Discusione rinviata ad aprile

 

Rinviato ad aprile l’indultino

Brutti, Ds: "Bisogna evitare l’insabbiamento"

 

L’Unità, 26 febbraio 2003

 

Acque agitate per l’indultino al Senato. La Lega ha già alzato le barricate nella conferenza dei capigruppo che doveva decidere la calendarizzazione del provvedimento, già licenziato dalla Camera (prevede tre anni di sospensione della pena per chi ha già scontato un quarto di pena). Grande nervosismo e forti contrasti all’interno della stessa maggioranza, che a Montecitorio si era clamorosamente spaccata sullo stesso provvedimento (contrari An e Lega, favorevoli Fi e Udc). Alla fine, la conferenza dei capigruppo ha preso "una decisione parziale", a detta di Willer Bordon (Ds). Si è deciso che l’indultino andrà in aula a Palazzo Madama dopo il 6 aprile.

In sostanza si sono dati alla Commissione giustizia, presieduta da Antonino Caruso, An (che sull’indultino ha già messo le mani avanti dicendo che "non deve essere approvato per forza", due mesi di tempo.

Quanto basta al ministro leghista della Giustizia Castelli per inviare il suo altolà: "Auspico che prima di dedicarsi all’indultino, il Senato concluda l’esame della riforma dell’ordinamento giudiziario". Da parte loro, Daniele Capezzone (segretario dei Radicali), Sergio D’Elia (segretario dell’associazione "Nessuno tocchi Caino" e Rita Bernardini (presidente dei Radicali) lanciano invece un allarme: "Si cerca di affossare tutto, dando due mesi di tempo alla Commissione per fare a pezzi il provvedimento. La decisione della conferenza dei capigruppo è di una gravità inaudita".

I tre sono reduci da un lungo sciopero della fame per sollecitare l’approvazione del ddl da parte del Parlamento. La loro protesta non violenta ha sottolineato tutte le fasi del tortuoso iter del provvedimento, continuamente messo in discussione, sempre al centro di una partita piuttosto ambigua giocata nel centro destra, tanto che la Lega ne lesse l’approvazione alla Camera come "un tradimento" da parte degli alleati. Mise al braccio una fascia nera a lutto e giurò vendetta.

Per bypassare le forche caudine della commissione Giustizia, i senatori Francesco Cossiga, Nicola Mancino, Francesco D’Onofrio e Ottaviano Del Turco due giorni fa avevano aderito alla proposta radicale, chiedendo che la conferenza dei capigruppo calendarizzasse l’indultino direttamente per l’aula. Niente da fare. I leghisti Calderoli e Moro si sono opposti strenuamente.

L’orientamento è stato dunque che il provvedimento resti due mesi in Commissione a prescindere. Ma solo martedì prossimo, in una nuova conferenza dei capigruppo si prenderà la decisione definitiva.

"La nostra linea è chiara, spiega il ds Massimo Brutti, c’è una proposta che è stata licenziata dalla Camera con un voto molto ampio. È l’unica cosa che si è riusciti a fare. Non si può accettare o tollerare l’insabbiamento di un provvedimento di clemenza. C’è un’attesa che si è creata nelle carceri. E non esiste alternativa a questo provvedimento. Perché non ci sono le condizioni per approvare l’indulto (serve una maggioranza dei due terzi) ed è difficile trovare un accordo con la destra". Brutti non nasconde che anche nelle file dell’opposizione ci sono perplessità e critiche (il senatore ds Elvio Fassone ha studiato una proposta alternativa di indulto generalizzato di sei mesi), ma insiste: "Bisogna evitare l’insabbiamento".

 

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