Le misure alternative in Europa

 

Le misure alternative in Europa: principi ispiratori e linee operative

di Antonietta Pedrinazzi (Direttore Coordinatore del C.S.S.A. di Milano)

 

Dignitas, giugno 2003

 

Costringere o convincere? Educare o punire? Queste, e altre simili, sono le domande chiave da cui partire, allorquando ci s’interroga su quali sono le strategie più efficaci per ridurre i rischi connessi alla criminalità. In uno stato democratico, non vi è dubbio che "i cittadini sono più sicuri non quando qualcuno è trattenuto dal commettere reati solo dalla minaccia di una pena severa o dai dispositivi di una prigione, bensì quando costui deliberatamente sceglie di non delinquere. Una giustizia penale per la sicurezza non è repressiva: è, invece, ingegnosa nel progettare emettere in campo misure che prevengano alla radice gli illeciti, che chiudano posti di lavoro criminale e reintegrino dignitosamente l’autore del reato". Anche in forza di questi orientamenti ritorna a prevalere nell’ambiente giuridico europeo un vivo interesse per le misure alternative alla detenzione.

Infatti, il trattamento del condannato in ambiente libero, se costituisce un efficace strumento per decongestionare le carceri, esprime anche e soprattutto la presa d’atto che misure meramente clemenziali, non accompagnate da specifici interventi di aiuto, sostegno e controllo nei confronti del condannato, possono sortire immediati, temporanei e benefici effetti sul sistema penitenziario (in quanto alleggeriscono la pressione del sovraffollamento sugli istituti di pena) ma non hanno però in sé alcuna valenza rieducativa, non incidono sulla storia personale del soggetto che ne fruisce e rivestono il carattere di mera indulgenza senza il corrispettivo, a medio termine, di una riduzione della recidiva.

 

L’origine delle sanzioni e delle misure alternative alla detenzione

 

Da cosa nascono le misure alternative alla detenzione? "La loro origine è nella crisi della pena detentiva, per secoli uniforme risposta a pressoché tutta la serie delle violazioni possibili della legge penale.

Il carcere, che già aveva gradualmente sostituito la tortura e le pene corporali, respinte in nome dei principi umanitari e civili dapprima da pochi illuminati e poi, sempre di più, dalla intera coscienza popolare, con il risultato di riportare l’oggetto della pena dal corpo allo spirito (privazione della libertà); il carcere, quindi, dopo secoli di splendore (i secoli delle grandi istituzioni totali, ben descritte dagli storici del diritto punitivo, soprattutto francesi), appariva come una soluzione meramente afflittiva e non rieducativa, troppo costosa e carente di rendimento sul piano dei benefici, vale a dire sul piano della difesa sociale. Si è gradualmente compreso che, se fino a oggi per i reati più gravi non si è trovato un valido sostituto alla prigione, per tutta una serie di comportamenti criminali minori bisognava trovare dei sistemi meno inutilmente afflittivi, meno costosi e più utili alla rieducazione del reo e al suo reinserimento sociale".

Le sanzioni e le misure alternative alla detenzione in Europa sono nate in tempi diversi (per esempio, nel sistema penale francese l’istituto sospensivo del sursis simple trova posto già nel 1894, mentre in Inghilterra l’alternativa alla detenzione viene introdotta nel 1907, con il Probation of Offenders Act), all’interno di ordinamenti giuridici differenti e sono state concepite secondo diverse modalità (per esempio, con o senza vigilanza) e con diverse finalità. In ogni caso, laddove sono state introdotte esse hanno sancito il principio secondo cui il sistema penitenziario non coincide più con quello carcerario e la pena detentiva cessa di essere pena monopolistica.

Ovviamente il processo verso l’esterno non è stato lineare (così come non è stato simultaneo) all’interno dei vari sistemi giuridici europei e nemmeno ha sortito ovunque i medesimi istituti, effetti e risultati; è stato, però, comunque un processo a senso unico, soprattutto per il palesarsi ovunque dell’insufficienza delle sole misure clemenziali che storicamente hanno preceduto le sanzioni e le misure rieducative e alternative.

Sul piano giuridico, tale processo verso l’esterno si è concretizzato in due categorie fondamentali: l’una comprende le misure sospensive della pronuncia o della pena, accompagnate da speciali condizioni, accettate dal soggetto, contrassegnate da una certa sorveglianza e dall’aiuto di personale qualificato; l’altra comprende le misure che costituiscono una modalità alternativa di esecuzione della pena detentiva e riducono lo spazio di applicazione della detenzione, non soltanto sul piano quantitativo (arresti domiciliari, arresti di fine settimana, semidetenzione) ma anche sul piano qualitativo (semilibertà, affidamento in prova), permettendo un contatto del condannato con l’ambiente libero e non interrompendo le sue normali attività sociali.

Un’ulteriore fattispecie di pena, diversa da quella detentiva, è configurata dalle pene pecuniarie (la strada della pena pecuniaria (Geldstrafe) come sostitutivo della detenzione di breve durata è stata imboccata dal legislatore tedesco sin dagli anni venti del XX secolo) e dalle diverse misure patrimoniali congiunte ad altre pene (es. confisca) o autonome (es. cauzione); se non collegate ad altre modalità di esecuzione con contenuti trattamentali, esse però sono soltanto indirettamente rieducative.

 

Le forme del probation al suo avvento in Europa

 

In Inghilterra, la classica alternativa alla pena detentiva breve è rappresentata dal Probation Order, introdotto nel sistema penale con il Probation Offenders Act del 1907 e che prevede la facoltà per il giudice, dopo la pronuncia di colpevolezza, di astenersi dalla condanna alla detenzione e di emanare un probation order che sottopone a prova il soggetto autore di reato che a tale alternativa abbia dato il suo consenso. Al reo sono imposti particolari obblighi e doveri ed egli è posto sotto la sorveglianza del Probation Service. Il Probation of Offenders Act è tutt’ora, sia pur con vari successivi emendamenti, la base legale dell’istituto di probation nel Regno Unito.

In Belgio, il Probation è stato regolamentato nella sua forma compiuta con una legge del 1964, sotto forma di sospensione della condanna simple o avec probation; in questo secondo caso, da parte del giudice vi è l’imposizione di determinate condizioni per le quali è richiesto il consenso del sottoposto e che sono individua lizza te caso per caso, tenuto conto della personalità del soggetto e dei suoi bisogni.

Vi sono poi i Paesi nordici (Svezia, Danimarca, Norvegia) che storicamente hanno rappresentato in Europa, già a partire dagli anni ‘30 del XX secolo, un ambito oltremodo fertile per la formulazione e la realizzazione delle idee di rieducazione e trattamento. Secondariamente, ma non in ordine di importanza, alle legislazioni penali scandinave degli anni ‘20 e ‘30 si deve l’ideazione e la formulazione del sistema per tassi nel computo della pena pecuniaria. In Svezia, il Probation (Skyddtillsyn) consiste in un periodo di prova definito durante il quale il soggetto è sottoposto a controllo; nei suoi confronti il giudice può anche disporre, congiuntamente alla misura, una pena detentiva breve; si tratta di una misura destinata a quei soggetti che necessitano - secondo la valutazione del giudice - di un costante controllo, eventualmente combinato con disposizioni speciali. Accanto allo Skyddtillsyn è previsto l’istituto della Vili Korlig dom, cioè della condanna riguardo coloro ai quali la prognosi espressa dal giudice sia così favorevole da giustificare la sola sentenza di condanna con prova, limitandosi cioè a impartire al reo l’ordine di condurre una vita ordinata e rispettosa delle leggi, senza alcun intervento di sorveglianza da parte di organi pubblici o di operatori specializzati.

In Danimarca la possibilità di sospensione della pronuncia della condanna vige dal 1961, per pene di durata sino a un massimo di cinque anni. Anche in questo Paese è data la facoltà al giudice di decidere se il soggetto debba essere sottoposto a sorveglianza e se imporre condizioni aggiuntive personalizzate nei casi in cui se ne ravvisi la necessità.

In Norvegia l’istituto del Probation è stato introdotto nel 1919 nei confronti di autori di reato passibili di pene brevi; non in tutti i casi, però, il tribunale dispone l’effettiva vigilanza sull’esecuzione da parte di un agente di probation, che è invece subordinata alla valutazione delle circostanze del fatto e al carattere del reo.

Ben più numerosi sono i Paesi dell’Europa che conoscono la sospensione dell’esecuzione della pena, dopo che la condanna sia stata emessa da parte della Magistratura competente e la stessa sia diventata esecutiva. Per esempio, il sursis avec mise à repreuve è presente in Francia dal 1959 ed è stato riformato nel 1975. La Francia ha altresì introdotto, dal 1° gennaio 1984 il travail d’interèt general in una duplice forma: a titolo di pena sostitutiva, applicabile soltanto a rei primari o con modesti precedenti giudiziari; come prescrizione di un sursis avec mise à repreuve riguardante una qualsiasi pena detentiva, senza limiti per precedenti giudiziari.

La Germania conosce l’istituto del differimento condizionale della pena, quando il giudice valuta che sussistano gli estremi di prognosi favorevole al reinserimento sociale. Va detto, però, che in quest’area giuridica si rileva un privilegio per la pena pecuniaria come sostitutivo della pena detentiva breve, commisurata per tassi (Tagessatz system).

In Svizzera, il codice penale federale conosce il sursis à l’execution de la peine avec surveillance. Lo stesso istituto è presente in Austria (previsto dal 1965, per i giovani delinquenti, e dal 1975 anche per gli adulti) e in Lussemburgo (ove la sospensione copre un periodo da tre a cinque anni).

 

Il caso italiano

 

In Italia, come noto, il modello del probation penitenziario è stato introdotto per la prima volta dalla legge n. 354 del 1975. Nel sistema penale italiano va sottolineato l’interesse dato alla vicenda della esecuzione della pena, a cui si estende l’attività del giudizio dotata di tutte le garanzie di legittimità sostanziale e processuale. Il funzionamento del sistema e l’accettazione del principio del recupero sociale dei condannati (il fine della pena che la Costituzione esprime con il richiamo alla rieducazione di cui all’art. 27) comportano un margine di rischio, non essendo realistico prevedere con certezza piena il comportamento umano.

Peraltro, il sistema penale italiano ha in se i requisiti per "assicurare un appropriato bilanciamento fra i diritti individuali del condannato, i diritti delle vittime e la preoccupazione della società per a sicurezza pubblica e la prevenzione dei diritti" (Regole Minime dell’O.N.U., art. 4 e Raccomandazioni del Consiglio d’Europa, preambolo lett. A).

Se, come è accaduto e ancora potrebbe accadere, si manifestano inconvenienti, essi sono da attribuire - afferma G. Di Gennaro - a distorsioni nella prassi ed è a queste ultime che bisogna guardare per porvi rimedio, resistendo alle pressioni oscurantiste che vorrebbero riforme regressive della legge.

 

Consiglio d’Europa - Raccomandazione n° R (92) 16 del Comitato dei Ministri agli Stati Membri, relativa alle Regole Europee sulle Sanzioni e Misure Alternative alla detenzione, adottata dal Comitato dei Ministri il 19 ottobre 1992, nella 482a riunione dei Delegati dei Ministri.

 

Preambolo

 

Tale applicazione deve mirare alla conservazione di un equilibrio necessario ed auspicabile tra, da una parte, le esigenze di difesa della società, nel suo duplice aspetto di protezione dell’ordine pubblico e di applicazione di norme che tendano a riparare il danno causato alla vittima, e dall’altra, il tenere in debito conto le necessità del reo di reinserimento sociale.

 

Regola 23

 

La natura, il contenuto ed i metodi di esecuzione delle sanzioni e misure alternative alla detenzione non devono mettere a rischio la vita privata o la dignità del reo o della sua famiglia, né provocare uno stato di stress. Allo stesso modo non devono intaccare il rispetto di sé, i legami familiari e con la comunità e la possibilità degli autori di reato di essere parte integrante della società. Dovranno essere adottate delle misure di tutela per la loro protezione da ogni attacco, curiosità o pubblicità inopportuni.

 

Regola 30

 

L’applicazione e l’esecuzione delle sanzioni e delle misure alternative alla detenzione devono perseguire lo scopo di sviluppare in chi ha commesso un reato il senso delle proprie responsabilità nei confronti della società e, in particolare, nei confronti della o delle vittime.

 

Regola 44

 

Si devono diffondere informazioni appropriate sulla natura ed il contenuto delle sanzioni e misure alternative alla detenzione, nonché sulle modalità della loro esecuzione, affinché l’opinione pubblica, in particolare i privati, e le organizzazioni e i servizi pubblici e privati che si occupano dell’esecuzione di tali sanzioni e misure, possano comprenderne i fondamenti e considerarle come delle risposte adeguate e credibili ai comportamenti delinquenziali.

 

Regola 55

 

L’esecuzione delle sanzioni e delle misure alternative alla detenzione dovrà essere concepita in modo tale che esse abbiano il massimo significato per il reo e contribuiscano allo sviluppo personale e sociale dello stesso, allo scopo di permettere il suo reinserimento sociale. I metodi di presa in carico e di controllo dovranno perseguire tali obiettivi.

 

Regola 67

 

I compiti affidati ai rei che effettuano un lavoro di pubblica utilità non devono essere privi d’interesse, ma essere socialmente utili e significativi e devono permettere loro di sviluppare, per quanto possibile, le loro attitudini. Tali lavori non devono essere svolti con un fine di lucro per una qualsivoglia impresa.

 

 

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