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Mutual exchange of data and information about restorative justice Programma Comunitario Grotius II Penale
Raccomandazione n° (99) 19 sulla mediazione in materia penale
Si presentano di seguito le linee guida fornite dalla Raccomandazione N. (99) 19 sulla mediazione in materia penale adottata dal Consiglio d’Europa il 15 settembre 1999 e uno studio sullo stato di attuazione della Raccomandazione nei Paesi membri del Consiglio. Linee guida date dalla Raccomandazione n. (99) 19 sulla mediazione in materia penale Nel 1999 il Consiglio d’Europa ha adottato la Raccomandazione N. (99) 19 sulla Mediazione in materia penale. Questa Raccomandazione fornisce ai Paesi membri del Consiglio una serie di indicazioni riguardanti le caratteristiche che i programmi di mediazione penale dovrebbero avere.
Aspetti generali
Uno degli aspetti fondamentali, almeno formalmente, dei programmi di mediazione penale è la partecipazione spontanea (art. 1 Racc.). "La mediazione in campo penale deve essere svolta solo se le parti acconsentono alla partecipazione liberamente". Questo distingue la mediazione dai tradizionali procedimenti della giustizia penale. Infatti, non è obbligatorio partecipare ad un’attività di mediazione, né proseguirla, una volta iniziata. Le parti possono interrompere il procedimento in qualsiasi momento (art. 1 Racc.). Il principio generale di partecipazione volontaria si basa sul presupposto che i partecipanti siano messi in condizione di dare un consenso consapevole, informato e spontaneo alla mediazione. Le parti devono essere pienamente informate dei loro diritti, della natura del processo di mediazione e delle possibili conseguenze delle loro azioni (art. 10 Racc.) e non devono essere indotte a parteciparvi con mezzi subdoli (unfair means, art. 11 Racc.). Per questo motivo, non è possibile fare mediazione se una delle due parti non ne comprende il significato (art. 13 Racc.). Altro principio strettamente connesso alla libera partecipazione è quello della confidenzialità delle informazioni e dei contenuti della mediazione (eccetto l’accordo finale, se si raggiunge) (art. 2 Racc.). Niente di ciò che viene detto durante il processo di mediazione viene diffuso all’esterno. Ciò garantisce alle parti un’effettiva libertà di scambio e costituisce un prerequisito per uno scambio produttivo e un risultato costruttivo, garantendo gli interessi delle parti (Commento art. 2 Racc.). L’aspetto della confidenzialità sottolinea il carattere privato del procedimento di mediazione penale distinguendolo dal tradizionale processo penale che è pubblico. Un altro principio generale, (artt. 3 e 4 Racc.) è che la mediazione deve essere un servizio generalmente accessibile a tutti gli stadi del processo di giustizia penale. Sebbene vi siano notevoli diversità nei programmi di riparazione dei diversi Stati, è stabilito che la mediazione debba godere d’una certa autonomia dal sistema di giustizia (art. 5 Racc.) al fine di agire con flessibilità e responsabilità verso la parte. Questo sottolinea che la logica su cui si fonda la mediazione è diversa da quella del sistema di giustizia tradizionale e proprio per questo "la mediazione deve essere riconosciuta ufficialmente dai poteri pubblici". I centri di mediazione dovrebbero agire in un contesto pubblico ed offrire un servizio gratuito. "I programmi dovrebbero di solito disporre di fondi di bilancio pubblico (statale o locale) e, normalmente, di contabilità pubblica".
Basi legali e rapporto con la Giustizia penale
Considerando le differenze a livello legislativo presenti nelle singole nazioni, la Raccomandazione non richiede esplicitamente che i programmi di mediazione siano stabiliti dalla legge. Prevedere o meno la mediazione per legge dipende dalla tradizione legale, della nazione membro del Consiglio d’Europa, ma la legislazione dovrebbe, come regola minima, rendere la mediazione possibile (art. 6 Racc.). Le autorità di giustizia penale di ciascun paese dovrebbero comunque dotarsi di linee guida che indichino quando si può ricorrere alla mediazione, descrivendo quali sono le condizioni necessarie per assegnare un caso al servizio di mediazione (art. 7 Racc.). Inoltre, le linee guida dovrebbe regolare esplicitamente certi diritti fondamentali applicati durante il processo di mediazione. Il principio d’innocenza è un principio fondamentale che sta alla base d’ogni procedura giudiziaria di uno stato civile e democratico. Tale principio permane anche durante il procedimento di mediazione: la partecipazione del reo non deve essere letta come un’ammissione di colpevolezza. "La partecipazione alla mediazione non deve essere usata come prova d’ammissione di colpevolezza nelle successive procedure giudiziarie". Inoltre, agendo in assenza di un giudizio, prima di iniziare la mediazione ci deve essere "il riconoscimento delle parti dei fatti principali della questione", di ciò che è accaduto al momento del reato. Richiedendo che reo e vittima condividano le caratteristiche principali e più significative dell’episodio delittuoso, e soprattutto che il reo riconosca la propria condotta, si sottolinea una situazione di parità tra le parti. I diritti a garanzia di un giusto processo permangono anche durante un programma di giustizia riparativa: il diritto alla difesa inteso come diritto all’informazione e al parere legale sulle pratiche di mediazione, il diritto alla traduzione se stranieri, il diritto alla celerità del procedimento (art. 8, 9 e ss. Racc.), la tutela della partecipazione di minori (art. 8 e 15 Racc.). La Raccomandazione afferma che i provvedimenti d’archiviazione e di non luogo, a procedere pronunciati in seguito ad una mediazione dovrebbero avere "il medesimo statuto delle decisioni giudiziarie e dovrebbero vietare di procedere per i medesimi fatti". Nei casi in cui la mediazione non abbia successo, i casi devono essere restituiti all’autorità giudiziaria inviante, la quale deve provvedere immediatamente senza ritardi ulteriori (art. 18 Racc.). La mancata riuscita della mediazione non comporta alcuna conseguenza negativa sanzionatoria. In caso contrario, la partecipazione non avrebbe il requisito di volontarietà. La Raccomandazione sottolinea l’importanza che l’autorità giudiziaria controlli le condizioni di invio e di termine del procedimento di mediazione, e che verifichi le implicazioni della partecipazione ad un processo di mediazione sul procedimento penale.
Sede della mediazione
Il luogo in cui si svolge la mediazione deve avere particolari caratteristiche. Deve essere "sicuro e confortevole". Inoltre gli uffici di mediazione devono essere collocati fisicamente in edifici e luoghi che abbiano una collocazione indipendente e separata da tribunali, procure, caserme e dagli uffici di pubblica sicurezza. Quest’indipendenza in senso geografico è motivata dal fatto che le persone sono particolarmente sensibili alle caratteristiche e ai messaggi, in parte espliciti, trasmessi dal luogo. La sede deve quindi essere posta in un luogo neutrale che non rivesta particolari connotazioni ed implicazioni ideologiche connesse alla giustizia, alla religione, alla politica, alla cultura o all’etnia. Deve essere lontana da chiese, sedi di partito, sedi d’associazioni culturali.
Formazione dei mediatori
I mediatori devono essere in grado di gestire la comunicazione, tra le parti e di aiutarle a gestire l’espressione dei propri sentimenti ed emozioni. Vi deve essere uno "standard di competenze" e "procedure per la selezione, la formazione e la valutazione dei mediatori". La Raccomandazione indica che "i mediatori dovrebbero essere reperiti in tutte le aree sociali e dovrebbero possedere generalmente una buona conoscenza delle culture locali e di comunità". I mediatori "dovrebbero ricevere una formazione iniziale di base ed effettuare un training nel servizio, prima di intraprendere l’attività di mediazione". La formazione deve "fornire l’acquisizione di un alto livello di competenza che tenga presente le capacità di risoluzione del conflitto, i requisiti specifici per lavorare con le vittime e gli autori di reato, nonché una conoscenza base del sistema penale". La preparazione deve permettere l’acquisizione non solo delle tecniche di mediazione e di comunicazione, ma anche di un’adeguata conoscenza del sistema penale e degli effetti processuali e penali dei programmi di giustizia riparativa (art. 24 Racc.).
Accordi
L’incontro di mediazione include anche una fase finale di stesura degli accordi, se questi si sono raggiunti. In questo caso gli accordi riguardano il risarcimento del danno e la riparazione delle conseguenze del reato. Anche in quest’eventuale fase finale valgono i principi generali prima presentati, e soprattutto quello di volontarietà. Gli accordi devono essere "conclusi volontariamente, devono essere ragionevoli e proporzionati". Il principio di ragionevolezza "presuppone una certa relazione tra il reato e il tipo d’obbligazione imposta al suo autore". La proporzionalità sta ad indicare che "l’onere imposto al colpevole deve corrispondere, entro limiti abbastanza ampi, alla gravità del reato". La riparazione, che spesso influenza l’esito del giudizio penale, è elaborata dalle parti, aiutate in ciò dal mediatore e non da un’autorità giudiziaria. In questa fase, la presenza dei rispettivi avvocati è comunque importante, data l’assenza di specifiche competenze tecniche nei mediatori e data la necessità di un accordo che soddisfi le aspettative di entrambe le parti.
Monitoraggio e valutazione
Il Consiglio d’Europa svolge un continuo lavoro di raccordo, di valutazione e di verifica dei programmi di mediazione dei diversi Paesi, atto a garantire uniformità d’applicazione e uguale fruibilità dei servizi e dei programmi di giustizia riparativa. Inoltre è sentita l’esigenza di sviluppare adeguate forme di ricerca, valutazione e controllo delle pratiche riparatorie, accompagnano dalla stesura di linee guida e regole di conduzione dei programmi condivise (art. 20, 33, 34 Racc.). Ci devono essere "consultazioni regolari" tra magistrati e mediatori (art. 33 Racc.) al fine di raggiungere una comunanza di prospettive ed un’unitarietà di indirizzo. Per il conseguimento di questo fine, gli operatori del sistema riparativo e quelli del sistema giudiziario devono conoscere i presupposti teorici e le modalità di applicazione sia del programma di mediazione sia del processo giudiziario. È inoltre indispensabile verificare la capacità della mediazione di porsi come valida alternativa al processo penale. Per fare questo, è necessario che vengano introdotti metodi scientificamente corretti di valutazione e controllo dei programmi di mediazione e dei suoi effetti, e che questa valutazione venga effettuata con continuità. Secondo il Consiglio d’Europa, questo controllo deve essere svolto da un ufficio competente, che dovrebbe costituirsi come un organo di vigilanza indipendente ed esterno al sistema giudiziario (art. 20 Racc.). Attuazione della Raccomandazione n. (99) 19 sulla mediazione in materia penale Nel 2003, quattro anni dopo l’adozione della Raccomandazione N. (99) 19, il Criminological Scientific Council del Consiglio d’Europa ha deciso di condurre un follow-up[22] sul come le indicazioni fornite dalla Raccomandazione fossero state recepite, adottate e messe in pratica nei Paesi membri del Consiglio. Nel condurre il follow-up sulla Raccomandazione, nel 2003 i Paesi membri del Consiglio sono stati divisi in diverse tipologie/modelli secondo il livello e delle modalità di recepimento delle linee guida del Consiglio d’Europa. Le tipologie/modelli rappresentano modi diversi in cui la Raccomandazione ha influito sulla legislazione e sulle pratiche di mediazione nei Paesi. Di seguito si riporta un aggiornamento di questo follow-up, sulla base di cinque tipologie/modelli. Paesi all’avanguardia: La prima tipologia può essere definita dei "Paesi all’avanguardia". Troviamo qui i Paesi che non hanno preso in considerazione la Raccomandazione perché non la ritenevano necessaria. Esempi sono l’Austria, e in qualche modo anche la Norvegia. Questi Paesi possono essere definiti come Paesi all’avanguardia nell’introduzione delle pratiche di mediazione sul proprio territorio in quanto hanno introdotto la mediazione sull’intero territorio nazionale basandosi su una legislazione in materia già esistente negli anni ‘80. Questi due Paesi presentano pratiche di mediazione diverse tra loro. In Norvegia, il reclutamento dei mediatori avviene su base volontaria. In Austria, invece, i mediatori sono figure professionali che hanno affrontato lunghi periodi di formazione. Ciò deriva dal fatto che Austria e Norvegia sono due società con una storia sociale e politica differente e con abitanti che hanno aspettative differenti nei confronti del sistema di giustizia. In Norvegia fare volontariato è visto come un’espressione d’affidamento alla comunità e di responsabilità verso la comunità stessa. Quando i conflitti che sono stati registrati come reati entrano in un percorso di messa alla prova, i soggetti coinvolti nel processo di mediazione preferiscono confrontarsi con un mediatore che appartiene alla propria comunità piuttosto che con un professionista che sentono più lontano dai propri interessi. In Austria si è creata una situazione opposta. C’è molta fiducia in questi professionisti e c’è un senso di comunità poco sviluppato. Per questo il modello che prevede professionisti come mediatori è più adatto alle condizioni esistenti in Austria. La Norvegia ha recentemente proceduto ad una riorganizzazione dei Servizi di mediazione. Fino all’inizio del 2004 sotto la responsabilità amministrativa dei municipi, e finanziati in parte dal Ministero della Giustizia, questi servizi dipendono ora dallo Stato. Questo cambiamento non ha comunque influito significativamente sulle attività e le strutture di mediazione. Modifiche amministrative hanno avuto luogo anche in Austria, all’interno dell’associazione responsabile di tutti i servizi di giustizia Neustart (precedentemente denominata Verein für Bewährungshife und Soziale Arbeit , Associazione per i lavori socialmente utili e la messa alla prova). Questo non ha sostanzialmente influenzato il lavoro e la pratica del Servizio di mediazione austriaco, la Auszergerichtliche Tatausgleich (ATA), di cui si parlerà ampiamente nella seconda parte di questo rapporto. La tipologia di reati inviati ai mediatori nei due Paesi è invece differente, con più atti di vandalismo e taccheggio nel caso della Norvegia, mentre reati contro la persona – offese lesioni personali, minacce e rapine - sono maggiormente trattati in Austria. In Norvegia, la mediazione è applicata ampiamente in casi che coinvolgono ragazzi al di sotto dell’età per cui è prevista la responsabilità legale (15 anni). Nel 1998 la maggior parte degli autori di reato aveva tra i 15 ed i 17 anni, ma al secondo posto c’erano i ragazzi tra i 12 ed i 14 anni. Paesi dove la Raccomandazione è servita come un importante strumento nel fornire un orientamento e un supporto e ha lasciato il segno negli sviluppi della legislazione: Vi sono poi i Paesi dove la Raccomandazione è servita come un importante strumento, nel fornire un orientamento e un supporto e ha lasciato il segno negli sviluppi della legislazione. Rientrano in questa tipologia Finlandia, Slovenia, Cipro e in parte anche la Polonia, il Belgio e la Spagna. Tra questi di particolare rilevanza risulta il caso della Slovenia, in quanto rappresenta un esempio interessante per l’introduzione della mediazione e l’influenza della Raccomandazione. La Slovenia ha implementato un programma di mediazione nazionale nel 2000 (a seguito della realizzazione di diversi progetti pilota). La mediazione è una misura alternativa che vede il Pubblico Ministero come autorità inviante; l’invio può avvenire in qualsiasi momento del procedimento penale fino al momento della eventuale sentenza di condanna. Nell’aprile del 2004 una modifica del codice di procedura penale ha ulteriormente ampliato le possibilità di fare mediazione. Fino a quella data, un caso poteva essere inviato in mediazione se la sanzione prevista per il reato in questione non era superiore a tre anni di reclusione. In accordo con la modifica del codice di procedura penale del 2004, il Pubblico Ministero può ora inviare un caso alla mediazione se: il caso coinvolge un autore minore e la sanzione prevista per il reato non è superiore a cinque anni di reclusione; indipendentemente dall’età dell’autore, il reato in questione è un danno fisico grave, un furto con scasso, l’occultamento di una proprietà di importante valore o il danneggiamento della proprietà altrui (tutti questi reati possono essere puniti con la reclusione fino a cinque anni) o un danno fisico estremamente grave (la sanzione non è superiore a 10 anni di reclusione). In Slovenia il numero d’invii in mediazione è piuttosto alto ed è rimasto abbastanza stabile: 2237 casi nel 2000, 2071 nel 2001 e 2158 nel 2002). Considerando che il totale dei casi perseguiti in Slovenia, nel 2002, è di circa 13000 e che il numero di casi dove un autore di reato è colpevole (indipendentemente dalla tipologia e dall’entità della condanna) nel 2002 è di 7000, il numero dei casi che entrano in mediazione è molto alto. I positivi effetti della mediazione si riflettono sul sistema di giustizia (837 udienze preliminari in meno, che corrispondono ai casi che trattano 5 Giudici dei tribunali locali). In Slovenia l’organismo inviante è l’ufficio del Pubblico Ministero. La Slovenia ha adottato il modello norvegese per l’uso dei mediatori volontari (non specializzati) ma con una differenza significativa: in questo paese l’influenza del Pubblico Ministero come organismo inviante sembra più forte che in Norvegia. Il Pubblico Ministero non dà direttive riguardanti l’attività di mediazione in sé, ma supervisiona gli standard generali di conduzione dei servizi di mediazione. La mediazione diretta prevale, seguendo l’esempio norvegese. I mediatori non specializzati devono seguire un corso di formazione. L’ufficio del Pubblico Ministero ha la responsabilità di organizzare il training di formazione ed ha istituito un Consiglio Consultivo che supervisiona il lavoro dei mediatori. L’indipendenza dei programmi di mediazione da questa autorità di controllo è garantita dalla "Associazione dei mediatori Sloveni" che è stata fondata nel dicembre del 2001 come organizzazione non governativa. Il basso numero di mediazioni che si concludono con successo in Slovenia fa nascere delle domande. In Slovenia è molto alto il numero di casi inviati in mediazione. Così può essere che la qualità – ossia l’idoneità dei casi rinviati – renda spesso la mediazione di difficile attuazione. Può anche accadere che la mancanza di competenze dei mediatori volontari sia la causa dell’elevato numero di insuccessi. Paesi dove la Raccomandazione è stata considerata e usata prevalentemente dalle organizzazioni non governative e professionisti esterni al sistema di giustizia e di poca influenza: Un terzo modello d’implementazione della Raccomandazione, si ha in Paesi dove questa è stata considerata e usata prevalentemente da organizzazioni non governative e professionisti esterni al sistema di giustizia. In questa tipologia rientrano i Paesi dell’Europa dell’est, come Repubblica Ceca, Bulgaria, Albania e, per certi aspetti, la Russia. In questo gruppo di Paesi sono le organizzazioni non governative che sostengono la mediazione penale, e che sono ricorse alla Raccomandazione per rinforzare la realizzazione di programmi di mediazione e la formazione dei mediatori. Le realtà presenti in Albania, Bulgaria e Russia (in parte anche il caso della Repubblica Ceca) trasmettono tuttavia un messaggio ambivalente. In questi Paesi un documento europeo è molto considerato ed ha un peso evidente; d’altra parte, la voce degli accademici che commentano il documento non è sufficiente per avere un impatto sui decision makers. Le ONG sono lasciate con poche risorse per fare passi in avanti. Paesi dove la Raccomandazione ha contribuito a creare ed ha rinforzato una politica nazionale per l’istituzione della mediazione penale: Sono stati poi individuati Paesi dove la Raccomandazione ha contribuito a creare ed ha rinforzato una politica nazionale per l’istituzione della mediazione penale. Troviamo in questa tipologia la Francia e la Germania. Il caso della Germania è adatto per esemplificare gli sviluppi e le influenze che possono essere tipicamente trovate in questo gruppo di Paesi. La risposta del ministero della giustizia tedesco al follow-up condotto nel 2003 è stata "lo sviluppo principale nell’area della mediazione penale è stato già ampiamente implementato" e "questo prima del periodo di tempo indicato nel questionario (gli ultimi 3-4 anni)". Una nuova legge del 20 dicembre 1999 ha rinforzato l’introduzione della mediazione nel Codice di Procedura penale. "L’ufficio del Pubblico Ministero e il tribunale sono incaricati con il dovere di verificare in ogni stadio del procedimento, se non può essere possibile giungere ad un accordo di mediazione tra le parti. Le condizioni per la fine di un procedimento sono state specificate e sviluppate". Il Regno Unito costituisce invece un caso particolare, dove la Raccomandazione gioca un ruolo poco significativo. Come Paese a common law, il Regno Unito è stato il primo ad avviare un gran numero di progetti di mediazione, nei quali è evidente l’applicazione di un’ampia gamma di approcci differenti. L’ultima analisi-censimento condotta dall’organizzazione Mediation UK, come riferito da David Miers e Michael Semenchuk, elenca 222 progetti di mediazione locali e indica che geograficamente circa il 60% del Regno Unito è servito da un servizio di mediazione locale. Dagli ultimi anni ‘90 il governo inglese è diventato più attivo nel promuovere i programmi e questo interesse da parte del governo ha trovato la sua realizzazione nella creazione di una speciale Unità di giustizia riparativa dell’Home Office. Nel 2001, The Review of the Criminal Justice System (l’Auld Report), ha raccomandato "lo sviluppo e l’implementazione di una strategia nazionale per assicurare un uso appropriato ed effettivo delle tecniche di giustizia riparativa in Inghilterra e Galles". La Review ha anche identificato sei momenti in cui attività di riparazione possono essere applicate entro il convenzionale processo penale. L’intenzione è quella di rendere possibile accedere a forme di giustizia riparativa a qualsiasi età e ad ogni stadio del procedimento penale: pre-crime, specialmente per i minori, pre-charge, post-conviction, pre-sentence, and post-sentence. Per la giustizia minorile esiste un sistema di invio alla mediazione obbligatorio (per usare l’espressione di David Miers "a system of mandatory referrals"). Prima che un giovane autore di reato compaia davanti al Giudice per l’udienza preliminare e dichiari la propria colpa, il Tribunale minorile può inviare il caso alla mediazione. Questa modalità d’invio alla mediazione permette ai mediatori di attivare un procedimento per qualsiasi caso che abbia le precondizioni fissate dalla legge. Inoltre questa modalità d’invio sembra essere più incisiva della legislazione che fa invii coercitivi e che raccomanda di considerare la mediazione come una possibile modalità d’intervento. In Inghilterra e Galles la mediazione è diventata una misura disponibile in ogni fase del sistema di giustizia penale. Interessante è la possibilità di effettuare attività di mediazione da parte della polizia, al momento della denuncia. Ad esempio, la Thames Valley Police ha introdotto al suo interno un Dipartimento di giustizia riparativa con personale che promuove e realizza attività riparative. Paesi in cui la Raccomandazione ha contribuito all’introduzione della mediazione penale: Infine vi sono Paesi in cui la Raccomandazione ha contribuito all’introduzione della mediazione penale. L’Olanda, la Svezia, Portogallo, e per certi aspetti anche l’Irlanda e l’Italia, fanno parte di questa tipologia. Il Portogallo è apparso in passato restio all’adozione di qualsiasi misura alternativa ed alla mediazione. Questo può essere spiegato attraverso l’aderenza del suo sistema di giustizia e dei suoi attori principali (Pubblico Ministero e Giudici) ai principi di legalità. In Portogallo l’introduzione della mediazione è avvenuta con la Lei Tutelar Educativa – legge 166/99. Questa legge si applica a persone di età compresa tra i 12 ed i 16 anni. L’autorità giudiziaria, il Pubblico Ministero o i Giudici agiscono come organismo d’invio. L’organizzazione che mette in atto la mediazione è l’Istituto di Riabilitazione Sociale. L’Istituto opera in base linee-guida del suo Presidente ("Despatch of its President") che indica esplicitamente la realizzazione della mediazione nell’ambito delle attività di rieducazione del minore. In Portogallo è stata l’Associazione portoghese per il servizio alle vittime, insieme al Ministero della Giustizia, che ha preso atto ed ha incominciato ad usare la Raccomandazione a supporto dell’attività di mediazione. Anche l’Istituto di Riabilitazione Sociale ha fatto riferimento al contenuto della Raccomandazione per giustificare le pratiche che riteneva appropriate. Va tuttavia sottolineato che, a causa della collocazione della mediazione nell’ambito della legge sul controllo educativo, in Portogallo l’istituto della mediazione è vincolato alle finalità educative di questa legge, o, detto in altri termini, la mediazione è percepita prevalentemente come misura riabilitativa ed educativa.
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