcere non sia più una necessità.

 

 

 

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