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promuovono
Il Premio Letterario Nazionale"Emanuele Casalini" Medaglia d’argento dei Presidenti della Repubblica, del Senato e della Camera 3ª edizione 2004
riservato ai detenuti delle carceri italiane
Il Premio si articola in due sezioni a tema libero: Poesia e Prosa
Premi per ciascuna sezione
Agli altri 10 migliori elaborati saranno rilasciati attestati di merito. La Giuria è composta da: Ernesto Ferrero (Presidente), Paolo Ferruzzi, Pablo Gorini, Cesare Guasco, Paolo Pesciatini
Regolamento
Gli elaborati e i dati indicativi dovranno essere spediti in busta chiusa entro e non oltre il 15 maggio 2004 (farà fede il timbro postale) al seguente indirizzo: Società di San Vincenzo De Paoli - Segreteria Premio – Via L. Landi, 39 - 57025 Piombino (Li). Gli elaborati non verranno restituiti. Il mancato rispetto anche di una sola delle suddette norme comporta l’esclusione automatica dal concorso. Le opere saranno valutate a giudizio insindacabile della Giuria: le prime tredici classificate per ogni sezione verranno pubblicate. La premiazione avverrà in data e luogo da destinare, presumibilmente nel mese di novembre 2004. La partecipazione al Premio costituisce espressa autorizzazione: a) all’uso dei dati anagrafici ai fini delle comunicazioni inerenti al concorso; b) all’eventuale pubblicazione delle opere.
Per ulteriori informazioni
Tel. 0565.228056 - 225207 (dalle ore 9 alle 12, oppure ore pasti al 0565.221079) E-mail: piombino@sanvincenzoitalia.it Web: http://piombino.sanvincenzoitalia.it Scrivo, dunque esisto I carcerati si raccontano e ci fanno meditare
Comunicato stampa
Il Premio letterario nazionale "Emanuele Casalini", riservato ai detenuti delle carceri italiane è giunto alla sua terza edizione. Nato nel 2002 per iniziativa dell’Unitre di Porto Azzurro e della San Vincenzo De Paoli di Piombino, visto il grande consenso suscitato per la valenza delle sue finalità, da quest’anno viene direttamente promosso dai Consigli Nazionali delle due Associazioni, con la collaborazione delle loro sedi locali. Il Concorso, a tema libero, è un invito alla scrittura nelle due diverse forme della poesia e della prosa, come racconto breve o altra forma espressiva e si apre ad un mondo del tutto particolare e per lo più sconosciuto, quale è il carcere. La privazione della libertà non significa solo – e già sarebbe molto – dover stare rinchiusi entro alti muri e cancelli e grate, ma comporta la perdita automatica di altre autonomie, il distacco dai propri legami affettivi, il veder cadere nel nulla la propria parola, i diritti, l’essere separati, scollegati dal mondo, salvo le poche modalità consentite e controllate. Tra queste ultime, in carcere sopravvive la scrittura, il mezzo più antico ed efficace dopo la parola, per comunicare e rimanere agganciati ad una realtà esterna sempre mutevole, avida di nuovi ma più labili codici espressivi. Quando i contorni di quella realtà cominciano a farsi sfumati, quando anche in carcere è pressoché soltanto il tubo catodico a filtrare la vita di fuori restituendone un’immagine falsa e fuorviante, non restano in fondo molti appigli per frenare la disperazione in caduta libera, che scivola dentro, rimescola, confonde tutto, fino a rendere irriconoscibile il bello dal brutto, fino a generare un’onda sorda di dolore che si gonfia in paurose impennate. L’aggancio con la scrittura diventa allora importantissimo, perché, a differenza della pagina mentale dove il pensiero aleggia e si trasforma senza posa, il tracciato della penna sul foglio di carta, seppure con difficoltà, con imprecisione, riesce però a fissare l’attimo emozionale, un ricordo, il desiderio, l’immagine e le sensazioni percepite in un lampo irripetibile, la voglia di dire a se stessi, prim’ancora che agli altri, qualcosa d’importante, per essere infine creduti, senza più giudizi e pregiudizi. "In bilico vivo" – "Devastante è il rimbombo delle mie emozioni", così scriveva Ruggero Botto, uno dei premiati lo scorso anno: ma cosa ha tentato di farci capire, quali emozioni tanto assordanti?! "Avrei dovuto capire / e annodare le corde più in fretta / Avrei potuto con un soffio / scolpirmi diverso" sono i versi di Flavio Grugnetti, un altro premiato, che così conclude: "Ma del tempo trascorso a fiotti / l’angoscia mi sorprende / lasciandomi affannoso il respiro / e nel cuore / un battito imprevisto / Sul filo teso tra la vita / e l’imbarazzo di non essere morte". Un eterno fuggitivo che ha ora tutto il tempo di confrontarsi con la sua paura di vivere… Eppure dobbiamo anche noi, in questa enorme gabbia che è il "di fuori", sforzarci di capire quali messaggi ci provengono da quello zoo disumanizzante che è il carcere, perché conoscere e comprendere – se non perdonare – aiuta, eccome, a darsi tante risposte, a ritrovare una consapevolezza che troppo spesso si nutre di pretesti, di certezze preconfezionate, di ideali illusori. E’ prevedibile ed auspicabile che nei prossimi due mesi – il termine per la presentazione delle opere scade il 15 maggio – giungano parecchie centinaia di poesie e racconti dalle oltre 200 carceri italiane e istituti minorili, come già è avvenuto nei due anni precedenti. La giuria annovera esperti di valore, personaggi noti al mondo accademico e letterario, come Ernesto Ferrero, insigne critico, saggista e scrittore, Premio Strega 2000 e Presidente della Fiera internazionale del libro di Torino. Gli altri componenti sono Paolo Ferruzzi, Pablo Gorini, Cesare Guasco, Paolo Pesciatini, qualificati esperti ed esponenti del mondo accademico e associativo. E’ il caso di sottolineare che la partecipazione non è consigliata solo a coloro che hanno una buona dimestichezza con la penna, proprio perché questo Premio è un tacito invito a voler scandagliare un mare di abissi oscuri per riportare in superficie reperti di "vascelli naufragati" e sepolti dal fango, nel tentativo di ricomporre storie mai comprese, mai dissolte, mai risolte. Scrivere dunque per capire, per capirsi, anche quando l’immaginazione prende il posto della realtà, quando il proprio sé cerca d’indossare gli abiti della festa o, al contrario, si contorce e si mortifica, lancia accuse o suppliche lamentose. Scrivere, allora, per inseguire una libera traccia di vita.
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