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Un libro coraggioso e uno scrittore che gira sotto scorta Uno che ha osato svelare i segreti della camorra
È Roberto Saviano, che racconta come la camorra non commette l’errore della mafia siciliana che aspira a porsi come alternativa allo Stato, la camorra con lo Stato ci lavora, e collabora con tutti i settori produttivi del paese
recensione di Graziano Scialpi
Quello che viene da chiedersi dopo aver letto il libro di Roberto Saviano è: chi è che non fa affari con la camorra? È questo l’aspetto più agghiacciante di Gomorra. Non la descrizione delle mattanze per il controllo del territorio, alle quali tutto sommato siamo abituati grazie ai telegiornali. Gli agguati, gli omicidi sono solo la punta dell’iceberg, Saviano per la prima volta ci racconta cosa c’è dietro e il quadro è sconcertante. La camorra controlla tutto: le importazioni (senza passare la dogana e senza pagare le tasse e quello che importa lo si compra nei negozi di tutt’Italia), i rifiuti, le confezioni dell’alta moda italiana, persino la “spedizione” dei cinesi morti e surgelati che, dopo aver lasciato i documenti in eredità a qualcun altro, vogliono essere seppelliti sotto i cieli del Celeste impero (ecco sfatata la leggenda metropolitana che li voleva serviti negli involtini primavera...), e, soprattutto, l’edilizia. Un sistema (ed è così che gli affiliati definiscono quelle che i telegiornali chiamano ancora romanticamente “famiglie”) omnipervasivo, che incamera miliardi di euro e li reinveste in attività legali negli altri paesi europei, dove i camorristi smettono gli abiti da sceneggiata e indossano quelli dei bravi imprenditori. La chiave di questo successo insospettabile è ben delineata da Saviano: la camorra non commette l’errore della mafia siciliana che aspira a porsi come alternativa allo Stato, ed entra in guerra con lo Stato. La camorra con lo Stato ci lavora e collabora con tutti i settori produttivi e trainanti del paese. Sarebbe troppo lungo qui elencare tutte le connivenze e le “collaborazioni” denunciate dal giovane scrittore napoletano. Basti dire che il libro sfata un altro mito popolare, quello secondo cui i napoletani falsificano tutto, soprattutto gli abiti e gli accessori di alta moda. Non è vero che li falsificano, perché sono loro a confezionare quelli originali, cucendoli a mano per stipendi da fame. Gli abiti indossati dalle star di Hollywood alla serata degli Oscar vengono cuciti nei sobborghi di Napoli, da artigiani pagati 600 euro al mese e senza garanzie sindacali. Ora, se il sarto è lo stesso e la stoffa è la stessa, come si può affermare che il prodotto è falso? Semmai i falsificatori sono certi stilisti, che appiccicano le loro etichette su vestiti cuciti da poveri cristi gestiti dalla camorra. Certo, Saviano racconta anche gli aspetti più strettamente malavitosi. Spiega gli atteggiamenti da boss che si ispirano al Tony Montana di “Scarface”, spiega come si fanno costruire ville da sogno uguali a quelle del film, perché una cosa la camorra l’ha imparata collaborando con gli stilisti di grido: che l’immagine, il look è tutto. E così le donne di camorra girano accompagnate da guardie del corpo donne, tutte rigorosamente con la Smart gialla e anch’esse vestite di giallo, un giallo uguale alla tuta indossata da Uma Thurman nel film “Kill Bill”. E Saviano è spietato nel descrivere come le stesse ragazzette che piangono e si disperano al funerale della loro amica rimasta uccisa accidentalmente nel corso dell’ennesima sparatoria nei vicoli della città, in realtà non aspirano altro che a sposare un ragazzo che fa parte del sistema. E sanno bene che nel giro di poco tempo il loro ragazzo finirà a Poggioreale o impallinato. Ma poco importa, quello che conta è assicurarsi la “mesata”, cioè l’assegno mensile e il sostegno che la camorra assicura alle donne dei suoi affiliati finiti in carcere o morti ammazzati. E all’inizio di ogni mese un piccolo esercito di ex ragionieri e pensionati percorre i vicoli di Napoli lasciando in centinaia di case la busta con l’assegno e una sporta con spaghetti e pummarola. Il sistema è anche questo. Non meraviglia che la camorra abbia condannato a morte Saviano, ora costretto a vivere sotto scorta. È forse l’unico che ha osato svelare i segreti della camorra, andando oltre il folcloristico “controllo dello spaccio della droga” e raccontando tutti gli affari in cui la malavita napoletana ha le mani in pasta. L’unico che ha osato gettare un po’ di luce su cosa si nasconde dietro alla “crescita economica”, e questo, ai capi del sistema, non deve essere piaciuto proprio per niente. Loro avrebbero preferito continuare a fare i loro affari miliardari in silenzio, lontano dalla luce dei riflettori, come hanno fatto finora e come, con ogni probabilità, continueranno a fare.
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