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L’indulto generosità necessaria
di Franco Corleone
Il Parlamento avrebbe trovato una ragione in più per adempiere a un dovere assunto solennemente con l’applauso tributato alle parole del Pontefice, che ha chiesto una misura di clemenza con l’obiettivo del reinserimento sociale dei condannati. Le parole del presidente della repubblica avrebbero avuto un riflesso positivo anche sull’opinione pubblica, sempre dipinta (non si sa con quanta verosimiglianza) in preda a spinte giustizialiste, se non forcaiole, e insensibile ai principi di umanità. Perché proprio di questo si tratta in primo luogo, di affermare i valori di una società che affronti la scommessa della convivenza con le povertà e con le diversità, rifiutando l’esclusione sociale. .Insomma, lo affermo provocatoriamente ma ne sono profondamente convinto: questo indulto serve, è necessario più per noi cittadini liberi che per gli stessi detenuti, cittadini privati della libertà. Una società che rischia di chiudersi in mille egoismi e particolarismi ha un bisogno estremo, vitale, di un atto, di un gesto di generosità che la redima e la salvi. Ci sono molti altri motivi per giustificare una misura che a prima vista potrebbe apparire come una negazione della giustizia. I cittadini devono sapere che in nessun paese del mondo la macchina giudiziaria ha un funzionamento perfetto e ineccepibile, tanto meno in Italia, e che proprio la lentezza e gli errori della giustizia generano sfiducia. Con l’approvazione del nuovo codice di procedura penale, nel lontano 1989, ci illudemmo tutti di poter garantire un processo giusto e rapido, di tipo accusatorio e non più inquisitorio e, quasi come corollario a questa riforma, fu approvato un provvedimento di amnistia e indulto che si voleva fosse l’ultimo. E per togliere alla sola maggioranza la possibilità di usare quelle misure di assestamento del sistema giudiziario e carcerario, con una modifica costituzionale fu prevista la maggioranza qualificata, i due terzi dei componenti delle Camere, per concedere amnistie e indulti. Così, mentre in quarant’anni di vita repubblicana vi erano state decine e decine di tali provvedimenti senza alcuna preoccupazione per gli umori dell’opinione pubblica, da ben tredici anni non vi è più stato un provvedimento di clemenza. E ciò senza che siano state mantenute le promesse e le premesse di quella riforma garantista degli anni 80. La giustizia come metafora, si potrebbe dire, nel senso che essa si rivela ancora, da oltre dieci anni, la questione discriminante del nostro paese.
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