Il ponte dei sospiri

 

A Napoli un ponte per parlare con i detenuti

di Marco Di Caterino

 

Il Mattino, 30 marzo 2004

 

Il ponte dei sospiri. Invece del carcere dei "Piombi", le buie galere dei Dogi veneziani, questo guarda gli ultramoderni edifici color verde sala operatoria del carcere di Secondigliano. E ad essere sinceri non č nemmeno un ponte classico, ma solo un cavalcavia di cemento del tratto dell'Asse Mediano che collega la circonvallazione esterna con la rotonda di Arzano. A un certo punto la strada sopraelevata corre proprio di fronte al carcere, che in linea d'aria dista meno di 500 metri. E in questi cento metri si fermano le auto, scendono donne, bambini, familiari dei detenuti per avere un contatto visivo con i propri parenti in cella: con l'aiuto di un binocolo infatti č possibile vedere fino a quasi toccare, le facce dei propri cari attraverso le sbarre di acciaio. Una sala colloquio virtuale e silenziosa, sospesa a trenta metri di altezza, dove i gesti di affetto non sono furtivi, ma sbracciati a pių non posso nel tentativo di essere visibili. Dalla strada, le finestre delle celle sembrano una scacchiera e i detenuti affacciati piccole pedine. Loro, i carcerati, sicuramente non dispongono di un binocolo, e allora per individuare i propri cari, sulla grata metallica sono state legate lunghe striscioline di stoffa colorata. Non sarā il ponte originale, ma i sospiri ci sono davvero e sono autentici. Ci sono quelli d'amore, quelli di gioia malinconica dei bambini alcuni dei quali hanno conosciuto il papā solo attraverso il binocolo, quelli silenziosi di un vero amico, e forse anche quelli venati da odio.

 

 

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