Semilibertà
(articoli 48 – 50 O.P.)
Che cos’è
È
considerata una misura alternativa impropria, in quanto il condannato rimane in
stato di detenzione e il suo reinserimento nell’ambiente libero è parziale.
È regolamentata dall’art. 48 dell’Ordinamento Penitenziario e consiste
nella possibilità, data al condannato, di trascorrere parte del giorno fuori
dall’Istituto di pena, per partecipare ad attività lavorative, istruttive o
comunque utili al reinserimento sociale, in base ad un programma di trattamento,
la cui responsabilità è affidata al Direttore dell’Istituto di pena.
Requisiti per la ammissione
Requisiti
oggettivi:
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pena
dell’arresto, o pena della reclusione non superiore a sei mesi, se il
condannato non è affidato al servizio sociale (comma 1 art. 50 O.P.);
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espiazione
di almeno metà della pena o, se si tratta di condannato per uno dei reati
indicati nel comma 1 dell’art. 4 bis O.P., di almeno due terzi della pena
(comma 2 art. 50 O.P.);
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prima
dell’espiazione di metà della pena, nei casi previsti dall’art. 47 O.P.
(pena inferiore ai tre anni), se mancano i presupposti per l’affidamento
in prova al servizio sociale e la condanna è per un reato diverso da quelli
indicati nel comma 1 dell’art. 4 bis O.P.;
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espiazione
di almeno venti anni di pena per i condannati all’ergastolo;
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Requisiti
soggettivi:
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aver
dimostrato la propria volontà di reinserimento nella vita sociale, per i
casi previsti dal comma 1 (pena non superiore a sei mesi);
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aver
compiuto dei progressi nel corso del trattamento, quando vi sono le
condizioni per un graduale reinserimento del condannato nella società, per
tutti gli altri casi (comma 4 art. 50 O.P.).
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Limiti
all’ammissione
I detenuti e gli internati per reati associativi (416 bis e 630 c.p., art. 74
D.P.R. 309/90) possono essere ammessi alla semilibertà solo se collaborano con
la giustizia, oppure quando la loro collaborazione risulti impossibile, ad
esempio perché tutte le circostanze del reato sono già state accertate. (art.
4 bis O.P., comma 1, periodo 1)
I
detenuti e gli internati per altri reati gravi (commessi per finalità di
terrorismo, omicidio, rapina aggravata, estorsione aggravata, traffico aggravato
di droghe) possono essere ammessi alla semilibertà solo se non vi sono elementi
tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità
organizzata o eversiva (art. 4 bis O.P., comma 1, periodo 3).
Chi
è evaso, oppure ha avuto la revoca di una misura alternativa, non può essere
ammesso alla semilibertà per 3 anni (art. 58 quater, commi 1 e 2, O.P.). Non vi
può essere ammesso per 5 anni nel caso abbia commesso un reato, punibile con
una pena massima pari o superiore a 3 anni, durante un’evasione, un permesso
premio, il lavoro all’esterno, o durante una misura alternativa (art. 58
quater, commi 5 e 7, O.P.).
Istanza di semilibertà
L’istanza deve essere inviata, corredata dalla documentazione necessaria:
1)
I condannati con una pena, o un residuo pena, non superiore a tre anni:
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se
il condannato è in libertà, al Pubblico Ministero della Procura che ha
disposto la sospensione dell’esecuzione della pena, ai sensi dell’art.
656 c.p.p.. Il Pubblico Ministero trasmette l’istanza al Tribunale di
Sorveglianza competente che fissa l’udienza;
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se
il condannato è detenuto, al Magistrato di Sorveglianza competente in
relazione al luogo dell’esecuzione, il quale può sospendere
l’esecuzione, ordinare la liberazione del condannato e trasmettere
immediatamente gli atti al Tribunale di Sorveglianza, applicando, in quanto
compatibile, il comma 4 dell’art. 47 O.P..
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La
sospensione opera sino alla decisione del Tribunale di Sorveglianza. Non può
essere accordata altra sospensione dell’esecuzione per la medesima pena, anche
se vengono presentate altre istanze di diverse misure alternative (comma 7 art.
656 c.p.p.).
2)
I condannati con pena superiore a tre anni devono presentarla al Tribunale di
Sorveglianza.
Compiti
del Centro di Servizio Sociale prima dell’ammissione
il Centro di Servizio Sociale:
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se
il condannato è in libertà, svolge l’inchiesta di servizio sociale
richiesta dal Tribunale di Sorveglianza
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se
il condannato è detenuto, partecipa al gruppo per l’osservazione
scientifica della personalità e dà il suo contributo di consulenza per
elaborare la relazione di sintesi, da inviare al Tribunale di Sorveglianza.
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In
entrambi i casi il Centro di Servizio Sociale svolge un’inchiesta di servizio
sociale per fornire al Tribunale di Sorveglianza o all’Istituto di pena
elementi, oggettivi e soggettivi, relativi al condannato, con particolare
riferimento all’ambiente sociale e familiare di appartenenza ed alle risorse
personali, familiari, relazionali ed ambientali su cui fondare un’ipotesi di
intervento e di inserimento.
Ordinanza
La semilibertà viene concessa con provvedimento di ordinanza:
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se
il condannato è in libertà, dal Tribunale di Sorveglianza del luogo in cui
ha sede il Pubblico Ministero competente dell’esecuzione;
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se
il condannato è detenuto, dal Tribunale di Sorveglianza che ha
giurisdizione sull’Istituto di pena in cui è ristretto l’interessato al
momento della presentazione della domanda.
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Esecuzione
della semilibertà
La semilibertà ha inizio dal momento in cui il Magistrato di Sorveglianza
approva il piano di trattamento provvisorio, che il Direttore dell’Istituto di
pena deve predisporre entro cinque giorni dall’arrivo dell’ordinanza.
Se
l’ammissione alla semilibertà riguarda una detenuta madre di un figlio di età
inferiore a tre anni, essa ha diritto di usufruire della casa per la semilibertà,
di cui al comma 8 dell’articolo 101 del Regolamento d’esecuzione (D.P.R. 30
giugno 2002).
Nel
programma di trattamento sono indicate le prescrizioni che il condannato dovrà
sottoscrivere e rispettare in ordine alle attività cui dovrà dedicarsi fuori
dal carcere: il lavoro, i rapporti con la famiglia e con il Centro di Servizio
Sociale, altre attività utili al reinserimento, etc. Durante la misura il
programma di trattamento può essere modificato dal Magistrato di Sorveglianza
su segnalazione del Direttore dell’Istituto di pena.
Al
condannato in semilibertà possono essere concessi i benefici previsti dalla
normativa per tutti i detenuti, e quindi in particolare la liberazione
anticipata (art. 54 O.P.). Possono anche essere concesse, a titolo di premio,
una o più licenze, di durata non superiore a complessivi 45 giorni annui (artt.
52 e 53 O.P.), che vengono fruite in regime di libertà vigilata.
Compiti
del Centro di Servizio Sociale nel corso della misura
Il C.S.S.A. svolge nei confronti dei soggetti in semilibertà i seguenti compiti
ed interventi:
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cura
la vigilanza e l’assistenza del condannato nell’ambiente libero;
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collabora
con la Direzione dell’Istituto di pena di pena, che rimane titolare della
responsabilità del trattamento;
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riferisce
periodicamente al Direttore dell’Istituto di pena sull’andamento della
semilibertà e sulla situazione di vita del condannato;
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fornisce
al Direttore dell’Istituto di pena ogni informazione rilevante ai fini di
un’eventuale modifica del programma di trattamento.
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Prosecuzione
della misura
Se nel corso della semilibertà sopraggiunge un nuovo titolo di esecuzione di
altra pena detentiva il Direttore dell’Istituto di pena informa il Magistrato
di Sorveglianza, che dispone la prosecuzione provvisoria della misura, se
permangono le condizioni di cui all’art. 50 O.P.. Il Magistrato di
Sorveglianza trasmette poi gli atti al Tribunale di Sorveglianza, che decide la
prosecuzione (o la cessazione) della misura.
Sospensione della misura
Il
Magistrato di Sorveglianza sospende la semilibertà e trasmette gli atti al
Tribunale di Sorveglianza per le decisioni di competenza nei seguenti casi:
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quando
l’Istituto di pena di pena lo informa di un nuovo titolo di esecuzione, di
altra pena detentiva, che fa venir meno le condizioni per una prosecuzione
provvisoria della misura;
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quando
il semilibero attua comportamenti tali da determinare la revoca della
misura.
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Revoca
della misura
La semilibertà può essere revocata dal Tribunale di Sorveglianza competente
nei seguenti casi:
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in
ogni tempo, quando il condannato non sia ritenuto idoneo al trattamento;
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per
la sopravvenienza di un altro titolo di esecuzione di pena detentiva, che
faccia venir meno le condizioni di cui all’art. 50.
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se
il condannato si assenta per non più di dodici ore dall’Istituto di pena
senza giustificato motivo, è punito in via disciplinare e può essere
proposto per la revoca della misura;
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se
il condannato si assenta per più di dodici ore è punibile in base al comma
1 dell’art. 385 del c.p. (evasione): la denuncia sospende la misura
alternativa, la condanna comporta la revoca della semilibertà.
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