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Luigi Pagano, direttore di San Vittore, spiega perché nel carcere di Milano solo un detenuto ha ottenuto la libertà con l'indultino
Vita, 14 novembre 2003
Uno! Appena? Da San Vittore fino ad oggi un solo detenuto ha lasciato il carcere grazie all’indultino. E sinceramente non vedo cosa ci sia da meravigliarsi... Luigi Pagano, direttore di lunga data del carcere milanese (è in carica dal 1989), rimane sorpreso dallo stupore che genera la sua rivelazione.
Non dirà che è un dato conforme alle previsioni? E invece è proprio così. Almeno per le mie previsioni.
In quanti hanno presentato la domanda a San Vittore? In 50.
Una percentuale di accoglimento insignificante... Non si poteva fare molto affidamento su un provvedimento ridotto ai minimi termini dall’iter legislativo e che, comunque, anche in una forma più allargata non sarebbe servito a farci uscire dall’emergenza.
Perché non sarebbe servito? Perché non lo può fare nessuna misura indulgenziale. L’indultino è stato illusorio. E lo sarebbe stato anche un indulto adulto o un’amnistia.
I detenuti però qualche speranza la nutrivano… Non quelli che sapevano di cosa si trattasse.
Se l’indultino era già morto in partenza, qual è la strada giusta da seguire? Applicare le leggi che già esistono. In Italia abbiamo un apparato normativo penitenziario all’avanguardia: esistono leggi speciali per i malati, per le donne e per gli stranieri. Peccato che ne applichiamo solo il 20%. Inoltre, sarebbe opportuno valorizzare le pene alternative al carcere: semilibertà, affidamento ai servizi sociali, fine settimana a casa, lavori socialmente utili etc. Il problema è che nella maggior parte dei casi al detenuto mancano i prerequisiti: il lavoro e l’alloggio. E così il cane si morde la coda. Su questi temi c’è molto da fare anche fuori del carcere.
Cosa suggerisce? Non si possono considerare le prigioni come un’isola infelice, slegata da ogni contesto sociale. Penso a un incremento sostanziale della funzionalità delle Asl, in modo che i tossicodipendenti e i malati di Aids non siano abbandonati a loro stessi in un angolo di una cella. Sul versante dell’istruzione scolastica e della formazione professionale mi aspetto che intervengano Comuni e Province. Infine anche le agenzie lavorative dovrebbero fare la loro parte attraverso le cooperative e l’imprenditoria del territorio. La sicurezza sociale si ottiene investendo sul carcere.
L’indultino quindi non serve proprio a nulla? L’obiettivo da centrare è il reinserimento sociale. L’uscita dal carcere è solo un effetto collaterale. Se poi il legislatore volesse intervenire davvero, io qualche suggerimento lo darei.
Dica pure… Primo: riformare il codice penale, in modo da diminuire il numero dei reati. Quindi intervenire sulle pene: bisogna pensare a pene principali che non prevedano la detenzione.
In alcuni Comuni stanno nascendo i garanti dei detenuti. Cosa ne pensa? Potrà funzionare solo se funzioneranno le istituzioni che dovrebbe sollecitare. Se devo dirla tutta, temo che faccia la fine del difensore civico regionale: una figura sterile che fatica a sopravvivere.
Intanto si fanno insistenti le voci di un suo imminente avvicendamento, a causa di un’evasione… Dopo tanti anni, sarebbe naturale.
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