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Che cosa vogliono i bambini? Uscire dal carcere di Ni. Ca.
Articolo pubblicato sul sito internet www.ildue.it
Lo
hanno dimostrato i piccoli detenuti di San Vittore, rinchiusi con le loro madri
nella casa circondariale milanese, che l’8 luglio scorso hanno giocato, per la
prima volta, in una scuola materna della città in compagnia di coetanei mai
entrati in un penitenziario. Intanto,
nell’attesa, emergono in tutta la loro serietà le conseguenze della
detenzione sui bambini: attaccamento morboso alla madre, mancanza di stimoli,
difficoltà ad apprendere a parlare e a camminare sono solo i disagi più
evidenti manifestati dai piccoli detenuti nelle carceri nazionali. Un esempio? Una detenuta si è convinta a mandare a passeggio il proprio figlio con una operatrice di "Telefono azzurro", dopo essersi resa conto che a 2 anni e mezzo il bambino non era ancora capace di camminare sull’erba.
Quanto stiamo insieme? di Michelangela Zocco
Articolo pubblicato sul sito internet www.ildue.it
Ecco sono uscita, la preoccupazione più grande è arrivare a casa il più presto possibile, perché lui sta per arrivare, mettergli in ordine i suoi giochi, riordinare i suoi vestiti, preparargli il pranzo, ricominciare a fare tutte quelle cose che erano un’abitudine. Prima però lo attendo alla stazione e ogni treno che passa il cuore mi batte sempre più forte, ed ecco è arrivato il momento, "quello è il treno", corro, lo vedo con il sorriso sul volto, vedo le sue manine muoversi per salutarmi, gli sportelli si aprono e lui fa un salto per abbracciarmi forte e sussurrarmi all’orecchio: "Mamma, sei qui". Poi la domanda: "Mamma, quanto stiamo insieme?". Le parole escono con fatica, ed è dura spiegare la verità a un piccolo cucciolo spaurito che ti guarda con i suoi grandi occhioni, e che vuol sentirsi dire "per sempre". Così sono di nuovo bugie, verità a metà: "Solo per tre giorni e poi mamma torna al lavoro". E lui, ancora: "Ma quando staremo insieme, io e te?". Allora mi impegno di dargli la forza necessaria, che cerco nell’angolo più buio del cuore, perché anch’io ho bisogno di qualcuno che mi infonda il medesimo coraggio per rispondergli, senza le lacrime agli occhi: "Dai amore mio, ancora un pochino, fino a quando mamma riuscirà a uscire da quell’ospedale maledetto", sussurrato sottovoce, a denti stretti. Giocare insieme per fargli dimenticare, mangiare insieme sino all’ora di andare a dormire, ma prima bisogna fare il bagno, e lui, un ometto ormai fatto capace di lavarsi da solo e prepararsi per la notte, mi chiede, sottovoce, per non farsi sentire dagli altri: "Mamma, me lo fai tu il bagno e dopo dormiamo insieme nel nostro lettone, stretti stretti?". Lo non aspettavo altro e con un sorriso gioioso e amorevole, gli rispondo: "Tutto quello che vuoi, amore mio". Ormai
è tardi, lui dorme, ma il sonno non viene e non mi sembra vero di averlo
accanto. Guardo un po’ in giro, chiudo e apro gli occhi sperando che non sia
un sogno e comincio anche a crederci, è tutto vero, però nel contempo penso :
"Sono un po’ egoista? Gli sto rubando attimi felici?". Mi torna in
mente che restano solo due giorni, e le ore volano in fretta. La notte passa di nuovo insonne, lui mi tiene la mano e non la lascia, i miei movimenti lo svegliano e mi domanda: "Mamma dove vai?", lo rassicuro e gli rispondo: "Sono qui". È
l’ora, mi alzo, mi vesto, finisco di preparare le borse, il taxi è arrivato,
le valigie sull’ascensore, torno indietro per dargli l’ultimo bacino sulla
fronte e via in fretta, senza girarmi più, la strada è lunga e il cuore batte
forte, e più mi avvicino e più batte forte, ecco sono quasi arrivata,
l’Ultimo caffè in libertà e dopo l’ultima camminata in libertà fino al
prossimo permesso. Suono il campanello, il portone si apre e le parole sono:
"detenuta rientra dal permesso".
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