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Mutual exchange of data and information about restorative justice Programma Comunitario Grotius II Penale
Studio comparato
Questa parte del rapporto analizza le esperienze di mediazione penale esistenti in Austria, Francia ed Italia. Ogni paese sarà analizzato singolarmente attraverso i seguenti aspetti: Contesto storico-culturale: descrive la nascita delle esperienze di mediazione penale indicando quali sono stati in Austria, in Francia e in Italia i presupposti che ne hanno favorito lo sviluppo. Si vedrà come e in che modo il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale (ove presente) si relaziona con il processo di mediazione; Riferimenti normativi vigenti: descrive il modo in cui ciascuno dei tre stati ha modificato il proprio sistema normativo per promuovere la pratica della mediazione penale; Pratiche della mediazione: descrive le modalità con le quali viene svolta la mediazione penale in Austria, Francia e Italia.
AUSTRIA
Contesto storico-culturale
La necessità di trovare un’alternativa al processo penale nasce in Austria alla fine degli anni ‘70. Due le ragioni: l’eccessivo numero di detenuti, spesso reclusi per reati minori, metteva in crisi l’intera capacità del sistema penale di assolvere la propria funzione; l’inadeguatezza del codice penale minorile, approvato nel 1961,che appariva superato agli stessi operatori di giustizia e doveva essere riformato. Da questa situazione prende spunto, un dibattito intenso che nel 1982 si svolge intorno all’opportunità di affiancare, alla sospensione condizionale della pena l’obbligo per il reo di prestare la propria opera per lavori socialmente utili a beneficio della comunità. Per molti giudici e giuristi, tuttavia, questo progetto non rispondeva a quelle che erano le vere esigenze d’innovazione di cui il sistema penale aveva bisogno. Nel 1984 all’interno della Verein für Bewährungshife und Soziale Arbeit (Associazione per l’assistenza durante la sospensione condizionale della pena e per il lavoro sociale, da due anni ha cambiato nome in Neustart) la discussione culmina nella decisione di sperimentare anche in Austria la ricomposizione del conflitto (mediazione penale). L’esperimento viene dapprima condotto a Vienna, Salisburgo e Lienz solo per i reati commessi da minori a partire dal 1985. Una nuova sperimentazione di mediazione penale, aperta anche all’ambito adulto, viene attivata nel 1992. Il successo di queste sperimentazioni porta alla introduzione nella legislazione austriaca di forme di diversion, quali quella della mediazione penale, sia in ambito minorile che adulto. Attraverso le forme di diversion, lo stato austriaco ha creato alternative alla sanzione, alla procedura, al processo penale. Benché in Austria viga il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, introducendo la mediazione lo Stato rinuncia tuttavia ad esercitare l’azione penale, in taluni casi ed a precise condizioni, rimandando la questione alle parti.
Riferimenti normativi vigenti La mediazione penale è prevista dall’art. 7 e 8 del Codice minorile del 1988 (entrato in vigore il primo gennaio 1989). L’articolo 42 del Codice penale prevede invece le condizioni per l’invio alla mediazione penale nel caso in cui l’autore sia un adulto, senza disciplinare completamente il ricorso alla mediazione. In Austria gli autori di reato, sia adulti sia minori, hanno la possibilità entrare in un procedimento di mediazione penale (ATA, Außergerichtlicher Tatausgleich, traducibile in accomodamento extragiudiziale). L’articolo 90 del Codice di procedura penale, introdotto dalla legge sulla diversion di modifica del c.p.p. austriaco ed entrato in vigore il primo gennaio 2000, regola le attività di mediazione sia in ambito minorile che adulto. Le leggi vigenti sulla mediazione penale in Austria: Legge 1 gennaio 1989: riforma del codice penale minorile-introduzione della mediazione penale minorile (artt. 7 e 8) Legge 1 gennaio 2000: legge sulla diversion-modifica del codice di procedura penale per introdurre la mediazione penale adulta (art. 90g) La legge 1 gennaio 2000 prevede quattro diverse forme di diversion: l’ammenda, il lavoro di pubblica utilità, il periodo di prova e la mediazione. In ciascuno dei quattro casi vi è la rinuncia al procedimento penale da parte dello Stato e la non trascrizione, nella fedina penale del reo, del fatto commesso. Le condizioni stabilite dalla legge per accedere alla diversion sono le seguenti: l’indagato deve avere un’alta probabilità di condanna; l’indagato deve essere consapevole di aver fatto qualcosa di sbagliato (ma non è necessaria la piena confessione); l’indagato non deve aver commesso un reato che richiede l’applicazione di misure di prevenzione generale. Questa condizione si verifica nel caso in cui l’indagato che chiede di ricorrere alla mediazione sia già stato condannato per altri reati, nei 12 mesi precedenti (la durata del periodo può variare); la vittima ed i suoi interessi devono essere tenuti in adeguata considerazione. In Austria, le forme di diversion si collocano quindi all’interno della legge penale. Sono previste dalla legge, non costituiscono un’alternativa alla legge penale ma si pongono come alternativa alla sanzione penale tradizionale. In generale il Pubblico Ministero utilizza la mediazione penale (ATA) come forma di archiviazione. Tuttavia la mediazione penale può essere utilizzata anche come semplice circostanza attenuante, ovvero come condizione per la concessione della messa alla prova o del rilascio sulla parola. Gli articoli di legge vigenti sulla mediazione penale in Austria: Art. 90a c.p.p. e art. 7 e 8 Codice minorile: norme generali: regolano le forme di diversion e la mediazione. Art. 90c c.p.p. : rinuncia al perseguimento in seguito al pagamento di una somma pecuniaria. Art. 90d c.p.p. : Rinuncia al perseguimento in seguito a opere di pubblica utilità. Art. 90f c.p.p. : Rinuncia al perseguimento dopo un periodo di prova. Art. 90g c.p.p. : Rinuncia al perseguimento in seguito a un accomodamento extragiudiziale Art. 90i c.p.p. : Diritti e interessi della persona offesa dal reato. Art. 90k c.p.p. : Luogo per la compensazione
L’articolo 7 del Codice minorile stabilisce che il Pubblico Ministero può valutare se rinunciare a procedere (ai sensi dell’articolo 6) nel caso in cui l’indiziato sia disposto a rispondere dell’accaduto e a compensare eventuali conseguenze del reato in modo adeguato, soprattutto risarcendo il danno economico per quanto nelle sue possibilità. Il Pubblico Ministero può chiedere a persone o uffici competenti in materia sociale, soprattutto alla Verein für Bewährungshife und Soziale Arbeit (Associazione per l’assistenza durante la sospensione condizionale della pena e per il lavoro sociale)), di informare il reo sulle possibilità offerte dalla mediazione penale e, se questi acconsente, di seguirlo e sostenerlo nel tentativo di una mediazione. La parte offesa, se d’accordo, deve essere coinvolta in questo tentativo. L’articolo 8 del Codice minorile stabilisce che, fin dalla prima udienza, il Tribunale è tenuto a valutare la possibilità di una mediazione, d’ufficio o su istanza dell’imputato o della parte offesa, in tutti i casi in cui la colpa non è da considerarsi grave e la sanzione penale non sembra la misura più idonea per prevenire la commissione di nuovi reati da parte dell’imputato. Se la mediazione penale ha esito positivo il procedimento penale deve essere archiviato con decreto del Pubblico Ministero. Nel procedimento istruttorio il decreto di archiviazione deve essere emesso dal Giudice istruttore, o altrimenti dal presidente del Tribunale. L’articolo 90a[37] del Codice di procedura penale stabilisce quali sono le forme di diversion applicabili sul territorio austriaco, tra cui appunto la mediazione. L’articolo 90g[38] regola in specifico la mediazione penale. Secondo l’ordinamento austriaco, il Pubblico Ministero (Staatsanwalt) può inviare un caso ad un mediatore se l’imputato è disposto a chiarire le motivazioni del reato e a risarcire il danno provocato alla vittima. Il Pubblico Ministero va informato se il procedimento di mediazione si conclude positivamente con un accordo tra le parti. L’attività del mediatore è regolata all’articolo 29a[39] della legge dei Servizi di messa alla prova. Il mediatore, su richiesta della Procura (Staatsanwaltschaften) o del Tribunale, deve verificare la disponibilità delle parti a partecipare al procedimento di mediazione, spiegando alle parti in cosa consiste e informandole sui possibili esiti del procedimento. Il mediatore è tenuto a comunicare alla Procura o al Tribunale l’avvio dei procedimenti di mediazione e gli esiti dei procedimenti avviati.
Pratiche della mediazione Per un’illustrazione più chiara delle pratiche della mediazione in Austria si è scelto di articolare il paragrafo fornendo risposta a cinque domande:
Quando è ammissibile la mediazione penale? La mediazione penale non è ammissibile per tutti i reati. Per accedere al procedimento il reato commesso: non deve essere di competenza di organi giudiziari collegiali; non deve prevedere una pena superiore ai cinque anni (questo limite non esiste nel caso in cui l’imputato sia minorenne); deve essere di competenza del Procuratore; non deve avere avuto come conseguenza il decesso della vittima; non deve essere stato commesso con colpa grave. Chi attiva il procedimento di mediazione penale? Il procedimento di mediazione può essere attivato su indicazione del Pubblico Ministero (discrezionalmente, in base alla denuncia pervenuta), del Giudice del dibattimento (in presenza di querela)[41], d’ufficio o su richiesta dell’imputato o della vittima. Per attivare la mediazione non è necessaria una confessione formale da parte dell’accusato[42]; è sufficiente che quest’ultimo sia disposto a rispondere del reato, e a dichiararsi disponibile a rimediare alle sue conseguenze. La vittima del reato per cui si attiva il procedimento di mediazione penale può essere una persona fisica ma anche una persona giuridica[43]. Chi sono i soggetti autorizzati a condurre la mediazione penale? Sono mediatori, collaboratori e istituti facenti parte del Verein für Bewährungshife und Soziale Arbeit[44] (che, come già evidenziato, dal 2002 ha cambiato nome in Neustart, "nuovo inizio"). Ad essi il procuratore invia il fascicolo del caso e affida l’incarico di condurre la mediazione. Quali sono le fasi della mediazione penale? In seguito all’attivazione del procedimento le fasi di mediazione sono fondamentalmente tre:
Fase pre-mediativa In questa fase il mediatore ha il compito verificare se esistono le condizioni per procedere alla mediazione. Infatti, prima che il processo di mediazione inizi, il mediatore deve avere già ottenuto le informazioni necessarie sui partecipanti e sul fatto reato, poiché la sua funzione è quella di favorire la raccolta e lo scambio di tutte le informazioni necessarie fin dal primo colloquio. Il primo contatto con le parti tende dunque a verificare che l’imputato capisca ed accetti le proprie responsabilità nella commissione del reato. In questa fase il mediatore deve contattare vittima e autore del reato per avere il loro consenso e deve chiedere alle parti di chiarire i fatti connessi al reato, raccogliendo l’assunzione di responsabilità da parte del reo, ed informando le parti che l’accordo finale – se raggiunto – avrà forma scritta. Per stabilire la quantificazione del risarcimento spettante alla vittima, le parti possono avvalersi di una persona di fiducia o di consulenti legali. La mancata disponibilità della vittima a partecipare o a ricevere riparazione del danno non compromette la possibilità che, vista la disponibilità del reo, il Pubblico Ministero archivi il caso o proceda al proscioglimento. Fase mediativa L’avvio di questa fase dipende dalla disponibilità/indisponibilità delle parti raccolta nella fase pre-mediativa. A seconda dei casi, si possono intraprendere tre tipi di mediazione penale: diretta, indiretta e sostitutiva. Mediazione diretta. Nella forma classica di mediazione le parti interessate (reo e vittima) si incontrano in un colloquio guidato da uno o più soggetti terzi (i mediatori). Gli elementi fondamentali del dialogo che dovrebbe instaurarsi nel corso dell’incontro tra reo e vittima sono: Scambio delle informazioni disponibili; Ricerca di una definizione comune del problema; Ricerca di un’alternativa; Alternativa vs. condanna; Garanzia dell’accordo (vincolatività, controllo); Unitarietà con ulteriori procedimenti. Al termine della mediazione è sottoscritto un accordo che stabilisce le modalità di riparazione (materiale o simbolica) del danno. La durata di questo iter può variare dai 3 ai 4 mesi. Mediazione indiretta. Si applica principalmente a conflitti di lunga durata (in particolare a quelli tra vicini di casa). In questo caso il mediatore deve assumere il ruolo di persona neutrale che (a differenza della Procura della Repubblica) cerca l’accordo. Ci si trova spesso in una situazione di danneggiante-danneggiato perché le parti continuano a litigare. In questa situazione il mediatore (a volte anche più di uno) deve far circolare le informazioni: portare lettere e comunicazioni, ecc. in modo da risolvere la questione. Il percorso può essere piuttosto lungo e si conclude trovando un accordo. Al contrario, se la situazione è totalmente degenerata, si ricorre alla tutela giudiziaria. Mediazione sostitutiva. Nella mediazione sostitutiva l’incontro diretto delle parti non è possibile o non è consigliato. Questa sostanzialmente si concretizza quando non è possibile l’incontro delle parti (es. perché una è in carcere). Questo tipo di mediazione si usa molto nei casi di violenza sessuale oppure quando siano coinvolti dei minori (come vittime) in un processo penale. Fase post-mediativa In questa fase il mediatore controlla il rispetto dell’accordo sottoscritto da entrambe le parti. Dopo avere verificato il rispetto degli impegni assunti nell’accordo scritto al termine del procedimento di mediazione, Neustart invia una relazione finale al procuratore. Quali sono le esperienze di mediazione penale in Austria? Dopo i primi modelli sperimentali nella seconda metà degli anni ‘80, la mediazione penale ha avuto un forte sviluppo. Neustart, l’associazione per servizi di messa alla prova e lavori socialmente utili, conta oggi 15 uffici sul territorio austriaco.
FRANCIA
Contesto storico-culturale La propensione dei francesi verso forme di giustizia riparativa risale ai tempi della Rivoluzione francese, quando è istituita la figura dello jude de paix. Un esperimento, quello del Giudice di pace, rivelatosi fallimentare a causa di un apparato di giustizia troppo burocratizzato. Nel 1958 lo jude de paix viene abolito e sostituito dalla figura del conciliateur, che mantiene competenze riparative/conciliative soprattutto in ambito civile. L’ordinamento penale francese utilizza misure di riparazione, tra cui la mediazione, già a partire dagli anni ‘70-’80. La scelta di sperimentare forme di giustizia riparativa ha dovuto da un lato, al fallimento dell’apparato giudiziario e, dall’altro, alla perdita della tradizionale capacità di gestire i conflitti da parte dei gruppi più vulnerabili sul piano socio economico[51]. L’emergere negli anni ‘80 di un forte domanda di sicurezza sociale, collegata all’incremento dell’urbanizzazione, al degrado connesso delle periferie e delle grandi città, a una società sempre più multietnica, porta alla creazione delle Maison de justice e du droit (MJD), le strutture che gestiscono la mediazione penale. Le MJD possiedono diverse caratteristiche. Rappresentano un luogo terzo rispetto all’aula giudiziaria, pur essendo create su impulso del Procuratore della Repubblica. Svolgono una funzione di supporto ai servizi e alle associazioni che agiscono sul territorio a tutela del cittadino e a sostegno delle situazioni di disagio (le associazioni di aiuto alle vittime, le associazioni per la mediazione, i servizi sociali territoriali etc.). Poiché in Francia non vige il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, le parti non devono obbligatoriamente ricorrere all’Autorità giudiziaria per attivare il procedimento di mediazione, che è quindi più facile da attivare.
Riferimenti normativi vigenti La legge 4 gennaio 1993 di riforma del codice di procedura penale ha istituito la mediazione penale (art. 41 Codice di procedura penale). Questa legge ha introdotto un nuovo articolo nell’ordinanza del 2 febbraio 1945 che, in materia di giustizia minorile, già sanciva il principio di responsabilità attenuata per i minori (artt. 2 e 11). In Francia, infatti, il minore di anni 13 non è responsabile del reato commesso, è parzialmente responsabile fino ai 16 anni, mentre tra i 16 ed i 18 anni l’attenuazione della responsabilità è facoltativa.
Normative vigenti sulla mediazione penale in Francia: Ordinanza 2 febbraio 1975: stabilisce il principio responsabilità attenuata per i minori Legge 4 gennaio 1993: riforma il codice di procedura penale: istituisce forme di riparazione alternative alle azioni giudiziarie penali tra cui la mediazione (art.41-1-(5°)) Legge 8 febbraio 1995: definisce il ruolo del mediatore Circolare 18 ottobre 1996: definisce il ruolo del mediatore Legge 23 giugno 1999: rafforza l’efficacia della procedura penale; individua le misure alternative alle azioni giudiziarie ed istituisce la composizione penale Decreto d’esecuzione 29 gennaio 2001: indica gli attori (procuratori, delegati del procuratore, mediatori), le loro caratteristiche e le modalità di applicazione della composizione penale Legge 9 settembre 2002: apporta modifiche di orientamento e programmazione della giustizia Legge 9 marzo 2004: a seguito della presentazione della denuncia prevede l’obbligo di informare la vittima sui propri diritti (e anche sulla possibilità di attivare la mediazione penale)
Con la modifica del 1993 si è concessa ai magistrati del tribunale e della procura la possibilità di proporre al minore autore di reato una riparazione diretta o indiretta, cioè la possibilità di procedere, con l’accordo delle parti, ad un’attività di mediazione tra l’autore dei fatti e la vittima. L’articolo 40-1-(5°) definisce attività di mediazione penale il mettere in relazione l’autore e la vittima con l’aiuto di un terzo (il mediatore). Lo scopo è quello di trovare un accordo sulla modalità di riparazione, di stabilire o ristabilire insieme la comunicazione e di favorire, per quanto possibile, la non reiterazione del fatto. Lo stesso articolo precisa come la mediazione debba assicurare una riparazione effettiva e rapida, come sia simile ad un accordo negoziale e possa portare ad un risarcimento di tipo economico o morale. La legge del 23 giugno 1999 individua le misure alternative alle azioni sanzionatorie dell’Autorità giudiziaria, ed istituisce la composizione penale (una transazione tra l’autore del reato ed il Procuratore, che consiste in una sanzione accettata e convalidata da un Giudice di tribunale). Il decreto d’esecuzione del 29 gennaio 2001 indica i soggetti che possono inviare un caso in mediazione e i soggetti abilitati a svolgere attività di mediazione (procuratori, delegati del procuratore, mediatori), le loro caratteristiche e le modalità di applicazione della composizione penale. Le leggi del 9 settembre 2002 e del 9 marzo 2004 modificano la normativa citata. La prima apporta modifiche d’orientamento e programmazione della giustizia, la seconda di adattamento della giustizia ai cambiamenti della criminalità. Anche le Maison de justice e du droit (MJD) - le strutture che gestiscono la mediazione penale - sono regolate da circolari e leggi.
Circolari e leggi che regolano e stabiliscono le attività delle Maison de justice et du droit: Circolare 2 ottobre 1992 del Ministero della Giustizia: disciplina il funzionamento della MJD Circolare 19 marzo 1996 del Ministero della Giustizia: definisce la procedura di mediazione per le MJD Legge 18 dicembre 1998: stabilisce i compiti e l’attività delle MJD Decreto 29 ottobre 2001: precisa le modalità d’organizzazione e funzionamento delle MJD
Il Ministero della Giustizia, con la Circolare del 2 ottobre 1992, disciplina il funzionamento della MJD. Tra gli obblighi previsti, l’ufficio della Maison deve fornire al Procuratore della Repubblica, entro un mese dalla sua richiesta, una proposta concreta per la soluzione del caso penale. La Circolare del 1992 ha anche l’obiettivo di orientare, la procedura da seguire nella mediazione che è stata precisata con la Circolare del 19 marzo 1996. La legge 18 dicembre 1998 stabilisce i compiti e l’attività delle Maison. Nel 1998 viene formalmente istituita la Maison de justice et du droit che, pur avendo un rapporto di dipendenza dalla Procura della Repubblica, si colloca in un luogo esterno al tribunale per sottolineare simbolicamente l’indipendenza dalla giustizia formale. La Maison rappresenta il luogo dove è possibile gestire i conflitti nati all’interno di un quartiere. L’inserimento di queste strutture all’interno dei quartieri parte dal presupposto che siano proprio quelli i luoghi dove vanno risolti i conflitti. Questo tipo di giustizia informale è vista come un’alternativa al sistema giudiziario, complementare ma non sostitutiva. L’idea che sta alla base delle Maisons è infatti quella di un’azione giudiziaria penale differenziata: l’intervento giudiziario è spostato all’esterno della sede ordinaria, segue modalità diverse ma rimane sempre collegato all’ordinamento giudiziario. La legge del 1998 infatti ribadisce che la Maison svolge un’azione in funzione partnerariale dell’Autorità Giudiziaria, essendo essa stessa una struttura giudiziaria che ha tra i suoi obiettivi la prevenzione della recidiva. Il decreto del 29 ottobre 2001 precisa le modalità di organizzazione e funzionamento delle Maison de justice et du droit. La legge del 9 marzo 2004 invece dedica particolare attenzione alla vittima, stabilendo che una volta che è stata presentata denuncia, la parte offesa deve essere informata dei suoi diritti. Nel documento adottato il 20 giugno 2003 dal Conseil National de Villes si sottolinea che le MJD costituiscono un significativo esempio di adattamento alle esigenze locali del servizio pubblico della giustizia per meglio rispondere ai bisogni degli abitanti della città e dei quartieri, all’interno del quadro della politica per il territorio.
Pratiche della mediazione Per un’illustrazione più chiara delle pratiche della mediazione in Francia si è scelto di articolare il paragrafo fornendo risposta a cinque domande:
Quando è ammissibile la mediazione penale? La mediazione si attua per reati ed infrazioni che prevedono pene inferiori ad un mese e che sono quasi sempre causate da conflitti in ambito famigliare, lavorativo, di vicinato, tra persone, quindi che si conoscevano già prima del reato e che saranno costrette a rincontrarsi. Chi attiva il procedimento di mediazione penale? In Francia in generale le misure riparatorie sono avviate all’interno dell’ordinaria procedura penale, ma non sono sottoposte al controllo giudiziario. Il procedimento di mediazione può infatti essere attivato dal procuratore oppure dalle parti, che spontaneamente possono rivolgersi ad un centro di mediazione. Chi sono i soggetti autorizzati a condurre la mediazione penale? Occorre distinguere tra mediazione penale "non delegata" e mediazione penale "delegata". La mediazione penale non delegata, o retenue, è quella delle Maisons de justice et du droit (MJD) che dipendono direttamente dalla Procura. La mediazione penale delegata, delegue, è invece lasciata alle associazioni per le vittime, che stipulano un apposito accordo con la Procura della Repubblica competente. Punto nodale del sistema francese di mediazione penale è infatti la collaborazione tra le strutture private (solitamente associazioni a difesa delle vittime di reato) e l’ordinamento giudiziario. Tale collaborazione è legata al principio dell’ordinamento francese della non obbligatorietà dell’azione penale . Le principali associazioni sul territorio francese sono: Istitut National d’aude aux victimes et de la Mediacion (Inavem); Comité de Laison des Association de contrôle judiciarie (Clcj). La Carte des services d’aude aux victimes et de mediacion elaborata da Inavem stabilisce gli elementi fondamentali di una mediazione penale: gratuità della mediazione; neutralità del mediatore; adesione volontaria delle parti al procedimento; rispetto dei diritti delle parti, in particolare del diritto di scelta di un difensore di fiducia per l’assistenza del procedimento; confidenzialità del procedimento.
Quali sono le fasi della mediazione penale? In Francia si possono individuare principalmente due modelli di mediazione, quello di Jaqueline Morineau e quello di Jean Pierre Bonafè-Schmitt. Secondo la pratica di Morineau, la mediazione vuole dare alle parti la possibilità di gestire il conflitto e di confrontarsi, attraverso delle fasi precisamente individuate: Teoria: la narrazione dei fatti; Krisis: confronto delle parti, dei loro vissuti e delle loro emozioni; Katarsi: momento di accoglimento della sofferenza, che permette di superare il conflitto. Secondo la pratica di Bonafè-Schmitt, le fasi di conduzione di una mediazione sono invece cinque: Pre médiation: incontri separati tra le parti, contatti telefonici o per iscritto; Médiation: incontro delle parti; Recherche d’un accord: il mediatore aiuta le parti a trovare un accordo; Accord de Médiation: stesura dell’accordo, se la mediazione ha esito positivo, copia dell’accordo viene inviata al procuratore, altrimenti viene inviata al procuratore una lettera in cui lo si informa sull’attività di mediazione; Suivi de l’exécution de l’accord: è il momento di verifica dell’esecuzione dell’accordo.
Quali sono le esperienze di mediazione penale in Francia? La prima esperienza francese risale al 1985, ma solo dal 1989 si diffonde su tutto il territorio nazionale. Oggi le Maisons de justice et du droit sono 107 a fronte delle 27 Corti d’Appello e dei 180 Tribunali. A Parigi sono due i dipartimenti che per primi elaborano ed attuano programmi di mediazione: uno è quello di Versailles, il secondo è quello della Val d’Oise. Nel dipartimento di Versailles, la mediazione penale è condotta da mediatori di professione appartenenti ad un’associazione che ha una convenzione con il Tribunale nei locali del tribunale stesso. Nel dipartimento della Val d’Oise la mediazione viene effettuata da giudici di professione presso le Maisons de justice. È possibile notare subito come accanto ad un procedimento di mediazione che è nato da un modello di giustizia informale, si è cercato sempre di mantenere, nelle due esperienze parigine, una componente formale che legittimi la pratica agli occhi degli utenti: se la mediazione vede la partecipazione di un Giudice, allora la sede sarà decentrata; se la mediazione vede la partecipazione di un mediatore allora la sede sarà istituzionale. Parigi è anche la sede del Centre pour la mediation, diretto da Jaqueline Morineau, la quale propone un modello mediativo che pone particolare attenzione allo sviluppo e all’espressione dei propri vissuti e propri sentimenti, contrapponendosi al modello francese di Bonafé- Schmit che è di tipo più sistematico. L’esperienza lionese si caratterizza invece per la rapidità di gestione che deriva da nuove forme collaborative tra polizia e magistratura. La Maison de justice di Lione, dipendente dal Tribunale de Grande Istance di Lione, è una delle prime ad istituirsi sul territorio francese. La magistratura di Lione nega ogni ipotesi di delega ad associazioni private, sostenendo che una giustizia delegata non poteva garantire un adeguato rispetto dei diritti individuali e negava le esigenze simboliche del diritto, eliminando l’interessamento dell’ordinamento a forme di criminalità molto comuni. L’istituzione della Maison de justice è quindi la risposta alle resistenze della magistratura alla delega. Il programma lionese si caratterizza per un elevato numero di mediazioni in tempi brevi con un conseguente miglioramento dell’azione deflattiva e effetti positivi immediati nella sfera della giustizia ordinaria. L’esperienza di Valenza si caratterizza per il forte senso della comunità che ha determinato anche la scelta dei mediatori. I mediatori non sono scelti in base alla propria qualifica professionale, ma sulla base della loro conoscenza del distretto cittadino, del modo in cui erano in esso integrati e accettati, o sulla base del loro interesse verso i problemi di tutti i giorni, specialmente quelli che posso derivare dalla coesistenza di gruppi etnici differenti o di diverse generazioni. Inizialmente sono stati scelti come mediatori sei uomini e sei donne, rappresentanti di varie associazioni. L’associazione Accord di Strasburgo si basa su una mediazione professionalizzata: vengono coinvolti avvocati e/o psicologi. Quest’associazione ritiene che l’aiuto alle vittime non dovrebbe essere dissociato dalla prevenzione e dalla riabilitazione degli autori di reato. Ciò è stato messo in pratica attraverso l’apertura di due servizi d’accoglienza: uno per l’aiuto alle vittime e l’altro per l’assistenza ai detenuti in libertà. In questo modello il processo di conciliazione è visto come un atteggiamento, uno stile di vita, un modo di accogliere l’altra persona come un cliente, provando a comprendere la globalità dei suoi problemi piuttosto che "compartimentizzarli". La pratica di questa forma di mediazione fa appello più a tecniche psicologiche che a tecniche giuridiche, in quanto l’enfasi è posta soprattutto sull’aspetto relazionale e sulla comunicazione delle relazioni interpersonali.
ITALIA
Contesto storico-culturale Nonostante problemi comuni a molti altre nazioni europee (sovraffollamento delle carceri, inefficienza dell’apparato giudiziario, crisi della sanzione penale) l’Italia si affaccia tardi sul palcoscenico della giustizia riparativa. La prima esperienza di mediazione, a livello sperimentale e solo in ambito minorile, è avviata a Torino nel 1994. Successivamente esperienze di mediazione nascono a Milano, Bari, Trento, Venezia, Catanzaro, Roma, Cagliari e Salerno, anche grazie all’impulso dei rispettivi Tribunali per i minorenni, laddove gruppi aderiscono alle indicazioni dell’Ufficio Centrale per la Giustizia minorile a sperimentare tale la mediazione presenti nelle Circolari del 10 novembre 1995, 12 febbraio 1996, 1 aprile 1996. Nel 1996 a Torino viene realizzato, con la collaborazione del Centro di giustizia minorile, del Tribunale per i minorenni e del comune di Torino, il percorso di formazione per mediatori finanziato dalla regione Piemonte, percorso che prosegue durante il 1997. Nell’aprile dello stesso anno, l’Ufficio centrale per la giustizia minorile pubblica la Circolare "Linee di indirizzo in materia di mediazione penale". La Circolare invita i Centri di mediazione ad intraprendere iniziative per rendere possibile la fase d’avvio d’attività sperimentali. In seguito a tale input e ai conseguenti riscontri ricevuti, l’Ufficio centrale autorizza la realizzazione di corsi di formazione nella sede di Milano, Bari e Roma. Vedremo qui di seguito le basi legislative che permettono la mediazione penale e le caratteristiche delle esperienze di mediazione sviluppatesi in alcune città italiane. In Italia vige il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale. Ne consegue pertanto che le politiche di sviluppo delle pratiche di mediazione non sono sostenute dall’obiettivo di alleggerire le procedure processuali. Nonostante ciò sono diversi i tentativi) sia in campo legislativo sia in campo sperimentale (che sottolineano una comune aspirazione all’affermarsi di tale modello di rieducazione.
Riferimenti normativi vigenti Ad oggi in Italia non esiste una normativa che disciplini la mediazione penale. Il DPR 448/88 ha posto tuttavia, le basi per lo sviluppo di misure alternative al carcere tra cui vi è anche la mediazione penale minorile. I principi dettati dal DPR 448/88 sono: favorire una rapida uscita del minore dal circuito penale; considerare le esigenze e i bisogni della vittima che spesso rimane nell’ombra nel corso del procedimento penale; rendere il minore protagonista del proprio percorso educativo; favorire, attraverso la ricomposizione del conflitto, l’attenuazione della rilevanza sociale del reato; evitare la delega totale al sistema penale di conflitti che potrebbero essere gestiti all’interno del tessuto sociale di provenienza delle parti. Ecco gli articoli più significativi del DPR 448/88. L’articolo 9 stabilisce la necessità che, nella fase delle indagini preliminari, vengano compiuti degli accertamenti sulla personalità del minorenne, sulle sue condizioni nei rapporti familiari, sociali e con l’ambiente che lo circonda. L’articolo 27 stabilisce la possibilità di non procedere penalmente nel caso di reati lievi con una sentenza di non luogo a procedere. L’articolo 28 prevede la sospensione del processo e la messa alla prova, stabilendo la possibilità di prescrivere misure dirette a riparare le conseguenze del reato e a promuovere la conciliazione del minore con la persona offesa. L’articolo 30 stabilisce delle sanzioni sostitutive nell’ambito di misure di semilibertà o di libertà controllata. È possibile prevedere delle prescrizioni che comprendano anche l’intervento di mediazione. Altre indicazioni in materia di riparazione sono date da alcune modifiche legislative. L’articolo 47 della legge 354/75 al comma 8 stabilisce che la mediazione penale può intervenire sia negli spazi che precedono la definizione giudiziaria del procedimento, sia in fase d’esecuzione della pena o nell’ambito delle sanzioni sostitutive o in udienza preliminare o all’interno del provvedimento di affidamento in prova al servizio sociale dove l’affidato deve adoperarsi, per quanto possibile, in favore della vittima del suo reato. L’articolo 27 del decreto legislativo 272/89 indica le norme per l’attuazione dell’affidamento in prova al servizio sociale.
Normative vigenti in Italia sulla mediazione penale D.P.R. 448 del 1988, si configura la possibilità di ricorrere alla mediazione penale per i minori D.Lgs 274 del 2000, entrato in vigore il 2 gennaio 2002 - Competenza penale del Giudice di pace (può attivare una mediazione tra le parti)
Per quanto riguarda il sistema penale ordinario (riservato agli adulti) sono poche le indicazioni normative che permettono la possibilità di svolgere mediazione penale. La legge processuale penale entrata in vigore nel 1989 dava al Pubblico Ministero il potere di tentare la conciliazione tra la vittima e l’autore del reato solo per i reati perseguibili a querela di parte. La riforma processuale d’inizio 2000 toglie tale facoltà al Pubblico Ministero e la assegna al Giudice. L’art. 564 del Codice di procedura penale prevede che in caso di reati perseguibili a querela il Pubblico Ministero, anche prima di compiere atti d’indagine preliminare può tentare la conciliazione tra querelante e querelato. In fase d’esecuzione della pena, in particolare di quella pecuniaria, è configurabile una possibilità di mediazione nel caso in cui la pena debba essere convertita da Giudice per insolvenza del condannato (art. 101 e ss. legge 689/81). In materia di mediazione penale adulta, tale possibilità si configura con il D.lgs. n. 274 del 2000 "Disposizioni in materia di competenza penale del Giudice di pace", entrato in vigore il 2 gennaio 2002. L’articolo 29 stabilisce al comma 4 che "il Giudice di pace, quando il reato è perseguibile a querela, promuove la conciliazione tra le parti. In tal caso, qualora sia utile per favorire la conciliazione, il Giudice può rinviare l’udienza per un periodo non superiore a due mesi e, ove occorra, può avvalersi anche dall’attività di mediazione di centri e strutture pubbliche o private presenti sul territorio. In ogni caso le dichiarazioni rese dalle parti nel corso dell’attività di conciliazione non possono essere in alcun modo utilizzate ai fini della deliberazione". L’articolo 29 al comma 5 afferma che "in caso di conciliazione è redatto processo verbale attestante la remissione di querela o la rinuncia al ricorso di cui all’art. 21 e la relativa accettazione. La rinuncia al ricorso produce gli stessi effetti della remissione della querela". All’articolo 35 si legge inoltre: "1. Il Giudice di pace, sentite le parti e l’eventuale persona offesa, dichiara con sentenza estinto il reato, enunciandone la causa nel dispositivo, quando l’imputato dimostra di aver proceduto, prima dell’udienza di comparizione, alla riparazione del danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento e di aver eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato. 2 Il Giudice di pace pronuncia la sentenza di estinzione del reato di cui al precedente comma solo se ritiene le attività risarcitorie e riparatorie idonee a soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e quelle di prevenzione. 3. Il Giudice di pace può disporre la sospensione del processo, per un periodo non superiore a tre mesi, se l’imputato chiede nell’udienza di comparizione di poter provvedere agli adempimenti di cui al comma 1 e dimostri di non averlo potuto fare in precedenza; in tal caso il Giudice può imporre specifiche prescrizioni. 4. Con l’ordinanza di sospensione, il Giudice incarica un ufficiale di polizia giudiziaria o un operatore di servizio sociale dell’ente locale di verificare l’effettivo svolgimento delle attività risarcitorie e riparatorie, fissando nuova udienza ad una data successiva al termine del periodo di sospensione. 5. Qualora accerti che le attività risarcitorie o riparatorie abbiano avuto esecuzione, il Giudice sentite le parti e l’eventuale persona offesa, dichiara con sentenza estinto il reato enunciandone la causa nel dispositivo. 6. Qualora non provvede ai sensi dei commi 1 e 5 il Giudice dispone la prosecuzione del procedimento".
Pratiche della mediazione Per un’illustrazione più chiara delle pratiche della mediazione in Italia si è scelto di articolare il paragrafo fornendo risposta a cinque domande:
Quando è ammissibile la mediazione penale? La mediazione penale in Italia è ammissibile per reati quali: lesioni, danneggiamenti, ingiurie, minacce, furti, rapine, oltraggio, rissa, disturbo della quiete pubblica, atti di violenza sessuale (lievi), reati con l’aggravante razziale (lievi). Si tratta di un insieme di reati sostanzialmente non gravi ma che possono provocare una certa reazione sociale e disagio personale.
Chi attiva il procedimento di mediazione penale? In Italia il procedimento di mediazione può essere attivato dal Procuratore, segnalato dai servizi sociali (USSM, Ufficio di Servizio Sociale Minorenni) e dal Giudice di pace. Perché il procedimento si attivi devono essere garantite tre condizioni: il consenso informato e volontario da parte del minore autore del reato; il consenso informato e volontario da parte della vittima; l’ammissione della responsabilità nel reato da parte del minore autore del fatto.
Chi sono i soggetti autorizzati a condurre la mediazione penale? Gli uffici di mediazione, presso i tribunali, i centri di gestione dei conflitti e gli uffici pubblici. L’attività di mediazione è autorizzata e regolata da protocolli d’intesa stipulati con il Ministero della Giustizia.
Quali sono le fasi della mediazione penale? In Italia non è riconosciuto in letteratura un modello unico di mediazione. Di conseguenza, per individuare le fasi e le caratteristiche dell’attività di mediazione vengono di seguito analizzate diverse esperienze nate sul territorio nazionale.
Quali sono le esperienze di mediazione penale in italia? In Italia è a Torino che nel gennaio 1995, presso il Tribunale per i minorenni, prende avvio il primo progetto di mediazione penale minorile. Il Centro per la giustizia minorile della Regione Piemonte e del Comune di Torino, attraverso il sostegno della Sottocommissione tecnica minori (ex. art. 13 del D.lgs. 272/89), sottoscrive insieme al Tribunale e alla Procura dei minorenni di Torino un Protocollo d’intesa con il Ministero della Giustizia per promuovere l’attività di mediazione penale minorile. Il dibattito sulla mediazione penale nasce all’interno del tribunale per i minorenni di Torino nel 1991, anche grazie ai contatti con i colleghi francesi e alla nuova normativa processuale minorile italiana (DPR 448/88). Il modello torinese-italiano si ispira a quello francese del Centre pour la mediation di Parigi, diretto da Jaqueline Morineau. In fase progettuale l’attenzione è stata rivolta al minore e alla sua responsabilizzazione, mentre successivamente è stata rivolta nei confronti della vittima. Il centro di Torino si occupa soprattutto di reati contro la persona. A Torino nel 1996 viene elaborato il progetto "Riparazione" che coniuga il percorso formativo della mediazione con quello dell’attività di utilità sociale.
Le fasi della mediazione sono quattro. Invio: il Pubblico Ministero o il Giudice inviano all’Ufficio Mediazione la richiesta di verificare la possibilità di una mediazione tra l’autore e la vittima del reato. Verifica del consenso e della fattibilità: il mediatore incaricato, previo contatto scritto o telefonico, effettua colloqui individuali con la persona offesa e con l’autore del reato: illustra cosa è la mediazione, invita ad esporre il proprio punto di vista sul fatto e sulla proposta, verifica le motivazioni e le aspettative. Se la mediazione non è possibile (manca consenso, idoneità soggettiva o oggettiva) lo riferisce per iscritto al Pubblico Ministero o al Giudice. Incontro faccia a faccia: l’incontro viene condotto, se possibile, da due mediatori; non è ammessa la presenza di terzi (avvocati, genitori, altri operatori). I momenti dell’incontro sono l’accoglienza, il racconto dei fatti (punto di vista delle parti), il riassunto (ricerca degli elementi comuni e delle diversità), il dialogo e l’accordo. Si ha esito positivo quando troviamo una comune versione dei fatti che porta ad un accordo conclusivo. Conclusione: il mediatore riferisce con una breve nota scritta, l’esito positivo o negativo della mediazione al Pubblico Ministero o Giudice inviante.
L’Ufficio per la mediazione di Milano nasce nel 1998. Vi sono stati prima due anni di sensibilizzazione, confronto e collaborazione con altre realtà che lavorano in quest’ambito. L’attività di mediazione nasce per iniziativa d’alcuni giudici onorari, psicologi giuristi e docenti universitari che, con l’aiuto del Presidente del Tribunale per i minorenni e del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Milano, hanno posto le basi per l’apertura di quest’ufficio. A Milano il 29 aprile 1998 viene siglato il Protocollo d’intesa per la costituzione di un Ufficio per la mediazione tra il Ministero di Grazia e Giustizia, la Regione Lombardia, l’Assessorato all’educazione del Comune di Milano, l’Assessorato ai servizi sociali del Comune di Milano, l’Assessorato ai servizi sociali del Comune di Cinisello Balsamo, la Direzione generale dell’Azienda sanitaria locale n. 1 della provincia di Milano su sollecitazione del Presidente del Tribunale per i minorenni di Milano e d’intesa con la Regione Lombardia. Nel 1998 l’ufficio era composto da 14 operatori, formati presso il Centre pour la mediation di Parigi diretto da Jaqueline Morineau: sette lavoravano in ambito universitario e di ricerca, sette erano invece dipendenti pubblici. Il modello di mediazione cui si ispira l’ufficio di Milano è quello della "giustizia di prossimità", semplice, accessibile, vicina alle parti, in una logica negoziale, di incontro tra le parti. L’Ufficio è situato all’esterno del Tribunale per i minorenni, presso il servizio adolescenti in difficoltà (Sead).
Il percorso di mediazione sperimentato dall’Ufficio di Milano prevede cinque momenti fondamentali : Invio. Il Pubblico Ministero, il Giudice dell’udienza preliminare o il magistrato propone invio all’Ufficio di mediazione se prima c’è stata da parte del reo l’ammissione della propria responsabilità. L’invio può essere effettuato in fase di indagini preliminari (art. 9 e art. 27 del DPR 448/88; art. 564 Codice di procedura penale), all’interno del processo o in fase esecutiva (art. 28 DPR 448/88). Primo contatto. Consiste nella spedizione di lettere che invitano ad un colloquio preliminare e che contengono un volantino informativo riguardante la mediazione. A questo segue un contatto telefonico alle parti da parte del mediatore, che sottolinea ulteriormente l’importanza della confidenzialità, della consensualità e della gratuità del procedimento di mediazione. Colloqui preliminari. Solitamente due mediatori conducono colloqui separati con le parti. Incontro faccia a faccia. Si svolge tra le parti alla presenza di tre mediatori. Viene presentata da entrambe le parti una propria versione dei fatti, per poi porre l’attenzione ai sentimenti e alle conseguenze emotive dell’avvenimento. Obiettivo è l’incontro è il riconoscimento reciproco tra le parti, al fine di ricomporre il conflitto. Conclusione. L’esito dell’incontro di mediazione è comunicato al Giudice. La mediazione si considera riuscita quando le parti hanno avuto possibilità di esprimersi; quando sono giunte a una nuova visione l’una dell’altra e ad una nuova comunicazione tra loro; quando si è raggiunta una riparazione simbolica o materiale. Presso l’Ufficio di mediazione di Milano si è favorita la riparazione simbolica, cioè ogni gesto volto a ricostruire la relazione tra le parti e capace di testimoniare il cambiamento di clima nel rapporto fra i soggetti.
Quattro sono le fasi per la realizzazione della mediazione. Invio. È la fase in cui l’autorità giudiziaria invia all’ufficio di mediazione il fascicolo. Presa in carico. Consiste nella segnalazione del fascicolo ad un mediatore e l’invio delle prime lettere di contatto alle parti. Svolgimento della mediazione. È la fase centrale che comprende i colloqui preliminari con le parti e l’effettiva mediazione alla presenza di tre mediatori. Conclusione. È la fase in cui si invia all’Autorità giudiziaria l’esito della mediazione.
Grazie ad un accordo di collaborazione siglato tra l’Ufficio del Giudice di pace di Milano e l’Assessorato alla sicurezza urbana, dal 2003 a Milano è attivo un servizio di mediazione penale per adulti. L’esperienza di Bari (CRISI - Centro Ricerche Interventi sullo Stress Interpersonale della coppia e della famiglia) inizia nel 1996 con la costituzione di un ufficio di mediazione civile e penale presso la Procura e il Tribunale per i minorenni, composto in principio da due assistenti sociali dell’ente locale, due operatori della giustizia minorile e da operatori volontari del privato sociale specializzato. Il 5 ottobre del 1998 viene sottoscritto il Protocollo d’intesa per la realizzazione di attività di mediazione nel distretto di Bari tra la Regione Puglia, il Centro per la Giustizia minorile, il Comune di Bari, il Tribunale per i minorenni e la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni. L’attività e l’avvio della riparazione si svolgono attraverso sei fasi.
L’invio all’Ufficio di Mediazione da parte del Pubblico Ministero, del Giudice delle indagini preliminari o dell’udienza preliminare o dell’udienza dibattimentale: La raccolta del consenso. Contestualmente all’invio viene chiesto agli operatori sociali territoriali e/o all’USSM di raccogliere il consenso delle parti e di comunicarne l’esito all’Ufficio di Mediazione. La valutazione della fattibilità ad opera dell’Ufficio di Mediazione. L’invio dei mediatori. L’èquipe dell’ufficio invia i mediatori presso le parti. L’attività di mediazione, in cui si elabora e si attua un progetto di mediazione. La comunicazione degli esiti. I mediatori informano l’ufficio sul risultato della mediazione, l’ufficio di mediazione lo comunica agli operatori sociali territoriali e/o all’USSM che a sua volta comunica al Tribunale o alla Procura i risultati.
L’esperienza barese vede: la globalità dell’intervento, sia in ambito civile che penale; il coinvolgimento degli enti locali e del Ministero di Grazia e Giustizia; l’accentuazione del momento di conciliazione e mediazione; il volontariato di tutti gli operatori coinvolti.
L’esperienza della Sezione di Mediazione Penale Minorile di Roma, presso la Facoltà di Psicologia di Roma, nasce operativamente alla fine del 1996 ma la sua nascita è preceduta da attività di sensibilizzazione e di comunicazione con le istituzioni. Nell’aprile 1996 viene emanata dall’Ufficio centrale la Circolare "Linee di indirizzo in materia di mediazione penale". I Centri vengono invitati ad intraprendere iniziative per rendere possibile la fase di avvio di attività sperimentali. In seguito a tale input e ai conseguenti riscontri ricevuti, l’ufficio centrale autorizza la realizzazione di corsi di formazione anche nella sede di Roma. Nel 1997 vengono attivati e proseguiti i corsi di formazione. A conclusione del corso di formazione tenuto presso la Scuola di formazione del personale di Roma, gli operatori dei due gruppi, cioè quello con sede di servizio a Roma e quello con Sede di servizio a l’Aquila, elaborano due documenti di sintesi sul percorso formativo realizzato con relativa proposta di attivazione di un servizio di mediazione penale. Le attività di questa Sezione, gestita in base ad una consulenza cooperativa tra diversi operatori e specialisti, sono: consulenza sulla fattibilità della mediazione; gestione diretta dell’intervento di mediazione; gestione parziale dell’intervento di mediazione; supervisione e consulenza sui casi già in carico per l’intervento di mediazione da parte dei servizi minorili e del territorio.
Solitamente l’invio del caso alla sezione viene fatto da un operatore del servizio sociale minorile, su precedente segnalazione dell’Autorità giudiziaria. La sezione analizza poi la richiesta e verifica la fattibilità della mediazione; se la mediazione è fattibile si assegna il caso a dei mediatori membri dell’équipe che provvederanno a contattare le parti, a proporre la mediazione ed a condurre la mediazione stessa. La mediazione diretta tende a sottolineare e a cogliere gli aspetti significativi del rapporto-danno-reato facendo leva sui sentimenti e le emozioni da esso suscitate. Gli operatori di Trento , la cui attività inizia nel 1998, hanno privilegiato casi di mediazione inviati dal Pubblico Ministero al momento delle indagini preliminari. L’invio può essere fatto dal Pubblico Ministero o dal Giudice o dai servizi sociali o dal difensore. Su iniziativa congiunta del Tribunale, della Procura per i minorenni e dell’USSM viene realizzato un gruppo di lavoro informale che si occupa di mediazione a partire da dicembre 1996. La sperimentazione di due anni a Trento ha coinvolto: assistenti sociali; consulenti psicologici; un dottore in giurisprudenza specializzato in devianza minorile e con esperienza di mediatore; magistrati e operatori sul territorio provinciale in qualità di consulenti.
Nell’ottobre 1997 la Sottocommissione minori della Commissione provinciale per i problemi della devianza e della criminalità approva il progetto di costituzione di un servizio di mediazione. Il progetto prevede la costituzione di un Gruppo tecnico di mediazione penale minorile costituito da 8 mediatori. Nel 1998 viene firmato il Protocollo d’intesa tra il Ministero della Giustizia e la Provincia autonoma di Trento, per l’istituzione di un Gruppo tecnico di mediazione, costituito con successiva delibera della Giunta provinciale. Il Gruppo è operativo dal febbraio 1999. Il modello di riferimento per i mediatori di Trento è quello della "non direttività interveniente" di Michel Lobrot, acquisito durante l’attività di formazione che il Gruppo ha svolto con Thierry Bonfanti. L’attività si sta aprendo ora anche all’ambito adulto. Nel 1996 alcuni operatori dell’ufficio del servizio sociale minorile di Catanzaro , in collaborazione con il servizio sociale del comune di Catanzaro e del volontariato, sperimentano con successo interventi sociali di mediazione nei confronti di un gruppo di minori. Questi risultati consentono la possibilità di valutare la costituzione di un servizio di mediazione. I responsabili del centro per la Giustizia minorile di Catanzaro, dell’Assessorato ai servizi sociali regionale e comunale, in accordo con la magistratura minorile, accolgono le istanze degli operatori sociali e sostengono il loro programma sperimentale di mediazione. A Catanzaro viene così formalizzato il gruppo di lavoro per le attività sperimentali che comprende due operatori dei servizi minorili, due operatori della regione Calabria e due del Comune di Catanzaro. L’ufficio di mediazione, in funzione dal 1 ottobre 1997, con sede presso il centro di Giustizia minorile, distretto di Corte d’Appello di Catanzaro, è costituito da: due operatori del centro di giustizia minorile; due operatori rappresentanti la Regione Calabria; due operatori rappresentanti il Comune di Catanzaro; due rappresentanti del volontariato; un rappresentante del Provveditorato regionale; un rappresentante del Provveditorato agli studi; un’assistente sociale come coordinatrice.
Le fasi attuative sono: ricezione delle richieste; presa in carico e assegnazione del caso; richiesta del consenso e informazione; incontro individuale; comunicazione dell’esito.
Queste le prime esperienze nate in Italia. Si hanno tracce di esperienze di sperimentazione, più o meno consolidate, di mediazione penale anche in altre realtà italiane quali Ancona, Cagliari, Firenze, Bologna, Foggia, Pavia, Salerno, Sassari, Venezia.
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