Vita - 28 maggio 2004

 

Storia di una mamma e dei suoi figli cresciuti in fretta

 

La testimonianza di Veronica, la sarta romena del carcere della Giudecca. Si dice tante volte che il carcere rende le persone simili a bambini, dipendenti in tutto, costrette ad obbedire sempre e comunque. Quello che non si dice, invece, e non si ricorda mai, è che i figli, privati dei genitori, devono spesso accelerare i tempi della crescita e diventare adulti mentre i loro coetanei sono ancora bambini viziati e coccolati. La storia che segue racconta bene questa paradossale situazione, dove i figli sembrano chiamati a fare da padri e madri di se stessi, e le madri sono impotenti, sole, lontane, costrette a lasciare dei figli bambini e a ritrovarseli adulti per forza. A raccontarla è Veronica, la sarta rumena del carcere della Giudecca, che mantiene con il suo lavoro di detenuta quattro figli al suo Paese, quattro ragazzini obbligati a vivere da soli e a passare bruscamente dall'infanzia alla maturità.

 

Ornella Favero


A me mi hanno arrestato in Ungheria alla frontiera con il mio Paese, la Romania, per trasporto di clandestini, e per tre settimane non ho scritto nulla alla mia famiglia perché speravo di uscire in fretta. Poi la cosa è venuta fuori in televisione e la mia famiglia l'ha saputo così, ma non aveva idea di dove ero finita. Quando mi hanno trovata erano contenti di vedermi, perché pensavano che io fossi morta. I miei figli non l'hanno presa male, perché loro lo sapevano quello che facevo, io infatti non l'ho mai fatto di nascosto. E poi da noi questo non è considerato reato. Mio figlio mi ha raccontato che a scuola gli hanno dato un tema intitolato "Cosa vuoi fare da grande", e lui nel tema dice "Io da grande porto i clandestini, però io lo faccio bene e non come la mamma che l'hanno arrestata".
Mia figlia grande ha 17 anni, il piccolo ha 8 anni, gli altri due ne hanno uno 11 e uno 15. Adesso non li vedo da tre anni, da quando sono in carcere, tranne mai figlia che a Pasqua è venuta con mia mamma. Anche telefonare per me è un problema, in altre carceri dove sono stata avevo l'autorizzazione invece qui ce l'ho solo per telefonare a mia madre, e non sempre riesco a parlare con i miei figli, dato che vivono abbastanza lontano e devono andare apposta dalla nonna. è mia figlia grande che manda avanti la famiglia e accudisce i fratelli più piccoli, praticamente fa tutto lei, ha iniziato a fare tutto già quando aveva 14 anni e io sono finita in carcere, con il padre eravamo separati, ora è morto. Con il lavoro che faccio nella sartoria, io gli mando soldi, però loro non li vanno a ritirare neanche tutti, perché sono tanti per loro, preferiscono metterli da parte, e poi c'è mio fratello che gli dà una mano. Spero di farli venire qui tutti a luglio o agosto quando hanno le vacanze di scuola. Certo a scuola gli insegnanti vedono che non ci vanno i genitori a parlare per i bambini, ma non è un problema, ci va mia sorella o mio fratello o mia figlia grande.

 

Veronica, carcere della Giudecca - Venezia

 

 

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