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Castelli: indulto? Una resa dello Stato
Avvenire, 26 ottobre 2002
Indulto o amnistia fa poca differenza, per il ministro della Giustizia Roberto Castelli, convinto che, di fronte al sovraffollamento delle carceri la scelta, "molto difficile" sia di un altro tipo: o "aprire le porte dei penitenziari perché lo Stato non è in grado di reggere questa situazione" oppure "non arrenderci, rimboccarci le maniche e continuare a garantire sicurezza ai cittadini". Che lui preferisca la seconda ipotesi è cosa nota, ma qui il guardasigilli si ferma per non invadere il campo altrui: "Si parla molto d’amnistia e indulto, decida il Parlamento. In questi casi ci vuole una maggioranza larghissima, ecco perché il Parlamento è tanto più sovrano. Decida e io mi rimetterò". La festa della polizia penitenziaria, celebrata ieri a Roma, è l'occasione per riprendere il discorso iniziato il giorno prima durante la visita al carcere di Spoleto, al fianco del presidente della Repubblica. Ciampi - che in Umbria aveva puntato il dito contro le prigioni affollate, "ostacolo principale" al reinserimento sociale delle persone detenute - è presente anche stavolta, per esprimere "vivo apprezzamento" alle donne e agli uomini delle fiamme azzurre. C'è anche il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, il quale al termine della cerimonia ringrazia Castelli, "rispettoso delle prerogative del Parlamento", poi ricorda che la conferenza dei capigruppo di Montecitorio ha appena messo in agenda una proposta di legge costituzionale per abbassare il quorum necessario alla concessione dell'indulto e dell’amnistia, infine sottolinea la volontà di "non interferire nelle libere scelte dei gruppi parlamentari". Ma c'è l'urgenza di intervenire? "C'è il problema", è la risposta di Casini. Un problema, quello della congestione del sistema carcerario, che al ministro leghista piacerebbe risolvere con una ricetta efficientista, con un "miglioramento continuo" degli istituti di reclusione che- ammette – "sono spesso obsoleti e inadeguati, quasi sempre sovraffollati". Su questa linea si muove Giovanni Tinebra, direttore generale del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, che giudica "un bene", la rinnovata attenzione delle istituzioni e dei media al pianeta carcere. "Servono strutture dignitose per i detenuti e per il personale", sottolinea, e si mostra fiducioso che ciò possa avvenire con la costruzione di penitenziari più moderni grazie "a nuove fonti di finanziamento". Il piano straordinario pluriennale in tema di amministrazione della giustizia era contenuto nel decreto legge 201 di quest'anno, che però il governo ha deciso di far decadere proprio due giorni fa, in quanto non d'accordo sulle modifiche apportate dal Senato. "La mancata conversione del decreto è una battuta d'arresto che ci complica il cammino - riconosce Castelli - ma non ci arrenderemo". Fatte salve le prerogative delle Camere, comunque, al ministero non escludono a priori l'indulto o l'amnistia, purché sia un provvedimento "che chiuda idealmente un periodo storico" - si spiega in ambienti vicini al guardasigilli - come potrebbe essere quello degli anni di piombo o di Tangentopoli. Perché "se fosse solo una mossa emergenziale - ribadisce il sottosegretario Jole Santelli - sarebbe un atto di resa da parte dello Stato". |